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CorpoLa libertà bolscevica, manifesto degli anni Venti.
Negli anni 1918-1920, si svolse in Russia una violentissima guerra civile fra Bianchi e Rossi.
I primi erano reparti dell’esercito russo che non avevano riconosciuto il nuovo governo bolscevico, mentre i secondi erano i comunisti, appena saliti al potere. Entrambi pensarono alla guerra in cui erano impegnati come a una lotta che non avrebbe mai potuto concludersi con un compromesso: era una guerra totale, che sarebbe finita solo con la completa distruzione di una delle due parti. Sotto questo profilo, la guerra civile russa assomiglia moltissimo alle guerre che si svolsero in Europa al tempo della Rivoluzione francese, ma ancor più appare come un’anticipazione del carattere assoluto che avrebbe assunto la seconda guerra mondiale sul fronte orientale.
Il parallelo risulta ancora più pertinente non appena teniamo conto del fatto che i Bianchi si macchiarono di un tipo particolare di violenza. Anticipando, sotto questo profilo, un’importante componente del pensiero hitleriano, generali e soldati controrivoluzionari si convinsero che la maggioranza degli israeliti russi appoggiasse i bolscevichi, o peggio ancora che il comunismo stesso fosse uno strumento inventato dagli ebrei per conquistare il potere in Russia e nel mondo intero. Pertanto, molti reparti bianchi massacrarono intere comunità ebraiche, soprattutto in Ucraina. Gli ebrei assassinati tra il 1918 e il 1921 furono moltissimi, ma le stime sono molto discordanti, in quanto variano da un minimo di 50 000 a un massimo di 200 000.
Cartolina postale raffigurante un alfiere della rivoluzione, cioè un ebreo bolscevico denominato Il più rosso di tutti. Forse, si tratta di una caricatura di Lev Trockij. L’ufficiale sovietico raffigurato è una specie di mostro disumano e grottesco, con orecchie da topo (o meglio, da vampiro). Polonia, 1918.
Nel 1920-1921, la Russia bolscevica fu in guerra con la Polonia. Durante il conflitto, i soldati polacchi uccisero moltissimi ebrei, soprattutto in Ucraina, accusandoli di essere alleati dei bolscevichi. A fondamento del loro feroce antisemitismo, i soldati polacchi (come i Bianchi della guerra civile russa) posero i cosiddetti Protocolli dei Savi Anziani di Sion, cui prestarono integralmente fede. Pubblicato per la prima volta nel 1905, quell’opuscolo pareva offrire un’eccellente spiegazione per i gravi eventi che avevano colpito la Russia nel 1917. In realtà, si trattava di un falso, confezionato da alcuni intellettuali reazionari russi nel 1902-1903. In esso si descriveva il grandioso piano per la conquista del potere mondiale che gli ebrei avrebbero messo a punto in alcune riunioni segretissime, di cui i Protocolli pretendevano di essere i verbali ufficiali. Di fatto, in quel testo si presentavano tutte le correnti di opposizione allo zarismo (il liberalismo non meno del socialismo) come sovvenzionate e controllate dagli ebrei, come strumenti di cui essi si servivano per scalzare l’autorità dell’imperatore più cristiano d'Europa e fare della Russia una base da cui continuare poi la loro lotta per la conquista del potere mondiale. Secondo alcuni storici, nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, i Protocolli dei Savi Anziani di Sion furono la pubblicazione a stampa più diffusa al mondo, seconda solo alla Bibbia.
Manifesto della mostra antisemita L’eterno ebreo. Il frustino sta ad indicare che, per i nazisti, l’obiettivo degli ebrei era il dominio del mondo. Come strumenti, usavano in maniera intercambiabile sia l’oro (cioè la finanza e il capitalismo) sia il comunismo. Nell’estate 1938, una mostra simile fu allestita anche a Vienna. Monaco di Baviera, 1937-1938.
Negli anni Venti e Trenta, il mito della cospirazione mondiale ebraica si diffuse in tutta l’Europa.
L’8 maggio 1920, l’autorevole quotidiano londinese Times, pubblicò un articolo intitolato Il pericolo ebraico nel quale, con toni decisamente allarmati, presentava la rivoluzione russa come il primo passo compiuto dagli ebrei nel loro sforzo di giungere al dominio mondiale, ed esortava il governo inglese a non intraprendere nessun tipo di rapporto con la Russia sovietica: «Non avremo forse lottato durante questi anni contro la dominazione mondiale della Germania, per poi ritrovarci ad affrontare ora un nemico ben più pericoloso? Non saremo sfuggiti, a costo di enormi sacrifici, alla Pax Germanica per poi sottostare alla Pax Giudaica?».
