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CorpoWinston Churchill da giovane.
Nato nel 1874, Winston Leonard Spencer Churchill raggiunse inizialmente la notorietà come giornalista e corrispondente di guerra. Infatti, partecipò a varie campagne militari in India e alla guerra condotta dall’esercito britannico in Sudan, nel 1898; due anni dopo, durante il conflitto anglo-boero, venne fatto prigioniero, ma riuscì a evadere. Nel 1900 fu eletto alla camera dei comuni tra i conservatori, ma dopo quattro anni passò nelle file dei liberali. Durante la prima guerra mondiale, fu primo Lord dell’ammiragliato, cioè responsabile della gestione della marina militare. Il 2 novembre 1914, il governo dell’impero ottomano decise di entrare in guerra dalla parte degli imperi centrali, contro Inghilterra, Francia e Russia. Nel 1915, Churchill si illuse di porre rapidamente fine al nuovo scenario bellico mediorientale, con un attacco frontale contro Istanbul. Le truppe inglesi sbarcarono a Gallipoli (nella Turchia europea), ma non riuscirono a proseguire la loro avanzata contro la capitale e infine furono costrette a ritirarsi. Considerato il principale responsabile della disfatta, Churchill fu costretto a dimettersi, ma poi rivestì nuovi incarichi di governo negli anni 1917-1919 (Ministero delle munizioni) e 1919-1921 (Ministero della guerra e dell’aviazione). Sùbito dopo la fine del conflitto, Churchill fu uno strenuo sostenitore nella necessità di un intervento militare energico in Russia, per schiacciare il nuovo governo comunista. Nel 1929, entrò in duro contrasto con il premier Stanley Balwin, disponibile a discutere di un graduale ritiro britannico dall’India, e per circa un decennio non svolse più alcun ruolo attivo nella politica inglese.
Manifesto con la caricatura di Churcill.
Negli anni 1937-1938, la politica estera tedesca subì una forte accelerazione. L’Inghilterra, tuttavia, si mostrò disponibile ad accettare una revisione dei confini tedeschi fissati a Versailles, a patto che ciò non alterasse eccessivamente l’equilibrio politico europeo nel suo complesso. Tale politica, condotta soprattutto dal primo ministro Neville Chamberlain e definita correntemente imagesnte l’espressione appeasement, spinse la Gran Bretagna a svolgere regolarmente un notevole ruolo di freno nei confronti della Francia, che si considerava il vero garante dell’ordine uscito da Versailles, si opponeva a ogni sua modifica, ma da sola non sarebbe stata in grado di opporsi alla Germania. La politica dell’appeasement trovò la sua massima espressione nell’autunno 1938, quando Hitler sollevò la questione dei tre milioni di tedeschi presenti entro i confini della Cecoslovacchia; mentre Churchill era favorevole a tenere un atteggiamento fermo, e al limite a scendere in guerra contro il Terzo Reich, il governo di Londra accettò di trattare, cosicché Mussolini fu incaricato di svolgere un’azione di imageszione nei confronti del dittatore tedesco. Per esaminare la questione fu convocata a Monaco (il 29 settembre 1938) una conferenza a quattro. Ad essa parteciparono Hitler, Mussolini, Chamberlain e Daladier, primo ministro francese; in quella sede si decise, senza interpellare il governo della Cecoslovacchia, che essa doveva cedere al Terzo Reich un territorio di 28 345 km quadrati, popolata da 2 800 000 tedeschi e da un milione di cèchi. Nel discorso pronunciato al suo ritorno da Monaco, Chamberlain proclamò: «Credo che sia la pace per il nostro tempo». Si trattava di un’illusione, basata sull’ipotesi del tutto errata che Hitler fosse un uomo politico tradizionale e che la sua principale aspirazione fosse solo quella (pienamente giustificata, dal punto di vista inglese) di permettere alla Germania di contare di più in Europa.
Winston Churchill nel giugno 1944.
