hidden link for SiteSucker
La storia del lavoro è la storia dell'uomo
Diritto al lavoro e diritti del lavoro
La crisi globale del lavoro
La creatività al lavoro
Ridare dignità al lavoro

Il lavoro

La storia del lavoro è la storia dell'uomo

Diritto al lavoro e diritti del lavoro

La crisi globale del lavoro

La creatività al lavoro

Ridare dignità al lavoro

Che cos'è il lavoro?

Che cos'è il lavoro?

Il lavoro, nel suo primo significato, è l' impiego di un'energia per raggiungere uno scopo determinato.

Di conseguenza, esso è passato a indicare tutte le attività umane produttive che implicano il dispendio di energie fisiche e intellettuali per raggiungere uno scopo prefissato e, per estensione, l'insieme delle attività produttive come fenomeno sociale con le sue implicazioni economiche e giuridiche.

Leggi il testo completo

Il lavoro è una delle attività principali dell'uomo, un fattore che gli ha permesso di dominare la natura e ha stimolato il progresso delle diverse civiltà.
Concetto importante per l'elaborazione delle scienze fisiche, il lavoro ha poi acquistato un ruolo centrale nella sfera filosofica, giuridica, politica. Dal punto di vista sociale il lavoro ha conosciuto, nel corso del tempo, grandi cambiamenti: la sua estrema dinamicità lo colloca fra i principali fattori di sviluppo storico, con importanti benefici ma anche con effetti negativi non sempre facili da evitare (ad esempio l'inquinamento) [Vedi Inquinamento].
Le teorie sul lavoro (si pensi ad esempio al pensiero di Karl Marx) inoltre hanno dato origine a movimenti sociali e politici di grandissima importanza storica e che esercitano ancora oggi una forte influenza.

Negli ultimi decenni il lavoro, dal punto di vista sociale, vive un periodo di grande crisi, a causa degli effetti della crisi globale, dei cambiamenti tecnologici e delle condizioni di competizione globale sempre più spinte. Anche le forme del lavoro tradizionale hanno subito profonde trasformazioni, che hanno ad esempio portato al moltiplicarsi dei cosiddetti "lavori atipici", caratterizzati da forme contrattuali più flessibili, non sempre adeguate alle necessità di sostentamento dei lavoratori.
Per rispondere alla grave crisi occupazionale, di recente sono stati avviati diversi programmi pubblici come quelli relativi ai cosiddetti lavori socialmente utili, cioè occupazioni temporanee finanziate dallo Stato o da altri Enti Pubblici per fornire servizi di assistenza ad anziani, malati ecc.

Chiudi Versione stampabile

IL LAVORO:

all'origine della civiltà

AMBITI COINVOLTI

Il lavoro tra religione e filosofia

Il lavoro come elemento dinamico della storia

Il lavoro e i diritti degli individui

Lavoro e organizzazione della vita sociale

Lavoro e globalizzazione

LA POSTA IN GIOCO

La crisi del lavoro

Ridare dignità al lavoro

IL LAVORO: all'origine della civiltà

Il lavoro tra religione e filosofia

Il lavoro come elemento dinamico della storia

Il lavoro e i diritti degli individui

Lavoro e organizzazione della vita sociale

Lavoro e globalizzazione

La crisi del lavoro

Ridare dignità al lavoro

×

Esplora Mappa
Leggi il testo completo

Il lavoro

Perché è un problema etico

Il concetto di lavoro costituisce da sempre una categoria importante di molti ambiti specialistici, dalla fisica alla teologia: è uno dei concetti più antichi e profondi in senso antropologico e ha ispirato la riflessione di poeti e filosofi, interessando fin dalle origini della storia umana il pensiero religioso e quello politico e legandosi indissolubilmente allo sviluppo delle diverse civiltà. 

Tutte le grandi religioni attribuiscono al lavoro un ruolo fondamentale e l'importanza del lavoro come fenomeno storico e culturale è testimoniata con immediatezza dagli esempi di grandi opere come le Piramidi in Egitto. 

La storia del lavoro va di pari passo, dunque, con la storia dell'uomo: sul campo del lavoro si sono svolti conflitti aspri, che hanno modificato per sempre il corso degli eventi.

Un tema testimoniato ad esempio dal lungo processo, durato secoli, che ha condotto all'abolizione della schiavitù in tutto il mondo.

La vita sociale ha subito profondi mutamenti in seguito alla nascita dei movimenti per la difesa dei diritti dei lavoratori che hanno dato origine ai moderni sindacati.

Oggi i temi legati al lavoro sono sempre più attuali e urgenti: gli effetti della crisi mondiale e della globalizzazione [vedi Globalizzazione], insieme al progresso tecnologico sempre più rapido, influiscono con crescente intensità sulla vita di un numero ogni giorno maggiore di persone, creano tensioni evidenti a livello sociale e sono all'origine di fenomeni come quello delle migrazioni [vedi Migrazioni].

Un aspetto attuale particolarmente significativo è rappresentato dall'aumento della disoccupazione giovanile, che spinge alla non facile ricerca di soluzioni rapide ed efficaci per tutelare il diritto al lavoro e, soprattutto, la capacità di sostentamento e di progresso delle giovani generazioni.

Più in generale, oggi sembra necessario portare in evidenza il tema della dignità del lavoro, un valore spesso in conflitto con i meccanismi del mercato che tendono a considerare l'individuo non una persona, ma una risorsa spendibile.

Versione stampabile

Inventarsi il lavoro in tempo di crisi

In un periodo in cui il mercato del lavoro sembra sempre più inaccessibile, c’è chi una professione se la crea.

Ecco le storie di Mary e Ghassan, due giovani che hanno saputo inventarsi con fantasia e coraggio un lavoro sfidando la crisi.

Diplomata in economia e commercio, interprete da cinque lingue, in Italia si è reinventata venditrice ambulante: si chiama Mary Miliè, è una ragazza di trent'anni nata e cresciuta in Germania da genitori di origine calabrese. Attraversa Roma con il suo furgoncino mimetico carico di T-shirt e, grazie al passaparola su Facebook, numerose clienti attendeno il suo arrivo.

Mary, come nasce l'idea di questo suo ultimo lavoro?
Un anno fa, di notte, mi è balenato il desiderio di creare delle T-shirt con delle stampe. Giusto il tempo di chiarire le idee e poi subito dal commercialista per mettermi in regola con partita Iva e licenza. In internet ho trovato tutte le informazioni per la realizzazione delle magliette e anche un furgoncino usato. Ricordo il viaggio ricco di aspettative per portarlo da Reggio Emilia a Formello (dove vivo) a 70 km all'ora.
Il primo mese però non è stato affatto facile, non sapevo dove andare e ho avuto anche paura perché gli altri venditori ambulanti rivendicavano il loro posto dicendomi «te ne devi andare da qua» . Trovare i miei spazi è stata una guerra, ma il coraggio non mi è mancato e alla fine ce l'ho fatta.

I suoi genitori hanno lasciato l'Italia per cercare fortuna in Germania, lei ha fatto il contrario, perché?
Vivevo in un paesino ai confini con l'Olanda dove non mi sono mai sentita a casa; la gente non mi piaceva. Dieci anni fa ho preso al volo l'occasione di fare uno stage a Roma trasformatosi poi in un contratto da supervisore in hotel a 5 stelle. In seguito, sono stata assunta come segretaria all'estero per una concessionaria di automobili: le compravo in Germania e le rivendevo qui. Quando ho visto che il mercato stava drasticamente diminuendo mi sono licenziata. Nel frattempo mi sono innamorata della Capitale e del suo clima… e poi guido proprio come i romani.

Cosa suggerisce ai giovani italiani che hanno difficoltà a trovare lavoro?
Il mio consiglio è di inventarsi qualcosa e non stare a casa a piangersi addosso. Bisogna far funzionare il cervello. Io ho tantissime idee da attuare e sfrutto ogni mia conoscenza, ad esempio uso una semplice strategia di marketing: offro ai miei clienti una tessera raccolta punti che dà diritto a degli sconti, oppure faccio lo sconto a chi accetta di farsi fare una foto mentre indossa una mia T-shirt vicino al furgone, un'immagine che in seguito viene pubblicata sulla mia pagina Facebook.

