Il pavimento del duomo di Otranto
Ultima tappa sulla terraferma prima dell’imbarco per la
Terra Santa, Otranto assunse il ruolo primario di ponte fra Oriente e Occidente.
Centro della Magna Grecia, poi municipio romano, la città continuò a svilupparsi anche sotto il dominio bizantino, con i normanni, gli svevi, gli angioini e gli aragonesi. Proprio i normanni decisero di edificare sui resti di un’antica
domus romana la cattedrale dedicata all’Annunziata. L’altare maggiore venne consacrato il primo agosto 1088, alla presenza dei vescovi di Taranto, Brindisi e Bari. Là, nel 1095, venne impartita la benedizione ai dodicimila Crociati in partenza per la Terra Santa.
Intorno agli anni ’60 del XII secolo, l’arcivescovo
Gionata commissionò al monaco Pantaleone, del vicino monastero di San Nicola di Casole, la realizzazione di un
mosaico pavimentale che ricopre l’intera superficie della cattedrale.
Fortemente legato all’immaginario medioevale, il mosaico disegna un grande albero sostenuto da due elefanti, che richiamano simbolicamente Adamo ed Eva. Nella prima parte si alternano rappresentazioni tratte dall’Antico Testamento (la costruzione della torre di Babele e il diluvio universale) e figure storiche, come
Alessandro Magno, simbolo di superbia e desiderio di potere. L’immagine dell’arca di
Noè rappresenta la possibilità della salvezza, che però richiede la collaborazione da parte degli uomini: la parte superiore rappresenta il ciclo dei dodici mesi. E ancora il racconto del peccato originale, della cacciata dal Paradiso, della storia di Caino e Abele e, al centro, la figura mitica di
re Artù, che crociati e pellegrini avevano sicuramente imparato a conoscere lungo il percorso.