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Una decisione dai complessi risvolti etici
Il ruolo cruciale della medicina
Cura e compassione
Accompagnare chi soffre

Il testamento biologico

Una decisione dai complessi risvolti etici

Il ruolo cruciale della medicina

Cura e compassione

Accompagnare chi soffre

Che cos'è il testamento biologico?

Che cos'è il testamento biologico?

Il testamento biologico è un documento con il quale il testatore, cioè il firmatario del documento, affida al medico indicazioni anticipate sulle cure e i trattamenti terapeutici che non desidera ricevere, nel caso in cui in futuro possa perdere la capacità di autodeterminazione.

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Il testamento biologico (o testamento di vita) è l’espressione utilizzata al posto della più corretta dizione di “direttive (o disposizioni) anticipate di trattamento”, cioè ogni atto formale per permettere ai cittadini di dare indicazioni sui trattamenti medici a cui essere o non essere sottoposti nel caso in cui la vita dipenda esclusivamente da supporti tecnologici o interventi artificiali (per esempio l’alimentazione), non ci sia possibilità di miglioramento né possibilità di comunicare con i medici in seguito alla malattia.

Il testamento biologico è regolato per legge in numerosi paesi (Stati Uniti, Francia, Danimarca, Olanda, Belgio, Australia e Gran Bretagna, fra gli altri), mentre in Italia la legge in materia è ancora in fase di discussione per mancanza di un’intesa comune. Infatti, secondo alcuni il testamento biologico non è altro che un’estensione del “consenso informato”, cioè dell’accettazione esplicita da parte del paziente di qualsiasi tipo di cura, mentre per altri rappresenta una sorta di autorizzazione all’“eutanasia passiva”[vedi Eutanasia], quella cioè che avviene in seguito alla decisione di sospendere le cure (mentre quella attiva presuppone l’utilizzo di farmaci che inducono il decesso). Gli aspetti più controversi riguardano il valore vincolante del testamento biologico nei confronti dei medici, che parte della categoria non accetta, la possibilità di nominare anche al di fuori della famiglia fiduciari che abbiano il compito di far eseguire la volontà e la scelta di un’autorità (etica o giudiziaria) che regoli eventuali controversie.

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IL TESTAMENTO BIOLOGICO:

i progressi medici pongono interrogativi etici

AMBITI COINVOLTI

Fino a che punto difendere la vita?

La questione dei diritti del paziente

La posizione della Chiesa Cattolica

LA POSTA IN GIOCO

Una regolamentazione chiara

Dare certezze ai pazienti e ai sanitari

IL TESTAMENTO BIOLOGICO: i progressi medici pongono interrogativi etici

Fino a che punto difendere la vita?

La questione dei diritti del paziente

La posizione della Chiesa Cattolica

Una regolamentazione chiara

Dare certezze ai pazienti e ai sanitari

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Il testamento biologico

Perché è un problema etico

Negli ultimi decenni la ricerca scientifica e lo sviluppo della tecnologia, applicati alla medicina, hanno consentito di raggiungere traguardi molto importanti sia nella lotta alle patologie sia nel prolungamento della vita umana. Spesso però accade che le tecniche di rianimazione e altri trattamenti terapeutici salvino il paziente da morte certa, ma non gli consentano di tornare a una vita normale, lasciandolo in condizioni che non gli permettono di esprimersi e di avere contatti e scambi con il mondo esterno, impedendogli perciò anche di esprimere la propria volontà rispetto ai trattamenti sanitari. 

Sempre più sovente, quindi, il dibattito pubblico verte sul tema del testamento biologico: ci si chiede, da un lato, se e fino a che punto la scienza medica debba e possa spingersi nel sottoporre un malato alle terapie, talvolta in apparenza invasive e sproporzionate rispetto a risultati di guarigione modesti.

D’altro canto ci si domanda se vi siano limiti, e quali, alla libertà di scelta del paziente anche quando egli non è in condizione di decidere.

La Chiesa Cattolica ha una posizione favorevole a tutte le procedure che valorizzino la soggettività del malato e contribuiscano all’umanizzazione dell’assistenza medica, ma esprime cautela nei confronti di provvedimenti che possano costituire una prima apertura a forme di trattamento ritenute inammissibili e contrarie alla legge morale, come per esempio l’eutanasia. 

La sfida per il futuro sarà dunque quella di regolamentare una materia complessa evitando ambiguità

dando certezze ai pazienti, da un lato, e in secondo luogo chiarendo le responsabilità e la libertà di intervento del personale sanitario.

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Un dilemma che divide le coscienze

Istituto Treccani

Al termine del 2013, la regolamentazione del testamento biologico in Europa è ancora molto diversa a livello nazionale, una diversità che riflette la complessità della materia e la ricchezza del dibattito intorno a essa.

Il 25 gennaio 2012 il Consiglio d'Europa ha approvato una risoluzione in cui raccomanda agli stati membri di regolamentare le disposizioni sul testamento biologico, mentre nega il diritto all'eutanasia e al suicidio assistito.