Quanti chilometri al giorno?
Una media di 160 km. Vendo cinque giorni a settimana e trovare i clienti ad aspettare il mio arrivo mi rende felice e soddisfatta di ciò che sono riuscita a costruire.


Ghassan Skaini ha trent’anni, è libanese, parla quattro lingue (l’arabo, l’inglese, il francese e l’italiano) ed è uno studente di Comunicazione Aziendale e Mercati Globali dell’Università di Milano-Bicocca. Da circa un anno, in attesa di completare gli studi, ha deciso di avviare una propria attività. Lui è un social community media manager: in pratica crea e gestisce i profili delle aziende sui social network.

Ghassan, da cosa nasce la tua idea?
Ho sempre avuto un forte interesse per la comunicazione, ma è stato un mio amico a suggerirmi di seguire e sviluppare questa dote. E così, neanche un anno fa, ho fatto diventare la mia passione un lavoro: ho iniziato con una esperienza piccola, facendo community management per uno smart flash mob e in poco meno di due settimane abbiamo realizzato l’evento, raggiungendo in pieno gli obiettivi che ci eravamo prefissi. Da lì è partito tutto, mi sono informato e dal community management sono passato al social media management che è molto più complesso in quanto significa pianificare una strategia per il cliente, realizzare il prodotto e curarne in contenuti. 

Come hai fatto a farti conoscere?
Bisogna avere coraggio e seguire le proprie passioni, e così mi presentavo ai clienti durante gli eventi e presentavo loro il mio progetto. In questo caso è anche molto importante il passaparola, che è alla base del network.

Per avviare un’attività di questo tipo servono delle buone competenze, quanto è servita la tua formazione universitaria?
La sola passione non basta. È fondamentale, certo, ma è anche necessario che alla base ci sia una preparazione solida. I miei studi di marketing mi sono tornati utili.

Perché dieci anni fa hai scelto di venire in Italia?
In Libano studiavo italiano e così, per allargare le mie conoscenze e vivere nuove esperienze culturali, ho deciso di proseguire a Varese i miei studi di Medicina. Dopo qualche anno, però, mi sono accorto che la mia passione era soprattutto la comunicazione, volevo fare qualcosa che mi potesse aprire un canale tra la mia esperienza in Europa e il mio Paese, così ho scelto di studiare marketing in Bicocca.

Che cosa consigli a chi vuole intraprendere la tua attività?
Non bisogna “improvvisarsi”, nel senso che questo lavoro è un’arma a doppio taglio: se lo fai male, sei fuori dal mercato e potresti danneggiare il tuo cliente. Poi bisogna imparare a gestire il proprio tempo, è necessario conoscere il marketing, avere delle buone basi di comunicazione, una mente elastica, conoscere l’informatica e le lingue.

I tuoi progetti?
Creare una piccola società e insegnare questo mestiere anche ad altri ragazzi.  E magari usufruire di questo network  per allargare il canale fra l’Italia  e il mio Paese.

Leggi il testo completo

Chiudi Versione stampabile

Copertina

La definizione

Il problema

Il fatto

Il lavoro:

  • nell'antichità era svolto esclusivamente dagli schiavi

  • caratterizza tutte le forme di aggregazione sociale

  • viene regolato da provvedimenti di legge internazionali

  • non è fra gli argomenti trattati dalla Costituzione italiana

2

Le organizzazioni sindacali:

  • non sono tutelate dal Diritto Internazionale

  • sono nate per tutelare i diritti dei lavoratori

  • non possono partecipare alle trattative aziendali

  • si occupano della gestione delle pensioni dei lavoratori

2

La globalizzazione:

  • non ha determinato cambiamenti significativi nel mondo del lavoro

  • è caratterizzata anche dal fenomeno delle migrazioni

  • ha consentito di ridurre la disoccupazione giovanile

  • è uno dei valori promossi dalla Dottrina Sociale della Chiesa

2

In Italia la disoccupazione giovanile:

  • è un fenomeno passeggero, legato allo sviluppo tecnologico

  • sta diminuendo

  • interessa soltanto i giovani con titoli di studio inferiori

  • è in aumento

4

Domande per riflettere

  • Insieme all'insegnante, evidenziate gli articoli della Costituzione che trattano del lavoro e cercate di sintetizzare il "messaggio" trasmesso dal legislatore.

  • In base alle esperienze di amici, parenti, conoscenti, discutete le principali difficoltà che si vivono, oggi, nel mondo del lavoro.

  • Immaginate di dover sostenere un colloquio di lavoro.
    Quali sono, secondo voi, i punti di forza da mettere in rilievo per convincere chi ci sta davanti?

  • Provate a sintetizzarli in uno schema.

  • Insieme ai compagni, provate a "inventare un lavoro".
    Quale potrebbe essere una soluzione creativa, applicata alla nostra vita di tutti i giorni?

Dilemmi per discutere

Se non è facile trovare lavoro:

"Bisogna cercare di inventarsi qualcosa di nuovo"

"Conviene studiare e aspettare che le condizioni del mercato del lavoro migliorino"

Per un giovane:

" È  meglio un lavoro precario ma creativo, che consenta di fare esperienze che appassionano"

"In un periodo di crisi è meglio badare al sodo"

Il mercato del lavoro:

"Deve fornire a tutti le stesse opportunità"

"Deve premiare soltanto chi è più capace"

Il lavoro:

"Deve permettere prima di tutto il progresso economico"

"Deve essere uno strumento per vivere meglio e... per lavorare meno"

Fare il punto

Riflettere

Discutere

Il lavoro | Per approfondire

Che cosa dice la Legge

Il lavoro è il pilastro fondamentale su cui si basano le nazioni e le società ed è perciò uno degli ambiti maggiormente regolati dal Diritto Internazionale e dai singoli Stati.

In Italia il legislatore nell'enunciare l'articolo 1 della Costituzione («L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro») ha voluto dare grande risalto al concetto di lavoro quale elemento fondante dello Stato.
Il lavoro è oggetto di altre importanti disposizioni costituzionali che lo tutelano, lo promuovono e sanciscono i diritti fondamentali dei lavoratori.

La disciplina fondamentale del lavoro è contenuta nel Codice civile, ed è precisata da altri importanti provvedimenti di legge (per esempio la Legge 604 del 1966 sui licenziamenti individuali e la Legge 300 del 1970, il cosiddetto Statuto dei lavoratori). Infine il Decreto Legislativo n. 276 del 2003  ha disciplinato i lavori atipici e la flessibilità nel lavoro.

Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), Convenzione sul quadro promozionale per la sicurezza e la salute sul lavoro

Art. 1.  Ogni  Membro  deve  stabilire,  mantenere,  sviluppare  progressivamente  e  riesaminare periodicamente un sistema nazionale di sicurezza e di salute sul lavoro, in consultazione con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori più rappresentative.

Art. 2.  Il sistema nazionale di sicurezza e di salute sul lavoro deve includere, in particolare:

a) la legislazione, i contratti collettivi e ogni altro strumento rilevante in materia di sicurezza e di salute sul lavoro;
b) una o più autorità, o uno o più organismi, responsabili della sicurezza e della salute sul lavoro, nominati in conformità alla legislazione e alla prassi nazionali;
c) meccanismi volti ad assicurare il rispetto della legislazione nazionale, ivi compresi i sistemi di ispezione;
d) misure volte a promuovere, a livello di impresa, la cooperazione tra la direzione, i lavoratori e i loro rappresentanti, in quanto elementi essenziali di prevenzione sul luogo di lavoro.

