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CorpoStudenti di medicina assistono a un'autopsia presso la Scuola femminile di medicina di Philadelphia, marzo 1911.
I primi decenni del Novecento videro il graduale allargamento dell’istruzione femminile e il progressivo inserimento di donne ai più alti vertici della cultura e della ricerca scientifica. Il fenomeno è precocemente visibile soprattutto in Germania e investì in primo luogo giovani di famiglia ebraica: nel 1925, più di un quinto delle 1500 tedesche laureate in medicina erano ebree. Si pensi poi, nel campo della filosofia, a figure come Edith Stein (1891-1942) e Hanna Arendt (1906-1975), che furono assistenti, rispettivamente, di Edmund Husserl e di Martin Heidegger.
Nel campo della fisica, si distinsero invece l’austriaca Lise Meitner (1878-1968), che fu tra le prime ragazze a giovarsi dell’abolizione del divieto di accesso per le donne all’università, revocato nel 1909, e Marie Curie (1867-1934), che si trasferì dalla Polonia a Parigi, proprio per poter proseguire gli studi fino ai più alti livelli, e infine fu la prima donna ad insegnare alla Sorbona. Alla Curie si deve la scoperta della radioattività, mentre la Meitner fu tra i primi scienziati a comprendere il fenomeno della fissione nucleare.
Alunni con la divisa dell’Opera nazionale Balilla.
Un manuale di comportamento pubblicato in Italia, nel 1905, scriveva: «Se proprio la previdenza e l’avvenire della fanciulla non lo richiedono, non la su mandi a scuola o si cessi di mandarla quando avrà raggiunto i quattordici anni».
L’Italia del primo decennio del Novecento, del resto, è terra di analfabetismo: secondo alcuni studiosi, era analfabeta il 47% degli italiani, ma il dato femminile era molto più alto. In quello stesso anno, operavano sul territorio nazionale 62 643 maestre, ma nei decenni seguenti l’istruzione femminile fu notevolmente ostacolata e limitata. Nel 1926, Mussolini vietò alle donne l’insegnamento dell’Italiano, del Latino, del Greco, della Storia e della Filosofia nei Licei: secondo l’opinione del Duce, l’istituzione destinata a preparare la futura classe dirigente non avrebbe potuto svolgere degnamente il suo ruolo, se il personale docente fosse stato femminile nelle discipline ritenute più importanti e più formative. Nel 1929, per scoraggiare ulteriormente la frequenza scolastica femminile, le tasse d’iscrizione alla scuola images e all’università furono elevate, per le donne, del 30 e del 50%.
Africo, Calabria: bambini e bambine a scuola, 1948.
Nel secondo dopoguerra, la situazione dell’istruzione in Italia era ancora decisamente critica.
Nel 1951, vi erano ancora 13 analfabeti ogni 100 abitanti della Repubblica. Nel 1961 fu aperto l’accesso alle facoltà universitarie scientifiche anche ai diplomati degli istituti tecnici; nel 1962, una riforma ancora più importante introdusse l’obbligo scolastico fino a 14 anni e trasformò la scuola images inferiore. In passato, subito dopo la quinta elementare, molti ragazzi venivano avviati verso una formazione di tipo professionale, mentre solo una minoranza di bambini, che in genere provenivano da famiglie borghesi, frequentava la scuola vera e propria, la sola che desse in seguito accesso ai gradi superiori dell’istruzione.
Esercizi pratici di apprendimento in una scuola montessoriana. Per i grandi è la punizione per eccellenza, per queste bambine di Berlino pelar patate è un gioco, 1920.
Con la riforma del 1962, fu introdotta in Italia la cosiddetta Scuola images unica, identica e obbligatoria per tutti i ragazzi/e, che avrebbero dunque potuto compiere le proprie scelte di tipo culturale e professionale tre anni più tardi rispetto al passato. Da quel momento, anche le bambine e le ragazze frequentarono in massa le elementari e le medie inferiori; nel decennio seguente, si iscrissero in numero crescente alle scuole superiori e all’università: se nel 1961 le diplomate erano 870 000, nel 1991 erano diventate 5 milioni. Alla fine del secolo scorso, il numero di ragazze laureate è arrivato a superare quello dei maschi.
Maria Montessori fra i bambini di una sua scuola di Londra. Nata nel 1870 a Chiaravalle di Ancona, fu una delle prime donne medico in Italia. Cent'anni fa la grande pedagoga apriva a Roma la prima "casa dei bambini". Era il laboratorio di insegnamento che rovesciava il rigido modello educativo del tempo e che avrebbe fatto scuola in tutto il mondo.
Maria Montessori (1870-1952) è stata una delle figure più interessanti dell’universo femminile italiano del Novecento. Del resto, nel 1913, il giornale statunitense New York Tibune la presentò come the most interesting woman in Europe. Innanzi tutto va ricordato che fu una delle prime donne a laurearsi in medicina (nel 1896) in un’università del Regno d’Italia. Cominciò ad occuparsi di problemi educativi dopo che, in qualità di medico, si dedicò alla cura di bambini con problemi psichici, per i quali cercò adeguati strumenti di recupero sociale.
Applicando il nuovo metodo a tutti i bambini, la Montessori diede vita ad un nuovo movimento pedagogico che trovò espressione nelle cosiddette Case dei bambini. A fronte del tradizionale modello educativo autoritario, il metodo montessoriano insisteva sulla libertà e sulla creatività del bambino, che doveva essere lasciato libero di esprimersi, fino a che, da solo, non avesse compreso che le regole e le norme facilitano la convivenza tra le persone e ne migliorano la qualità.
Bambini indaffarati nell'aula di una scuola montessoriana negli Stati Uniti, 1912.
Il metodo pedagogico proposto da Maria Montessori partiva dal presupposto secondo cui il bambino era un soggetto diverso dall’adulto, con proprie peculiari esigenze e caratteristiche, che l’educatore doveva accettare e rispettare.
Nella realtà italiana del primo Novecento, invece, l’infanzia non esisteva o durava molto poco, nel senso che, nelle famiglie di basso ceto sociale, molto precocemente ragazzini e ragazzine erano avviati precocemente al mondo del lavoro, per contribuire alla sopravvivenza delle famiglie stesse.
Molto spesso, le bambine erano incaricate di accudire i fratellini più piccoli o di svolgere i lavori domestici, insieme o al posto della madre. In altri casi, non appena acquisita la giusta manualità, le ragazze erano avviate al lavoro di sarte o ricamatrici, attività molto faticose (nel 1911, la giornata lavorativa era di 10 ore, sei giorni su sette) e sottopagate.
Studentesse di medicina
Donne e istruzione nel Novecento
L'età dei diritti: le donne tra Novecento e Duemila
Alunni con divisa Balilla