Capitolo IX
Laura Di Nicola e Myriam Trevisan, Le caratteristiche dei vari personaggi
Personaggi positivi e personaggi negativi, oppressori e oppressi, reali e di fantasia, dinamici e statici: queste sono solo alcune delle contrapposizioni che caratterizzano il “sistema dei personaggi” nei Promessi Sposi. Ci aiutano a individuarle due studiose molto attente all’aspetto narratologico e didattico della letteratura, Laura Di Nicola e Myriam Trevisan, autrici tra l’altro di una recente storia letteraria molto diffusa nelle scuole superiori italiane.
Come la trama, anche i personaggi possono essere analizzati dall’esterno e individualmente, ovvero ciascuno nelle proprie caratteristiche umane, psicologiche, comportamentali. Fra i migliori esempi di questo tipo di analisi si possono ancora leggere le pagine di Luigi Russo, a loro tempo molto utilizzate in ambito scolastico (Personaggi dei Promessi sposi, Laterza, Bari, 1945, con numerose successive riedizioni). Così concepiti, i personaggi de I promessi sposi danno vita ad un vero campionario di caratteri e tipi umani: sia in rapporto con il loro contesto storico e con i rispettivi ambiti sociali, cioè come rappresentanti delle diverse fasce della società del Seicento (dal clero alla nobiltà, dal mondo rurale a quello urbano, ecc.), sia su un piano più propriamente ideologico, ovvero come tanti esempi, in positivo o in negativo, dei valori di moralità, giustizia, religiosità, propugnati da Manzoni.
Personaggi altamente rappresentativi e “positivi”, in tal senso, sono Renzo e Lucia (per il mondo laico), padre Cristoforo e il cardinale Borromeo(per il mondo ecclesiastico); figure “negative” sono, per contro, don Rodrigo e l’Innominato, don Abbondio e la monaca di Monza (ancora due laici e due ecclesiastici). I veri protagonisti del romanzo sono comunque Renzo e Lucia, esponenti “positivi” del ceto popolare, capaci di accettare con forza e rassegnazione i disegni divini. Renzo tuttavia, sebbene onesto e laborioso, ha inizialmente un carattere irruente e ribelle, che lo porta ad entrare in contatto con il “male” (il disordine sociale: la sommossa, la peste); poi, al compimento del suo processo formativo, supera l’illusione di potersi fare giustizia da sé e accetta la volontà divina. Lucia, invece, è un personaggio già definito dall’inizio, semplice, casta, rispettosa degli insegnamenti religiosi, priva di ogni elemento passionale o erotico proprio di tanti personaggi letterari femminili: autentico modello, per le lettrici, di ideale donna cristiana. Esempio di borghese che abbandona il mondo per prendere i voti è padre Cristoforo, una delle figure più profonde del romanzo; dopo aver vissuto personalmente la violenza e il peccato, si dedica con esemplare carità all’assistenza dei sofferenti, fino a sacrificare se stesso. Ai vertici della gerarchia ecclesiastica è situato il cardinale Federigo Borromeo che, sebbene distante intellettualmente e socialmente dalle classi povere, si dedica ad una attività benefica e caritativa; nell’intreccio del romanzo ha il fondamentale ruolo di fautore dello scioglimento finale dell’azione, in quanto favorisce la conversione dell’Innominato e la liberazione di Lucia. Tra i rappresentanti dell’aristocrazia, don Rodrigo e la monaca di Monza dimostrano invece come i potenti possano usare i propri privilegi in modo negativo, impedendo, per capriccio, la felicità di due giovani, nel primo caso, o partecipando senza motivo all’attuazione di un piano malvagio, nel secondo caso. Personaggio negativo, ma simpaticamente carico di debolezze, così da non provocare un giudizio severo, è don Abbondio, il vaso di coccio che non riesce a espletare i propri doveri perché umanamente debole, pauroso e pusillanime.
Sotto la superficie della fabula e dell’identità singola di questo o quel personaggio, è tuttavia da ravvisare, nel romanzo, un “sistema dei personaggi e delle azioni”ovvero un motore narrativo (e, più in profondità, ideologico) che determina e muove i personaggi alla luce di rapporti reciproci, come funzioni di un’unica e complessa architettura narrativa. Particolare fortuna ha avuto la ricostruzione del sistema dei personaggi de I promessi sposi proposta nel 1974 da Franco Fido; altri “sistemi” sono stati proposti successivamente, ad esempio dal Giovannoli, sempre con taglio strutturalistico. Un’interessante analisi dei personaggi è stata effettuata da Calvino che legge I promessi sposi come romanzo dei rapporti di forza.