Il lavoro | Per approfondire

Il parere della Chiesa Cattolica

Il Dizionario della Dottrina Sociale della Chiesa spiega molto precisamente che «esercitare il proprio lavoro in modo da procurarsi il sostentamento per sé e per la propria famiglia e così prestare un servizio alla società, si può ritenere a buon diritto un prolungamento dell’opera del Creatore e un contributo personale al completamento della redenzione».

Paolo VI, Gaudium et spes

Chi lavora con amore nel rispetto della dignità di ogni persona, non solo contribuisce al progresso terreno, ma anche alla crescita del Regno di Dio. Prolunga l’opera del Creatore e coopera all’attuazione del disegno della Provvidenza nella storia, associandosi a Cristo redentore.


Giovanni Paolo II, Il lavoro, segno dell'uomo

Il lavoro è una delle caratteristiche che distinguono l’uomo dal resto delle creature. […] Il lavoro porta su di sé un particolare segno dell’uomo e dell’umanità, il segno di una persona operante in una comunità, e questo segno costituisce la sua natura.


Francesco, Anche Gesù era un lavoratore

Anche Gesù sulla terra ha lavorato tanto, nella bottega di san Giuseppe. Ma ha lavorato anche fino alla Croce. Ha fatto quello che il Padre gli aveva comandato di fare. Io penso oggi a tante persone che lavorano e portano questa dignità... Ringraziamo il Signore! E siamo consci che la dignità non ce la dà il potere, il denaro, la cultura, no!... La dignità ce la dà il lavoro.


Francesco, La dignità del lavoro

Il libro della Genesi narra che Dio creò l’uomo e la donna affidando loro il compito di riempire la Terra e soggiogarla, che non significa sfruttarla, ma coltivarla e custodirla, averne cura con la propria opera (Genesi 1,28; 2,15). Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e in questo modo partecipiamo all’opera della creazione! Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro, per usare un’immagine, ci “unge” di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre (Giovanni 5,17); dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione. E qui penso alle difficoltà che, in vari Paesi, incontra oggi il mondo del lavoro e dell’impresa; penso a quanti, e non solo giovani, sono disoccupati, molte volte a causa di una concezione economicista della società, che cerca il profitto egoista, al di fuori dei parametri della giustizia sociale.

Il lavoro | Per approfondire

Il parere delle diverse religioni

 


Associazione Buddhista Zen d'Europa, Zen e lavoro

Nello Zen l’ideale e la realtà non sono separati. Sono come il recto e il verso di uno stesso foglio di carta.
L’ideale si realizza nella vita quotidiana. Lo Zen non richiede di ritirarsi dal mondo, ma al contrario di praticare con gli altri e di essere attivi nel mondo lavorativo.
Sul lavoro, lo spirito dello Zen è l’amore per il lavoro ben fatto, la concentrazione qui e ora sul compito da svolgere al meglio, senza egoismo, e il risultato è un surplus.
In tal modo il samu, il lavoro manuale, è svolto nei dojo e nei templi zen rispettando l’ambiente, come un servizio reso alla collettività.


 

Tariq Ramadan, Il lavoro, base dell'universo

L’uomo, che è la più stupefacente e complessa specie dell’universo, ha maggiori necessità rispetto alle altre creature. È per questo che gli occorre una maggiore attività per potere, da un lato, soddisfare le sue numerose esigenze e dall’altro mantenere la famiglia che deve per natura formare.
È questo il motivo per il quale l’Islam, religione naturale e sociale, considera il lavoro come uno dei doveri dell’essere umano.
Il lavoro costituisce la base sulla quale si fonda l’universo ed è il solo garante della sopravvivenza delle creature. Dio l’Altissimo ha dotato ciascuna delle Sue creature di adeguati mezzi, mediante i quali esse possono trarre profitto ed evitare i danni.
Secondo l’Islam ogni individuo deve, in base alle proprie inclinazioni e al proprio talento, scegliere uno dei numerosi mestieri o delle molte arti verso le quali Dio ha guidato il suo pensiero e, in tal modo, guadagnarsi da vivere, farsi carico di uno dei fardelli della società e lavorare per il benessere della gente.


 

Elisabetta Stroppiana, Il lavoro nel mondo ebraico

«Ti procurerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tornerai alla terra dalla quale sei stato tratto, perché tu sei polvere e alla polvere tornerai» (Genesi, 3,17-19). Il primo impatto col lavoro nelle Sacre Scritture è contraddittorio: il lavoro segna la natura fondamentale dell’uomo, ma presto si fa castigo e maledizione: l’uomo si procurerà da allora in poi il cibo con la fatica, mentre nel giardino dell’Eden il lavoro era sì contemplato, ma non lo si accomunava a fatica e dolore.

Questa connotazione negativa del lavoro è stata trasformata nella tradizione giudaico-cristiana in un valore alquanto positivo. Leggiamo infatti nel Salmo 128: «Quando mangi della fatica delle tue mani, felice tu sarai, e bene sarà a te». Nel Talmud  grande dignità è conferita al lavoro: «Grande è il lavoro perché onora i lavoratori». Fortemente stigmatizzata è invece l’inoperosità: «L’uomo muore solo per l’ozio».
Il lavoro è quindi fondamento della vita, è un’etica globale, vivere significa esercitare un mestiere.
Leggiamo ancora nel Talmud : «L’uomo è obbligato a insegnare a suo figlio un mestiere; chiunque non insegna a suo figlio un mestiere, gli insegna a diventare un ladro».
Porre il lavoro a fondamento etico dell’esistenza significa che non si deve lavorare solo per procurarsi i propri mezzi di sostentamento, ma occorre lavorare sempre, anche quando non se ne abbia bisogno, anche quando si sia anziani, lavorare è un dovere etico, è quanto distingue l’uomo dall’animale.

Il lavoro | Per approfondire

La parola agli esperti: "perché sì"

Fin dall'antichità molti pensatori hanno indagato il legame indissolubile fra l'uomo e il lavoro, visto come necessità (si veda ad esempio il brano di Esiodo) ma anche come ambito di realizzazione, fonte di progresso e di giustizia sociale.

Oggi la crisi economica e i fenomeni sociali legati alla globalizzazione [vedi Globalizzazione] hanno una grande influenza sugli ambiti professionali e impongono la ricerca di soluzioni nuove, che valorizzino la dignità del lavoro, come quelle delineate da Pietro Ichino e Umberto Boschetto.

Esiodo, Necessità del lavoro

Le opere e i giorni è un poema didascalico (che mira cioè a trasmettere insegnamenti) scritto nell'VIII secolo a.C. dal poeta greco Esiodo. In esso si illustra la necessità del lavoro da parte dell'uomo, fornendo consigli pratici per l'agricoltura e relativi ai giorni del mese nei quali compiere determinate attività. Il poeta si rivolge al fratello Perse, invocando per lui la benevolenza di Demetra, sorella di Zeus la "Madre Terra" dei greci, dea del grano e dell'agricoltura.

L'uomo migliore è colui che tutto capisce da sé,
sapendo ciò che in séguito e infine meglio sarà;
capace è anche colui che obbedisce a chi bene gli parla;
ma chi non sa capire da sé né ciò che sente da altri
si pone nel cuore, quello è un uomo da poco.
Ma tu ricorda sempre i miei consigli:
lavora Perse, stirpe divina, perché Fame
ti odî e t'ami l'augusta Demetra dalla bella corona,
e di ciò che occorre per vivere t'empia il granaio.
Fame sempre è compagna dell'uomo pigro;
e uomini e dèi hanno in odio chi, inoperoso,
vive ai fuchi senz'arma somigliante nell'indole,
i quali la fatica dell'api consumano in ozio,
mangiando; a te sia caro occuparti di opere adatte
perché del cibo nella sua stagione raccolto ti si empia il granaio.
Grazie al lavoro gli uomini hanno grandi armenti e son ricchi,
e lavorando sarai molto più caro agli dèi
e anche agli uomini, perché i pigri hanno in odio.
Il lavoro non è vergogna; è l'ozio vergogna;
se tu lavori, presto ti invidierà chi è senza lavoro
mentre arricchisci; perché chi è ricco ha successo e benessere.
Per te, dove t'ha posto la sorte, è meglio il lavoro.
Distogli dai beni degli altri l'animo sconsiderato
e al lavoro rivolgiti, pensa ai mezzi per vivere, così come io ti consiglio.
Non è una buona vergogna quella che accompagna l'uomo indigente,
la vergogna che gli uomini molto danneggia o aiuta;
alla miseria si aggiunge vergogna, alla fortuna l'audacia.
La ricchezza non dev'esser rubata: è molto migliore quella che danno gli dèi;
qualcuno con la violenza può conquistare un gran bene
o rubarlo con le parole, come assai spesso
suole accadere, quando il guadagno inganna la mente
dell'uomo, e allora Sfrontatezza vince Vergogna;
ma allora facilmente l'abbatton gli dèi, distruggon la casa
a quell'uomo, e per poco tempo la fortuna lo segue.


