LA CRISI DELLA REPUBBLICA

241 a.C.

CREAZIONE DELLA PRIMA PROVINCIA IN SICILIA

CREAZIONE DELLA PRIMA PROVINCIA IN SICILIA

Tra il III e il II secolo Roma era un vasto impero affacciato sul Mediterraneo.
Per amministrarlo, i Romani scelsero di controllare militarmente il territorio e di sfruttarne le risorse. I territori conquistati furono annessi direttamente allo Stato come province, senza autonomia e libertà politica.
La prima provincia romana fu la Sicilia, nel 241 a.C.; quattro anni dopo toccò alla Sardegna e alla Corsica, unite in un’unica provincia. A queste, negli anni successivi, si aggiunsero la Spagna Citeriore, la Spagna Ulteriore e la Gallia Narbonese o Transalpina.

218 a.C.

DIVIETO DI ATTIVITÀ ECONOMICHE AI SENATORI, ECCETTO L’AGRICOLTURA

DIVIETO DI ATTIVITÀ ECONOMICHE AI SENATORI, ECCETTO L’AGRICOLTURA

Con le conquiste, Roma si arricchii enormemente. Per evitare che il Senato si trasformasse in un covo di affaristi, nel 218 a.C. una legge stabilì che i senatori potevano dedicarsi esclusivamente all’agricoltura.
Le restanti attività economiche spettavano ai cittadini più ricchi, che però non avevano accesso al Senato né potevano intraprendere la carriera politica.
Si creò così una frattura nella classe dirigente romana: da una parte i senatori conservavano il potere politico, dall’altra il ceto equestre (gli equites erano i cavalieri) assumeva un peso sempre maggiore nella gestione della ricchezza.

133 a.C.

TIBERIO GRACCO TRIBUNO DELLA PLEBE

TIBERIO GRACCO TRIBUNO DELLA PLEBE

Nel 133 a.C. fu eletto tribuno della plebe l’aristocratico Tiberio Gracco. Egli voleva ripristinare un minimo di giustizia sociale, restituendo ai contadini la terra perduta. Presentò quindi una legge per la ridistribuzione dell’ager publicus, secondo cui nessuno poteva possedere più di 500 iugeri; in questo modo si recuperavano terre, che venivano redistribuite ai contadini poveri.
Il Senato si oppose, ma l’assemblea della plebe approvò comunque la proposta.

123 a.C.

GAIO GRACCO TRIBUNO DELLA PLEBE

GAIO GRACCO TRIBUNO DELLA PLEBE

Il Senato non abolì la riforma agraria di Tiberio, anche se cercò con ogni mezzo di impedirne l’applicazione. Nel 123 a.C. divenne tribuno della plebe il fratello Gaio Gracco. L’esperienza gli aveva insegnato che, per contrastare il Senato, era necessario anche il consenso dell’intera plebe. Propose così la distribuzione gratuita di grano ai cittadini indigenti (legge frumentaria) e l’arruolamento dei più poveri a spese dello Stato.
Per assicurarsi anche l’appoggio dei cavalieri, Gaio Gracco fece approvare una legge che conferiva loro il potere di giudicare in tribunale i senatori corrotti.

121 a.C.

TENTATIVO DI RIVOLTA E SUICIDIO DI GAIO GRACCO

TENTATIVO DI RIVOLTA E SUICIDIO DI GAIO GRACCO

Nel 122 a.C. Gaio Gracco si fece rieleggere tribuno: voleva ripresentare la legge agraria del fratello e proporre l’estensione della cittadinanza agli alleati di Roma.
Quest’ultima proposta si scontrò con l’opposizione dei Romani. Gli aristocratici sobillarono la plebe e Gaio si trovò isolato e impossibilitato a fare approvare la legge.
Nel 121 a.C. Gaio Gracco fallì la terza rielezione consecutiva. Si organizzò allora per tentare una rivolta armata, ma il Senato lo fece dichiarare nemico pubblico e fu condannato a morte senza processo.
Per non cadere nelle mani dei nemici, Gaio Gracco si fece uccidere da uno schiavo.

107 a.C.