Nel 1938, gli statisti britannici caddero in un clamoroso equivoco pensando che, in ultima analisi, Hitler desiderasse come loro mantenere la pace in Europa; l’obiettivo finale del Führer, invece, era fin dall’inizio la conquista degli immensi spazi orientali: le sue mosse politiche non tendevano ad una riorganizzazione, su basi più eque e razionali di quelle poste a Versailles, dell’equilibrio internazionale. La sua meta ultima era la creazione di un vasto impero continentale, che nei piani di Hitler avrebbe dovuto essere il corrispettivo dell’egemonia marittima e coloniale della Gran Bretagna. Nel 1939, Hitler aggredì la Polonia e la Gran Bretagna fu comunque costretta a combattere quella guerra che aveva cercato il più possibile di evitare. Nella primavera del 1940, l’esercito tedesco sbaragliò le forze inglesi e francesi in Francia. Hitler offrì la pace alle due potenze sconfitte dalla sua guerra lampo. Il 10 maggio, tuttavia, Winston Churchill, il più fiero avversario, prima dello scoppio della guerra, della politica di appeasement condotta da Chamberlain, era diventato primo ministro. Consapevole di rappresentare il sentimento comune del popolo inglese, il governo respinse l’offerta hitleriana e si preparò a resistere a un conflitto che si profilava lungo e difficile.
Il segretario di stato John Foster Dulles (a destra, sulla sedia a rotelle) con Winston Churchill e il presidente Eisenhower. Maggio 1959.
Il 14 agosto 1941, Churchill e Roosevelt si incontrarono su una nave da guerra americana nella baia di Placenta, al largo di Terranova, e stesero insieme un documento programmatico noto come Carta atlantica. Nell’ispirazione di fondo, il testo riprendeva i 14 punti lanciati da Wilson nel gennaio 1918, e quindi proclamava che tutti i popoli - sconfitto il nazismo – dovevano recuperare la sovranità e l’indipendenza eventualmente perdute oltre an essere liberi di scegliersi la forma di governo sotto la quale intendevano vivere. Inoltre, contro il progetto tedesco e giapponese di costruire delle vaste aree economiche protette, controllate in regime di monopolio da un’unica potenza imperiale egemone, l’articolo quarto della Carta proclamava solennemente che «tutti i paesi, grandi e piccoli, vincitori e vinti», a guerra finita avrebbero avuto «accesso, in condizioni di parità, ai commerci e alle materie prime mondiali necessarie alla loro prosperità economica». Questo principio poteva in realtà essere gradito solo agli Stati Uniti, preoccupati di allargare il ventaglio dei mercati utili per le loro esportazioni; preso alla lettera, l’articolo quarto della Carta atlantica sopprimeva tutti i vantaggi doganali e le condizioni preferenziali di cui godeva l’Inghilterra all’interno del Commonwealth e quindi metteva in discussione le basi stesse dell’esistenza dell’impero britannico. In pratica, anche in caso di vittoria, l’equilibrio internazionale si sarebbe spostato a vantaggio degli Stati Uniti e la Gran Bretagna non sarebbe più stata una potenza di pari livello, ma sarebbe scivolata al rango di Juniorpartner degli USA.
Winston Churchill, Franklin D. Roosvelt e Joseph Stalin in posa alla conferenza di Yalta nel 1945.
