Carracci, Caravaggio e l’arte della Controriforma
NAPOLI (Campania)
Museo Nazionale di Capodimonte
Artemisia Gentileschi, Giuditta che uccide Oloferne, 1625-1630 circa.
Olio su tela, 162 × 126 cm.
Come l’omonima tela di Caravaggio, conservata a Roma a Palazzo Barberini, da cui la pittrice prese sicuramente ispirazione, quest’opera rappresenta il momento della decapitazione di Oloferne, generale assiro, da parte di Giuditta e della sua ancella Abra. Sia Caravaggio sia Artemisia Gentileschi non rappresentano i momenti più noti della vicenda, cioè la fuga di Giuditta e dell’ancella o la protagonista che regge la testa della vittima.
Qui la realistica drammaticità della scena è portata all’estremo, infatti, è rappresentato il momento culminante dell’assassinio: Oloferne che cerca di resistere alla presa di Abra e la determinazione di Giuditta, sicura nello sguardo e nel gesto.
www.polomusealenapoli.beniculturali.it/museo_cp/museo_cp.html
SIRACUSA (Sicilia)
Chiesa di Santa Lucia alla Badia
Caravaggio, Sepoltura di Santa Lucia, 1608.
Olio su tela, 408 × 300 cm.
Nella chiesa siracusana dedicata a Santa Lucia è conservata una pala d’altare di Caravaggio, eseguita dall’artista dopo la fuga da Malta.
Due grandi figure di becchini, che scavano la fossa, fanno da quinte teatrali, guidando lo sguardo dell’osservatore verso il corpo della santa, sgozzata. Dietro si accalcano i partecipanti al funerale, tra i quali una donna inginocchiata si tiene il viso con le mani, segno di disperazione, e il vescovo che benedice la salma.
La monumentalità della composizione, la luce non più orientata, come nelle opere romane, e la gestualità dei personaggi fanno del dipinto uno dei più importanti della maturità del Caravaggio.
BOLOGNA (Emilia-Romagna)
Palazzo Magnani
Annibale, Agostino e Ludovico Carracci, Battaglia dei Romani e dei Sabini, 1590.
Affresco.
Il Palazzo Magnani a Bologna, costruito nella seconda metà del XVII secolo, conserva un ciclo di affreschi raffiguranti le storie della fondazione di Roma (secondo un gusto classico), eseguiti nel 1590 dai fratelli Annibale e Agostino Carracci e dal cugino Ludovico, per volere della famiglia proprietaria.
Nel salone d’onore si trovano quattordici storie contenute in altrettanti riquadri: a partire dal Romolo e Remo allattati dalla lupa.
In questa scena è rappresentato il ratto delle Sabine: una movimentata battaglia inserita in un riquadro, accompagnato come gli altri da un cartiglio contenente un motto.
Ai lati due finte statue reggono le mensole, affiancate da due putti.