GAIO MARIO È ELETTO CONSOLE PER LA PRIMA VOLTA

GAIO MARIO È ELETTO CONSOLE PER LA PRIMA VOLTA

Nel 107 a.C. divenne console Gaio Mario, il quale dovette subito preparare due campagne militari: quella contro Giugurta in Numidia e quella contro Cimbri e Tèutoni sul confine settentrionale. Realizzò così una radicale riforma dell’esercito, estendendo l’arruolamento volontario anche ai proletari e agli Italici senza cittadinanza.
Armò tutti i soldati allo stesso modo e garantì loro una paga sicura, trasformando l’esercito romano in un esercito di mestiere.
La sua fu una risposta ai problemi sociali: molti proletari si arricchirono con le vittorie militari ma, a lungo andare, si favorì la pericolosa ascesa di potenti generali.

104-100 a.C.

MARIO È CONFERMATO CONSOLE E SCONFIGGE CIMBRI E TEUTONI

MARIO È CONFERMATO CONSOLE E SCONFIGGE CIMBRI E TEUTONI

Mario riuscì a sconfiggere Giugurta e consolidò il suo potere a Roma. Tutti confidavano che sarebbe riuscito a domare anche i Cimbri e i Tèutoni e venne rieletto console per cinque anni consecutivi, dal 104 al 100 a.C.
Nel 102 a.C. arrivò la prima vittoria contro i Tèutoni; l’anno successivo fu la volta dei Cimbri.
Mario fu salutato come un salvatore della patria; a Roma però lo aspettavano i popolani, che chiedevano la distribuzione della terra a tutti i veterani. Mario non fu in grado di accontentarli, perché la redistribuzione avrebbe coinvolto anche gli Italici; nonostante i pieni poteri, non riuscì a placare gli animi e partì per l’Oriente.

91-88 a. C.

GUERRA SOCIALE

GUERRA SOCIALE

Nel 91 a.C. Marco Livio Druso finì assassinato per aver riproposto l’estensione della cittadinanza ai popoli della Penisola: per gli Italici era ormai chiaro che sarebbero diventati romani solo con la forza.
Roma subì molte perdite e corse presto ai ripari, offrendo prima la cittadinanza ai popoli che gli erano rimasti fedeli, poi a tutti quelli che avessero cessato le ostilità entro 60 giorni. Questi provvedimenti servirono a isolare i ribelli, che vennero definitivamente sconfitti da Lucio Cornelio Silla nell’88 a.C. I Romani vinsero la guerra, ma gli Italici ottennero la cittadinanza romana.

88-82 a.C.

GUERRA CIVILE TRA MARIO E SILLA

GUERRA CIVILE TRA MARIO E SILLA

Nell’88 a.C. Mitridate invase la provincia d’Asia. Il Senato ordinò una spedizione in Oriente con a capo Silla, ma i popolari convinsero l’assemblea della plebe a scegliere Mario. Quando Silla seppe della nuova nomina tornò a Roma con i suoi soldati e iniziò la guerra civile. L’esercito di Silla sbaragliò i popolari, costringendo Mario a fuggire in Africa. Quando Silla decise di ripartire per l’Oriente, a Roma Mario fu eletto console.
Sconfitto Mitridate, Silla tornò a Roma e, dopo due anni di guerra, ottenne una vittoria schiacciante: Mario era morto e Silla restava il padrone indiscusso di Roma.

82-79 a.C.

DITTATURA DI SILLA

DITTATURA DI SILLA

Silla ben presto si fece nominare dittatore con poteri speciali.
Gli oppositori politici vennero inseriti in un elenco di proscritti, che chiunque poteva denunciare e uccidere. Privò i tribuni della plebe del diritto di veto e gli impedì di fare carriera politica; tolse ai cavalieri il potere giudiziario e ai consoli quello militare; obbligò, inoltre, i comandanti a congedare gli eserciti una volta tornati in patria. Regolamentò anche il cursus honorum: si iniziava a 30 anni come questore e non si poteva diventare console prima dei 42.
Nel 79 a.C. a sorpresa Silla si ritirò dalla vita politica.