Pietro Ichino, Le opportunità del lavoro

Il mercato del lavoro in Italia è davvero troppo complesso perché un giovane possa affrontarlo da solo senza che gli venga spiegato da qualcuno?

Non è che da noi il mercato del lavoro sia più complesso rispetto agli altri Paesi evoluti. È che in tutti i Paesi evoluti i giovani hanno maggiori difficoltà di ingresso rispetto alle persone mature, ma negli altri Paesi ci sono servizi di orientamento scolastico e professionale che funzionano molto meglio che da noi.

Che cosa rende più complesso l’ingresso per i giovani?
Innanzitutto i giovani che escono da un ciclo scolastico non hanno una storia professionale da cui si possano trarre informazioni sulle loro attitudini e caratteristiche: il che costituisce per loro un handicap rispetto a chi ha qualche esperienza di lavoro alle spalle. Inoltre i giovani, rispetto alle persone mature, dispongono molto meno delle reti professionali e di altro genere, necessarie per avere le informazioni sulle occasioni di lavoro esistenti e le “presentazioni” eventualmente necessarie.

I più giovani hanno ancora qualche possibilità di trovare un lavoro in Italia?
Guardi, nel corso del 2012 – probabilmente l’anno peggiore della crisi peggiore degli ultimi ottant’anni – in Italia sono stati stipulati dieci milioni di contratti di lavoro, di cui un 1,7 milioni a tempo indeterminato. E ancora più sorprendente è che questi contratti erano abbastanza ben distribuiti fra nord, centro e sud del Paese: in Sicilia nello stesso 2012 un milione e mezzo di contratti, di cui 189 mila a tempo indeterminato. Non sono, ovviamente, nuovi posti: nello stesso anno, infatti, le cessazioni hanno superato le assunzioni; ma sono occasioni di lavoro che si sono aperte, alle quali sarebbe stato possibile concorrere. Dunque, anche nel momento più nero della crisi non è vero che sia assolutamente impossibile trovare un lavoro. Né per chi ha meno di trent’anni, né per chi ne ha più di cinquanta: uno su sei dei nuovi contratti è stato stipulato con ultra-cinquantenni. Certo, le persone professionalmente più deboli hanno bisogno di un aiuto, che oggi in Italia viene dato loro troppo poco.

Un giovane per trovare lavoro deve accettare qualsiasi tipo di contratto gli venga offerto?
Un buon servizio di orientamento serve anche per avere maggiore possibilità di scelta e per avere un consiglio da persone competenti su che cosa è bene accettare e che cosa si può rifiutare.

In linea generale, è meglio cercare il lavoro della vita o accettare qualsiasi cosa rinunciando ai propri sogni?
Cercare il lavoro che meglio corrisponde alle proprie aspirazioni, se sono aspirazioni realistiche, ragionevoli, è quello che tutti i giovani devono fare. Ma essi non devono commettere l’errore di restare disoccupati in attesa di trovarlo, quel lavoro ideale. Ai miei laureati che venivano a dirmi che non trovavano subito un lavoro corrispondente a quello che avevano studiato suggerivo di andare per tre mesi a Londra, farsi assumere, per qualsiasi lavoro, da un’agenzia di lavoro temporaneo: receptionist, commesso di negozio, magazziniere, merchandiser, o qualsiasi altro mestiere. Nel peggiore dei casi, tornavano in Italia avendo perfezionato il loro inglese e avendo un primo “mattoncino” nel loro curriculum, molto significativo perché mostrava la loro intraprendenza, curiosità, mobilità, adattabilità.

E in Inghilterra lo trovavano, il lavoro?
Sì, perché lì il mercato del lavoro è molto più fluido che da noi. E anche solo il fatto di parlare bene l’italiano costituisce una qualifica richiesta in diversi settori. Alcuni miei studenti, poi, già in Inghilterra sono passati dai livelli professionali più bassi a quelli più alti: uno che era partito come receptionist di albergo è diventato il capo del servizio di sicurezza di un altro grande albergo; uno che era partito come commesso di grande magazzino è diventato il numero due del servizio personale.

Sta suggerendo a chi cerca lavoro di lasciare il Paese?
Il mio non era un invito a trasferirsi stabilmente all’estero: era solo un incoraggiamento a essere mobili e a non rassegnarsi mai a rimanere con le mani in mano. Era un po’ la concretizzazione di quel che avevo insegnato loro sul piano teorico, per incoraggiarli a ribellarsi al modello tipicamente mediterraneo del ragazzo che resta attaccato alla famiglia fino a trent’anni e oltre: la probabilità di trovare il lavoro che si cerca, infatti, aumenta in ragione del quadrato dell’aumento del raggio della propria disponibilità a muoversi. Detto in termini più semplici: se il raggio di mobilità raddoppia, le occasioni di lavoro si moltiplicano mediamente per quattro; se il raggio si decuplica, le occasioni di lavoro si moltiplicano mediamente per cento. Certo, occorre anche avere buoni servizi di informazione sulle occasioni esistenti; e questi in Inghilterra, come in Olanda e nei Paesi scandinavi abbondano più che altrove.


Sergio Bini, La Regola benedettina: uno strumento attuale per la gestione delle imprese

Da quasi quindici secoli la regola di san Benedetto continua a costituire, silenziosamente, la base della struttura organizzativa, produttiva e culturale dell’Italia, dell’Europa e   ̶  più in generale   ̶  del mondo occidentale.
Sono sempre di più gli studiosi nel mondo che dedicano le proprie energie, i propri studi e le proprie ricerche per approfondire sia il testo della Regola, sia le sue applicazioni che hanno consentito nei secoli di far migliorare progressivamente la qualità della vita e di far accrescere la cultura dei popoli, a partire da quelli gravitanti nelle aree di influenza dei monaci e dei monasteri.
Tra questi, non sono pochi quelli che ritengono la Regola  benedettina un testo che vada ben oltre la dimensione “religiosa”; essa è ritenuta, soprattutto, una guida metodologica che aiuta a mettere ordine nella vita delle persone e delle comunità (organizzazioni; aziende; imprese; reti di imprese; gruppi; famiglie; sistemi; network e così via). Così si esprime Skrabec jr: «L’efficienza organizzativa è l’eredità che esse hanno lasciato al nostro secolo, alla cui base troviamo alcuni principi benedettini: armonia, lavoro di gruppo e stabilità».

