Honoré Daumier, Vagone di terza classe. Olio su tela. New York, Metropolitan Museum of Art.
Nelle famiglie borghesi del secolo XIX, la donna si occupava della casa e dei figli, mentre si riteneva che gli affari, la politica e, se necessario, la guerra spettassero ai soli uomini. Nel mondo borghese, dunque, vigeva una rigida divisione dei ruoli sessuali. Negli ambienti operai, al contrario, il lavoro delle donne era a quei tempi indispensabile per la sopravvivenza della famiglia: le paghe degli uomini erano troppo basse per consentire alla famiglia di procurarsi il necessario per vivere. La donna, insomma, anche se in misura limitata e per ragioni legate all’esigenza concreta di sopravvivere, veniva per la prima volta equiparata all’uomo.
Pagina 1/6Edgar Degas, Striatrici, 1884-1886. Olio su tela. Parigi, Museo d’Orsay.
Le operaie impiegate nella nascente industria tessile lavoravano tra le 12 e le 16 ore al giorno. Durante le gravidanze, inoltre, erano costrette a svolgere il loro lavoro fino al momento del parto, e a riprendere poco dopo. Lasciare il lavoro, infatti, anche se solo per pochi giorni, le costringeva a rinunciare a un salario che, pur essendo irrisorio, contribuiva al sostentamento delle loro famiglie.
Pagina 2/6Bambini lavoratori in una miniera di carbone inglese.
Oltre a impiegare un gran numero di donne, l’industria inglese fece un larghissimo uso di manodopera infantile. Questo perché, in settori come il tessile, l’attività ripetitiva richiesta dalle macchine non comportava né una grande forza muscolare, né particolari abilità. Anche un bambino, quindi, poteva svolgere i compiti necessari al processo produttivo. Il lavoro minorile, del resto, non era proibito dalla legge: i bambini più poveri erano considerati come degli adulti in miniatura, che potevano essere usati e sfruttati nella stessa misura in cui lo erano i loro genitori. Moltissimi bambini, tra l’altro, lavorarono nelle miniere. Le scuole pubbliche non esistevano.
Pagina 3/6Lewis W. Hine (1874-1940), Bambini al lavoro in una fabbrica tessile a Macon (Georgia, USA). Stampa fotografica, 1909.
Il contributo fornito da donne e bambini al lavoro delle prime fabbriche fu altissimo. All’inizio dell’Ottocento, in Inghilterra, donne e bambini costituivano circa l’80% della manodopera dell’industria tessile. Per i datori di lavoro, del resto, assumere una donna o un bambino era particolarmente conveniente. Si dava per scontato che il loro salario dovesse essere inferiore a quello dei maschi adulti, anche a parità di lavoro svolto. L’uomo era considerato il vero responsabile del mantenimento della famiglia; quello delle donne e dei bambini era un salario aggiuntivo, non quello principale.
Pagina 4/6Hubert von Herkomer, Famiglia proletaria, 1891. Londra, Royal Accademy.
In Inghilterra, il numero delle donne che lavoravano fuori casa cominciò a diminuire alla fine dell’Ottocento. Nessuno, però, vide in questo cambiamento un ritorno alla discriminazione nei confronti del sesso femminile. Le prime lotte operaie, infatti, avevano portato a un parziale aumento dei salari, tanto che il lavoro delle donne era divenuto meno indispensabile alla sopravvivenza famigliare. I bambini, così, tornarono ad avere qualcuno che si occupava di loro. Per qualche anno ancora, in ogni caso, la percentuale di manodopera femminile restò molto alta, soprattutto nei paesi che sperimentavano l’industrializzazione per la prima volta, confrontandosi con situazioni analoghe a quelle che avevano contraddistinto l’industria inglese di inizio 800. In Italia, in particolare, all’inizio del Novecento, le donne rappresentavano la metà della manodopera industriale.
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Il lavoro femminile e infantile nell’800