Nell’Istituzione della religione cristiana (1536) il riformatore francese Giovanni Calvino afferma la convinzione che Dio, Signore assoluto dell’uomo e del creato, abbia destinato alla Salvezza un piccolo numero di persone - gli eletti - condannando tutti gli altri all’Inferno.
Definiamo predestinazione il decreto eterno di Dio, per mezzo del quale ha stabilito quel che voleva fare di ogni uomo. Infatti non li crea tutti nella medesima condizione, ma ordina gli uni a vita eterna, gli altri all’eterna condanna. […] Se qualcuno ci assalisse chiedendoci perché Dio ne abbia predestinati alcuni alla condanna, […] gli chiederemmo […] in che cosa ritenga che Dio sia debitore all’uomo […]. Poiché siamo tutti corrotti e contaminati dai peccati, Dio non può che averci in odio, e non per crudeltà tirannica, ma per ragionevole giustizia. Dato che ogni uomo, per sua condizione naturale, è colpevole di condanna mortale, di quale iniquità, vi prego, si lamenteranno coloro che Dio ha predestinato a morte? Si facciano avanti tutti i figli di Adamo per contestare e discutere col loro creatore il fatto che per sua eterna provvidenza siano stati destinati, prima di nascere, ad una calamità perpetua; ma quando Dio li avrà condotti a riconoscersi, che cosa potranno mormorare contro ciò? Se fanno tutti parte di una massa corrotta, non fa meraviglia che siano soggetti a condanna. Non accusino dunque Dio di iniquità, se per suo eterno giudizio sono destinati ad una condanna a cui la loro stessa natura li conduce…
(da: G. Calvino, Istituzione della religione cristiana, UTET, Torino 1983)
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Calvino e la dottrina della predestinazione