Ancora oggi, senza saperlo, dopo 1500 anni la Regola di Benedetto da Norcia continua a regolare la vita e le relazioni all’interno delle piccole imprese; infatti, con la guida “paterna” del proprietario-imprenditore si tende a rafforzare una serie di principi che non regolano solo le ore, i riti, le attività, i ruoli, i compiti e le responsabilità di ciascun protagonista, ma anche i processi, le teorie e le metodiche della gestione per la qualità e l’innovazione traspaiono in modo sufficiente chiaro dalla lettura attenta e approfondita della Regola e delle sue declinazioni applicative, soprattutto nei riguardi dei seguenti ambiti:

  • l’eliminazione delle negatività all’interno delle organizzazioni;

  • la capacità di integrare nel lavoro le dimensioni materiali (tangibili) con quelle spirituali (intangibili);

  • la possibilità di raggiungere il vertice della “piramide dei bisogni” di Maslow (cioè l’autorealizzazione) da parte di tutte le persone che vivono la Regola;

  • lo sviluppo di una organizzazione capace di creare, con continuità incrementale, conoscenze, competenze e innovazioni. La Regola ha svolto in questi quindici secoli, nella realtà dei fatti, il ruolo indiscutibile di vera e propria antesignana dello standard internazionale ISO 9001 (prima) e, successivamente, dei principi-base del Total Quality Management (la cosiddetta Qualità Totale).

La Regola, infatti, ha introdotto concetti oggi attualissimi come: miglioramento continuo; circoli della qualità; team work; leadership; brainstorming; standardizzazione; benchmarking; autovalutazione; just in time; knowledge management e così via.
La Regola – sintetizzata egregiamente dallo slogan “ora et labora” – è quindi da considerare un “semplice” progetto di vita, un insieme di principi chiaramente più vicino al significato originario della parola latina regula, o “guida”, piuttosto che al termine lex o “legge”.
Infatti, regula – la parola che oggi viene tradotta in modo affrettato con il termine “regola” – nell’accezione originaria significava, invece, “indicatore stradale”, oppure “ringhiera”; cioè, qualcosa a cui aggrapparsi e sorreggersi nel buio e/o nei momenti di stanchezza, qualcosa  che indica la strade che aiuta ad andare avanti verso una determinata (corretta) direzione, nel “deserto della vita” quotidiana.
Non è, quindi, solo una serie di istruzioni, ma costituisce una “guida” che aiuta concretamente e progressivamente a costruire uno stile di vita!
Forse anche per questo, la Regola costituisce uno strumento estremamente vivo e sempre attuale e la si può applicare anche in un momento così complesso e difficile come quello attuale, sia per i singoli, che per le organizzazioni.
Con la Regola, la persona viene posta al centro dell’organizzazione.

La Regola benedettina deve essere considerata una guida di sapienza per l’uomo di sempre – compreso (o forse ancor di più) per quello di oggi – per poter:

  • comprendere meglio l’uomo, come entità e come singolo;

  • comprendere meglio il gruppo;

  • costruire un processo virtuoso nel gruppo, cioè un miglioramento continuo dei singoli, della comunità delle attività svolte.

In tale ambito metodologico, la “sapienza” per san Benedetto è un qualcosa di saporoso, di interessante, che consente:

  • di penetrare nei significati delle cose e delle azioni umane;

  • di conoscere l’uomo in tutte le sue manifestazioni evidenti   ̶  come le parole e le azioni   ̶  e nascoste, ma non del tutto (i cosiddetti “segnali deboli”).

Le tre virtù principali fissate dalla Regola per il processo di miglioramento – che devono essere prima riconosciute, assimilate e poi esercitate – sono:

  • l’obbedienza, che è un mettersi in ascolto (ob-audire), in piedi, e pronti ad agire secondo saggezza e conoscenza (cioè, le competenze) [capitolo 5°];

  • il silenzio, che non è un vuoto mentale o l’assenza di proposte, ma il momento e il modo che le fa maturare. Collegate al silenzio, e funzionale ad esso, ci sono la sobrietà e la proprietà di linguaggio [capitolo 6°];

  • l’umiltà, che è un sentirsi permanentemente vicini alla terra (humus) – cioè vicini ai problemi ed attenti alle realtà quotidiane –. L’acquisizione di questa virtù consente di avere la reale percezione della propria fallibilità e della propria fragilità in ogni situazione [capitolo 7°].

Le suddette tre “virtù” vanno, comunque, declinate alla luce di un quarto concetto unificante, quello di persona, come essere razionale, libero e autocosciente.

[…]

Di tutta la Regola si vogliono riportare, di seguito, solo le prime righe del Prologo che recitano testualmente così:

«ASCOLTA, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuole bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell’obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato».

Da una lettura particolarmente attenta (ed ovviamente, anche, un po’ laica) di queste righe traspaiono le fasi plan-do-check-act del modello operativo a base del miglioramento continuo rappresentato dal ciclo (PDCA) di Deming; che, quindi, risulterebbe poter essere stato tracciato con circa 1500 anni di anticipo. […]

La comunità attribuisce maggiore importanza all’orgoglio del lavoro piuttosto che all’individuo. Si tratta di qualcosa che può essere attuato solo tramite il lavoro di squadra, perché le sue radici sono più profonde: è la fierezza di appartenere alla collettività! È questo senso di dignità che porta i componenti dell’organizzazione (cioè i dipendenti nelle aziende) a proclamare al mondo esterno dove lavorano.

La motivazione benedettina per la qualità collettiva è nell’affermazione delle capacità personali, rafforzata dalla disciplina della Regola; la chiave della qualità benedettina è rendere lo sforzo individuale parte integrante della comunità.

La motivazione benedettina per la qualità collettiva è nell’affermazione delle capacità personali, rafforzata dalla disciplina della Regola; la chiave della qualità benedettina è rendere lo sforzo individuale parte integrante della comunità.

Sergio BiniDalla Regola benedettina alla qualità totale, Seminario AICQ, Roma 19 dicembre 2011


Umberto Boschetto, Valore e dignità del lavoro

Ridare centralità al problema del lavoro e alle sue conflittualità e offrire rappresentanza politica al lavoro nelle sue forme "moderne" come nelle sue forme più tradizionali dovrà essere il compito fondamentale di un autentico progetto riformista e solidale che non voglia rassegnarsi di fronte a una realtà che ha visto negli ultimi vent'anni un continuo impoverimento del lavoro e una progressiva spoliazione del lavoro dai diritti. Il lavoro è stato nuovamente ridotto a merce, nel senso che in questo processo è stata in parte smantellata quell'opera di demercificazione del lavoro compiuta in un secolo di storia europea.
E ora che l'Europa sta perdendo una parte dei suoi privilegi e scarica il costo di questo arretramento sul mondo del lavoro, a pagarne il prezzo non è l'Europa nel suo insieme, ma solo una parte di essa, come dimostrano gli impressionanti dati sulla crescita delle disuguaglianze sociali negli ultimi quindici anni. È come se, di fronte alla globalizzazione, ci fossero due Europe: da un lato quella della grande finanza, che si arricchisce del lavoro di chi non è europeo, globalizzando la sua capacità di estrarre ricchezza sfruttando il lavoro; dall'altro l'Europa del lavoro, che paga l'intero prezzo del mutamento dei rapporti di forza mondiali.

Per questa ragione è necessario  ritornare a pensare, progettare e agire nelle linee di frattura che attraversano il campo del lavoro: il conflitto tra chi ha un posto di lavoro sicuro e chi invece vive di impieghi precari, tra autoctoni e immigrati, tra vecchi e giovani, tra uomini e donne, per ricostruire legami di solidarietà. La riduzione delle disuguaglianze non è, infatti, un dato naturale, ma passa attraverso progetti di riforme e di solidarietà intelligenti e innovativi.
Il fatto che il 15% della forza lavoro sia privo di diritti di cittadinanza significa che la gran parte delle donne che svolgono lavori domestici, fondamentali alla tenuta dell'organizzazione sociale, non hanno diritti politici; che moltissimi degli operai che svolgono mansioni negli strati più bassi del lavoro manuale, i braccianti agricoli, i lavoratori delle fonderie e delle concerie, non hanno diritto di voto; che il 10% del PIL non ha diritto di voto. Questo è un problema che non investe soltanto la condizione soggettiva dell'immigrato, ma riguarda la struttura stessa della nostra democrazia e rischia di indurre un'alterazione molto profonda. Il rapporto tra lavoro e politica, il nesso fra lavoro e democrazia ha in questo nodo un punto di crisi drammatico. È preoccupante non vedere un'azione all'altezza della enormità di questa questione. Riconoscere questi diritti è una grande occasione per la crescita morale, culturale e anche economica del Paese.
Se per una lunga fase il lavoro ha avuto la capacità di dare impulso alla politica sociale delle riforme e della solidarietà, oggi è la politica a dover restituire un ruolo e una dignità al lavoro, facendo crescere le ragioni comuni attraverso un'articolazione dei confronti sociali, un mutamento delle strutture contrattuali e un ampliamento della capacità di rappresentanza sindacale.

