Le origini del culto cristiano in Inghilterra
Nel 597
papa Gregorio Magno inviò in Inghilterra un gruppo di missionari, per portare oltre la Manica il messaggio del Vangelo. La delegazione, guidata dal monaco
Agostino, giunse nel
Kent, dove fu accolta da re Etelberto, che si convertì alla nuova religione. Le popolazioni del sud dell’Inghilterra chiesero il
battesimo e Agostino fu il primo
vescovo di Canterbury.
Il cristianesimo era già stato introdotto in Inghilterra nel IV secolo, durante la cristianizzazione voluta dall’imperatore Costantino, per creare un nuovo senso di appartenenza basato su valori comuni. In Irlanda e Gran Bretagna era diffusa una forma di cristianesimo - definito
celtico - che, con la dissoluzione dell’Impero d’Occidente, si sviluppò in maniera
diversa da quello romano: la questione del
primato del vescovo di Roma, il diverso ruolo dei
vescovi, gli
abati dei monasteri, che non sempre appartenevano al clero, il calendario liturgico, con un diverso metodo per stabilire la data della
Pasqua, i
dogmi dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione di Maria (proclamati dalla Chiesa cattolica solo nel 1854 e nel 1950), erano le caratteristiche di un cristianesimo contraddistinto dalla croce sovrapposta a un cerchio, tuttora simbolo della cultura celtica.
Tra le figure più significative del cristinaesimo celtico si ricordano
san Patrizio, che favorì la combinazione di elementi del paganesimo celtico con elementi cristiani e san Colombano che dal monastero di Bangor, in Irlanda, iniziò un percorso missionario che lo avrebbe portato fino in Italia, a
Bobbio, dove morì.
Novità del cristianesimo celtico fu l’introduzione della
confessione individuale, mentre a Roma la penitenza veniva celebrata pubblicamente.
Agostino, vescovo e abate di Canterbury, cercò di riunire le comunità evangelizzate dai monaci irlandesi a quelle ispirate al cristianesimo romano, ma le due tradizioni si unificarono solo nel 1172.