STORIA E STORIE DIMENTICATE - VOLUME 3
  
                            

STORIOGRAFIA
IL CASO BUCHARIN

Bucharin fu un grande teorico del socialismo russo e grande amico di Lenin nella prima fase della rivoluzione; rimase in seguito vittima della repressione staliniana. Prima ottenne l’incarico come direttore della «Pravda» e poi come funzionario del Comitato centrale del Partito comunista sovietico. Sostenne Stalin nella sua lotta contro Trockij, ma fu critico sulla politica economica della industrializzazione forzata e per questo cadde in disgrazia. Della sua tragica vicenda non si è parlato per decenni: è stato riabilitato solo nel 1988.

Nikolaj Ivanovic Bucharin nacque a Mosca nel 1888. Era figlio di un maestro di scuola: come la maggior parte dei capi della rivoluzione d’ottobre non proveniva da una famiglia proletaria.
Aderì al partito bolscevico nel 1906 e si diede all’attività di propaganda fra operai e studenti. Fu arrestato e nel 1911 riparò all’estero. Proprio durante i sei anni trascorsi lontano dalla Russia Bucharin conobbe Lenin, con il quale strinse un fortissimo legame di amicizia.
Nel 1917 Bucharin rientrò in Russia e divenne direttore della «Pravda». Il suo rapporto con Lenin si approfondì e continuò perfino quando il capo dei bolscevichi fu immobilizzato su una sedia a rotelle dalla grave malattia che lo colpì: in quel periodo Bucharin si recò spesso a trovarlo per discutere con lui i problemi teorici e pratici del socialismo. Bucharin si interessava in particolare di temi economici. Nel suo Testamento, Lenin lo definì come il maggiore e più valido teorico del partito.
Dopo la morte di Lenin, Bucharin entrò nel Politbjuro (l’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista sovietico), di cui fece parte dal 1924 al 1929. In questi anni fu molto amico di Stalin e lo sostenne anche nella lotta agli oppositori come Trockij.
Nel 1927, e ancor più nel 1928, l’Unione Sovietica attraversò una gravissima crisi: i contadini rifiutavano di consegnare il grano all’ammasso e le città si trovavano alla fame. Stalin decise di adottare misure di emergenza. Le confische e gli arresti seminarono il panico nelle campagne. Bucharin e gli uomini del Politbjuro a lui vicini, in particolare Rykov e Thomskij, appoggiarono a malincuore questi provvedimenti, ritenendo che dovessero essere attuati solo per un tempo limitato e per colpire gli speculatori.
Nel settembre 1928 Bucharin pubblicò sulla «Pravda» l’articolo Appunti di un economista, in cui sosteneva la necessità di uno sviluppo equilibrato di industria e agricoltura. Egli era favorevole alla prosecuzione della NEP e riteneva che dovessero essere evitate le violenze contro i contadini.


(Da destra) Nikolaj Ivanovič Bucharin con Grigorij Evseevič Zinov’ev, Aleksej Ivanovič Rykov e Josif Stalin, nel 1924.