Le scelte da compiere e le iniziative da intraprendere sono molte e difficili, ma il problema che ci si trova di fronte è di una gravità tale che sarebbe da irresponsabili eluderlo.
È necessario  rimettere le radici nel lavoro, per elaborare e attuare un concetto più ampio del lavoro: il lavoro come attività umana essenziale non solo a un progetto di realizzazione personale, ma soprattutto come forma e strumento di appartenenza comunitaria e di partecipazione alla vita civile del Paese. Favorire, cioè, quella soggettività della società, che si esplica nel molteplice intersecarsi dei rapporti tra persone, famiglie e gruppi e favorisce la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità. Perché, nonostante l'elevato progresso tecnico economico, si trovano molte forme di povertà, non solo economica, ma anche culturale, etica e religiosa.
Tutto questo dovrebbe inoltre essere filtrato attraverso una chiave di lettura generazionale, poiché oggi ci  si trova di fronte a un drammatico problema di disoccupazione giovanile. In Italia circa due milioni di giovani non studiano né lavorano. Si tratta di un dramma sociale e umano di proporzioni gigantesche e rappresentare e tentare soluzioni a questo conflitto è  un compito fondamentale di forze politiche e sociali che vogliano edificare il futuro con realismo, fiducia e speranza.
Così, non sarà la quantità della ricchezza di un Paese a generare la felicità, bensì il grado di eguaglianza, di coesione sociale e di civiltà. Da questo punto di vista gli italiani appartengono a una grande civiltà capace di produrre una qualità della vita straordinaria. È compito della politica, della buona politica, indicare le soluzioni migliori ai problemi sociali più gravi e urgenti. Ed il lavoro è certamente fra questi.

Il lavoro | Per approfondire

La parola agli esperti: "perché no"

Le posizioni contrarie al lavoro spesso hanno assunto carattere provocatorio, come nel caso del pensatore francese Paul Lafargue che arrivò a teorizzare il "diritto alla pigrizia".

Di seguito abbiamo riportato però interventi che tendono, più utilmente, pur con un forte taglio critico, a mettere in luce i profondi mutamenti subiti dal lavoro e la complessità, non priva di aspetti negativi, che tali cambiamenti hanno generato.

André Gorz, La metamorfosi del lavoro

Ciò che noi chiamiamo “lavoro” è un’invenzione della mo­dernità. La forma in cui lo conosciamo, lo pratichiamo e lo po­niamo al centro della vita individuale e sociale, è stata inven­tata e successivamente generalizzata con l’industrialismo.

Il “lavoro” , nel significato contemporaneo, non si confonde né con i bisogni, che si ripetono giorno dopo giorno e sono indispensa­bili al mantenimento e alla riproduzione della vita di ciascuno; né con le attività, per quanto faticose e impegnative, che un individuo svolge per portare a termine un compito di cui egli stesso o i suoi familiari sono i destinatari e i beneficiari; né con ciò che ci mettiamo a fare di testa nostra, senza tener conto del tempo e della fatica, per uno scopo che ha importanza solo ai nostri occhi e che nessuno potrebbe realizzare al nostro posto. Se ci accade di parlare di “lavoro” a proposito di queste atti­vità – di “lavoro domestico” , di “lavoro artistico” , di “lavoro di autoproduzione” – è in un senso fondamentalmente diverso da quello che ha il lavoro posto dalla società a cardine della pro­pria esistenza, insieme mezzo fondamentale e scopo supremo.

La caratteristica essenziale del lavoro – quello che noi “abbiamo”, “cerchiamo”, “offriamo” – è di essere un’attività che si svolge nella sfera pubblica, un’attività richiesta,  definita e riconosciuta utile da altri che, per questo, la retribuiscono. È attraverso il lavoro remunerato (e in particolare il lavoro salariato) che noi apparteniamo alla sfera pubblica, acquisiamo un’esi­stenza e un’identità sociale (vale a dire una “professione”), siamo inseriti in una rete di relazioni e di scambi in cui ci misuriamo con gli altri e ci vediamo conferiti diritti su di loro in cambio di doveri verso di loro. Proprio perché il lavoro socialmente re­munerato e determinato è il fattore di socializzazione di gran lunga più importante – anche per coloro che lo cercano, vi si preparano o ne sono privi – la società industriale si considera come una “società di lavoratori” e, in quanto tale, si distingue da tutte quelle che l’hanno preceduta.

Vale a dire che il lavoro sul quale si fondano la coesione e la cittadinanza sociale non è riducibile al “lavoro” in quanto categoria antropologica o in quanto necessità per l’uomo di pro­dursi la sussistenza “col sudore della propria fronte”. Il lavoro necessario alla sussistenza, infatti, non è mai stato un fattore di integrazione sociale. È stato piuttosto un principio di esclusione: coloro che lo svolgevano sono stati considerati esseri inferiori in tutte le società premoderne. Essi appartenevano al regno naturale, non al regno umano. Erano asserviti alla necessità, dunque incapaci dell’elevazione spirituale e del disinteresse che rendeva idonei a occuparsi degli affari della città. Come mostra ampiamente Hannah Arendt, basandosi in particolare sui lavori di Jean-Pierre Vernant, il lavoro necessario alla soddisfazione dei bisogni vitali era, nell’antichità, un’occupazione servile, la quale escludeva dalla cittadinanza, vale a dire dalla partecipazione agli affari pubblici, coloro che lo svolgevano. Il lavoro era indegno del cittadino non perché fosse riservato alle donne e agli schiavi; al contrario, era riservato alle donne e agli schiavi perché “lavorare era asservirsi alla necessità”. E questo asservimento poteva essere accettato solo da colui che, al pari degli schiavi, avesse preferito la vita alla libertà e dunque dato prova del suo spirito servile. Per questo Platone classifica i contadini con gli schiavi, per questo gli artigiani, nella misura in cui non lavorano per la città e nella sfera pubblica, non sono cittadini per intero.
L’uomo libero rifiuta di sottomettersi alla necessità; egli domina il proprio corpo allo scopo di non essere schiavo dei bisogni e, se lavora, è solo per non dipendere da ciò che non domina, cioè per assicurare o accrescere la propria indipendenza.
L’idea che la libertà, vale a dire il regno dell’umano, cominci soltanto “al di là del regno della necessità”, e che l’uomo emerga come soggetto capace di condotta morale soltanto nel momento in cui le sue azioni, cessando di esprimere i bisogni imperiosi del corpo e la dipendenza dall’ambiente, derivano dalla sua sola determinazione sovrana, quest’idea è stata una costante da Platone ai giorni nostri.


Anselm Grün, Fermarsi per imparare a vivere                           

La parola greca per otium, riposo, è scholé. Significa ‘scuola’. In origine la parola greca vuol dire ‘fermarsi’. Viene dalla radice achei, che significa ‘avere, tenere, possedere, trattenere’. Nel riposo, quindi, mi fermo. Ho in mano qualcosa che mi appartiene. Non appartengo a chi mi ordina di lavorare. Appartengo a me stesso e appartengo a Dio. La scholé, la scuola; per i greci è il luogo dove ci fermiamo, per occuparci, durante le ore di calma, delle cose essenziali della vita, del sapere sull’esistenza, dell’arte e della scienza, della poesia e della musica. Per il filosofo greco Platone l’otium è il presupposto della filosofia. Soltanto nell’otium l’anima può sprofondare nella contemplazione delle cose. L’otium, quindi, non è qualcosa di passivo. In esso impariamo qualcosa. Impariamo a vivere. Impariamo chi siamo, in che cosa consiste il senso della vita, per capire se, così come la viviamo, vada ancora bene. E nel riposo sentiamo che cosa è giusto per noi. Il riposo e la calma ci orientano verso l’essenziale.

