
REGIA DI FRANÇOIS DUPEYRON
Invictus | |||
---|---|---|---|
Regia | François Dupeyron | ||
Interpreti | Omar Sharif | ||
Pierre Boulanger | |||
Gilbert Melki | |||
Isabelle Adjani | |||
Paese | Francia | ||
Anno | 2003 | ||
Durata | 94 minuti | ||
![]() |
Parigi anni ‘60. Momo (Moise) ha undici anni, vive solo con un padre depresso e stringe amicizia con Ibrahim, il proprietario arabo della drogheria del quartiere ebraico. Momo troverà in Monsieur Ibrahim un confidente, un amico che va oltre gli stereotipi, una figura paterna che egli non aveva mai avuto e che non è importante che sia di una religione e cultura diversa. Quando il padre di Momo muore suicida, Ibrahim adotta formalmente il piccolo amico e insieme intraprendono un viaggio verso Oriente, lungo un percorso disseminato dei “fiori del Corano”, le frasi che l’anziano sufita pronuncia nelle conversazioni con il suo piccolo amico. Questo risulterà non essere un semplice viaggio, ma un vero e proprio percorso alla riscoperta dell’amicizia, del rispetto per gli altri, dell’integrazione: è dunque un viaggio di vita.
Di genere drammatico, il film affronta i temi dei rapporti familiari, dell’incontro tra culture, della formazione e crescita personale.
Alcune tracce per l’analisi e la discussione del film.
L’Arabo della Rue Bleu. Quella di Ibrahim è l’unica bottega araba in una via ebrea di Parigi: Ibrahim come riesce a sopravvivere in un ambiente tanto diverso? Per che cosa è apprezzato Monsieur Ibrahim?
Ibrahim e Momo. La comunicazione tra i due protagonisti all’inizio è molto risicata, poi il dialogo si fa via via più fitto e sincero. Quale può essere, secondo te, una chiave efficace per comunicare tra persone di culture diverse? Nelle città odierne esistono spazi e occasioni per conoscere persone di diverse culture, per comunicare e conoscersi? Quali sono?
Un viaggio speciale. Che significato ha il viaggio verso Oriente intrapreso dai due protagonisti? Che cosa impara Momo durante questo percorso? Perché Ibrahim vuole intraprendere questo viaggio con Momo?
Il buon vecchio e il bravo fanciullo. Con la mamma che si è data alla latitanza e il padre ipocondriaco, il tredicenne Momo è un ragazzo parecchio infelice: deve occuparsi del ménage famigliare, ama segretamente la figlia della portinaia e non possiede uno straccio d'amico. O meglio uno ce l'ha ed è l'anziano droghiere "arabo" Ibrahim, che vende prodotti alimentari dispensando perle di saggezza - più o meno - coranica. Dal piccolo, delizioso racconto di Eric-Emmanuel Schmitt (un po' esile per essere portato sullo schermo), un film per chi ama gli aforismi («Ciò che dai è tuo per sempre, ciò che tieni è perduto per sempre», «Il segreto della felicità è la lentezza»...), le atmosfere quiete, le parabole gentili e le interpretazioni sottotono.
Grazie all'amicizia con il vecchio musulmano, il giovanissimo ebreo varca la soglia dell'età adulta; Ibrahim e Momo intraprendono un viaggio in spider nel paese natale di Ibrahim, di valore nostalgico per il vecchio, iniziatico per il ragazzo. Appena presentato fuor-concorso alla Mostra di Venezia, il film di Fançois Dupeyron è aggraziato quanto basta, un po' troppo prevedibile per tenere desta l'attenzione lungo novanta minuti, diretto con mano sicura. La prima parte consiste in una somma di scene tra Momo e gli altri personaggi, girate con cinepresa mobile e commentate da brani anni '60. La seconda, quella riservata al viaggio, è (curiosamente) più pacata e accompagnata da musica per flauto.
(tratto da: R. Nepoti, in “La Repubblica”, 6 settembre 2003)