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Basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio

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La basilica ha origini molto antiche: risale, infatti, al V secolo ed è la più antica chiesa a pianta circolare di Roma. Rimaneggiata nel corso dei secoli, assunse la forma attuale nel XII secolo. Gestita fino al 1580 dall’ordine paolino ungherese, la basilica da allora appartiene al Pontificio collegio germanico-ungarico ed è la chiesa nazionale di Ungheria.

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La chiesa si trova all'interno di un giardino ed è preceduta da un portico a cinque arcate con colonne antiche di granito con capitelli corinzi, che fu voluto da papa Innocenzo II (1088-1143).

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Un anello di ventidue colonne di marmo pregiato rende l’interno maestoso e separa un’ampia zona centrale, creando due camminamenti circolari attorno all’altare maggiore al centro della chiesa.

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È la prima cappella a sinistra: vi sono conservate le reliquie dei due santi, che tra il 642 e il 649 papa Teodoro I fece traslare dalle catacombe sulla Via Nomentana. Il catino absidale è decorato con mosaici bizantini del VII secolo, mentre alle pareti una serie di affreschi di Antonio Tempesta (1555-1630), risalenti al 1568, raccontano le storie del martirio dei due santi.

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Un'altra caratteristica degna di nota della basilica è il Ciclo del Martirio, una serie di trentaquattro affreschi lungo la parete periferica della chiesa, eseguiti, intorno al 1582-1583, dal Pomarancio (1553 circa-1626) e da Matteo da Siena (1428 circa-1495). Il ciclo inizia con la strage degli innocenti, continua con la crocifissione di Gesù, a cui segue il martirio di Santo Stefano e i supplizi degli apostoli.

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Durante i restauri del XVII secolo, venne collocato sull’altare un alto tabernacolo di legno intagliato, che attualmente si trova nell’ambulacro. Il tabernacolo fu realizzato dallo svevo Giovanni Gentner, fornaio di Roma, che nel 1613 lo donò al rettore del collegio germanico-ungarico, Bernardino Castorio.