La Bibbia descrive quello che i greci e i romani chiamano otium come riposo del sabato. Quando Dio creò il mondo, il settimo giorno si riposò. Vide che ogni cosa che aveva fatto era buona. «Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando» (Genesi 2,3). Dio, quindi, ci fa partecipare del suo riposo sabbatico. Il riposo, perciò, ci porta vicino a Dio. Insieme a Dio, riposiamo da ogni nostro lavoro. La calma significa sempre anche questo: vedere che ogni cosa è buona. Anche se nella nostra vita ci sono cose che non riusciamo ad accettare, anche se siamo colpiti da alcuni dolori, nel riposo del sabato, in cui abbiamo parte in Dio, dovrebbe rivelarcisi: «È buona ogni cosa». Non sappiamo perché. Non riusciamo a comprendere quello che succede. Dentro di noi, però, deve esserci fiducia che Dio ha fatto buona ogni cosa. Il sabato è santo, cioè è sottratto al potere del mondo. La giornata appartiene a me e non al mio datore di lavoro. Ed è una giornata benedetta, una giornata che mi porta benedizione. Nella calma e nel riposo imparo la fiducia che ogni cosa che prendo in mano è benedetta e diventa una sorgente di benedizione per me e per le persone a cui sto vicino.


Paolo Cacciari, Lavoro e decrescita

L’idea del lavoro conviviale, senza scopo di lucro, utile in sé, per sé e per gli altri, per l’assistenza, la cura e la comunità (gestione dei beni comuni) è molto affascinante e sostanzia l’orizzonte della società della decrescita, ma bisognerà fare moltissima attenzione a non idealizzare un mitico preesistente stato naturale del lavoro, in particolare e precisamente del lavoro domestico, di cura e di riproduzione, storicamente e culturalmente attribuito alle donne. Un lavoro che la sfera economica capitalistica non riconosce e non paga, ma non per questo è possibile affermare che si tratti di una attività liberamente scelta.
Il dominio di genere maschile (androcentrismo, patriarcato) ha imposto lo sfruttamento e la segregazione delle donne in ruoli familiari non riconosciuti socialmente. Si calcola che in Europa le donne impegnano 31 ore al lavoro domestico e di assistenza (l’ “economia della vita”) contro le 19,5 degli uomini. Importante è sapere che nel complesso le ore dedicate gratuitamente all’economia della vita sono 98 miliardi all’anno (casa, autoproduzione, impiego civile) contro i 56 miliardi dedicati al lavoro convenzionale retribuito. In Europa più della metà del lavoro svolto non è a scopo di lucro e non è retribuito (59%, contro il 35%) ma il valore monetario dell’economia della vita non è facilmente quantificabile e – ovviamente – non è conteggiato nel PIL.

Lo schema che separa lavoro subordinato da lavoro conviviale – valido sul piano concettuale – incontra oggi sempre più difficoltà pratiche operative.
Le nuove tecnologie informatiche, biologiche, la biologia sintetica e la miniaturizzazione delle macchine comportano un altro problema, individuato da molti e ben descritto da Luciano Gallino: «Il lavoro invade tutto, ogni spazio e ogni tempo di vita […]. È la vita intera che viene messa al lavoro, senza distinzione di tempi e di spazi». Ogni relazione umana viene catturata, studiata, riproposta sul mercato e messa a valore. La stessa distinzione tra tempo di lavoro e tempo di vita (tempo di produzione e tempo di riproduzione) è superata dalla pervasività dei meccanismi di controllo produttivi e di valorizzazione delle merci. Insomma, la mercificazione dei beni e dei servizi ha varcato la soglia che teneva separate le relazioni personali più intime, i sentimenti, gli affetti, la convivialità, la cura di se stessi e dei propri interessi culturali.

Non si tratta quindi (solo) di lavorare meno nella sfera del lavoro subordinato, e nemmeno (solo) di ipotizzare una migliore e più equa ripartizione di quel poco lavoro retribuito che è rimasto nei Paesi di vecchia industrializzazione (riequilibrando la “divisione del lavoro” tra generi, aree geografiche e classi sociali) per aumentare la quota pro-capite del tempo di vita dedicata alle attività libere e volontarie (non remunerate da denaro), ma anche, e contemporaneamente, di cambiare le stesse modalità produttive e i prodotti del lavoro (cosa, come, dove, quanto, per chi produrre) in tutte e due le sfere (del lavoro impiegato subordinato retribuito, come delle attività non inquadrabili in una occupazione). Nondimeno dovrà cambiare anche la “domanda”, i bisogni, i desideri, i comportamenti, gli stili di vita… delle persone. Senza mettere in discussione i modi di vita non sarà possibile ottenere nessun cambiamento significativo.

Si può ipotizzare di diminuire progressivamente il ricorso ai mercati agendo sia sui bisogni/desideri (autoproduzione, auto-aiuto, agricoltura contadina, artigianato ecc.), sia sull’offerta dei beni e dei servizi duraturi, più fruibili collettivamente, con produzioni decentrate, meno energivore, meno dipendenti da poteri concentrati ecc.).

In una parola, la decrescita mette in discussione non solo le quantità di lavoro in gioco, ma i paradigmi stessi su cui si basano i rapporti sociali di produzione capitalistici. Anche se si riuscisse a lavorare 21 ore al giorno, rimarrebbe totalmente in piedi il problema di cosa produrre durante quelle ore e di cosa fare nel restante “tempo liberato”. Anzi, più precisamente si potrebbe sostenere che il raggiungimento delle 21 ore di lavoro organizzato e subordinato alla produzione di merci scambiabili sul mercato è raggiungibile solo e nella misura in cui quelle merci siano diverse (durino più a lungo, non comportino la necessità di lavori aggiuntivi per il loro smaltimento e riutilizzo ecc.) e nella misura in cui il tempo liberato serva per produrre beni e servizi con un diretto valore d’uso.

GlossarioBiografie

PIL

Il Prodotto Interno Lordo (PIL) è il valore monetario totale dei beni e servizi prodotti in un Paese da parte degli operatori economici residenti e non residenti nel corso di un periodo di tempo, generalmente un anno.


Risorsa

Nell’ambito del lavoro, il termine indica materie prime e risorse umane usate nella produzione di beni e servizi.


Sindacato

Secondo il diritto del lavoro, è un ente che rappresenta i lavoratori della diverse categorie produttive e che ha lo scopo di difenderne gli interessi.

 


Talmud

Uno dei testi sacri dell’ebraismo: è una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti e i maestri sul significato e l’attuazione dei passi della Torah scritta.


Teologia

Disciplina della filosofia che studia Dio e, in alcune religioni, si occupa di sviluppare elaborazioni teoretiche sulle materie di fede.


Arendt

Arendt, Hannah

Hannah Arendt (1906-1975) è stata una storica e filosofa tedesca di origine ebraica, naturalizzata statunitense dopo essere stata costretta a emigrare per sfuggire alla persecuzione dei nazisti.
Ha dedicato molti suoi lavori ai temi del dibattito politico, del pluralismo delle idee e della democrazia.

Bini

Bini, Sergio

Sergio Bini è nato nel 1953, è ingegnere, dirigente ferroviario e, soprattutto, esperto di sistemi di qualità, materia di cui è docente presso l'università LUMSA di Roma.

Boschetto, Umberto

Umberto Boschetto è un docente formatore che opera per l’EnAIP Veneto: è autore di numerosi saggi dedicati ai temi della formazione professionale.

Cacciari

Cacciari, Paolo

Paolo Cacciari (1949) è architetto e politico. Particolarmente attento alle questioni legate all'ambiente, ha scritto alcuni saggi dedicati ai temi della decrescita e della sostenibilità.