In Europa hanno dato il riconoscimento legale a differenti forme di testamento biologico il Belgio, la Danimarca, la Francia, i Paesi Bassi e la Spagna. Nel resto del mondo, oltre agli Stati Uniti, è riconosciuto in Canada e Australia. In Francia con una legge del 2005 è stato sancito il principio del rifiuto all’accanimento terapeutico autorizzando il medico a limitare o a interrompere i trattamenti quando lo ritiene necessario, con una procedura collegiale che tiene conto delle dichiarazioni anticipate, del fiduciario e della famiglia. Le dichiarazioni anticipate, che ogni cittadino maggiorenne può sottoscrivere, possono essere modificate o revocate in qualsiasi momento. Nei Paesi Bassi il testamento biologico è legge dello Stato dal 2001 e le dichiarazioni di volontà possono essere firmate a partire dai 16 anni di età. In Spagna la normativa approvata nel 2003 concerne il diritto all’informazione in ambito medico, al consenso informato e alle dichiarazioni anticipate del paziente. Il soggetto può designare un rappresentante che, in caso di necessità, si assuma la responsabilità di essere l’interlocutore dei medici per portare a compimento le dichiarazioni anticipate. In Germania il testamento biologico non è stato ancora oggetto di una normativa specifica, sebbene trovi impiego nella pratica e conferma nella giurisprudenza. Nel Regno Unito, nonostante l'assenza di una legge specifica, le decisioni dei giudici in alcuni casi riguardanti la legittimità della sospensione dell’alimentazione artificiale e di farmaci per pazienti in stato vegetativo permanente, hanno di fatto riconosciuto il diritto a rifiutare le terapie e a far staccare il respiratore meccanico.

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Copertina

La definizione

Il problema

Il fatto

Nel 2013 il testamento biologico in Italia:

  • è proibito

  • è regolato dalla legge dello Stato

  • è regolato dalle singole Regioni

  • non è ancora regolato dalla legge

4

Il testamento biologico può anche essere definito:

  • disposizioni anticipate di trattamento

  • documento dei diritti del malato

  • testamento del paziente

  • costituzione del paziente

1

In materia di testamento biologico la Chiesa Cattolica ritiene che:

  • sia necessario approvare una legge giusta

  • non si debba regolare la materia per legge

  • le decisioni terapeutiche spettino esclusivamente ai medici

  • è necessario discutere caso per caso

1

Il testamento biologico in Europa:

  • è regolato da una Direttiva dell’Unione Europea

  • è regolato diversamente a seconda dei Paesi

  • è vietato

  • è obbligatorio dal 1997

2

Domande per riflettere

  • Insieme all’insegnante, cercate informazioni sui diversi provvedimenti di legge che regolano il testamento biologico in Europa.

  • Preparate poi una scheda sintetica che illustri le analogie e le differenze principali.

  • Con l’aiuto dell’insegnante, leggete il testo della Convenzione di Oviedo e sintetizzate in una breve scheda i suoi principali contenuti e orientamenti.

Dilemmi per discutere

Il testamento biologico:

È utile perché consente di far rispettare le nostre volontà

È inutile perché non possiamo sapere prima come reagiremmo in caso di malattia grave o di invalidità

In caso di invalidità è preferibile:

Che siano i medici a decidere i trattamenti più opportuni

Che il paziente faccia valere quanto riportato nel suo testamento biologico

Fare il punto

Riflettere

Discutere

Il testamento biologico | Per approfondire

Che cosa dice la Legge

La materia del testamento biologico, come molti altri aspetti attinenti alla bioetica, è al centro di un vivace dibattito che vede contrapposte posizioni radicalmente differenti. Anche a livello nazionale, la regolamentazione di questa materia è dunque molto diversa.

Europa

In materia di testamento biologico il documento di riferimento a livello europeo è la Convenzione di Oviedo adottata dal Consiglio d’Europa nel 1997 e ratificata da gran parte dei Paesi europei, tuttavia le legislazioni adottate variano considerevolmente a seconda dei Paesi.


Consiglio d’Europa, Convenzione di Oviedo

Art. 9 - I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione.


Italia

Sui temi riconducibili alla generale categoria della bioetica, e in particolare su quelli concernenti la fine della vita e il "diritto a morire con dignità", si è sviluppato, negli ultimi anni nel nostro Paese, un intenso dibattito dottrinario e giurisprudenziale che non ha tuttavia ancora determinato una regolamentazione per legge. Il dibattito è fondato sul riconoscimento del diritto alla salute, di cui all’articolo 32 della Costituzione, quale diritto fondamentale e del principio del consenso informato quale presupposto di ogni trattamento sanitario. Peraltro, il principio del consenso informato è sancito anche dalla Convenzione di Oviedo   ̶ ratificata dalla legge n. 145 del 28 marzo 2001 - , dal codice di deontologia medica e da specifiche disposizioni normative.