Stalin, che in un primo tempo, per opportunismo politico, non aveva contestato Bucharin, incominciò a ritenere queste idee come una pericolosa deviazione di destra rispetto ai principi del leninismo. La situazione precipitò nel 1929. In gennaio, durante un «plenum» (cioè una seduta plenaria) del Comitato Centrale, Stalin lanciò un durissimo attacco a Bucharin. Da quel momento il contrasto tra i due si fece drammatico.
Nel 1929 venne scatenata contro Bucharin una vera e propria campagna diffamatoria: tutti i suoi discorsi e gli scritti degli anni precedenti vennero sottoposti a una rilettura tendenziosa e scorretta, estrapolando frasi o parole di cui fu distorto il significato. Bucharin venne presentato come un oppositore di Lenin, un nemico della collettivizzazione e dell’industrializzazione, un fautore del capitalismo. Per parte sua Bucharin accusava Stalin di voler instaurare un regime personale. Egli scrisse sulla «Pravda»: «La linea ufficiale parlava di autocritica, di democrazia e di elezioni, ma il partito in realtà non partecipa alle decisioni, tutto viene dall’alto»; e anche: «Noi siamo contrari alla prassi secondo cui le questioni della direzione del partito vengono decise da una sola persona. Noi siamo contrari alla prassi secondo cui il controllo collettivo è stato sostituito dal controllo di una persona».
Alla fine del 1929 Bucharin fu espulso dal Politbjuro. Nello stesso periodo Stalin accentuò il ritmo della collettivizzazione, affermando la necessità di liquidare i kulaki come classe. Intanto il dittatore stava anche costruendo il suo culto personale: il 21 dicembre, giorno del suo cinquantesimo compleanno, la stampa venne inondata da elogi di Stalin e del suo ruolo nella costruzione dello Stato sovietico.
Nel 1929 a Bucharin venne tolto anche l’incarico di direttore della «Pravda» e gli furono affidati compiti di minor rilievo politico, ai quali si dedicò con grande impegno. Fu nominato capo del settore programmazione della ricerca scientifica e membro dell’Accademia delle Scienze dell’URSS. In questa veste intrattenne rapporti con autorevoli scienziati sovietici, scrisse articoli e libri, curò l’edizione delle opere di Lenin, si interessò di letteratura e di arte. La sua influenza intellettuale sulla società sovietica non venne meno.
La situazione precipitò nuovamente a partire dal 1936. Erano quegli gli anni dei «processi-farsa», chiamati così perché non erano altro che il mezzo con cui Stalin si liberava di tutti i nemici politici veri o presunti. Le testimonianze erano ottenute con intimidazioni e torture e i processi si concludevano immancabilmente con la condanna a morte.
Bucharin venne coinvolto nell’ondata di violenze e si rese conto di non avere scampo.
Egli scrisse in una lettera: «La mia vita è al termine. Piego la testa, ma non sotto la scure del proletariato, che deve essere spietata ma anche senza macchia. Sento tutta la mia impotenza di fronte a questa macchina infernale che impiegando metodi medievali ha acquisito un potere gigantesco, fabbrica calunnie in serie e opera con sfacciata sicurezza».
Nel marzo 1937, al ritorno da un periodo di vacanza trascorso nell’Asia centrale, Bucharin venne arrestato.
Dopo l’arresto, Bucharin trascorse in carcere un anno. In quel periodo il pubblico accusatore Vysinskij preparò accuratamente il processo contro di lui e altri venti imputati (fra cui Rykov) indicati come «il blocco antisovietico della destra e dei trockisti».
Il processo ebbe luogo nel marzo 1938. Bucharin adottò una strategia molto particolare. Nelle sue deposizioni, egli sembrava ammettere i reati di sabotaggio, spionaggio, connivenza con i trockisti, ma in realtà le sue parole smontavano e negavano quelle accuse. Basti dire che alla fine del processo, dopo aver confessato i più tremendi crimini, Bucharin dichiarò: «La confessione degli imputati non è indispensabile; la confessione degli imputati è un principio giuridico medievale »: ma lo stava dicendo in un processo costruito interamente sulle confessioni degli accusati.
Questo comportamento irritò i suoi accusatori, i quali affermarono che Bucharin stava confondendo le acque, riferendosi alla politica, alla filosofia per non ammettere i suoi crimini.
In realtà, egli aveva capito benissimo quale sarebbe stata la conclusione della vicenda e volle difendere la propria figura accusando contemporaneamente il dispotismo staliniano e i suoi metodi. Bucharin venne fucilato il 15 marzo 1938. Il terrore staliniano colpì anche la giovane moglie di Bucharin, Larina, e il figlio. La moglie venne arrestata, sottoposta a estenuanti interrogatori e poi condannata a 18 anni nei campi di lavoro. Il figlio fu allevato da una zia e per quasi vent’anni non seppe chi fossero i suoi veri genitori. Nel 1988 la Corte suprema sovietica ha riesaminato il processo a Bucharin e ha annullato la condanna: così Bucharin è stato riabilitato esattamente cinquant’anni dopo la sua morte. Ma quanti altri processi dovrebbero essere riesaminati per ristabilire la verità?

(Fonti: R. Medvedev, Gli ultimi anni di Bucharin, Editori Riuniti,1979; S. Cohen, Bucharin e la rivoluzione bolscevica, Feltrinelli; D. Volkogonov, Trionfo e tragedia. Il primo ritratto russo di Stalin, Mondadori)

Comprendere
- Quali incarichi aveva ricoperto Bucharin?
- Quando iniziarono i suoi problemi con Stalin?
- Quali erano le accuse contro Bucharin? Come si difese al processo?
- Quale fu la sorte della sua famiglia?

Contestualizzare
- Quale fu la politica seguita da Stalin nei confronti dei contadini dopo la sua salita al potere?
- Chi erano i kulaki?
- Quale fu la fine dei membri del Politbjuro avversari di Stalin?
- Come realizzò Stalin la politica di acquisizione del consenso?

Rielaborare, discutere, reinterpretare
- Il caso Bucharin è un esempio fin troppo evidente di errore giudiziario. Conosci altri casi di questo genere, che hanno coinvolto uomini politici o anche individui comuni, e che sono stati poi riconosciuti per l’appunto errori?
- Perché negli anni Ottanta in Unione Sovietica sono stati riaperti tanti processi politici dell’epoca stalinista?


                            


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