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CorpoUn gruppo di nazisti presidia una strada di Monaco durante il fallito tentativo di colpo di stato del 9 novembre 1923: al centro è riconoscibile Heinrich Himmler, che nel regime hitleriano sarà il capo delle SS e della Gestapo, la polizia politica.
Adolf Hitler nacque nel 1889 a Braunau am Inn, una cittadina austriaca a pochi km dal confine con la Germania; a diciott’anni, nel 1907, si era trasferito a Vienna per sostenere l’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti. Respinto per due volte, rimase nella capitale dell’impero asburgico fino al maggio 1913, allorché fuggì a Monaco per evitare il servizio militare.
Scoppiata la guerra, si arruolò volontario nell’esercito tedesco. Dopo aver partecipato a varie battaglie, essere stato ferito e decorato, ricevette la notizia della resa tedesca mentre era ricoverato nell’ospedale militare di Pasewalk, in Prussia orientale. Nella sua autobiografia, dice che subito dopo aver appreso, in ospedale, a Pasewalk, le modalità della disfatta tedesca, decise di dedicarsi all’attività politica. In realtà, la decisione fu presa in modo graduale, a Monaco, negli anni 1919-1920.
Hitler tornò in Baviera il 21 novembre 1918. Per diversi mesi si tenne in disparte, preoccupato solo di ritardare il proprio congedo, visto che il servizio militare era il suo primo vero e stabile impiego. Dapprima Hitler fu impiegato dall’esercito come propagandista anti-bolscevico, con il compito di convincere le truppe a non sostenere mai più, in futuro, alcun tentativo rivoluzionario. Questo tirocinio di oratore militare fu un’esperienza fondamentale: per la prima volta, Hitler scoprì di avere un grande talento. Nei suoi discorsi politici finalizzati a nazionalizzare le truppe (l’espressione è dello stesso Hitler), si soffermava su problemi economici, sulla prima guerra mondiale, sul trattato di pace che gli Alleati avevano imposto alla Germania. Trattando di tutti questi problemi, l’accento di Hitler cadde sempre più spesso sulle colpe e le responsabilità degli ebrei, complice anche un ambiente – quello bavarese – quanto mai recettivo nei confronti di questo tema.
Manifesto elettorale nazista che invita il popolo tedesco a votare Hitler per avere "lavoro e pane".
Il 12 settembre 1919, le autorità militari ordinarono a Hitler di recarsi alla birreria Sternecker di Monaco, per assistere a una riunione di un piccolo gruppo nazionalista, denominato Partito dei lavoratori tedeschi. A quell’epoca, l’organizzazione era minuscola e del tutto insignificante. Hitler comunque iniziò ad appassionarsi al dibattito, decise di iscriversi al Partito e ben presto entrò nel piccolo comitato direttivo. A seguito della sua insistenza, le riunioni vennero ampiamente pubblicizzate; inoltre, grazie al suo talento oratorio, i consensi iniziarono a crescere.
Il 24 febbraio 1920, Hitler riuscì a organizzare una vera riunione politica, cui parteciparono circa 2000 persone. In quella sede fu presentato un programma politico in 25 punti, che mescolava elementi antisemiti, nazionalisti e persino socialisti, visto che si chiedeva, ad esempio, «la statalizzazione di tutte le imprese a carattere monopolistico». In quel testo, gli unici obiettivi chiaramente illustrati erano due: la soppressione dei duri trattati di pace imposti dai vincitori e la volontà di cancellare lo Stato liberale. Una settimana dopo, la DAP cambiò il proprio nome in Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori ( Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, o NSDAP) e adottò come proprio emblema la croce uncinata.
Il manifesto per le elezioni presidenziali del 1932 ha questo slogan: "La nostra ultima speranza: Hitler". I tedechi, schiacciati dalla crisi e dalla disoccupazione, votarono in massa per il leader del nazismo.
Il movimento nazista salì alla ribalta nazionale per la prima volta nel 1923.
