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CorpoManifesto russo di El’ Lisickij: Colpisci i bianchi con il cuneo rosso! (1919-1920), icona costruttivista della guerra civile.
Negli anni 1910-1917, numerosi artisti russi aderirono a varie forme di avanguardia, che in comune avevano in primo luogo il rifiuto del realismo figurativo (in pittura) e delle forme metriche tradizionali (in poesia). Al di là delle molteplici differenze e divergenze, tutti rifiutavano il passato ed erano ansiosi di ricostruire tutto da capo: non solo l’arte, ma anche le strutture sociali, i valori morali e le gerarchie consolidate. Pertanto, subito dopo la vittoria della rivoluzione, vari poeti e pittori si misero imimagestamente a disposizione del governo, a cominciare da Vladimir Majakovkij, capo riconosciuto del futurismo russo, e furono collocati a guida delle istituzioni culturali più importanti, sia a livello centrale che in periferia. Nei primi anni dopo la conquista del potere, i mezzi più usati furono il treno e il manifesto.
I due oggetti erano strettamente connessi, visto che i cosiddetti treni d’agitazione erano vistosamente decorati ed erano dei veri poster in movimento. Tramite la ferrovia, i bolscevichi cercavano di raggiungere gli angoli più sperduti del paese, di far arrivare ovunque il messaggio del nuovo governo e di presentarsi come portatori di progresso e di modernizzazione.
Gli artisti futuristi erano convinti che le masse fossero perfettamente in grado di comprendere il linguaggio e gli strumenti espressivi dell’avanguardia.
L’esempio più famoso di questo tipo di arte - a un tempo sperimentale, politicamente schierata e comprensibile nel suo messaggio di fondo – fu Batti il bianco con il cuneo rosso!, un manifesto di propaganda elaborato da El Lissitskij nel 1919, al tempo della guerra civile. Al centro dell’immagine, un enorme triangolo rosso penetrava in un cerchio bianco, a segnalare che gli eserciti comunisti avrebbero sconfitto quelli controrivoluzionari.
Manifesto russo che invita ad arruolarsi nell'Armata Rossa, l'esercito dei bolscevichi, impegnati nella guerra civile contro le forze controrivoluzionarie, con scritta: "Tu! Non ti sei ancora arruolato come volontario?", 1920. Mosca, Biblioteca Lenin.
Nel dicembre del 1917, alcuni generali dell’esercito russo si ribellarono al nuovo governo bolscevico e tentarono di dar vita, nel sud della Russia, a un Esercito volontario. Questi militari anticomunisti (e altri gruppi che si formarono in Siberia) ricevettero l’appellativo di Bianchi, dal momento che si opponevano ai Rossi, che avevano da poco fatto la rivoluzione. Ben presto, i reparti controrivoluzionari russi furono sostenuti militarmente ed economicamente dalle grandi potenze straniere, preoccupate sia per i loro interessi in Russia, sia di un possibile dilagare della rivoluzione nel resto d’Europa.
Alla metà di marzo del 1918, Lev Trockij divenne Commissario della Guerra. Subito si rese conto che, se il governo bolscevico voleva vincere la guerra civile, doveva dotarsi di un efficiente apparato militare. In tutto il Paese, fu lanciata una capillare campagna propagandistica per reclutare uomini disposti a combattere a difesa della Rivoluzione. Denominato Armata rossa, il nuovo esercito comunista aveva però un disperato bisogno di professionisti esperti, che potevano essere trovati solo tra gli ufficiali del vecchio esercito zarista, che non si fossero uniti ai Bianchi. Questi specialisti militari, ritenuti «indispensabili per la difesa», non sempre erano ritenuti politicamente affidabili. Pertanto, al fianco di ognuno di loro, venne posto un commissario politico comunista, incaricato di sorvegliarne l’operato. Inoltre, a partire dalla fine di settembre, Trockij ordinò che mogli e figli degli ufficiali ex-zaristi che servivano nell’Armata rossa fossero tenuti in regime di detenzione, come ostaggi. Quanto agli ufficiali che rifiutavano di arruolarsi, un ordine del 26 giugno 1918 prescrisse il loro internamento in campi di concentramento.
Tra i rottami del capitalismo alla fratellanza mondiale dei lavoratori. Manifesto del 1920.
Molti dirigenti bolscevichi, negli anni in cui infuriava la guerra civile, erano convinti che la rivoluzione si sarebbe salvata solo se, nei vari paesi d’Europa, gli operai fossero insorti, a difesa del primo stato proletario della storia. Tuttavia, nel 1917-1918, i dirigenti marxisti dei principali partiti socialisti erano molto perplessi e critici nei confronti di Lenin e della sua rivoluzione, soprattutto per la politica di repressione che i bolscevichi esercitavano in Russia, nei confronti di tutti quelli che non condividevano la loro linea politica.