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Il parere della Chiesa Cattolica

La posizione della Chiesa in materia di testamento biologico riafferma la centralità e la sacralità della vita: se, da un lato, è apprezzabile qualsiasi elemento che accresca la ricchezza della relazione fra medico e paziente, va però contrastato ogni tentativo di utilizzare la legislazione sul testamento biologico per introdurre la possibilità di fare ricorso a pratiche che la Chiesa condanna, come l’eutanasia.

Angelo Bagnasco, Salvaguardare la vita

Si è imposta una riflessione nuova da parte del Parlamento Nazionale, sollecitato a varare, si spera col concorso più ampio, una legge sul fine vita che – questa l’attesa − riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell’ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito – fuori da gabbie burocratiche − di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza. Dichiarazioni che, in tale logica, non avranno la necessità di specificare alcunché sul piano dell’alimentazione e dell’idratazione, universalmente riconosciuti ormai come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi dalle terapie sanitarie. Una salvaguardia indispensabile, questa, se non si vuole aprire il varco a esiti agghiaccianti anche per altri gruppi di malati non in grado di esprimere deliberatamente ciò che vogliono per se stessi.



Jean-Marie Mupendawatu, La vita è inviolabile

Negli ultimi anni il dibattito sul fine vita si è concentrato anche sul tema del “testamento biologico”, inteso come volontà del paziente di decidere anticipatamente di interrompere la propria alimentazione e idratazione in caso di malattia grave. In questi casi si profila il rischio di perdersi in quella che Benedetto XVI ha definito «esaltazione individualistica dell’autonomia», a detrimento del senso della realtà umana. A dispetto di alcuni pronunciamenti giurisprudenziali sul tema, e in linea con il magistero della Chiesa, è necessario qui affermare che il malato in fase terminale può rifiutare le terapie sproporzionate e gli accanimenti terapeutici, ma ha diritto a ricevere l’alimentazione, l’idratazione e le terapie necessarie.

Da queste poche notazioni su un documento fondamentale nella missione della Chiesa, è possibile capire l’importanza di dare una spinta decisiva a una “svolta culturale” in favore della vita. Un rinnovamento che deve partire dalle stesse comunità cristiane e che deve annoverare tra i suoi obiettivi principali la formazione di una coscienza morale circa il valore incommensurabile e inviolabile di ogni vita umana, dal concepimento al suo momento terminale naturale.


Giovanni Del Missier, Ascoltare il paziente

Non mi risulta che ci sia una posizione ufficiale definitiva: nei documenti non si parla esplicitamente di testamento biologico. Esistono, tuttavia, degli orientamenti. La preoccupazione maggiore è che questo strumento legislativo possa servire a far passare in modo surrettizio l'eutanasia [vedi Eutanasia] all'interno delle opzioni a disposizione del paziente. La questione del testamento biologico non pone in ogni caso dei problemi etici insormontabili. Se escludiamo la possibilità del ricorso all'eutanasia, questo documento può essere utile a favorire la relazione tra paziente e medico, soprattutto in determinate situazioni patologiche croniche a lenta evoluzione, nel corso delle quali si possono prevedere opzioni terapeutiche diversificate: in questi casi è importante ascoltare quello che desidera il paziente.

Il testamento biologico | Per approfondire

Il parere delle diverse religioni

Sul tema del testamento biologico spesso si osservano posizioni diverse all’interno della stessa confessione, in particolare nei casi in cui i pareri su questioni legate alla scienza derivano dai pronunciamenti di singoli rappresentanti religiosi (come esemplificano bene i due brani relativi all’Islam). Riportiamo tuttavia alcune posizioni esemplificative di un dibattito che dimostra l’attualità “globale” di questo tema.

Amos Luzzatto, Scelta e responsabilità

I medici dovrebbero immedesimarsi nel paziente e fornirgli ogni elemento necessario a formare una scelta responsabile.


Chiesa Evangelica Valdese di Torino, Rispettare l'alleanza terapeutica

Il testamento biologico attesta la volontà personale circa eventuali trattamenti futuri, indicando anticipatamente ai medici i limiti del loro intervento qualora il paziente non fosse più in grado di farlo, difendendo così la sua libertà personale dal potere della tecnica. La scienza e la pratica medica possono offrire un contributo fondamentale all'autodeterminazione del paziente: libertà di cura è sempre, contestualmente, libertà di rifiutare la cura, che è un diritto costituzionalmente garantito. Il testamento biologico pertanto non è uno strumento del paziente “contro” il medico, ma garantisce il rispetto dell'alleanza terapeutica curante – curato che sempre deve fare da cornice alla cura.


Hassan Hanafi Hassanien, Rispettare la volontà

Rispettare la vita significa anche rispettare le volontà espresse in coscienza da ciascuno. Anche quelle di un testamento biologico.


