IL TEMPO, NOI E LA STORIA - DIDATTICA INCLUSIVA 2
UNITÀ 8. L'EUROPA DELLE NAZIONI
  
             

TESTO BES
CAPITOLO 3 - I PROBLEMI DELL’ITALIA UNITA E LA DESTRA STORICA

1. La Destra storica al governo
La maggior parte della popolazione italiana era analfabeta, cioè non sapeva leggere e scrivere, e si dedicava all’agricoltura.
In Europa si produceva energia con il carbone, mentre l’Italia usava ancora la legna. La rete ferroviaria era poco sviluppata e le merci venivano trasportate su strade vecchie o per mare. Alcune regioni italiane erano ancora escluse dal Regno d’Italia, come il Veneto, il Trentino, il Friuli Venezia Giulia e il Lazio.
Il diritto di voto era solo per i cittadini maschi che sapevano leggere e scrivere.
Dal 1861 si scontrarono nel Parlamento la Destra storica e la Sinistra storica. La Destra era formata da politici con gli ideali di Cavour, mentre la Sinistra da quelli di Mazzini e di Garibaldi.
La Destra storica fu la prima a governare, rimase al potere dal 1861 al 1876 ed era formata da uomini liberali contrari al suffragio universale, cioè al diritto di voto per tutta la popolazione. I suoi rappresentanti più famosi furono Ricasoli, Rattazzi, Sella e Minghetti.
Molti uomini politici del Risorgimento volevano uno Stato federale, cioè dove i vecchi Stati italiani potevano governarsi da sé, ma era più sicuro costruire uno Stato centralista, cioè che governasse tutta l’Italia. Così, lo Statuto Albertino e le leggi del Regno di Sardegna vennero applicate in tutto il Regno d’Italia.

2. Il problema del debito pubblico
L’Italia venne divisa in province e il governo nominò per ogni provincia un prefetto, cioè un suo rappresentante, e i sindaci dei Comuni. Venne utilizzata un’unica moneta, cioè la lira. La leva obbligatoria, cioè il servizio militare per tutti i cittadini maschi, fu estesa a tutto il Paese. Come simbolo dell’Italia venne scelta la bandiera tricolore, verde, bianca e rossa.
Lo Stato era in crisi per il debito pubblico causato da guerre d’indipendenza e dai debiti dei vecchi Stati italiani.
Gli uomini della Destra storica, tra cui il ministro delle Finanze Quintino Sella, decisero di vendere le terre dello Stato e di creare nuove tasse, come la tassa sul macinato, cioè sul grano. Ci furono molte proteste e rivolte ma la Destra continuò la sua politica e nel 1876 riuscì a pagare tutti i debiti.

3. L’origine della questione meridionale
Dopo l’unità d’Italia ci fu la questione meridionale, cioè la differenza tra il Nord, più ricco, e il Sud, più povero.
Il territorio meridionale era meno fertile della Pianura Padana; l’agricoltura al Sud era controllata dai latifondi, cioè dalle grandi proprietà terriere e la produzione industriale era meno diffusa.
Inoltre, la rete stradale e le ferrovie erano più estese al Nord e gli analfabeti del Sud erano il doppio. Nonostante le difficoltà, il Regno delle Due Sicilie possedeva il Tesoro di Napoli.
Nel Regno Delle Due Sicilie c’era una grande ricchezza monetaria. Dopo il 1861, il ducato, cioè la moneta del Regno delle Due Sicilie, venne cambiato con la lira piemontese e il tesoro finì nelle casse dello Stato italiano. Nel 1861 la popolazione del Sud affrontò l’aumento delle tasse, il servizio militare obbligatorio e il fallimento di molte imprese, anche perché il lavoro statale fu assegnato a imprese del Nord.

4. Il grande brigantaggio
Nel Sud esplose una protesta, detta il grande brigantaggio, a cui parteciparono non solo criminali, ma anche ex soldati borbonici, contadini, giovani e donne. Francesco II di Borbone sostenne la rivolta con denaro e armi, mentre la Chiesa rimase neutrale. I briganti vedevano lo Stato italiano come il nemico e attaccavano carceri, archivi comunali e saccheggiavano le fattorie dei proprietari terrieri. Il grande brigantaggio fu una guerra dal 1860 al 1865 in Campania e in Basilicata.
La mafia nacque in Sicilia nel 1800, quando alcuni proprietari terrieri diedero le loro terre a uomini di fiducia detti gabellotti, che affittavano la terra dal proprietario per dividerla in varie parti e affittarla ai contadini. I gabellotti, per costringere i contadini a pagare l’affitto, formarono delle bande armate che divennero indipendenti dai proprietari terrieri.
Nacque la mafia, che iniziò a chiedere un «pizzo», cioè denaro sia ai contadini sia ai proprietari terrieri.
La mafia si diffuse anche nelle città, perché lo Stato era considerato incapace di comprendere i problemi del Sud.
Lo Stato italiano sottovalutò il pericolo di altre due organizzazioni criminali: la camorra, in Campania, e la ’ndrangheta, in Calabria.

5. Il completamento dell’unità d’Italia
Dopo il 1861, per completare l’unità d’Italia, mancavano ancora il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, il Trentino e il Lazio.
In quegli anni il Regno di Prussia voleva diventare una grande potenza e così si scontrò con l’Austria.
Nel 1866 Italia e Prussia firmarono la loro alleanza contro l’Austria e, in caso di vittoria, l’Italia avrebbe avuto il Veneto.
La Prussia attaccò l’Austria e l’Italia si schierò al suo fianco: iniziava la terza guerra d’indipendenza.
L’esercito italiano era poco organizzato e così venne sconfitto a Custoza. Il governo italiano fu sconfitto a Lissa, mentre i Prussiani vinsero gli Austriaci a Sadowa.
Garibaldi sconfisse gli Austriaci a Bezzecca e venne firmata la pace e l’Austria diede il Veneto all’Italia.
La questione romana era il problema dell’unione di Roma al nuovo Stato italiano. Per Cavour, Roma doveva essere la capitale dell’Italia ma i cattolici e Napoleone III erano contrari perché era la sede del papa; così, nel 1864 venne firmata con la Francia la Convenzione di settembre, con cui l’Italia rinunciava a Roma e spostava la capitale da Torino a Firenze.
Giuseppe Garibaldi e i suoi soldati cercarono di entrare a Roma; nel 1862 furono fermati in Aspromonte e nel 1867 a Mentana. Nel 1870 scoppiò la guerra franco-prussiana e la vittoria tedesca portò al crollo dell’Impero di Napoleone III.
Il 20 settembre 1870 i bersaglieri italiani entrarono a Roma e la occuparono. Pochi mesi dopo Roma fu proclamata capitale d’Italia e la legge delle guarentigie, cioè delle garanzie, stabilì la formazione dello Stato del Vaticano, il cui capo era il papa e l’impegno dello Stato italiano a mantenere il Vaticano. Papa Pio IX rifiutò, scomunicò il re e il governo e vietò ai cattolici di partecipare alla politica.


             


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