11 luglio 1943. Un gruppo di militari americani appena sbarcati in Sicilia.
Nella notte tra il 10 e l’11 luglio 1943, gli Alleati sbarcavano in Sicilia. Le sorti della guerra, per l’Italia fascista, erano ormai segnate. Capendo la situazione, il re Vittorio Emanuele III, in accordo con le alte sfere dell’esercito e con alcuni gerarchi del regime, decise di estromettere Mussolini dal potere. L’intento principale del re era quello di separare i destini della dinastia sabauda da quelli dal fascismo, in modo che la caduta del duce (inevitabile, in caso di sconfitta) consentisse di salvare la monarchia, che pure era stata corresponsabile delle scelte del regime.
Pagina 1/12Il maresciallo Pietro Badoglio.
La caduta di Mussolini fu estremamente rapida. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio, il Gran Consiglio del Fascismo mise il duce in minoranza, deliberando che il comando supremo dell’esercito venisse tolto al capo del governo e restituito al Re, in ottemperanza ai dettami dello Statuto albertino. Il giorno successivo, recatosi dal sovrano per riferire l’esito della riunione (ma anche per contestare la legittimità del provvedimento votato), Mussolini si sentì dire che non era più il capo del governo, e che al suo posto era stato nominato il maresciallo Pietro Badoglio. Subito dopo l’incontro con il re, Mussolini fu arrestato, caricato su un’autoambulanza e portato in una località segreta.
Pagina 2/12Mussolini passa in rivista gli uomini di un reparto corazzato della neonata Repubblica Sociale Italiana.
L’armistizio con gli alleati venne firmato il 3 settembre 1943. L’annuncio dell’accordo, però, venne diffuso via radio cinque giorni dopo, l’8 settembre. Per l’Italia cominciò allora una nuova guerra: quella contro i tedeschi. Per non correre rischi, Vittorio Emanuele e i membri del governo abbandonarono la capitale e si rifugiarono a Brindisi, appena liberata dagli Alleati. Seguendo un piano preparato da tempo, intanto, le truppe del Reich affluirono dal Brennero e occuparono rapidamente quasi tutta la penisola. Il 12 settembre, inoltre, un reparto di paracadutisti tedeschi liberò Mussolini, allora detenuto nella zona del Gran Sasso. Portato in Germania, il duce ottenne il permesso di ricostruire uno stato fascista in Italia: nacque pertanto la Repubblica Sociale Italiana (RSI), il cui governo prese dimora in alcune ville collocate sulla costa del lago di Garda. Poiché il ministero degli esteri, tenuto personalmente da Mussolini, aveva sede nella cittadina di Salò, molti, anche in segno di disprezzo, cominciarono a chiamare il nuovo Stato “Repubblica di Salò”.
Pagina 3/12Giovani allievi paracadutisti giurano fedeltà alla RSI.
La Repubblica Sociale Italiana non ebbe vita facile. Per quanto cercasse di presentarsi come uno stato pienamente sovrano, la sua autonomia e la sua legittimità vennero rifiutate non soltanto dai Paesi nemici, ma anche da quelli neutrali: neppure la Spagna di Franco riconobbe ufficialmente la nuova repubblica fascista, mentre la Germania la trattò al pari di un qualsiasi altro territorio occupato, sfruttandone tutte le risorse. Tra la Germania e l’Italia, inoltre, vennero ripristinati i confini del 1915, precedenti alla conquista del Trentino e della Venezia Giulia.
Pagina 4/12Giovani fascisti inquadrati nella Brigata Nera di Montefiorino.
Il nuovo stato fascista non trovò mai l’appoggio della popolazione italiana. Furono relativamente pochi, infatti, coloro che risposero alla chiamata alle armi della RSI. Chi, anzi, si presentò agli uffici di leva, lo fece spesso allo scopo di evitare ritorsioni contro la sua famiglia. Molti tra i nuovi membri dell’esercito fascista, poi, disertarono poco dopo, nascondendosi o andando a ingrossare le file della Resistenza: il movimento armato in cui si raccoglievano coloro che, per motivazioni diverse, avevano scelto di opporsi attivamente al nazifascismo.
Pagina 5/12Partigiani in azione a Venezia.
Il movimento resistenziale nacque nell’autunno del 1943. In un primo tempo, specie in Piemonte e nel Friuli Venezia Giulia, la resistenza poté contare soprattutto su unità militari che avevano rifiutato di assoggettarsi al nuovo stato fascista, rese più numerose in seguito all’arrivo di molti soldati e ufficiali fuggiaschi, non solo italiani, ma anche inglesi e russi evasi dai campi in cui erano tenuti prigionieri. Alcuni tra loro avevano scelto di opporsi al nazifascismo per fedeltà al re e allo Stato; altri, all’opposto, perché avevano fatto la campagna di Russia e provavano ora una grande ostilità verso i tedeschi, che in molti casi, durante la ritirata nella neve, avevano abbandonato al loro destino i soldati italiani in difficoltà. Nei mesi successivi, ai militari si aggiunsero i reparti formati da civili aderenti ai partiti politici antifascisti.
