Guerra e nobiltà nel Medioevo

Miniatura da un codice del Commento all'Apocalisse del Beato di Libéana, X secolo.

Tra gli elementi che, nel V secolo, portarono alla sconfitta romana e al trionfo degli invasori germanici, figura l'organizzazione degli eserciti dell'una e dell'altra parte. Durante tutta la sua storia, infatti, il nucleo dell'esercito romano fu rappresentato dalla fanteria, e cioè dai militari a piedi. L'elemento centrale degli eserciti germanici era invece la cavalleria: reparti a cavallo veloci e ben addestrati, in grado di sopraffare i soldati a piedi mediante rapidi spostamenti di forze, che consentivano di concentrare l'attacco laddove il nemico si mostrava maggiormente scoperto e in condizioni di inferiorità numerica. Per tutto il Medioevo, la cavalleria sarà il fulcro di ogni esercito. La figura del cavaliere diventerà il simbolo di un'intera epoca.

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Combattimento tra cavalieri, particolare di un'illustrazione del manoscritto miniato Histoire Universelle, XIII secolo. Digione, Bibliotèque Municipale.

Fin dai tempi dell'imperatore Diocleziano, la tipica spada romana, il gladio, era costruita in serie nelle fabbriche dello stato. Si trattava di un'arma corta, la cui lama non era particolarmente tagliente: era fatta per essere utilizzata soprattutto di punta, da soldati che combattevano a piedi e in formazione serrata. La spada germanica era invece lunga abbastanza da consentire al cavaliere di trafiggere il nemico stando a cavallo. Inoltre, aveva una lama affilatissima, fatta per colpire di taglio. La superiorità della spada germanica derivava però, soprattutto, dal materiale di cui era composta. Essa, infatti, era forgiata in acciaio, una lega metallica decisamente più dura e resistente del ferro di cui era fatto il gladio romano. Protetta dal segreto, la tecnica metallurgica dei germani era molto superiore a quella dei romani.

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Particolare dell'arazzo di Bayeux, XI secolo. Museo di Bayeux.

La cavalleria raggiunse il massimo dell'efficienza grazie all'adozione della staffa, un anello in metallo a fondo piatto pendente dai due lati della sella, sul quale il cavaliere poteva appoggiare il piede. Impostasi a partire dall'VIII secolo, la staffa cambiò il modo di combattere. Non solo, infatti, offrì ai cavalieri una maggiore stabilità durante la carica, ma diede loro una maggiore mobilità e una superiore forza nel vibrare i colpi, sia con la spada che con la lancia. La sella dotata di staffe, infatti, a differenza di quella che ne era priva, permetteva al cavaliere di utilizzare le gambe, sia per facilitare i movimenti, sia per riversare il peso del proprio corpo nel colpo impresso con le mani.

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Barthélemy d'Eyck, Miniatura dal Libro dei Tornei di Renato d'Angiò (XV secolo). Parigi, Bibliothèque Nationale.

Così come le armi in ferro, i cavalli erano un bene particolarmente costoso. Nel 758, per procurarsene in grandi quantità, Pipino obbligò i sassoni, stanziati a est dei territori franchi, a versare un tributo in cavalli e non più, come era accaduto in precedenza, in bovini. Secondo i calcoli di alcuni storici, questo cambiamento significò, per i sassoni, un aumento del tributo di circa il 140%.

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Scontro di cavalieri, bassorilievo. Pavia, Musei Civici.

L'importanza assunta dal cavallo come strumento di guerra appare con chiarezza in un decreto emanato da Pipino il Breve nel 755-756, in cui l'assemblea annuale dell'esercito veniva spostata stabilmente dal mese di marzo a quello di maggio. Fissare l'inizio delle campagne militari a maggio significava, infatti, attendere che venisse falciato il primo foraggio della nuova stagione, necessario ad alimentare i cavalli da battaglia.

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Particolare di miniatura tratta dal Codice Manesse, 1300 circa. Heidelberg, Biblioteca Universitaria.

Anticamente, l'esercito dei popoli germanici era formato dall'intera comunità dei maschi adulti capaci di portare le armi. Nel tempo, però, questa situazione mutò. Con l'introduzione della staffe e con il perfezionamento di armi e armature, infatti, quella del combattimento divenne un'attività costosa. Secondo alcuni studiosi, solo chi possedeva un appezzamento di almeno 150 ettari di terra poteva permettersi di acquistare l'attrezzatura necessaria ad armarsi di tutto punto. In pochi decenni, la guerra si trasformò in un affare riservato a pochi ricchi professionisti della guerra e agli uomini a loro fedeli.

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Miniatura tratta dal Codice Manesse, 1300 circa. Heidelberg, Biblioteca Universitaria.

A partire dalla metà dell'VIII secolo, i modi e i mezzi necessari a fare la guerra diedero alla società europea l'aspetto di una vera e propria forbice: da una parte c'era un piccolo gruppo di potenti, che amministravano grandi estensioni di terre e che avevano i mezzi per combattere a cavallo; dall'altra c'erano i contadini, in mezzo ai quali la differenza tra liberi e schiavi divenne sempre meno visibile. Anche i cosiddetti "liberi", infatti, in cambio della protezione assicurata loro dai cavalieri, erano tenuti a servirli con il proprio lavoro, soprattutto in alcuni momenti dell'anno: quando si trattava di seminare, mietere e vendemmiare, o quando si dovevano riparare le strade o le mura di castelli e città.

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La battaglia di Bouvines, miniatura del XIII secolo.

Il fatto che l'esercito fosse egemonizzato dai ricchi, non significa che a portare le armi fossero soltanto loro. Già nell'alto Medioevo, infatti, su richiesta dei sovrani stessi, i signori più facoltosi avevano cominciato a utilizzare le proprie rendite per armare degli eserciti personali, che potevano essere piccoli o grandi a seconda dei mezzi di cui il singolo signore disponeva. Correre in aiuto del re con al seguito un gruppo numeroso di uomini armati era sintomo di potere e prestigio.

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Due gruppi di cavalieri si affrontano. Miniatura tratta da manoscritto francese del XV secolo.

Verso la metà dell'VIII secolo, i signori più potenti iniziarono a concedere feudi e benefici ai guerrieri appartenenti ai propri eserciti privati, affidando loro delle terre e, con esse, l'opportunità di procurarsi autonomamente le armi con cui combattere. Cominciò a formarsi, così, una vera piramide dell'aristocrazia. Al vertice stava il sovrano. Sotto di lui, i suoi feudatari (vassalli). Al di sotto dei feudatari, dei feudatari minori (valvassori). Al di sotto di questi, dei feudatari ancora meno importanti (valvassini). A ogni livello, signore e feudatario stipulavano una sorta di contratto. Il primo, che concedeva il feudo, si aspettava che l'altro lo servisse completamente armato, a cavallo, ogni volta che sorgeva una necessità militare. Il guerriero, dal canto suo, era tenuto ad essere fedele al suo signore. La fedeltà, nel mondo feudale e cavalleresco, divenne il valore morale supremo, il principio fondamentale che non si poteva trasgredire.

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