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CorpoLenin, intento a leggere nel suo studio, in un quadro degli anni Venti del Novecento.
Al congresso del 1903, il Partito socialdemocratico russo, di ispirazione marxista e membro della Seconda Internazionale, si divise in due correnti. A fronte di una tendenza risultata in un primo tempo minoritaria (e per questo chiamata menscevica), stava l’agguerrita corrente dei cosiddetti bolscevichi ( bolshe = più grande). Mentre i primi incarnavano il marxismo ortodosso, e quindi prevedevano tempi molto lunghi per la rivoluzione proletaria, i bolscevichi erano più radicali e disponibili a soluzioni rivoluzionarie più decise.
La spaccatura era nata a proposito della struttura da dare al partito; poiché miravano, come primo obiettivo, al raggiungimento di una democrazia parlamentare pienamente realizzata (sul modello occidentale), i menscevichi propendevano per un partito ampiamente ramificato, di massa, che costituisse soprattutto un efficiente strumento elettorale una volta che le condizioni russe fossero mutate e fossero state indette libere elezioni. I bolscevichi, all’opposto, erano favorevoli a un partito elitario, composto da un numero ristretto di militanti quanto mai impegnati e determinati. Anzi, come nelle società cospirative del XIX secolo, il nucleo dirigente doveva essere formato da veri e propri rivoluzionari di professione. All’interno del partito, poi, doveva esistere una ferrea disciplina, che solo fino ad un certo punto poteva coniugarsi col dibattito e la critica: dopo che la direzione aveva preso una decisione, tutti i militanti dovevano rispettarla, pena l'espulsione.
Lenin che arringa la folla di operai e soldati che aderivano ai soviet. Il capo dei bolscevichi era un abilissimo oratore.
Il capo della corrente bolscevica del partito socialista russo era Vladimir Il’ic Ul’janov, che dal 1902 aveva assunto lo pseudonimo di Lenin.
Nel 1917, al momento dello scoppio della rivoluzione di febbraio, che aveva provocato l’abdicazione dello zar, Lenin si trovava in esilio a Zurigo. Con mossa ardita e spregiudicata, prese contatto con le autorità militari tedesche e chiese di poter far ritorno in Russia, attraversando la Germania. I tedeschi compresero subito che la presenza in Russia di un prestigioso leader rivoluzionario avrebbe accresciuto il disordine e, quindi, limitato l’efficienza bellica della neonata repubblica; pertanto, accordarono a Lenin il permesso di attraversare in treno il territorio tedesco. Lenin arrivò a Pietrogrado il 3 aprile (16 aprile) 1917; il giorno seguente, le sue direttive politiche furono condensate nelle cosiddette tesi di aprile, un breve documento articolato in dieci punti. Innanzi tutto, il leader bolscevico insisteva sul fatto che occorreva giungere il più in fretta possibile a una pace separata della Russia con la Germania. Nel medesimo tempo, sosteneva che tutto il potere doveva passare ai soviet, i consigli degli operai e dei soldati. In altri termini, con grande scandalo di tutti i marxisti russi (non esclusi diversi bolscevichi), Lenin proclamò la sua intenzione di forzare i tempi, in modo che la rivoluzione passasse il più rapidamente possibile dalla fase borghese a quella proletaria.
Lenin impartisce istruzioni, dipinto degli anni Venti del Novecento.
Nell’estate 1917, Lenin scrisse il suo testo teorico più importante: Stato e rivoluzione. Il testo insiste soprattutto sulla necessità di conquistare il potere politico, perché lo stato è presentato come lo strumento principale che permette a una classe di dominare le altre. Come nella società capitalistica lo stato è al servizio della borghesia, così, dopo la rivoluzione – che consiste, in primo luogo, proprio nella conquista del potere – lo stato sarà al servizio del proletariato. Per indicare tale stato proletario, strumento coercitivo utilizzato, questa volta, per tutelare gli interessi dei lavoratori divenuti classe dominante, Marx ed Engels avevano coniato l’espressione dittatura del proletariato. Lenin la fece propria, rilanciandola in tutta la sua crudezza: il suo compito primario, infatti, era di tipo repressivo, nei confronti della borghesia.