Il 9 novembre, approfittando del caos provocato dalla grande inflazione, Hitler tentò un colpo di stato in Baviera: il suo obiettivo era di conquistare il potere in quel distretto, in modo da poter poi organizzare una sorta di marcia su Berlino (sul modello della marcia su Roma fascista) di tutte le forze di opposizione di estrema destra. Il colpo di stato fallì miseramente. Eppure, per Hitler, si trattò ugualmente di un successo, visto che, per la prima volta, il suo nome e quello del suo partito divennero noti, al di fuori dell'ambiente bavarese, al grande pubblico dell’intera Germania.
Hitler fu processato per alto tradimento e, infine, condannato a scontare cinque anni di carcere nella fortezza di Landsberg, in Baviera. Qui, nel luglio del 1924, prese a scrivere la prima parte - prevalentemente autobiografica - di un libro intitolato Mein Kampf (La mia battaglia), che avrebbe completato nel 1925. Si tratta di un’opera in cui si trovano poche e semplici idee; esse, però, sono tutte ben coordinate tra loro, in modo da formare un complesso ideologico organico e coerente, al quale Hitler restò fedele sino alla morte.
Il concetto centrale, su cui Hitler sarebbe tornato più volte in Mein Kampf, può essere espresso imagesnte l’espressione bolscevismo giudaico. Per Hitler, i marxisti sono solo delle marionette, dei burattini. I veri registi del movimento comunista sono gli ebrei, che sfruttano il malcontento operaio per scatenare rivoluzioni, al termine delle quali essi, e solo essi, saranno al vertice del potere. In alcuni passi del Mein Kampf, Hitler menziona esplicitamente Mussolini e afferma di averlo ammirato per la radicalità con cui, nel suo paese, si è opposto al comunismo. Sotto questo profilo, è innegabile un legame di affinità con il fascismo italiano. Tuttavia, mentre l’antisemitismo fu, del fascismo, una componente alquanto tardiva, nel caso di Hitler esso fu sempre, e fin dall'inizio, l’elemento centrale e decisivo della sua concezione del mondo.
Gruppo di giovani guarda con adorazione il Führer.
Secondo Hitler, esisterebbe una razza, quella ariana, corrispondente in pratica agli europei di pelle chiara, che possederebbe caratteristiche superiori a quelle di tutte le altre e, di conseguenza, sarebbe in diritto di dominarle. «Su questa terra - scrive Hitler nel Mein Kampf - la cultura e la civiltà umana sono indissolubilmente legate alla presenza dell'uomo ariano. La sua morte o il suo tramonto stenderebbero nuovamente sul nostro pianeta i veli oscuri di un'epoca priva di civiltà». Solo l’ariano, dunque, può a buon diritto portare - secondo Hitler - il nome di uomo ed essere considerato il fondatore della cultura umana. L’ebreo, viceversa, vuole distruggere quanto l’ariano produce, e in questa sua opera di demolizione si serve di vari strumenti. Il principale è il marxismo; ma poiché la dottrina comunista non può penetrare (in virtù della loro intelligenza e della loro nobiltà d'animo) all’interno di una comunità di ariani, chi voglia diffonderla presso quel popolo deve prima di tutto inquinarlo e imbastardirlo dal punto di vista razziale, privandolo della sua originaria purezza. Infatti, per Hitler, «ogni incrocio tra due esseri di ineguale valore dà come prodotto un termine medio tra il valore dei due genitori». Così, secondo Hitler, gli ebrei da un lato cercano in ogni modo di abbassare il livello della purezza razziale del popolo che vogliono conquistare, e dall’altro diffondono (in questa popolazione ormai privata delle sue migliori facoltà intellettuali e spirituali) il marxismo, che permetterà infine alla razza ebraica di ottenere il potere supremo. Ma, per Hitler, se fosse accaduto, ciò avrebbe significato la completa estinzione del genere umano, che ai suoi occhi - non lo si dimentichi - coincideva con la razza ariana: «Se l'ebreo, con l’aiuto del credo marxista, vince i popoli di questo mondo, allora la sua corona sarà la corona funebre dell'umanità, allora questo pianeta, come milioni di anni fa, solcherà l'etere senza uomini... Perciò oggi sento di agire nel segno dell'onnipotente creatore: difendendomi dall'ebreo lotto per l'opera del Signore» (A. Hitler).