Hagg Umar, Proteggere la vita

Se le volontà del paziente chiedono che sia tolta la vita, né il medico né il paziente devono decidere, perché la vita va protetta, difesa e prolungata con ogni mezzo. Sarebbe un suicidio assistito e il suicidio è inamissibile.


Lama Thamthong Rinpoche Ghesce Lharampa, Il diritto di scegliere

I medici devono utilizzare tutta la loro conoscenza scientifica per curare i malati con grande compassione, mentre i pazienti devono avere il diritto di scegliere liberamente quale tipo di trattamento desiderano.

Il testamento biologico | Per approfondire

La parola agli esperti: "perché sì"

I testi riportati di seguito presentano le posizioni a favore del testamento biologico di due medici, Marino e Veronesi, persuasi che il testamento biologico da un lato possa garantire i diritti del paziente, dall’altro non configuri il rischio di trattamenti arbitrari, non rispettosi del diritto alla vita.

Ignazio Marino, Un diritto inalienabile

Che cosa si vuol garantire con il testamento biologico?
Non dobbiamo dimenticare che quello che si vuole garantire con il testamento biologico è l'applicazione del consenso informato anche per quei pazienti che, a causa di una grave malattia o un incidente, hanno perso la capacità di intendere e di volere e non possono più esprimersi su quali cure accettare e quali no. L'essenza stessa di questo principio risiede proprio nell'essere a conoscenza delle terapie e delle eventuali conseguenze che esse comportano, e di avere poi la libertà di poter dare l'assenso o meno, in piena autonomia e libertà. Oggi, se non vi è il consenso informato da parte del paziente, non si può procedere a nessun intervento diagnostico, medico o chirurgico, e questo diritto deve essere garantito anche a chi non può esprimere il proprio volere. Si tratta di un diritto inalienabile, tra l'altro indicato anche dalla Costituzione.

Che cosa si aspetta in realtà il paziente che non può decidere autonomamente dalle disposizioni anticipate?Sicuramente quello che ci si aspetta è che grazie a questo importante documento vengano garantiti e tutelati i diritti del malato anche quando non è più in grado di decidere autonomamente. Il punto cruciale è proprio quello del rispetto delle volontà del paziente e della dignità della persona. 

Sottoscrivendo il mio testamento biologico io avrò la sicurezza che, nel momento ultimo della mia esistenza, verranno attesi i miei desideri e le mie indicazioni circa le terapie e le cure che, nel pieno possesso delle mie facoltà, ho reputato accettabili e dignitose per me stesso se un giorno non fossi più in grado di esprimermi. Questo, ad esempio, a causa di una malattia terminale o di un grave incidente. Credo, infatti, che nessuno, arrivato alla fine della propria vita, vorrebbe che qualcun altro decidesse al posto suo.

Come nel concreto sarà possibile gestire i dati di tutti i pazienti per rendere attuabili le disposizioni anticipate?
Penso che a questo proposito si possano identificare due percorsi possibili. Ipotizzare, per esempio, un grande database nazionale in cui inserire tutte le dichiarazioni anticipate di volontà di chi decida di sottoscriverle. Un registro elettronico che le strutture sanitarie potrebbero consultare in caso di necessità, per potersi poi regolare nei confronti del paziente non più capace di intendere e di volere. Oppure seguire l'esempio degli Stati Uniti dove, invece, il testamento biologico è sottoscritto dal cittadino e, in alcuni stati, viene autenticato di fronte ad un legale. Si conserva a casa, ed è premura del paziente fare in modo che pervenga ai medici nel momento del bisogno. Inoltre, negli Stati Uniti, ogni volta che ci si ricovera in ospedale, è richiesto al paziente se si possiede un testamento biologico e, in caso contrario, gli si offre la possibilità di sottoscriverlo.

Un'ultima considerazione che tiene conto dell'animo umano, non sempre improntato a sentimenti nobili di pietà e di misericordia, ma mosso talvolta da fini opportunistici e strumentali ben lontani da logiche etiche e religiose. Allora l'abbandono terapeutico del paziente non è un rischio grave per chi non è più in grado di "tutelarsi", reso inerme e indifeso dalla malattia e dal dolore?
Grazie al testamento biologico non ci potrà più essere il rischio del cosiddetto “abbandono terapeutico”, perché il medico sarà obbligato a mettere in pratica le volontà che il paziente ha lasciato. Il che è tanto valido per chi desidera che vengano applicate tutte le risorse di cui la tecnologia dispone per essere mantenuto in vita anche attraverso l'uso dei mezzi artificiali, quanto per chi, invece, preferisce accettare la fine naturale della vita senza ricorrere a tutta la tecnologia disponibile. Come ripete sempre il professor Thomas Starzl, il pioniere del trapianto di fegato con cui ho lavorato per oltre 15 anni, l'esistenza di una tecnologia non è motivo sufficiente per rendere il suo utilizzo obbligatorio. Inoltre, la legge che auspico permetterà a ognuno di designare un fiduciario. Una persona legata a chi sottoscrive il testamento biologico da un rapporto affettivo e prolungato nel tempo   ̶  non necessariamente un familiare   ̶  con il quale ha condiviso momenti, pensieri e idee e che quindi è in grado di capire se in quella determinata circostanza egli avrebbe desiderato di essere sottoposto a successive terapie oppure no. Questa importante figura garantirà al paziente una tutela in più, oltre a quella data dal testamento biologico. E in questo modo, grazie all'applicazione delle dichiarazioni anticipate e all'interpretazione del fiduciario di queste ultime, che ogni paziente avrà garantito quel diritto all'autodeterminazione delle cure che tutti noi riconosciamo come fondamentale.