Lo stato proletario, per Lenin, dovrà inevitabilmente far uso della violenza: poiché è impensabile che la borghesia ceda il suo potere pacificamente, anche la dittatura del proletariato (come ogni stato) dovrà usare la forza contro i nemici di classe. Il 10 ottobre 1917 (23 ottobre, secondo il calendario occidentale), a Pietrogrado, si tenne una burrascosa seduta del comitato centrale del partito bolscevico. Malgrado l’opposizione di due dirigenti prestigiosi come Grigorij Zinov’ev e di Lev Kamenev, Lenin riuscì a imporre la propria linea d’azione, favorevole all’insurrezione armata in tempi brevi.
Lenin con i vertici dell'Armata rossa davanti al Cremlino, Mosca, 1919.
La notte tra il 24 e il 25 ottobre 1917 (6-7 novembre), reparti armati bolscevichi penetrarono all’interno del Palazzo d’inverno (sede del governo) e arrestarono numerosi ministri (ma non il primo ministro, Kerenskij, che aveva abbandonato Pietrogrado, in cerca di rinforzi). Il 26 ottobre (8 novembre) il congresso panrusso dei Soviet – egemonizzato dai bolscevichi – emanò designò a guida dello stato un consiglio dei commissari del popolo. Presieduto da Lenin e composto dai principali esponenenti del partito bolscevico, esso era dotato di pieni poteri. Com’era stato annunciato in Stato e rivoluzione, il compito principale del nuovo organo rivoluzionario era quello di instaurare la dittatura del proletariato, cioè di reprimere la borghesia e di impedire che essa mettesse in atto qualsiasi progetto controrivoluzionario.
Il 7 dicembre 1917, venne istituita la Commissione straordinaria per la lotta contro la controrivoluzione e il sabotaggio (sigla: CEKA), incaricata di schiacciare tutti i nemici del proletariato e della sua vittoriosa rivoluzione. La categoria di costoro, poi, venne ben presto notevolmente allargata oltre i confini strettamente classisti, perché Lenin era convinto che solo il partito bolscevico fosse consapevole e cosciente della meta cui il proletariato (e, tramite lui, l’intera umanità) doveva tendere. Pertanto, anche tutti quei proletari o quelle organizzazioni dei lavoratori (come i socialisti rivoluzionari, la corrente dei menscevichi, i gruppi anarchici) che in qualche modo e per un qualsiasi motivo dissentivano dalla linea dei bolscevichi, e avevano condannato l’insurrezione di ottobre, furono bollati come elementi controrivoluzionari e, nel giro di poco tempo, imprigionati o costretti all’esilio.
Lenin tiene un comizio ai lavoratori delle miniere, dipinto degli anni Venti.
Il governo provvisorio aveva organizzato per il giorno 12 novembre le elezioni, in modo da poter dar vita all’assemblea incaricata di dare alla Russia un nuovo regime politico liberal-democratico.
I bolscevichi, appena giunti al potere, non si sentirono ancora sufficientemente forti per impedire le votazioni; ma queste ultime, per loro, si rivelarono un clamoroso insuccesso: essendo la maggioranza della popolazione formata da contadini, la percentuale più ampia dei suffragi non andò ai bolscevichi (appoggiati soprattutto dai soldati e dagli operai delle grandi industrie urbane, essi ebbero solo 1l 24% dei voti), bensì al partito dei socialisti rivoluzionari (40% dei suffragi).
Lenin decise di lasciar riunire l’assemblea, ma dopo la prima seduta inaugurale la fece disperdere, con la giustificazione che il proletariato, al momento del voto, non aveva deciso liberamente, bensì ancora mentalmente condizionato dall’ideologia che la classe dominante gli aveva trasmesso per tenerlo soggiogato. A giudizio di Lenin, solo la linea politica dei bolscevichi poteva essere considerata veramente rispondente agli interessi del proletariato; finché il popolo non avesse spontaneamente aderito a quell’orientamento, il partito doveva guidarlo e, se necessario, persino costringerlo a seguirlo. Ogni dissenso da quella linea, nel contempo, sarebbe stato automaticamente considerato un gesto controrivoluzionario, un attentato alla libertà del proletariato, da punire con severità e intransigenza. La dittatura del proletariato, di fatto, era la dittatura del partito, che si era autoproclamato avanguardia del proletariato stesso.
Lenin
Lenin, la guida della rivoluzione
Il leader e le masse nei regimi totalitari
Lenin impartisce istruzioni
Lenin e i vertici dell'Armata rossa