La disperazione
Nella drammatica confusione di questa scena emerge questo dannato che, mentre viene trascinato nell’abisso, rimane pietrificato dall’orrore. In posizione perfettamente frontale, è come raggomitolato su se stesso. Michelangelo sembra voler concentrare in questo volto seminascosto dalla mano — l’occhio sbarrato, la bocca semiaperta — la coscienza del male commesso. In questo volto impietrito Michelangelo raffigura la disperazione per l’ineluttabilità del castigo e, soprattutto, l’irreversibilità della «seconda morte» di cui parla l’Apocalisse: «Per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i fattucchieri, gli idolatri e tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E questa è la seconda morte» (21,8).