Umberto Veronesi, Il diritto e la responsabilità

Io ho fatto il testamento biologico qualche anno fa, e per tre motivi. Per riaffermare le mie convinzioni sulla libertà di disporre della propria vita. Per l’amore profondo verso i miei familiari, che non voglio siano mai straziati dal dubbio sul che fare della mia esistenza. Per il rispetto verso i medici che si prenderanno cura di me. Ho voluto anche renderlo pubblico: «Io sottoscritto Umberto Veronesi, ..., nel pieno delle mie facoltà mentali e in totale libertà di scelta, dispongo quanto segue: in caso di malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante chiedo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico o di sostegno (nutrizione e idratazione)... Queste mie volontà dovranno essere assolutamente rispettate dai medici che si prenderanno cura di me...». Considero il testamento biologico l’atteggiamento più corretto soprattutto verso i medici curanti, cioè verso chi si troverà, concretamente, ad avere la responsabilità terapeutica di un individuo non più consapevole. Nel febbraio 2009 il giurista Stefano Rodotà ha scritto: «Proprio nell’art. 32 il tema della costituzionalità della persona si manifesta con particolare intensità. Dopo aver considerato la salute come diritto fondamentale dell’individuo, si prevede che i trattamenti obbligatori possono essere previsti solo dalla legge, e tuttavia “in nessun caso” possono violare il limite imposto dal “rispetto della persona umana”. È, questa, una delle dichiarazioni più forti della nostra Costituzione, poiché pone al legislatore un limite invalicabile, più incisivo ancora di quello previsto dall’articolo 13 per la libertà personale, che ammette limitazioni sulla base della legge e con provvedimento motivato del giudice. Nell’articolo 32 si va oltre. Quando si giunge al nucleo duro dell’esistenza, della necessità di rispettare la persona umana perché tale, si è di fronte all’indicibile. Nessuna volontà esterna, fosse pure coralmente espressa da tutti i cittadini o da un parlamento unanime, può sostituire quella dell’interessato».

Il testamento biologico, che certifica la volontà dell’interessato, è quindi lo strumento più adatto a far sì che nessuna volontà esterna possa prevalere. A questo principio si ispirò nel 1997 la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina, il cui articolo 9 prevede che vengano tenuti in considerazione «i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà». Per quanto riguarda il nostro Paese, il 18 dicembre 2003 il Comitato nazionale per la bioetica approvò un documento in cui si auspicava un intervento del legislatore volto a obbligare il medico a prendere in esame le dichiarazioni anticipate di volontà e a motivare ogni diversa decisione in cartella clinica. Purtroppo tutto si è fermato per il timore, da parte di chi è contrario all’eutanasia [vedi Eutanasia], che proprio il testamento biologico le aprisse un varco.

Il testamento biologico | Per approfondire

La parola agli esperti: "perché no"

I due brani riportati di seguito pongono l’accento su alcuni aspetti, rispettivamente giuridici (D’Agostino) ed etico-fisolofici (Pessina), che possono prefigurare il rischio di stravolgimenti eccessivi della legislazione medica in materia di consenso informato, aprendo la porta a soluzioni terapeutiche potenzialmente non rispettose della vita umana.

Francesco D’Agostino, Testamento biologico fra astrazione e realtà

In astratto, il testamento biologico potrebbe limitarsi a contenere indicazioni, perché il medico massimizzi gli sforzi di salvaguardia della vita di chi lo ha sottoscritto; ma si tratterebbe evidentemente di indicazioni che non farebbero altro che confermare il dovere deontologico e giuridico del medico di operare sempre e comunque per la salvezza del paziente.

Nella realtà concreta delle cose, la redazione di un testamento biologico è auspicata da e per coloro che, prefigurandosi ipotesi tragiche, ritengono che in situazione patologiche estreme sia un bene per gli uomini morire anziché continuare a vivere e preferiscono quindi essere uccisi che essere curati.

Sul testamento biologico è in atto da anni un accanito dibattito bioetico. 
I giuristi tendono, giustamente dal loro punto di vista, a ridurre questo dibattito in termini formali: che validità è possibile riconoscere a simili direttive anticipate, nel contesto di ordinamenti giuridici che non considerano la vita alla stregua di un bene disponibile?