Il mito del complotto ebraico fu recepito senza esitazioni dagli antisemiti di tutta l’Europa (si pensi, ovviamente, ad Adolf Hitler) e degli Stati Uniti (si pensi a Henry Ford, il celebre imprenditore impegnato nell’industria automobilistica). Secondo queste concezioni, gli ebrei erano simultaneamente sia i manovratori della grande finanza internazionale, sia i veri burattinai del movimento comunista internazionale. Grazie all’utilizzo combinato di queste due potentissime armi, gli ebrei sarebbero riusciti a conquistare l’Europa intera e, infine, a dominare il mondo intero.
Guardate dove i socialisti condurranno il popolo! Manifesto della metà degli anni Venti.
Negli anni compresi tra le due guerre mondiali, tutti i movimenti nazionalisti presentavano il socialismo (e, a maggior ragione, il comunismo) come un pericolo mortale.
Il marxismo era descritto come la rovina dei popoli europei, in quanto la lotta di classe spingeva alla guerra civile tra borghesi e proletari e quindi, come un cancro, uccideva dall’interno le nazioni. A livello ideologico, uno degli elementi tipici comuni a tutti i movimenti fascisti consiste proprio nella volontà e nella determinazione di eliminare una volta per tutte il nemico marxista.
Come scrive Hitler in Mein Kampf, il primo compito che deve assumersi un governo realmente nazionale è quello di «dichiarare guerra a morte al Marxismo» e di «eliminare dal corpo della nostra nazione il veleno marxista». A giudizio di Hitler (che scriveva nel 1924) la grandezza di Mussolini consisteva proprio nello sforzo che il fascismo italiano aveva compiuto di annientare il socialismo con ogni mezzo: «Ciò che farà annoverare Mussolini fra i grandi di questa Terra è la decisione di non spartirsi l’Italia col marxismo, ma di salvare dal marxismo, distruggendolo, la sua patria».
A livello economico, poi, tutti gli anti-comunisti insistevano sulle clamorose disfunzioni del sistema sovietico, di cui spesso non si conoscevano i dettagli, ma del quale, in linea di massima, si percepivano i punti di criticità e di debolezza. Spesso, le difficoltà della produzione sovietica vennero sopravvalutate, soprattutto in Germania: pertanto, allorché l’esercito tedesco, nel 1941, invase l’URSS, tutti i generali erano convinti che la campagna sarebbe stata rapida e priva di particolari difficoltà. Ebrei e marxisti, a giudizio di Hitler e di tutti i conservatori tedeschi, erano capaci solo di distruggere le energie vitali di un popolo, senza riuscire a costruire nulla di valido.
Manifesto propagandistico contro il bolscevismo, presentato come distruttore delle famiglie.
Una delle accuse più frequenti che veniva mossa ai comunisti da parte dei loro avversari era quella di immoralità, di licenziosità sessuale: in altre parole, il marxismo veniva incolpato di voler distruggere le istituzioni del matrimonio e della famiglia, particolarmente care ai cattolici e a tutti gli altri conservatori. In effetti, per molti bolscevichi, il matrimonio non aveva nulla di naturale: era solo un’istituzione borghese, basata sul principio della subordinazione della moglie al marito, e finalizzata a permettere a chi possedeva i mezzi di produzione di tramandare la proprietà, di generazione in generazione.
Nel nuovo gruppo dirigente, per l’originalità e la radicalità delle sue opinioni, si distinse Aleksandra Kollontaj, che si eresse a teorica dell’ amore-gioco, una modalità estremamente libera di vivere gli affetti e la sessualità. Quanto ai figli, la società tutta se ne sarebbe fatta carico, superando anche a questo livello la concezione borghese sul ruolo educativo insostituibile dei genitori. In realtà, Lenin non condividere affatto le opinioni della Kollontaj sul libero amore. Stalin fu ancora più cauto di Lenin, in fatto di sessualità, e nemico di qualsiasi rivoluzione nel campo dei costumi. Negli anni Trenta, le procedure per il divorzio vennero notevolmente appesantite, mentre l’aborto fu dichiarato illegale nel giugno del 1936.
Nella Russia degli anni Trenta i ruoli di genere, vennero definiti con estrema precisione: mentre il compito primario della donna era la maternità, quelli dell’uomo erano il lavoro e la difesa della patria socialista.
La libertà bolscevica
La propaganda anti-comunista
Scontri e conflitti ideologici nel Novecento