Uomini in movimento
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Una donna cammina tra edifici devastati dalla guerra, Croazia.

Il 28 giugno 1948, il partito iugoslavo venne espulso dal Cominform, la nuova versione dell’Internazionale comunista, saldamente controllata da Mosca. Per circa trent’anni, la Iugoslavia si trovò in una posizione strana e difficile: in quanto repubblica comunista, era guardato con sospetto dagli Stati Uniti; nel medesimo tempo, rifiutava di allinearsi, cioè di sottomettersi, alla potenza sovietica. Questa situazione permise al presidente Tito di cementare l’unità di un paese diviso e poco omogeneo.
L’insistenza sul marxismo (con il suo motto Proletari di tutto il mondo unitevi!) permetteva di dare scarsa rilevanza alle varie nazionalità che esistevano sul territorio iugoslavo e che spesso erano in contrasto tra loro da lungo tempo. In secondo luogo, il pericolo di uno scontro armato (sia con le potenze capitalistiche sia con l’URSS) permetteva di insistere sulla necessità dell’unione, sulla concordia interna, per la sopravvivenza comune.
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