Giovani hitleriani ascoltano attenti l’abituale messaggio radiofonico del führer indirizzato al popolo tedesco. Si trattava di un appuntamento settimanale obbligatorio per la Hitlerjugend.
Nell’ottobre 1929, la Germania fu investita dalle conseguenze della grande crisi economica esplosa negli Stati Uniti. Non appena le grandi banche americane ritirarono i capitali che avevano investito in Germania, il paese sprofondò imimagestamente nel caos e nella confusione. La produzione industriale, ad esempio, subì un calo del 46,7% rispetto alla situazione precedente la crisi, mentre i disoccupati passarono da 1 320 000 (nel 1929) a circa 3 milioni (nel 1930), per giungere infine a 6 milioni circa nel 1932. Il primo risultato di questa nuova situazione drammatica fu la repentina crescita dei comunisti, che alle elezioni del 14 settembre 1930 ottennero più di 4 milioni di voti e 77 seggi; a Berlino, in particolare, essi furono in assoluto il partito che raccolse più suffragi. Moltissimi disoccupati, tuttavia, preferirono votare per il partito di Hitler, che nel contempo era sostenuto anche da gran parte del ceto medio e quindi ottenne sei milioni e mezzo di voti (passando improvvisamente dal 2,6 al 18,3% dei suffragi, cioè da 12 a 107 deputati). Alle elezioni del 31 luglio 1932, i comunisti ricevettero 5 250 000 voti e 89 seggi; il partito nazista, però, li superò nettamente, ottenendo 13 745 000 consensi (pari al 37,2% e a 230 seggi).
Foto simbolo dell'ascesa di Hitler, attorniato dai suoi fedeli, con i rituali simboli e bandiere del nazismo.
Il 30 gennaio 1933, in virtù dei successi elettorali ottenuti l’anno precedente, Adolf Hitler fu nominato cancelliere dal Presidente della Repubblica, l’anziano generale Paul von Hindenburg. Quello che Hitler iniziò a presiedere, in realtà, era un governo di coalizione; oltre al cancelliere, soltanto due erano i ministri appartenenti alla NSDAP: gli altri erano dei conservatori, legati in vario modo al mondo dell’industria o dell’aristocrazia agraria.
La borghesia e i grandi proprietari terrieri non avevano sentimenti particolarmente favorevoli nei confronti della democrazia, per cui non si opposero al fatto che al cancellierato venisse nominato un uomo che, apertamente, aveva più volte minacciato e promesso la distruzione del regime parlamentare. D’altra parte, i conservatori speravano che i successi elettorali del movimento nazista fossero solo un fenomeno provvisorio e di breve durata, legato alla crisi economica. Hitler dunque arrivò al governo per vie legali, ma in posizione di debolezza. L’occasione per trasformare il potere in una dittatura illimitata e definitiva gli fu offerta dall’incendio del Reichstag (= Parlamento). Quasi certamente, l’attentato fu messo in opera dai nazisti stessi; nella loro propaganda, tuttavia, essi addossarono la responsabilità di quel grave episodio ai comunisti, cosicché il 28 febbraio (il giorno seguente l'incendio) il presidente emanò un decreto che permise di eliminare, con una parvenza di legalità, ogni forma di opposizione.
Due scultori lavorano all’emblema ufficiale del congresso del partito nazista che dovrà decorare la facciata dell’Opera di Norimberga. Settembre 1935.