I medici, da parte loro, si interrogano sulla compatibilità dei testamenti biologici con i loro doveri deontologici.

I bioeticisti discutono se nella sfera di insindacabile autodeterminazione del malato, quella nella quale si fa comunemente rientrare l’atto suicidario, che alcuni arrivano a qualificare come un vero e proprio diritto dell’ uomo, si possa far rientrare altresì la pratica eutanasica, concepita come forma di suicidio assistito, ove appunto non solo auspicata, ma in qualche modo prescritta da un testamento biologico.

Che la vera posta in gioco nel dibattito sul testamento biologico sia quella della legalizzazione dell’eutanasia [vedi Eutanasia] non c’è alcun dubbio. Il successo che ha avuto l’eufemismo “suicidio assistito” potrebbe far pensare ad alcuni che ciò di cui si discute è semplicemente come dar valore legale a un’estrema, doverosa forma di rispetto nei confronti della volontà di non essere curato espressa con piena consapevolezza e in forme rigorosamente garantite dal soggetto.

Ma non è così. Ne dà prova la legislazione olandese sull’eutanasia, che depenalizza questa pratica, qualificandola appunto come forma di rispetto verso la volontà del malato e poi subito la dilata, autorizzando il medico a sopprimere il paziente, anche in assenza di un esplicito testamento biologico, nel presupposto che la tutela del miglior interesse del malato (in concreto: quello di essere ucciso) possa essere affidata non solo al soggetto direttamente interessato, ma anche a chi di lui si prende cura, come appunto il medico.

Ci troviamo di fronte a un esempio emblematico di come sia facile, in “questioni di vita e di morte” inoltrarsi in quel pendio scivoloso, tante volte denunciato da alcuni bioeticisti: si parte col ritenere che bisogna legalizzare situazioni estreme, problematiche e tutto sommato rare (in concreto l’eutanasia praticata su esplicita e consapevole richiesta, pur se anticipata, del paziente), e si arriva poi subito a estendere la legalizzazione a casi simili, solo estrinsecamente in analogia ai precedenti (l’eutanasia senza esplicita e consapevole richiesta). Questo “scivolamento” da una parte è concettualmente inaccettabile, ma dall’altra è obiettivamente e paradossalmente necessario: i fautori dell’eutanasia sanno che ben difficilmente la redazione di testamenti biologici può diventare una prassi abituale e consolidata…

Giungiamo così al cuore del nostro problema. Se i fautori dell’eutanasia volessero davvero, col legittimare questa pratica, rendere omaggio alla volontà sovrana delle persone, dovrebbero radicalmente escludere dall’uccisione pietosa tutti coloro che non abbiano lasciato alcuna indicazione al riguardo, o che abbiano lasciato indicazioni ambigue o inattendibili, o che le abbiano rilasciate in condizioni psichiche e mentali tali, da far ritenere plausibile una loro incapacità di intendere e di volere.

Non ci troviamo più di fronte a un semplice dilemma bioetico, ma a una sfida radicale, che investe né più né meno che il senso stesso della presenza dell’uomo nel mondo. Gli stessi tragici temi dai quali eravamo partiti, le sofferenze dei malati terminali, i testamenti biologici, appaiono in qualche modo rimpiccoliti e banalizzati. Riflettendo sulla sua morte, l’uomo arriva ben presto a scoprire che riflette non su di un evento, su di un qualcosa che, pur se ineluttabilmente, prima o poi gli avviene; riflette piuttosto sulla sua mortalità, su ciò che egli è. Può essere, questo, un pensiero così inquietante da esigere di essere esorcizzato. Che dietro tante istanze odierne favorevoli all’eutanasia non si celi forse il più grande, il più vistoso, il più fallace esorcismo che mai l’ umanità abbia creato?


Adriano Pessina, Testamento “biologico”: una questione aperta

In Italia, in questi ultimi mesi, si è aperta una vasta campagna a favore del cosiddetto “testamento biologico”. Come è noto, con questa brutta espressione (un testamento è pur sempre un atto personale e la vita umana, di cui si sta parlando, non è mai un mero fatto biologico) si tende a tradurre la più corretta dizione di direttive (o disposizioni) anticipate di trattamento, cioè di quelle indicazioni che un cittadino dovrebbe liberamente (o obbligatoriamente, secondo alcuni progetti di legge) redigere per indicare a quali trattamenti medici intende o no essere sottoposto nel caso non fosse più in grado di esprimere il proprio motivato consenso.

I fautori di questa carta di autodeterminazione tendono, nella maggior parte dei casi, a negare che si tratti di uno strumento atto ad introdurre l’eutanasia [vedi Eutanasia]  e il suicidio assistito. Molti, infatti, ritengono che si tratti di un mezzo per prolungare la cosiddetta e auspicata alleanza terapeutica tra medico e paziente: una specie di prolungamento del consenso informato, volto ad evitare, in primo luogo, l’accanimento terapeutico e ad evidenziare la giusta autonomia del paziente.

