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L'EUROPA DEI PELLEGRINAGGI
 

San Benedetto e la regola monastica



Benedetto, fondatore di uno degli ordini monastici più noti, nacque a Norcia (in Umbria) probabilmente nel 480. Fu mandato a Roma per studiare ma, disgustato dalla vita dissoluta della città, abbandonò gli studi e, «deliberatamente ignorante e saggiamente privo di istruzione», si ritirò in solitudine vicino a Subiaco, sulle colline della Sabina, dove visse in una grotta per tre anni. In questo periodo un monaco di un monastero vicino lo nutrì e lo istruì nelle pratiche della vita ascetica. Presto si unirono a lui alcuni discepoli, che cominciarono a condividere la sua vita; egli li organizzò in gruppi di dodici, con un abate a capo di ogni gruppo. Successivamente Benedetto si trasferì sul Monte Cassino (sulla via Latina a metà strada fra Roma e Napoli) e costruì un monastero per la comunità religiosa che diresse fino alla sua morte, avvenuta tra l’anno 546 e il 550.
La Regola di san Benedetto è nota in particolare per il precetto «ora et labora» che significa «prega e lavora», che nobilita il lavoro manuale a opera meritoria nei confronti di Dio.
Il passaggio del testo della Regola scritta da san Benedetto (che descrive ogni aspetto della vita dei monaci del suo ordine) recita così: «L’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore e in altre, pure prestabilite, allo studio della parola di Dio. Quindi pensiamo di regolare gli orari di queste due attività fondamentali nel modo seguente: […] lavorino secondo le varie necessità fino alle 9; dalle 9 fino all’ora di Sesta si dedichino allo studio della parola di Dio. Dopo l’Ufficio di Sesta e il pranzo, quando si alzano da tavola, riposino nei rispettivi letti in assoluto silenzio e, se eventualmente qualcuno volesse leggere per proprio conto, lo faccia in modo da non disturbare gli altri. Si celebri Nona con un po’ di anticipo, verso le 14, e poi tutti riprendano il lavoro assegnato dall’obbedienza fino all’ora di Vespro. Ma se le esigenze locali o la povertà richiedono che essi si occupino personalmente della raccolta dei prodotti agricoli, non se ne lamentino, perché i monaci sono veramente tali quando vivono del lavoro delle proprie mani come i nostri padri e gli Apostoli.»

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