Sacco e Vanzetti

Negli Stati Uniti, gli anni Venti furono un’epoca di formidabile espansione economica: di qui il ricordo positivo che essi hanno lasciato in milioni di americani.
Il prodotto nazionale lordo crebbe del 2% l’anno, l’inflazione rimase sempre sotto l’1%, mentre la disoccupazione non superò il 3,5% della forza lavoro.
In realtà, gli anni ruggenti furono anche un periodo di brutale intolleranza, di xenofobia e di ostilità verso ogni forma di diversità e di diffusa ottusità mentale. Basti pensare che il Ku Klux Klan (rilanciato nel 1915) contava negli anni Venti ben 4 milioni di affiliati, che disprezzavano non solo i neri, ma anche gli ebrei, i cattolici e i socialisti.
Agli occhi dei bravi cittadini che aderivano al Klan (che, ovviamente, dovevano rigorosamente essere WASP, cioè bianchi, anglosassoni e protestanti), tutti i diversi erano dei pericolosi sovversivi, che mettevano in discussione il modo di vita americano e ne minavano le fondamenta morali.
L’episodio più eloquente di questo clima avvelenato dai pregiudizi fu la condanna a morte di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti, che nel 1921 vennero accusati di aver ucciso due persone durante una rapina.
Anche se, nel corso del processo, la loro innocenza era stata ampiamente dimostrata dagli avvocati (tant’è vero che, nel 1977, lo stato del Massachusetts li ha pubblicamente riabilitati), Sacco e Vanzetti salirono sulla sedia elettrica nel 1927; agli occhi dei giurati e di gran parte dell’opinione pubblica americana, il puro e semplice fatto che essi fossero stranieri e anarchici, li trasformava automaticamente in elementi antiamericani, cioè in pericolosi delinquenti.

Proteste di emigranti italiani a favore di Sacco e Vanzetti, giustiziati sulla sedia elettrica nel 1927.