L’architetto Francesco Castelli, grande protagonista del Barocco, nasce a Bissone (Lugano), da secoli località di provenienza di abili costruttori e scalpellini.
Arrivato a Roma giovanissimo, diventa noto come Borromini all’età di trent’anni quando, dopo aver lavorato come capo-scalpellino nella fabbrica di San Pietro in Vaticano, inizia la sua collaborazione con Gian Lorenzo Bernini.
Abilissimo ed estremamente preciso nel disegno, dal 1631 al 1633 Borromini traduce gli schizzi di Bernini in tavole con riproduzioni a grandezza naturale del Baldacchino di San Pietro, per gli artisti che hanno il compito di realizzarlo.
I rapporti tra Borromini e Bernini sono spesso conflittuali, anche perché quest’ultimo gli offre incarichi modesti, rispetto alle potenzialità del suo genio.
Nel 1634, perciò, Borromini decide di progettare in proprio e, dopo la prima opera, la chiesa di San Carlo alle quattro fontane, continuerà a lavorare a Roma, in alcuni palazzi aristocratici, per alcuni ordini monastici e per la corte papale.
In particolare, sotto il pontificato di Innocenzo X, Borromini vive un periodo di intensa attività, lavorando, tra l’altro, nella grande basilica di San Giovanni in Laterano.
Genio ricco di inventiva, Borromini rivoluzionerà i criteri di maestosità e rigore classico dell’architettura rinascimentale, creando superfici sinuose, giochi di luce e infinite variazioni decorative.
Nel suo modo di procedere nulla è però arbitrario e improvvisato e ogni sua opera è frutto della paziente ricerca della soluzione più convincente, fra le molte ipotizzate.
L’influenza di Borromini nell’architettura del Seicento e del primo Settecento sarà grandissima.
Solitario e introverso, l’artista vive momenti di profonda depressione. In uno di questi, durante il quale il suo medico gli impone riposo assoluto e perfino il divieto di leggere, Borromini, preso dallo sconforto, si ferisce con la sua spada e poco dopo muore.