Il 23 marzo 1933, il cancelliere propose al Reichstag di votare una legge che, di fatto, consegnava al governo tutti i poteri: in effetti, secondo il progetto di legge presentato da Hitler, il governo da allora in poi avrebbe potuto emanare leggi; anzi, tale normativa promulgata dall’esecutivo avrebbe potuto addirittura scostarsi dal testo della Costituzione. Al governo, inoltre, era concessa la completa facoltà di stipulare trattati internazionali senza che essi dovessero ricevere la ratifica parlamentare. Così facendo, sarebbe stata soppressa la separazione dei tre poteri fondamentali dello stato (legislativo, esecutivo e giudiziario) tipica del liberalismo. Solo il Partito socialdemocratico, in parlamento, osò votare contro la legge dei pieni poteri; tutti gli altri (il Partito comunista, però, non era più rappresentato al Reichstag, in quanto era già stato dichiarato fuorilegge) l’approvarono, nella speranza che Hitler permettesse loro, almeno, di sopravvivere come forze di opposizione. Tale speranza, però, si rivelò del tutto infondata: il 14 luglio 1933, il processo di conquista del potere fu completato imagesnte l’emanazione di una legge del governo, che trasformava la Germania in uno stato a partito unico e obbligava tutte le altre forze politiche a sciogliersi.
Il processo di concentrazione di tutti i poteri divenne completo nel 1934, allorché Hitler, dopo la morte del presidente Hindenburg, assunse anche il titolo di capo di stato del Reich e poi modificò la formula del giuramento a cui erano vincolati i militari. Da allora in avanti, essi non avrebbero più giurato fedeltà alla patria o alla Costituzione, bensì personalmente ad Adolf Hitler, nella sua qualità di «Führer del Reich e del popolo tedesco».
Adolf Hitler passa in rassegna la guardia d’onore in occasione della visita ufficiale per l’ambasciatore polacco. Marzo 1935.
L’idea che tutti i poteri dovessero essere concentrati nell'unica persona di un Führer (= capo, guida) e che, conseguentemente, il regime parlamentare dovesse essere abolito, era presente fin dall'inizio nella concezione nazista.
Nel Mein Kampf, Hitler affermò che il nazionalsocialismo si distingueva dagli altri gruppi politici proprio in virtù del cosiddetto principio del Führer, secondo il quale tutte le decisioni capitali erano di competenza esclusiva del capo del movimento. Come giustamente scrive G.L. Mosse, «egli era il centro dei miti, dei simboli, e della messa in scena di cui ci siamo già occupati. Questo leader era un capo profetico; era capace di capire il futuro più chiaramente degli altri. Egli era talmente all’unisono con lo spirito della razza da essere in grado di rivelare ciò che era celato nel subconscio di ogni ariano. Il leader così diventava destino incarnato, era tutt’uno con l'anima della razza, sicuro della propria capacità di guidare la razza verso il trionfo».
Hitler, in piedi a bordo di un'automobile, saluta la folla. Fotografia del 1934.
Da chi votò per lui negli anni della disoccupazione di massa, Hitler fu percepito come l’ultima opportunità che si offriva alla nazione: l’estrema speranza cui aggrapparsi, per la resurrezione di una patria umiliata e disperata, che rischiava di affondare nella crisi, dopo aver già subito le drammatiche esperienze della disfatta e della grande inflazione. Alla maggioranza degli elettori tedeschi, il sistema parlamentare apparve del tutto incapace di garantire la sopravvivenza fisica della nazione e di proteggerne l’onore e la dignità. Col passare del tempo, man mano che la situazione economica andò migliorando, Hitler fu percepito come il salvatore della Germania anche da molti che, inizialmente, si erano mostrati scettici nei suoi confronti e non aveva votato per lui. Inoltre, grazie ai rituali e alle adunate di massa, il nazionalsocialismo riuscì ad attenuare l’angoscia e il senso di impotenza che l’inflazione e la crisi economica avevano generato in milioni di persone. Grazie a Hitler e al suo regime, moltissimi individui si sentirono di nuovo protetti, al sicuro e fieri di essere tedeschi: proiettati verso un futuro di prosperità che, sotto la guida del Führer, si sarebbe dischiuso per loro e per i loro figli.
Norimberga, 1934: immensa adunata in occasione del Congresso del Partito nazista. Manifestazioni come questa, ricorrenti nella Germania degli anni Trenta, erano veri e propri riti di massa che rendevano il nazismo simile a una religione.
