I volti del potere
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Gabriele D’Annunzio.

Nato a Pescara nel 1863, Gabriele D’Annunzio raggiunse la notorietà nazionale con il romanzo Il piacere, pubblicato nel 1889. In tale opera, l’autore dichiarava di essere affascinato dalla bellezza, ma per sua natura essa non poteva essere universalmente apprezzata e tanto meno risultare alla portata di tutti. D’Annunzio si comportò sempre come un aristocratico, un essere eccezionale e diverso dagli altri uomini: innanzi tutto, voleva distinguersi dalla massa, verso cui nutriva un profondo disprezzo, e fare della propria vita un’ opera d’arte, un pezzo unico, qualcosa di inimitabile. Inevitabilmente, quindi, D’Annunzio tendeva a diventare un personaggio pubblico, che non poteva – a differenza dell’intellettuale tradizionale – restare chiuso nel proprio studio o in aula scolastica. Nel 1897, fu eletto deputato e assunse posizioni di estrema destra, antisocialiste, di difesa a oltranza della proprietà privata e dell’ordine sociale esistente. Nel 1900, tuttavia, compì un gesto clamoroso; al grido di: «Come uomo d’intelletto, vado verso la vita», passò in modo plateale dai banchi dell’estrema destra a quelli dell’estrema sinistra. In quel momento, si stava consumando in parlamento il momento più critico della cosiddetta crisi di fine secolo, provocata dal fatto che il generale Luigi Pelloux, in qualità di presidente del consiglio, aveva presentato alla camera una serie di leggi eccezionali che proibivano lo sciopero degli operai addetti a un pubblico servizio, affidavano ai prefetti la facoltà di sciogliere o di impedire le riunioni tenute all'aperto e limitavano la libertà di stampa. D’Annunzio vide giustamente in quelle leggi delle gravi limitazioni alla libertà individuale, e con il suo gesto espresse la sua contrarietà, schierandosi (temporaneamente) con tutti coloro che si opponevano alla loro approvazione.
Gabriele D’Annunzio
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