ANALISI

Cinema e preistoria

Le origini dell’umanità sono un tema difficile da affrontare in un film. La scarsità di informazioni che possediamo su quell’epoca lontanissima costituisce un limite per gli sceneggiatori e i registi, che hanno a disposizione pochi elementi per creare storie avvincenti. La preistoria non offre personaggi o avvenimenti famosi, e neppure ruoli e figure che gli spettatori possano comprendere senza sforzo. Non è facile ideare scene comiche o drammatiche se il pubblico non ha familiarità con il contesto in cui si verificano gli eventi. Inoltre, la semplicità della vita nella preistoria – almeno dal punto di vista di noi moderni – non agevola la creazione di situazioni complesse, diversificate, e perciò interessanti. Manca un aspetto cinematograficamente importante come la tecnologia moderna: un film d’azione ambientato nel paleolitico non potrebbe contare su armi evolute né su inseguimenti con auto da corsa.
Tutto questo fa sì che i film sulla preistoria siano pochi, in particolare quelli destinati al grande pubblico.



L’uso della fantasia

Per superare le difficoltà legate all’ambientazione, gli autori del film sono spinti a usare la fantasia con maggior disinvoltura rispetto alle vicende che si svolgono in altre epoche storiche. Questa scelta, se da un lato può favorire il successo commerciale, dall’altro porta a inevitabili forzature, inesattezze o vere e proprie falsità storiche.
Nel caso di 10.000 a.C. il regista Roland Emmerich e lo sceneggiatore Harald Kloser – specialisti nel genere spettacolare definito “catastrofico” – hanno intrapreso la strada della libera invenzione, mettendo in discussione alcuni dati che gli studiosi ritengono incontrovertibili.
Per esempio l’anno 10.000 a.C., che dà il titolo al film, è generalmente considerato il termine conclusivo dell’ultima glaciazione e, nello stesso tempo, del periodo paleolitico; per gli storici, tuttavia, l’età della pietra prosegue per alcune migliaia di anni (nel mesolitico e nel neolitico), mentre la fusione dei metalli si afferma soltanto a partire dal 5000 a.C., con l’inizio dell’età del rame.
Altrettanto vale per l’addomesticamento del cavallo, che avvenne in Asia non prima del neolitico, ma probabilmente più tardi, intorno al 4000 a.C. I guerrieri a cavallo che rapiscono la giovane Evolet, armati di minacciose lance e spade, rappresentano dunque qualcosa di mai esistito in quel periodo storico.

Commistione di epoche e di civiltà

Armi di metallo e cavalli addomesticati non sono gli errori più vistosi del film.
Nel suo viaggio alla ricerca di Evolet, il guerriero D’Leh affronta situazioni improbabili, come l’attacco di un grande uccello predatore, presumibilmente un fororaco; animali di questo genere sono stati scoperti dagli studiosi soprattutto nelle Americhe, e si erano comunque estinti da tempo in tutto il mondo.
Ma l’aspetto più discutibile è la presenza di un popolo estremamente evoluto, come quello che D’Leh deve affrontare nel tentativo di liberare i suoi amici. È bene chiarire che la sola ipotesi dell’esistenza, durante l’età della pietra, di uno sviluppo tecnologico, culturale e sociale così avanzato è del tutto priva di fondamento. La misteriosa civiltà con cui D’Leh entra in contatto presenta una struttura di carattere urbano molto articolata, suddivisa in classi, ruoli, specializzazioni, e organizzata gerarchicamente: dalla casta sacerdotale che condivide il potere con un fantomatico sovrano, al numeroso esercito perfettamente addestrato, fino alle masse di schiavi utilizzati per la costruzione delle piramidi.
Si tratta di aspetti incompatibili con i dati emersi dal lavoro degli studiosi, che collocano la nascita delle prime entità statali come quella rappresentata nel film verso il 3000 a.C., in Medio Oriente. Del tutto impensabili sono inoltre, nel 10.000 a.C., le conoscenze necessarie per costruire le piramidi, che infatti sorsero nel pieno del III millennio.



Due film in uno

LPossiamo dividere 10.000 a.C. in due parti distinte: una prima parte circoscritta al “vero” paleolitico, nella quale sono descritte le vicende di un gruppo di esseri umani vissuti in quel periodo. È questa la parte migliore, poiché riesce a inquadrare in una visione complessiva e tutto sommato plausibile il modo di vivere degli antichi cacciatori e raccoglitori, nonostante alcune imprecisioni, inevitabili in un film realizzato per il puro divertimento del pubblico; si tratta di un quadro persino affascinante e suggestivo, per esempio nella rappresentazione dei paesaggi e della natura, e del rapporto dell’uomo con essi.
C’è poi una seconda parte del film in cui l’esigenza di spettacolarità tipica del cinema più commerciale prende il sopravvento, portando la vicenda su un cammino pericoloso, sempre più lontano dalla verità come è stata documentata dalle ricerche storiche. Non resta che ricordare come, pur con tutti i suoi difetti ed errori, 10.000 a.C. rimanga una delle poche possibilità offerte dal cinema per avvicinarsi con gli occhi, oltre che con il pensiero e l’immaginazione, a un passato irrimediabilmente scomparso.