Rick Riordan
Un mostro d’insegnante
La Dodds stava con le braccia incrociate davanti a un grosso fregio di marmo degli dei greci. Faceva uno strano verso con la gola, come un ringhio. Anche senza quel verso sarei stato nervoso lo stesso.
È strano trovarsi da soli con un insegnante, soprattutto con la Dodds. Da come guardava quel fregio, sembrava che volesse polverizzarlo...
– Ci stai dando dei problemi, tesoro… – cominciò.
Andai sul sicuro: – Sì, signora. – risposi.
Si tirò giù i polsini del giubbotto di pelle: – Pensavi davvero di cavartela così?
Lo sguardo che aveva negli occhi era più che folle. Era malvagio.
“È un’insegnante,” pensai innervosito “non può mica farmi del male”.
Dissi: – Mi... mi impegnerò di più, signora.
Un tuono scosse l’edificio.
– Non siamo degli sciocchi, Percy Jackson. – replicò lei – Era solo questione di tempo perché ti scovassimo. Confessa, e soffrirai di meno.
Non sapevo di che cosa stesse parlando.
L’unica cosa che mi veniva in mente era che avessero scoperto la scorta illegale di dolciumi che smerciavo nella mia stanza. O forse avevano capito che avevo scaricato il compito su Tom Sawyer da Internet senza mai aprire il libro, e volevano togliermi il voto. O peggio, volevano costringermi a leggerlo.
– Ebbene? – incalzò.
– Professoressa, io non...
– Tempo scaduto. – sibilò.
Poi successe una cosa pazzesca. I suoi occhi si incendiarono come due tizzoni del barbecue. Le sue dita si allungarono in artigli. Il giubbotto si fuse in grandi e ruvide ali di pelle. Non era più umana. Era una megera avvizzita con le ali da pipistrello, gli unghioni e la bocca piena di zanne ingiallite, e stava per ridurmi in pezzettini!
Poi la situazione precipitò.
Il signor Brunner, che un attimo prima era davanti al museo, sbucò con la sua sedia a rotelle sulla soglia della sala, con una penna in mano.
– Orsù, Percy! – gridò, e mi lanciò la penna.
La Dodds si avventò contro di me.
La schivai, gridando dalla paura, e sentii gli artigli che fendevano l’aria a pochi centimetri dal mio orecchio. Agguantai la penna al volo, ma quando toccò la mia mano non era più una penna. Era una spada, la spada di bronzo del signor Brunner!
La Dodds si voltò verso di me con uno sguardo assassino negli occhi. Avevo le ginocchia di gelatina e le mani mi tremavano così tanto che per poco non feci cadere la spada.
– Muori, dolcezza! – ringhiò lei, e con un battito di ali mi venne addosso.
Una scarica di terrore assoluto mi scosse il corpo. Feci l’unica cosa che mi venne naturale: sferrai un colpo di spada.
La lama metallica la colpì sulla spalla, trapassandola come se fosse fatta d’acqua. Swish!
La Dodds diventò come un castello di sabbia vicino a un ventilatore: esplose in una nube di polvere gialla, volatilizzandosi all’istante e lasciandosi dietro un gran puzzo di zolfo, uno stridulo grido di morte e un gelo malevolo nell’aria, come se quei due occhi incandescenti mi stessero ancora fissando.
Ero solo.
adatt. da Rick Riordan, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo. Il ladro di fulmini, Mondadori