A milioni di tedeschi sconvolti dalle drammatiche esperienze degli anni 1914-1930, il messaggio di Hitler parve una grande promessa: se l’avessero seguito, sarebbe iniziata per il popolo tedesco un’età completamente nuova (denominata, nel linguaggio nazista, il Terzo Reich o Reich dei mille anni) caratterizzata finalmente dalla stabile presenza di quella prosperità e stabilità che la repubblica democratica non aveva saputo garantire. Come ha ribadito anche George L. Mosse, nel caso del nazionalsocialismo siamo di fronte più a una fede che ad una proposta politica nel senso stretto del termine: Hitler non ottenne consensi su un preciso e realistico programma politico, ma l’assoluta ed entusiastica dedizione di milioni di persone che si affidarono alle sue promesse salvifiche. Tuttavia, nel giro di pochi anni, la maggioranza dei tedeschi assimilò anche gli aspetti più pericolosi del messaggio nazista. Da un numero crescente di cittadini del Terzo Reich, gli ebrei furono giudicati i principali responsabili del male patito dal popolo tedesco: solo la loro completa e definitiva eliminazione avrebbe garantito davvero alla Germania la possibilità di vivere stabilmente nella prosperità e nella serenità che il Reich millenario le avrebbe portato. Nel momento stesso in cui rendeva la speranza, la nuova fede preparava migliaia di persone al massacro di massa.
Adolf Hitler accompagnato da Goebbels in occasione del’inaugurazione dell’esposizione nazista “Giornata d’Arte” a Monaco di Baviera. Questa esposizione comprendeva un percorso lungo 8 km che metteva in scena due millenni di scultrua tedesca. Luglio 1938.
In politica interna, per Hitler, i compiti supremi dello stato (subito dopo l’eliminazione del pericolo ebraico-marxista) erano la difesa della purezza della razza da ogni contaminazione e il suo miglioramento. Pertanto, per esempio, fin dal 14 luglio 1933 fu introdotta in Germania una minuziosa legislazione che imponeva la sterilizzazione forzata degli alcolisti acuti e di tutti coloro che fossero affetti da malattie ereditarie. In politica estera, invece, Hitler affermava che il Volk avrebbe potuto raggiungere una vera e duratura (millenaria) prosperità solo se fosse riuscito a conquistare quello che nel Mein Kampf viene chiamato lo spazio vitale. Con tale espressione, Hitler designava in pratica un impero, capace di fornire al popolo tedesco i mezzi necessari (alimenti e materie prime, ad esempio) per il suo sviluppo. Quanto al territorio in cui lo spazio vitale avrebe dovuto essere trovato, Hitler non ebbe mai dubbi; infatti, rinunciando (o comunque mettendo in secondo piano) a ogni obiettivo coloniale extra-europeo, Hitler si indirizzò fin dall'inizio della sua carriera, e senza mai mutare il proprio orientamento di fondo, verso gli immensi spazi russi, abitati - ai suoi occhi - da popoli razzialmente inferiori rispetto agli ariani, cioè dagli slavi, guidati e manipolati dai marxisti ebrei. Già negli anni Venti, dunque, Hitler aveva messo in conto una guerra offensiva contro l’URSS. L’obiettivo del programma di Hitler era una sorta di gigantesco impero continentale germanico, che comportasse la dominazione del popolo tedesco sulle masse slave, decimate e ridotte a servire, in condizioni di semi-schiavitù, la superiore razza padrona.
Hitler assiste a una parata dell'esercito tedesco, fotografia del 1939.
La seconda guerra mondiale iniziò l’1 settembre 1939, con l’invasione tedesca della Polonia. Dopo una rapidissima campagna militare (facilitata anche dal fatto che lo stato polacco fu, poco più tardi, aggredito anche da Est, dall’Armata Rossa) la Polonia fu obbligata ad arrendersi. Mentre il governo polacco emigrava in Romania, per spostarsi poi definitivamente a Londra e proseguire la guerra, Germania e URSS fissarono il confine delle rispettive zone al fiume Bug.