Il 4 marzo 1919, in opposizione al movimento socialista europeo, venne ufficialmente creata a Mosca la Terza Internazionale (o Komintern, Internazionale Comunista). In realtà, si trattò di una fondazione più formale che sostanziale, visto che erano presenti solo 50 delegati, e non più di 19 rappresentavano ufficialmente il partito del loro paese; inoltre, mancavano i delegati di paesi importanti come l’Italia, la Francia, il Belgio, l’Inghilterra e la Spagna. Dopo un anno, fu dunque necessario convocare un’altra conferenza programmatica. In quella sede, Lenin pose ai vari partiti socialisti una serie di 21 precise e rigide condizioni, da accettare o respingere senza possibilità di imageszione, per entrare a far parte del Komintern.
Avanti soldati rossi! Manifesto del 1929.
All’inizio degli anni Venti, nella Russia comunista emersero i primi contrasti fra gli artisti più politicizzati e quelli che, pur guardando con simpatia al nuovo governo, volevano sviluppare in modo autonomo il proprio lavoro artistico. Si pensi, ad esempio, a Marc Chagall, che aveva respinto il realismo riempiendo le sue tele di animali colorati e di figure leggere, che si libravano nell’aria, oppure a Vassilij Kandinskij, con la sua arte astratta e geometrica. Nel giro di pochi anni, entrambi furono destituiti dai ruoli prestigiosi che erano stati loro affidati, rispettivamente a Vitebsk (città natale di Chagall) e a Mosca.
Il problema stava nel fatto che, nella nascente Russia sovietica, governo e artisti più intransigenti erano convinti che l’arte dovesse essere rigidamente subordinata alle necessità politiche e ideologiche del partito-Stato, cioè trasformarsi in un efficace strumento di educazione delle masse e costruzione del consenso intorno alla rivoluzione e ai suoi obiettivi.
L’ultima mostra d’arte sperimentale si tenne nel 1923; da quel momento, accusata sempre più spesso di essere piccolo-borghese, e privata del sostegno economico statale, l’avanguardia russa iniziò a rapidamente a declinare e infine si spense. Al suo posto, trionfò di nuovo la tradizione realista, ritenuta più idonea a trasmettere la propaganda del partito.
Sempre più in alto è la bandiera del leninismo – la bandiera della rivoluzione intenazionale proletaria. Manifesto del 1932.
Lenin morì il 21 gennaio 1924, all’età di 54 anni. Dopo una serie di scontri feroci fra i principali esponenti comunisti, nel 1927 risultò padrone assoluto della situazione Iosif Vissarionovic Dzugasvili, detto Stalin. Determinato a trasformare l’URSS in una moderna potenza industriale, capace di competere con la Germania e con gli Stati Uniti, Stalin decise di dedicare la maggior parte dei capitali disponibili all’industria pesante (produzione di acciaio, estrazione di carbone, creazione di grandi centrali idroelettriche). Inoltre, ordinò di procedere alla collettivizzazione delle campagne, al fine di poter disporre in modo sicuro e completo dei raccolti. Nelle intenzioni di Stalin, la massiccia esportazione di cereali doveva permettere l’arrivo del denaro, dei macchinari e della tecnologia necessari alla creazione del nuovo sistema industriale sovietico.
L’industrializzazione dell’URSS ebbe costi umani altissimi: nelle città, gli operai si trovarono spesso a dover vivere con salari irrisori, mentre mancavano i più elementari generi di consumo. Nelle campagne, i contadini più agiati (sprezzantemente denominati kulaki, cioè sfuttatori) furono deportati in regioni periferiche e semidesertiche, oppure deportati in campo di concentramento.
Negli anni 1932-1933, infine, mentre diversi milioni di quintali di grano venivano esportati all’estero, 5-6 milioni di contadini morivano di fame, soprattutto in Ucraina.
Ogni contadino dei collettivi, ogni brigata deve conoscere il piano della semina bolscevica. Manifesto del 1931.
Man mano che la rivoluzione dall’alto staliniana trasformava l’economia e la società sovietica, la propaganda di regime fu mobilitata per celebrare i successi del regime e nasconderne i drammi.
La collettivizzazione delle campagne fu accompagnata non solo da una martellante campagna ostile nei confronti dei kulaki, ma anche da un’invasione di manifesti che raffiguravano contadini gioiosi e festanti, che esortavano ad entrare nei kolchoz, le grandi fattorie collettive interamente controllate dallo Stato. Al centro della scena, troviamo spesso un trattore, simbolo di quella modernizzazione e di quella efficienza che, invece, mancava clamorosamente alle fattorie collettive.
Un altro frequente simbolo della modernizzazione nelle campagne era una figura femminile giovane, che campeggiava al centro dell’immagine e che recava sul capo un fazzoletto rosso. Dettaglio importante, mentre nel costume contadino tipico della tradizione russa il fazzoletto era allacciato sotto al mento, il collo della giovane comunista che faceva propaganda per il kolchoz era libero, in quanto il copricapo era allacciato sulla nuca, secondo una modalità del tutto inedita, simbolo – appunto – della nuova esistenza che (secondo le affermazioni del regime) sarebbe di lì a poco iniziata per la classe contadina.
Colpisci i bianchi con il cuneo rosso!
La propaganda comunista
Scontri e conflitti ideologici nel Novecento
Colpisci i bianchi con il cuneo rosso!
Arruolarsi nell'Armata Rossa
Fratellanza mondiale dei lavoratori