Secondo il Fido, nel romanzo si contrappongono due azioni-funzioni principali: di chi opprime e di chi è oppresso. Oppressi sono Renzo e Lucia, oppressori sono don Rodrigo e l’Innominato. Gli uni e gli altri possono contare sull’aiuto di “protettori” o “complici”: dalla parte di Renzo e Lucia operano, in positivo, fra Cristoforo e il cardinal Borromeo; dalla parte di don Rodrigo e dell’Innominato operano, in negativo, Don Abbondio (complice suo malgrado) e la monaca di Monza (complice volontaria). I promessi sposi ruotano interamente su queste opposizioni, combinate con disegni simmetrici che legano la prima alla seconda parte del romanzo, un personaggio all’altro.
Nella prima metà del romanzo sono in opposizione Renzo e don Rodrigo, che pure non si incontrano mai (si incontreranno brevemente e drammaticamente solo quando don Rodrigo sarà al lazzaretto in punto di morte); il loro antagonismo ha per oggetto Lucia e si attua sul piano del diritto e della giustizia: don Rodrigo ritiene di poterli tranquillamente disattendere, in forza del suo potere e per il solo gusto di soddisfare un proprio capriccio; dal basso della sua condizione sociale, Renzo li rivendica invece con passione e rabbia, ma inutilmente. Nella seconda metà del romanzo l’opposizione è fra Lucia e l’Innominato; i presupposti sono gli stessi dell’opposizione Renzo/don Rodrigo, ma in questo caso oppresso e oppressore si incontrano (con effetti immediati sull’Innominato) e l’esito è imprevedibilmente diverso: l’oppressore si converte e si trasforma in protettore. È la svolta su cui fa perno tutta la storia che, da questo momento, inverte il corso e si avvia allo scioglimento finale.
Altre importanti simmetrie sono riscontrabili, ancora in termini di opposizione, fra don Abbondio e fra Cristoforo da un lato, fra la monaca di Monza e il cardinal Borromeo dall’altro. È significativo che né i primi né i secondi si incontrino mai; ed è pure significativo che tutti e quattro gli ecclesiastici svolgano, in positivo o in negativo, ruoli di mediazione: don Abbondio e fra Cristoforo mediano tra don Rodrigo e Renzo; Gertrude media tra don Rodrigo e l’Innominato; il cardinale media tra Lucia e l’Innominato, ecc. È evidente, in queste funzioni narrative, la traccia dell’ideologia di Manzoni, della sua visione del mondo e della società: don Rodrigo e l’Innominato rappresentano il potere politico, nella sua degenerazione e nella sua possibilità di riscatto; Renzo e Lucia sono le vittime dei rapporti di forza su cui si reggono i meccanismi sociali; fra Cristoforo e il cardinale Borromeo rappresentano il potere spirituale autentico, la Chiesa al servizio della società come la concepisce Manzoni; don Abbondio e la monaca di Monza sono esponenti di una Chiesa minore inadeguata o corrotta.
Che queste opposizioni simmetriche non siano casuali ma effetti di un disegno narrativo volutamente e attentamente costruito dall’autore lo dimostrano, fra l’altro, alcune significative corrispondenze a livello linguistico-stilistico. Un esempio per tutti: le descrizioni dei caratteri fisici di Lucia e Gertrude. Le due donne sono, su tutti i piani, l’una l’opposto dell’altra: per censo, storia personale, profilo morale, temperamento, ruolo nella vicenda del romanzo. Ciò nonostante – anzi proprio per questo – Manzoni costruisce i loro personaggi in sistema, tenendo conto cioè dell’uno per l’altro. È stato osservato, in particolare, come nel ritratto di Gertrude del cap. IX siano riutilizzati termini, espressioni, immagini, contrasti cromatici già presenti nella descrizione di Lucia del cap. II. L’aspetto fisico di entrambe emerge da un gioco di contrasti fra bianco e nero (con un gusto del chiaroscuro tipicamente secentesco): il bianco della carnagione e il nero degli occhi e dei capelli in Lucia; il bianco della benda e del viso, il nero del velo, del saio, degli occhi e della ciocca di capelli in Gertrude. Come due facce di una stessa medaglia, Lucia e Gertrude sono ugualmente belle nei tratti esterni, ma opposte in quelli interiori: il contrasto bianco/nero delinea in Lucia una bellezza “composta”, in Gertrude una bellezza “turbata”. L’antitesi morale che le separa è dunque sottolineata attraverso le analogie fisiche che le uniscono.
Osservazioni dello stesso tipo sono state fatte confrontando ritratti e comportamenti di Renzo e don Rodrigo, e possono essere estese anche ad altre coppie di personaggi del romanzo.
Laura Di Nicola – Myriam Trevisan, in AA.VV., Letteratura. Progetto modulare, vol. 4B, Atlas, Bergamo 2002; pp. 307-308