Il Terzo Reich occupò circa 19 000 km quadrati di territorio polacco, l’URSS i restanti 200 000. Nella zona tedesca, le aree situate più a ovest vennero a tutti gli effetti annesse al Reich. Con queste annessioni delle regioni polacche più occidentali, Hitler si proponeva di riportare la Germania ai confini che l’impero tedesco e quello asburgico avevano prima della disfatta del 1918, un’umiliazione che, nell’immaginario del Führer, restava la grande catastrofe da cancellare. Il resto della Polonia costituì una specie di colonia, che venne denominata governatorato generale e fu assegnata al comando di Hans Frank, presidente dell’associazione dei giuristi nazisti. In tutte le regioni della Polonia occupate dai tedeschi, la condizione dei polacchi fu durissima. Migliaia di persone ritenute ostili e pericolose vennero subito assassinate da speciali reparti di SS (denominati Einsatzgruppen): 12 137, in settembre; altri 4199 fino al 25 ottobre. È possibile che, entro la fine del 1939, siano state eliminate 50 000 persone (in totale). Si trattava di intellettuali o individui che, comunque, si segnalavano per la loro cultura o il loro nazionalismo.
I polacchi furono privati di qualsiasi diritto. In particolare, venne vietata loro qualsiasi forma di istruzione superiore alla conoscenza dell’alfabeto e delle quattro operazioni aritmetiche più elementari. Gli ebrei, invece, furono confinati in quartieri speciali (o ghetti), in attesa di decidere la loro sorte, che nel 1940 non era ancora stata definita con precisione.
Sul balcone dell'ex Cancelleria del Reich, soldati delle forze alleate imitano il saluto hitleriano, 1945.
La seconda guerra mondiale assunse il suo carattere più barbaro e più brutale a partire dal 1941, allorché l’esercito tedesco invase l’Unione Sovietica. Il 30 marzo 1941, Hitler tenne un discorso a 200-250 tra i più alti ufficiali dell’esercito tedesco, per illustrare l’impostazione dell’imminente guerra a oriente. Le frasi seguenti si trovano riportate negli appunti presi dal generale Frank Halder: «Lotta tra due opposte concezioni del mondo. Giudizio distruttivo sul bolscevismo. Equiparato a criminalità sociale. Comunismo, pericolo enorme per il futuro. Si tratta di una lotta di annientamento. Se non la concepiamo così, colpiremo magari il nemico, ma entro trent’anni ci ritroveremo di fronte un nemico comunista. Commissari e adepti della GPU [= la polizia politica sovietica - n.d.r.] sono criminali e così vanno trattati. La lotta sarà assai diversa da quella ad occidente. A oriente bisogna essere spietati oggi per poter essere indulgenti nel futuro». Dunque, nella primavera del 1941, a più riprese il Comando supremo tedesco ricevette precise istruzioni relative al fatto che l’esercito sarebbe stato accompagnato da speciali reparti di SS incaricati di uccidere tutti i commissari politici e gli altri funzionari comunisti che fossero stati catturati dalle truppe, nonché tutti gli ebrei che si trovassero in territorio sovietico. Né va dimenticato il fine ultimo della campagna d’oriente: la conquista dello spazio vitale (Lebensraum) per il popolo tedesco, lo sfruttamento coloniale delle risorse russe e la trasformazione della sua popolazione (o meglio di quanto fosse rimasto di essa dopo una deliberata opera di sterminio di massa) in un’informe moltitudine di schiavi al servizio dei conquistatori.
I progetti di Hitler si infransero nel 1943, dopo la disfatta di Stalingrado. Nella primavera del 1945, la situazione si era del tutto rovesciata, e i russi erano a Berlino. Il 30 aprile, Hitler si tolse la vita, ma nel suo testamento spirituale ribadì la sua concezione razzista e antisemita.
Himmler
Hitler, il Führer del popolo tedesco
Il leader e le masse nei regimi totalitari
Manifesto elettorale nazista
La nostra ultima speranza: Hitler
Esposizione nazista a Monaco
Parata dell'esercito tedesco