Falco Nero (1767-1838) fu il capo dei Fox, una delle tribù che popolavano le pianure a est del fiume Mississippi. Per fermare l’avanzata dei pionieri, cercò di unire in una grande alleanza le principali tribù delle pianure, senza però riuscirci. Sconfitto dall’esercito statunitense, venne fatto prigioniero. Il suo testamento, dettato ai suoi carcerieri, costituisce un’importante testimonianza del punto di vista dei nativi americani..
Voi avete catturato me e tutti i miei guerrieri rimasti vivi. Non mi è riuscito di scacciarvi, di resistervi più a lungo e di procurarvi ancor più rabbia prima di cedere. Ho lottato con tutto me stesso. I miei guerrieri mi venivano uccisi tutt’intorno. Era il mio giorno fatale. C’era un sole fosco, che sorse il mattino e tramontò la sera avvolto in una nuvola scura e splendette su di noi come una palla di fuoco. Fu l’ultimo sole a illuminare Falco Nero. Il suo cuore è morto e non batte più forte nel suo petto. Egli è ora un prigioniero dei bianchi, che faranno di lui ciò che vorranno. Falco Nero non ha fatto nulla di cui doversi vergognare. Ha lottato per la sua gente contro i bianchi che di anno in anno giungevano sempre più numerosi a portar via la loro terra. Voi conoscete il motivo della nostra guerra. È noto a tutti i bianchi. Loro dovrebbero vergognarsi, non noi: odiano gli indiani e li scacciano dalle loro terre. I bianchi parlano male degli indiani e li guardano pieni di odio. Ma l’indiano non mente, l’indiano non ruba. Un indiano che fosse cattivo come un bianco non potrebbe vivere nella nostra nazione. Verrebbe ucciso e gettato in pasto ai lupi.
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Il testamento di Falco Nero