Saladino
Nella Divina Commedia, nel IV canto dell’Inferno, Dante incontra le anime condannate al Limbo. Non si tratta di veri e propri dannati, ma “
quivi tratta de la pena de’ non battezzati e de’ valenti uomini, li quali moriron innanzi l’avvenimento di Gesù Cristo e non conobbero debitamente Idio”. Tra questi personaggi di valore che non erano cristiani perché vissuti prima della nascita di Gesù o perché appartenuti a un’altra cultura, incontra un grande condottiero che si era distinto nella lotta contro i crociati e aveva fatto conoscere al mondo l’immagine dell’
islam come quella di uno
stato moderno e tollerante, il sultano
Saladino.
Yusuf ibn Ayyub, detto
Salah al-Din, “
la santità della ragione” diede slancio allo sviluppo delle
università, che si occupavano in special modo dell’insegnamento del Corano. Fece costruire ospedali, chiamati
maristan, aperti a entrambi i sessi e del tutto gratuiti. Riunificò sotto la sua autorità l’intero mondo islamico, promuovendo la cultura e l’assistenza ai bisognosi: il
maristan Nur al-Din, dedicato al suo predecessore, ancora oggi una delle attrazioni della città di Damasco, rimase a lungo tra i migliori ospedali del mondo islamico.
Ma la fama di Saladino non fu solo legata alla sua attività di mecenate e di capo spirituale dell’islam. Coinvolto nella terza crociata, combattuta dal 1189 al 1192, in più occasioni si misurò con i maggiori sovrani europei, compreso il re d’Inghilterra,
Riccardo Cuor di Leone. Con quest’ultimo il sultano, alla fine del 1192, stipulò una tregua, che di fatto pose fine alla Crociata.
Pur annoverato tra i nemici della cristianità medioevale, il sultano entrò di diritto nell’immaginario popolare per la sua tolleranza e il suo coraggio, che ne fecero un esempio per gli ideali della cavalleria: una leggenda, diffusa in tutta Europa, racconta che durante la
battaglia di Jaffa, nell’agosto del 1192, mentre re Riccardo Cuor di Leone, che aveva perso il cavallo, combatteva a piedi tra i suoi fanti, fu raggiunto da uno scudiero del Sultano che gli offrì in dono due cavalli da guerra, per permettergli di riprendere a combattere come si addiceva al sovrano.