La cacciata degli ebrei

Francesco Hayes, La distruzione del tempio di Gerusalemme, 1867.

La storia del popolo ebraico è segnata da odio, intolleranza e da successive forzate emigrazioni dalla loro terra d'origine, tra tutte quella del I secolo d.C. dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dei Romani. Così, nel corso del Medioevo gli Ebrei si trovavano in tutta Europa in una situazione difficile, tollerati anche se indicati come "diversi": la Chiesa vi vedeva infatti il popolo responsabile della morte di Cristo. L'accusa di deicidio accompagnò anche in seguito gli ebrei e alimentò nuove, violente forme di persecuzione, come nella cattolicissima Spagna di fine Cinquecento, governata da Ferdinando e Isabella.

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Il momento della resa (olio su tela di Fracisco Pradulla y Ortiz, 1882).

Ferdinando II d'Aragona e Isabella di Castiglia si erano sposati nel 1489, unificando così le due principali monarchie iberiche. Il loro progetto di riconquista ("reconquista") e unificazione della Spagna possedeva una forte matrice religiosa: uno dei principali obiettivi dei due reali era infatti quello di cacciare dalla Spagna gli "infedeli", vale a dire arabi ed ebrei. L'operazione si concluse nel 1492 con la presa di Granada, ultimo territorio in mano agli arabi e ultimo tassello mancante dell'unità territoriale.

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Decreto di Alhambra, noto anche come Editto o Decreto di Granada.

Alla fine del Quattrocento la Spagna era il Paese europeo con il maggior numero di ebrei. Grazie a condizioni sociali favorevoli, gli ebrei spagnoli erano riusciti a occupare cariche importanti; molti di loro erano agricoltori, artigiani, tecnici, ma anche cortigiani, diplomatici, medici e astronomi. Questa lunga storia di tolleranza venne improvvisamente spezzata dall'oltranzismo religioso dei due re. A partire dal 1492, più di 300 mila ebrei furono costretti a lasciare la Penisola Iberica a seguito di un decreto emesso dai sovrani .

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Incisione dell'epoca, che descrive le persecuzione del Tribunale dell'Inquisizione.

Fin dal 1481, però, ben prima dell'emanazione del decreto di espulsione, Ferdinando e Isabella avevano intrapreso una dura repressione nei confronti degli ebrei convertiti al cristianesimo. Il Tribunale dell'Inquisizione, guidato da Tomás de Torquemada, perseguitò quegli ebrei che, ufficialmente convertiti, continuavano a officiare in segreto i riti della propria religione. Si calcola che soltanto tra il 1486 e il 1492 vennero processati più di diecimila convertiti (ebrei ma anche arabi) e molti vennero condannati a morte.

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L'imperatore d'Austria, Giuseppe II.

L'editto di espulsione imponeva agli ebrei di lasciare il Paese oppure di convertisti alla religione cattolica; pochi scelsero quest'ultima soluzione e preferirono l'espatrio. Gli ebrei di Spagna si spostarono soprattutto verso altre regioni dell'Europa e, in parte, verso le comunità ebraiche del Maghreb. Dopo il 1492, il popolo ebraico si trovò bandito nei diversi territori spagnoli d'Europa e mal tollerato in altri. La loro situazione migliorò nel secolo XVIII, quando l'imperatore d'Austria, Giuseppe II, emanò la cosiddetta "patente di tolleranza", un atto legislativo che concedeva la libertà di religione ai gruppi non cattolici. Formalmente, l'editto di Granada è stato ritirato in Spagna solo il 6 dicembre del 1968.

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