Esiodo

Esiodo

Esiodo (VIII sec. a.C.-VII sec. a.C.) è un antico poeta greco, autore di Le opere e i giorni e della Teogonia.

Francesco

Francesco

Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, è nato a Buenos Aires, in Argentina, nel 1936. Dal 13 marzo 2013 è il 266° papa della Chiesa cattolica: è il primo pontefice proveniente dal continente americano, nonché il primo ad appartenere alla Compagnia di Gesù.

Gallino

Gallino, Luciano

Luciano Gallino è nato nel 1927 ed è professore emerito di Sociologia all'Università di Torino. Si occupa in particolare di storia industriale e delle trasformazioni del lavoro nel Nord Ovest industriale italiano.

Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla (1920-2005) è stato il 264° papa della Chiesa cattolica. Eletto pontefice nel 1978, fu il primo pontefice polacco. È stato proclamato santo da papa Francesco il 27 aprile 2014.

Gorz

Gorz, André

André Gorz (1923 -2007) è stato un giornalista e filosofo francese. Ha dedicato i suoi saggi a temi sociali e politici, affrontando in particolare gli aspetti legati al lavoro e all'ecologia.

Grün

Grün, Anselm

Anselm Grün (1945) è un padre benedettino tedesco esperto di formazione spirituale: è autore di centinaia di saggi, molti dei quali hanno riscosso notevole interesse e successo.

Ichino

Ichino, Pietro

Pietro Ichino è nato nel 1949. Esperto di Diritto del Lavoro, saggista, è docente universitario e parlamentare.

Marx

Marx, Karl

Karl Marx (1818-1883) è stato un filosofo, economista, storico e sociologo tedesco. La sua teoria del lavoro (presentata in particolare in Il Capitale) ha ispirato numerosi movimenti politici, definiti "marxisti", che hanno avuto parte considerevole nell'evoluzione storico-politica mondiale del XIX e del XX secolo.

Paolo VI

Paolo VI

Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini, nacque nel 1897 e fu Papa dal 1963 alla morte, avvenuta nel 1978. Il 19 ottobre 2014 è stato proclamato Beato.

Platone

Platone

Platone (428 a.C.-348 a.C.) è stato un filosofo greco antico. Insieme a Socrate, suo maestro, e ad Aristotele, suo allievo, ha posto le basi del pensiero filosofico occidentale.

Ramadan

Ramadan, Tariq

Tariq Ramadan è docente universitario a Oxford, scrittore e giornalista svizzero. Ramadan sostiene la necessità di interpretare correttamente i testi e la natura eterogenea dell'Islam.

Stroppiana, Elisabetta

Elisabetta Stroppiana insegna IRC ed è autrice di numerosi testi dedicati alle religioni.

Vernant

Vernant, Jean-Pierre

Jean-Pierre Vernant (1914-2007) è stato un antropologo, storico e storico delle religioni francese.
Studioso dell'età classica, si è occupato in particolare della mitologia greca.

×
×

Glossario Biografie

PIL

Il Prodotto Interno Lordo (PIL) è il valore monetario totale dei beni e servizi prodotti in un Paese da parte degli operatori economici residenti e non residenti nel corso di un periodo di tempo, generalmente un anno.

Risorsa

Nell’ambito del lavoro, il termine indica materie prime e risorse umane usate nella produzione di beni e servizi.

Sindacato

Secondo il diritto del lavoro, è un ente che rappresenta i lavoratori della diverse categorie produttive e che ha lo scopo di difenderne gli interessi.

 

Talmud

Uno dei testi sacri dell’ebraismo: è una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti e i maestri sul significato e l’attuazione dei passi della Torah scritta.

Teologia

Disciplina della filosofia che studia Dio e, in alcune religioni, si occupa di sviluppare elaborazioni teoretiche sulle materie di fede.

Arendt

Hannah Arendt

Hannah Arendt (1906-1975) è stata una storica e filosofa tedesca di origine ebraica, naturalizzata statunitense dopo essere stata costretta a emigrare per sfuggire alla persecuzione dei nazisti.
Ha dedicato molti suoi lavori ai temi del dibattito politico, del pluralismo delle idee e della democrazia.

Bini

Sergio Bini

Sergio Bini è nato nel 1953, è ingegnere, dirigente ferroviario e, soprattutto, esperto di sistemi di qualità, materia di cui è docente presso l'università LUMSA di Roma.

Umberto Boschetto

Umberto Boschetto è un docente formatore che opera per l’EnAIP Veneto: è autore di numerosi saggi dedicati ai temi della formazione professionale.

Cacciari

Paolo Cacciari

Paolo Cacciari (1949) è architetto e politico. Particolarmente attento alle questioni legate all'ambiente, ha scritto alcuni saggi dedicati ai temi della decrescita e della sostenibilità.

Esiodo

Esiodo

Esiodo (VIII sec. a.C.-VII sec. a.C.) è un antico poeta greco, autore di Le opere e i giorni e della Teogonia.

Francesco

Francesco

Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, è nato a Buenos Aires, in Argentina, nel 1936. Dal 13 marzo 2013 è il 266° papa della Chiesa cattolica: è il primo pontefice proveniente dal continente americano, nonché il primo ad appartenere alla Compagnia di Gesù.

Gallino

Luciano Gallino

Luciano Gallino è nato nel 1927 ed è professore emerito di Sociologia all'Università di Torino. Si occupa in particolare di storia industriale e delle trasformazioni del lavoro nel Nord Ovest industriale italiano.

Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla (1920-2005) è stato il 264° papa della Chiesa cattolica. Eletto pontefice nel 1978, fu il primo pontefice polacco. È stato proclamato santo da papa Francesco il 27 aprile 2014.

Gorz

André Gorz

André Gorz (1923 -2007) è stato un giornalista e filosofo francese. Ha dedicato i suoi saggi a temi sociali e politici, affrontando in particolare gli aspetti legati al lavoro e all'ecologia.

Grün

Anselm Grün

Anselm Grün (1945) è un padre benedettino tedesco esperto di formazione spirituale: è autore di centinaia di saggi, molti dei quali hanno riscosso notevole interesse e successo.

Ichino

Pietro Ichino

Pietro Ichino è nato nel 1949. Esperto di Diritto del Lavoro, saggista, è docente universitario e parlamentare.

Marx

Karl Marx

Karl Marx (1818-1883) è stato un filosofo, economista, storico e sociologo tedesco. La sua teoria del lavoro (presentata in particolare in Il Capitale) ha ispirato numerosi movimenti politici, definiti "marxisti", che hanno avuto parte considerevole nell'evoluzione storico-politica mondiale del XIX e del XX secolo.

Paolo VI

Paolo VI

Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini, nacque nel 1897 e fu Papa dal 1963 alla morte, avvenuta nel 1978. Il 19 ottobre 2014 è stato proclamato Beato.

Platone

Platone

Platone (428 a.C.-348 a.C.) è stato un filosofo greco antico. Insieme a Socrate, suo maestro, e ad Aristotele, suo allievo, ha posto le basi del pensiero filosofico occidentale.

Ramadan

Tariq Ramadan

Tariq Ramadan è docente universitario a Oxford, scrittore e giornalista svizzero. Ramadan sostiene la necessità di interpretare correttamente i testi e la natura eterogenea dell'Islam.

Elisabetta Stroppiana

Elisabetta Stroppiana insegna IRC ed è autrice di numerosi testi dedicati alle religioni.

Vernant

Jean-Pierre Vernant

Jean-Pierre Vernant (1914-2007) è stato un antropologo, storico e storico delle religioni francese.
Studioso dell'età classica, si è occupato in particolare della mitologia greca.

Versione demo

Contenuto disponibile nella versione completa.

Ok

Collegamento a un'altra lezione

Per cambiare lezione, cliccare sul tasto Vai alla lezione "".

Annulla Vai alla lezione ""

Che cos'è il lavoro?

Chiudi×
link video per SiteSucker
LAB
TEMA