Posto in questi termini, analoghi a quelli auspicati dal documento del Comitato Nazionale per la Bioetica, non risulterebbe ragionevole opporsi all’introduzione e alla legalizzazione di questa nuova carta dei diritti del paziente. Ma, si è osservato, proprio l’evidente ed oggettiva bontà di questa dichiarazione fa pensare anche alla sua sostanziale ed oggettiva inutilità: che senso avrebbe chiedere ciò che sarebbe doveroso ottenere?

Forse perché si teme che, in realtà, i medici abusino della loro professione e infliggano ai pazienti trattamenti sproporzionati, inutili e persino dannosi? Oppure, più banalmente, si pensa che il rapporto tra medico e paziente debba sempre più essere improntato ad un rapporto di natura meramente contrattuale, nel quale l’ideale della cosiddetta alleanza terapeutica è solo, appunto, un ideale, visto che non ci sarebbe quella previa condivisione di valori e di beni che permettono ad una società civile di promuovere una professione medica capace di autolimitarsi nei suoi interventi senza bisogno della mediazione della magistratura? O, ancora, si ritiene che, in realtà, questa carta debba far valere prima di tutto la soggettiva concezione di qualità della vita che ogni cittadino dovrebbe evidenziare, decidendo, in anticipo rispetto alla sua concreta situazione patologica, a quali condizioni sarebbe disposto o no a continuare a vivere?

L’unica cosa certa è che non ha senso paragonare queste direttive al consenso informato: nel primo caso, infatti, chi è chiamato a decidere è prima di tutto un cittadino che vuol far valere la propria autonomia, nel secondo caso, invece, è un cittadino malato, consapevole della propria situazione clinica, chiamato a decidere, all’interno di un sistema sanitario nazionale che per ora è gratuito per tutti, la programmazione di interventi concordati e conosciuti.

Le direttive anticipate, a differenza del consenso informato, sono necessariamente generiche e riguardano tipologie di trattamenti e situazioni cliniche differenti: sono indicazioni fatte a partire da un vissuto ancora estraneo alla malattia e, quindi, condizionato da una vaga rappresentazione di come si sarebbe o no disposti a vivere.

Fino a che punto l’astratta difesa delle direttive anticipate non finisce con il favorire un vero e proprio abbandono terapeutico e una vera e propria limitazione a quella perseveranza terapeutica che è necessaria per custodire la vita di coloro che pur non essendo più in grado di decidere pienamente (come, per esempio, gli anziani affetti da demenza senile) sono pur sempre cittadini e persone degne di rispetto e di tutela? In che modo questa ondata di consenso nei confronti di una carta che sembra promuovere soprattutto l’astensione dai trattamenti di assistenza e cura non finisce con l’influenzare negativamente quelle prassi mediche di confine che aiutano oggi molte persone a convivere con la loro malattia, malgrado la limitazione delle loro facoltà?

Non è facile rispondere, ma è necessario pensarci seriamente perché sono in gioco questioni che trascendono il legittimo no all’eutanasia e all’accanimento terapeutico. Prima di cavalcare l’onda di un consenso politicamente corretto alle direttive anticipate, occorrerà prendere seriamente in considerazione le complesse problematiche, mediche, sociali, etiche, esistenziali che investono la prassi medica oggi.

C’è una responsabilità sociale, politica ed etica, che deve far riflettere sul significato di strumenti legali apparentemente neutri che modificano, di fatto e di diritto, lo stesso modo di pensare l’assistenza sanitaria, di allocare le risorse, di promuovere le ricerche nel campo della salute e della cura dei cittadini, comunque essi siano, ricchi o poveri, colti o ignoranti, consapevoli o no.

Una società civile non è mai una pura somma di autonomie atomisticamente intese e la malattia non determina una categoria sociale, ma un aspetto della condizione umana che riguarda tutti. Le carte dei diritti diventano facilmente diritti di carta laddove si frantumano i legami sociali che appartengono alla categoria dei doveri.

GlossarioBiografie

Autodeterminazione

In ambito giuridico, il termine indica la capacità dell’individuo di decidere in autonomia, di compiere scelte che riguardano la propria vita.


Consiglio d'Europa

Organizzazione internazionale (istituita nel 1949, oggi conta 47 Paesi membri) il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti dell’uomo, l'identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali. Ha sede a Strasburgo, in Francia.


Bagnasco

Bagnasco, Angelo

Angelo Bagnasco è nato nel 1943 ed è un cardinale e arcivescovo cattolico, presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Chiesa Evangelica Valdese

La Chiesa Evangelica Valdese è una chiesa riformata di tradizione valdese presente in Italia da più di 1000 anni. Conta circa 25.000 fedeli.

Del Missier

Del Missier, Giovanni

Giovanni Del Missier è nato a Udine nel 1968. Docente di teologia morale, dal 2011 è Delegato episcopale per la formazione dei laici e Direttore dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Udine.