Pagina 6/12Squadra partigiana fotografata a Torino nel maggio 1945, Coazze, Archivio Ecomuseo.
I militanti del movimento resistenziale erano detti partigiani. Si raccoglievano in bande aderenti diverse brigate, suddivise in base dell’orientamento politico di chi ne faceva parte. I partigiani comunisti si riunirono nelle brigate Garibaldi, i socialisti entrarono nelle brigate Matteotti, mentre il Partito d’Azione diede vita alle formazioni di Giustizia e libertà. Esistevano poi alcuni gruppi cattolici, non particolarmente numerosi, e altri di tendenza monarchica, fedeli al governo Badoglio. A livello nazionale, la Resistenza era guidata da un Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) insediato a Roma; a livello operativo, tuttavia (dal 31 gennaio 1944), le decisioni più importanti furono prese dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), che aveva la propria sede a Milano ed era guidato dall’azionista Ferruccio Parri. Nel luglio 1944, le formazioni partigiane riuniranno circa 50.000 uomini.
Pagina 7/12I tedeschi fanno saltare i ponti di Firenze per isolare le due rive dell’Arno.
In diverse zone del nord Italia, l’azione militare dei partigiani portò alla creazione di “zone libere”, presto denominate repubbliche partigiane. Le più importanti furono quelle della Val d’Ossola (in Piemonte) e di Montefiorino (nell’Appennino modenese-reggiano). Nell’agosto 1944, inoltre, con la liberazione di Firenze, la resistenza italiana riuscì a ottenere un notevole successo politico. Mentre Roma era stata conquistata dalle sole forze militari angloamericane, senza alcun contributo partigiano, a Firenze il movimento di resistenza era riuscito a organizzare l’insurrezione della città, favorendo, di fatto, l’azione degli Alleati. Quando il 2 settembre le truppe inglesi e americane entrarono a Firenze, il centro città era già nelle mani del CLN fiorentino, che aveva collocato i propri uomini nei posti chiave dell’amministrazione.
Pagina 8/12Donne partigiane per le strade di Milano.
Quello dell’insurrezione fu il grande obiettivo politico del CLNAI: il coinvolgimento della popolazione nell’attività antifascista era, infatti, l’unico mezzo utile a far sì che gli Alleati si rendessero conto che i loro nemici non erano gli italiani, ma il fascismo, di cui gli italiani stessi erano stati la prima vittima.
Pagina 9/12Un gruppo di partigiani in marcia di ripiegamento dopo la caduta della Repubblica dell’Ossola.
L’entusiasmo suscitato dalla liberazione di Firenze si spense in fretta. I tedeschi, infatti, riuscirono ad assestarsi sulla Linea gotica (un efficace sistema di difese che si estendeva da Massa Carrara a Pesaro). Nella loro ritirata verso nord, inoltre, compirono numerose stragi di civili: in Toscana, in Emilia Romagna e anche in Piemonte. Tra l’agosto e il dicembre del 1944, le forze partigiane del nord Italia subirono attacchi pesantissimi: tutte le repubbliche partigiane furono cancellate, mentre i rastrellamenti a tappeto provocarono gravissime perdite. La sconfitta partigiana più grave ebbe luogo nella zona del Grappa (20-29 settembre) e provocò almeno 300 caduti in combattimento; altri 171 ribelli catturati furono impiccati pubblicamente, mentre i deportati furono circa 400.
Pagina 10/12Bibiana, un comune delle valli piemontesi, appena liberata dai partigiani.
Gli anglo-americani iniziarono l’ultima offensiva in Italia all’inizio dell’aprile 1945. Poco dopo, in tutte le principali città dell’Italia settentrionale, scattò l’insurrezione. Il 25 aprile, a Milano, il CLNAI assunse i poteri «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo italiano». Mussolini tentò, intanto, di fuggire in Svizzera, ma venne arrestato il 27 aprile presso la cittadina di Dongo. Il giorno seguente fu fucilato. Il suo corpo (insieme a quello della sua amante Claretta Petacci e di altri gerarchi fascisti giustiziati) fu poi appeso a testa in giù in Piazza Loreto, a Milano, nel luogo in cui pochi mesi prima era stato ucciso un gruppo di partigiani. Il 2 maggio le truppe tedesche si arresero: formalmente, almeno in Italia, la seconda guerra mondiale era terminata.
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La Resistenza italiana