Soprattutto scultore e architetto, ma anche decoratore, incisore, pittore, scenografo e autore di testi teatrali, Bernini è il genio indiscusso del Barocco italiano.
Nasce a Napoli da una famiglia fiorentina.
Il padre Pietro, scultore, lo avvia in tenera età all’arte e Gian Lorenzo mostra subito un’incredibile precocità e una straordinaria abilità tecnica.
Quando il padre si trasferisce presso la corte papale, per lavorare nella fabbrica di San Pietro, Bernini ha sei anni e, tranne un breve periodo trascorso a Parigi, tutta la sua vita si svolgerà a Roma.
Sotto la guida paterna e a contatto con numerosi e grandi artisti, ben presto Bernini acquista una personalità matura e indipendente. A quindici anni, quando i suoi coetanei svolgono attività di apprendistato, egli riceve già incarichi per opere di prestigio e attira l’attenzione del più grande mecenate e collezionista d’arte di Roma, il cardinale Scipione Borghese, nipote del papa Paolo V.
Nel 1616 , al servizio del cardinale, Bernini svolge la sua attività di scultore eseguendo celebri gruppi marmorei, fra i quali Enea, Anchise e Ascanio, il David e il Ratto di Proserpina.
Il primo incarico come architetto gli viene conferito da Urbano_VIII, che gli commissiona il Baldacchino di San Pietro e nel 1629 lo nomina architetto ufficiale della basilica.
Da questo momento in poi gli incarichi si moltiplicano e la città di Roma acquista il suo volto di capitale del Barocco, anche grazie agli interventi di Bernini in numerose chiese, palazzi e piazze. Basti ricordare la sistemazione di piazza Navona con la celebre Fontana dei Fiumi e il colonnato di piazza San Pietro.
Tranne un breve periodo di contrasti con il papa Innocenzo X, che gli preferisce Borromini, tutta la vita di Bernini è un trionfo.
Al servizio di otto papi, protetto e conteso da principi e dai re di Francia e d’Inghilterra, Bernini è considerato un maestro insuperabile da tutti gli artisti del tempo. Anche la sua vita familiare trascorre felice, allietata dalla nascita di ben undici figli.
Nel 1680, l’artista è colpito da un ictus cerebrale e rimane paralizzato al braccio destro, ma accetta serenamente la sua menomazione, ritenendo giusto che la sua mano debba riposarsi dopo tanto lavorare.
Alla sua morte gli vengono tributati funerali degni di un sovrano.