D’Agostino, Francesco

Francesco D’Agostino è nato a Roma nel 1946. Giurista, esperto di bioetica, insegna presso diverse università italiane ed estere.

Hassanien

Hassanien, Hassan Hanafi

Hassan Hanafi Hassanien è professore di filosofia all'Università del Cairo per l'islam.

Istituto Giovanni Treccani

Istituto Giovanni Treccani

L'Istituto Giovanni Treccani, fondato nel 1925, compila, aggiorna e pubblica la celebre Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere e Arti.

Lama Thamthong Rinpoche Ghesce Lharampa

Lama Thamthong Rinpoche Ghesce Lharampa

Lama Thamthong Rinpoche Ghesce Lharampa è direttore spirituale del centro Rabten Ghe Pel Ling.

Luzzatto

Luzzatto, Amos

Amos Luzzatto è nato a Roma nel 1928. Scrittore e saggista, è stato presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane dal 1998 al 2006.

Marino

Marino, Ignazio

Ignazio Marino è nato a Genova nel 1955. Medico esperto di trapianti d’organi, svolge attività politica e attualmente è sindaco di Roma.

Mupendawatu

Mupendawatu, Jean-Marie

Jean-Marie Mupendawatu è nato in Congo nel 1955 ed è segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.

Pessina

Pessina, Adriano

Adriano Pessina, nato nel 1953, è docente di filosofia morale e direttore del Corso di Perfezionamento di Bioetica all’Università Cattolica di Milano.

Rodotà

Rodotà, Stefano

Stefano Rodotà, nato a Cosenza nel 1933, è un giurista, politico e docente universitario.

Umar, Hagg

Hagg Umar è rappresentante della comunità islamica presso il Comitato Interfedi del Comune di Torino.

Veronesi

Veronesi, Umberto

Umberto Veronesi è nato a Milano nel 1925. Medico, ricercatore di fama internazionale, dirige l’Istituto Europeo di Oncologia.

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Glossario Biografie

Autodeterminazione

In ambito giuridico, il termine indica la capacità dell’individuo di decidere in autonomia, di compiere scelte che riguardano la propria vita.

Consiglio d'Europa

Organizzazione internazionale (istituita nel 1949, oggi conta 47 Paesi membri) il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti dell’uomo, l'identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali. Ha sede a Strasburgo, in Francia.

Bagnasco

Angelo Bagnasco

Angelo Bagnasco è nato nel 1943 ed è un cardinale e arcivescovo cattolico, presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Chiesa Evangelica Valdese

La Chiesa Evangelica Valdese è una chiesa riformata di tradizione valdese presente in Italia da più di 1000 anni. Conta circa 25.000 fedeli.

Del Missier

Giovanni Del Missier

Giovanni Del Missier è nato a Udine nel 1968. Docente di teologia morale, dal 2011 è Delegato episcopale per la formazione dei laici e Direttore dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Udine.

Francesco D’Agostino

Francesco D’Agostino è nato a Roma nel 1946. Giurista, esperto di bioetica, insegna presso diverse università italiane ed estere.

Hassanien

Hassan Hanafi Hassanien

Hassan Hanafi Hassanien è professore di filosofia all'Università del Cairo per l'islam.

Istituto Giovanni Treccani

Istituto Giovanni Treccani

L'Istituto Giovanni Treccani, fondato nel 1925, compila, aggiorna e pubblica la celebre Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere e Arti.

Lama Thamthong Rinpoche Ghesce Lharampa

Lama Thamthong Rinpoche Ghesce Lharampa

Lama Thamthong Rinpoche Ghesce Lharampa è direttore spirituale del centro Rabten Ghe Pel Ling.

Luzzatto

Amos Luzzatto

Amos Luzzatto è nato a Roma nel 1928. Scrittore e saggista, è stato presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane dal 1998 al 2006.

Marino

Ignazio Marino

Ignazio Marino è nato a Genova nel 1955. Medico esperto di trapianti d’organi, svolge attività politica e attualmente è sindaco di Roma.

Mupendawatu

Jean-Marie Mupendawatu

Jean-Marie Mupendawatu è nato in Congo nel 1955 ed è segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.

Pessina

Adriano Pessina

Adriano Pessina, nato nel 1953, è docente di filosofia morale e direttore del Corso di Perfezionamento di Bioetica all’Università Cattolica di Milano.

Rodotà

Stefano Rodotà

Stefano Rodotà, nato a Cosenza nel 1933, è un giurista, politico e docente universitario.

Hagg Umar

Hagg Umar è rappresentante della comunità islamica presso il Comitato Interfedi del Comune di Torino.

Veronesi

Umberto Veronesi

Umberto Veronesi è nato a Milano nel 1925. Medico, ricercatore di fama internazionale, dirige l’Istituto Europeo di Oncologia.

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