Al momento dell’invasione dell’URSS (22 giugno 1941), Churchill dichiarò in un discorso pubblico che il suo giudizio negativo sul comunismo non poteva mutare; tuttavia, date le circostanze, e dato che l’obiettivo prioritario dell’Inghilterra era «distruggere Hitler e ogni traccia di nazionalsocialismo», il governo inglese avrebbe sostenuto in ogni modo possibile la lotta del popolo russo: «Chiunque combatte il nazionalsocialismo ha il nostro aiuto: chiunque marcia con il nazionalsocialismo è nostro avversario». Churchill guardò sempre con diffidenza nei confronti dell’alleato sovietico. Tuttavia, accettò di condurre fino in fondo la guerra contro Hitler e non prese mai in considerazione l’idea di una pace separata con la Germania. Il 4 febbraio 1945, i Tre Grandi (Roosevelt, Churchill e Stalin) si riunirono a Yalta, in Crimea. Dal punto di vista militare, la situazione era decisamente favorevole: malgrado la disperata resistenza delle ultime armate tedesche, la capitolazione della Germania era ormai solo una questione di tempo. Proprio per questo, tuttavia, si apriva una fase radicalmente nuova nei rapporti fra i tre partners della coalizione anti-Hitler, nel senso che si doveva cominciare a riflettere sul futuro assetto dell’Europa post-bellica. A Yalta, i Tre Grandi cercarono di giungere a un compromesso; gli anglo-americani ottennero che in Polonia e in tutti gli altri paesi liberati dalle armate antinaziste fossero indette libere elezioni, sulla base del principio del «diritto di tutti i popoli a scegliere la forma di governo sotto cui vivere».
Winston Churchill accompagnato dalla moglie a South Woodford. Ottobre 1951. Tre settimane più tardi sarà eletto primo ministro.
Alla conferenza di Yalta, del febbraio 1945, non fu affatto deciso (come spesso si afferma) che l’Europa sarebbe stata divisa in due grandi sfere di influenza: al contrario, la Dichiarazione sull’Europa liberata, sottoscritta da tutti e tre i partecipanti all’incontro, lasciava ampio spazio all’autodecisione dei popoli e alla loro possibilità di darsi, tramite libere elezioni, governi rispondenti alla loro effettiva volontà. La realtà fu molto diversa, in quanto – ignorando la dichiarazione firmata anche dall’URSS a Yalta – Stalin decise di procedere alla sovietizzazione di tutta l’area occupata dall’Armata Rossa durante la sua vittoriosa avanzata: un immenso impero che comprendeva più di 6 430 000 km quadrati, pari a quasi il 62% dell’intero continente europeo. Il 15 marzo 1946, parlando a Fulton, nel Missouri, nel corso di una cerimonia cui era presente il presidente Truman, Winston Churchill disse - alludendo all’imposizione forzata del comunismo nell’Europa dell’Est - che «una cortina di ferro» si era stesa sulle regioni orientali del continente. Col suo discorso, lo statista inglese si era proposto di scuotere l’America, cioè di impedire un ritorno degli USA a una politica di isolamento (come era accaduto negli anni Venti e Trenta) e di mostrare che, in Europa, il pericolo comunista non era affatto meno grave di quello nazista appena sconfitto. Quello di Churchill, in pratica, era un appello affinché gli Stati Uniti continuassero a impegnarsi attivamente in Europa, in modo da bilanciare la crescente potenza sovietica.
Sir Winston Leonard Spencer Churchill (1874 - 1965) fotografato il 30 luglio 1964.
Dal 1945 al 1951, Churchill fu all’opposizione, mentre il governo fu guidato dai laburisti: l’elettorato inglese ebbe timore che il leader conservatore non fosse sufficientemente sensibile alle esigenze delle classi sociali più povere e quindi facesse gravare, in prevalenza, sui lavoratori e sulla classe operaia l’immenso peso della ricostruzione post-bellica. In questo periodo, Churchill scrisse il suo capolavoro letterario, La seconda guerra mondiale, che gli portò il premio Nobel per la letteratura nel 1953.
Churcill tornò al potere dal 1951 al 1955 e non osò smantellare la maggior parte delle riforme sociali introdotte dai laburisti. Nel 1955 si ritirò dalla vita politica e morì nel 1965.
Il giovane Churchill
Churchill, il combattente inglese
Leadership e carisma nel Novecento
Churchill nel giugno 1944
Dulles, Churchill ed Eisenhower
Churchill, Roosvelt e Stalin a Yalta