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CorpoAnziana donna con la stella.
Uno dei tratti più tipici del campo di Auschwitz era la cosiddetta selezione, in virtù della quale coloro che erano considerati idonei al lavoro erano condotti in lager, mentre chi era giudicato debole o malato era inviato direttamente ad uno dei quattro grande crematori del campo di Birkenau.
Dalle testimonianze dei sopravvissuti e dalle fotografie scattate dai nazisti agli ebrei ungheresi nell’estate 1944, emerge che le donne, nell’ambito di tale selezione, furono penalizzate in maniera molto più forte dei maschi. Questo valeva anche per le donne giovani e forti, che infatti si vedono molto spesso sia nelle fotografie; o meglio, valeva in tutti i casi in cui quelle persone, pur essendo effettivamente abili al lavoro, erano delle madri, con uno o più bambini al seguito.
Ebrei ungheresi, appena scesi dal treno al campo di Auschwitz II, attendono la selezione che avrebbe indirizzato i più robusti ai lavori forzati, gli altri direttamente alle camere a gas.
I nazisti non si fidavano a separare i bimbi dalla loro mamma sulla banchina ferroviaria: temevano che scoppiassero delle scenate e che si verificassero delle crisi isteriche, che avrebbero provocato caos e disordine. Di qui la decisione di inviare tutti in gas, i figli e le madri; il che ci spinge a riflettere per l’ennesima volta su alcuni caratteri specifici della deportazione razziale nazista, ovvero a sottolineare che la soluzione finale fu condotta all’insegna dello spreco e che l’obiettivo dell’eliminazione totale della razza ebraica in Europa fu sempre anteposto a ogni considerazione di razionale sfruttamento economico della manodopera.
Donne e bambini entrano nel cortile del crematorio II di Auschwitz.
Le madri selezionate sulla banchina non ebbero alcuna facoltà di scelta. Decisamente diverso il caso delle madri deportate dal ghetto di Theresienstadt, detenute nel cosiddetto campo delle famiglie di Birkenau. Esse infatti, dopo che in un primo tempo avevano potuto tenere con sé i propri figli, nel giugno 1944, allorché i nazisti decisero di liquidare quel sottocampo, ricevettero un invito esplicito a separarsi da loro. In pratica, quelle madri sapevano che, se avessero abbandonato i loro bambini e avessero accettato il trasferimento in una squadra di lavoro, avrebbero avuto qualche speranza di sopravvivere. Malgrado ciò, su circa 600 donne interpellate, solo due scelsero di allontanarsi dai propri figli: tutte le altre li seguirono nelle camere a gas.
Donne selezionate per il lavoro coatto ad Auschwitz.
Tra le deportate internate nei lager di Auschwitz, un discorso a parte dev’essere fatto per le cosiddette detenute per scopi sperimentali, cioè le prigioniere scelte per sperimentare i metodi di sterilizzazione di massa che i nazisti pensavano di poter applicare su larga scala, a guerra finita, nei confronti dei popoli slavi.
Dopo un’apposita conferenza al vertice tenutasi il 7-8 luglio 1942, Himmler affidò l’incarico di trovare il sistema ottimale al dottor Carl Clauberg, primario del reparto di Malattie femminili presso l’ospedale di Chorzow. Clauberg iniziò il suo lavoro ad Auschwitz alla fine del 1942, nella baracca numero 30 del campo femminile di Birkenau. Nell’aprile dell’anno seguente, il comandante Hoess gli mise a disposizione una parte del blocco 10 del campo di Auschwitz I, ove vennero alloggiate, di volta in volta, dalle 100 alle 400 deportate ebree di varie nazionalità. Il metodo di Clauberg consisteva nell’introdurre una sostanza chimica irritante, capace di bloccare il funzionamento delle ovaie.
Un programma parallelo a quello di Clauberg fu portato avanti dal dottor Horst Schumann, che operò nella medesima baracca 30 del campo femminile di Birkenau, ma si serviva delle radiazioni dei raggi X, utilizzando materiale fornito dalla ditta Siemens. I dati relativi al numero delle persone sottoposte agli esperimenti di Clauberg e Schumann (che, però, operò anche su soggetti maschi) è discusso: alcune centinaia, secondo alcuni ricercatori, più di mille secondo altri.
Anziana donna ebrea
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