STORIA E STORIE DIMENTICATE - VOLUME 3
  
                            

STORIOGRAFIA
IL TERRORISMO RUSSO NELL’OTTOCENTO

Nel periodo successivo al fallimento delle riforme di Alessandro II, accanto al populismo si diffuse anche il cosiddetto «nichilismo »; quest’ultimo, più che un movimento organizzato, si può considerare una corrente di pensiero, una sensibilità culturale diffusa, che si intrecciava talora con il populismo stesso. Il termine «nichilismo» (che deriva dal latino nihil, nulla) fu usato in senso polemico dallo scrittore Turgenev nel suo romanzo Padri e figli per indicare l’atteggiamento di quelle generazioni che non credevano a nulla. I nichilisti fecero propria questa definizione che inquadrava esattamente il loro rifiuto di tutto ciò che era tradizione, convenzione sociale, dovere familiare o religioso. Essi non avevano più alcuna fiducia nelle riforme né nella classe dirigente, contro la quale esercitavano la loro critica corrosiva. Lo storico Franco Venturi, uno dei più insigni studiosi del populismo russo, osserva tuttavia che l’uso del termine «nichilismo» può essere fuorviante, perché i nichilisti credevano in qualcosa, e ci credevano ciecamente, fino al fanatismo. Credevano in se stessi, nelle proprie idee: si riconoscevano nella cultura positivista e materialista, esaltavano le scienze esatte e la verità scientifica e rifiutavano l’arte, la poesia e tutte le attività non «utili» alla vita dell’uomo. Le idee dei nichilisti vennero diffuse attraverso il periodico «Il Contemporaneo», che venne soppresso dopo l’attentato di Karakozov.   

Tra il 1865 e il 1866 si diffuse a Mosca e a San Pietroburgo una società segreta che prese il nome di Organizzazione. I membri si impegnavano a creare cooperative di contadini e a fare opera di propaganda nelle varie province dell’impero, al fine di preparare un’insurrezione generale.
All’interno dell’Organizzazione si affermò una piccola schiera di rivoluzionari pronti a tutto, che prese il nome di Inferno. Era una società terroristica: il suo scopo era la lotta violenta contro il governo e la classe dirigente.
La disciplina dell’Inferno era ferrea: chi ne faceva parte doveva vivere sotto falso nome, non sposarsi, rompere i legami con la famiglia e gli amici. Fu in questo ambiente che maturò l’idea di uccidere lo zar Alessandro II. L’attentatore sarebbe stato scelto tirando a sorte tra i membri dell’Inferno; subito dopo l’attentato, si sarebbe dovuto suicidare con il veleno.
Dmitrij Vladimirovic Karakozov era uno studente che apparteneva a una famiglia di nobili decaduti. Le fonti ce lo descrivono come un giovane dal viso pallido e stanco, con i capelli lunghi e abbigliato in modo trascurato: il tipico ritratto dei giovani populisti dell’epoca. Espulso dall’università, fece vari mestieri, vivendo in squallide stanze d’affitto a Mosca e San Pietroburgo. Nel marzo 1866 scrisse un proclama e lo diffuse tra gli operai di San Pietroburgo. Nel proclama individuava nello zar il nemico da colpire, in quanto responsabile della miseria dei contadini e degli operai. Lo zar, scriveva Karakozov, ha distribuito la terra ai nobili e ha creato la presente organizzazione statale della Russia. Perciò egli «non tende mai la mano al contadino, perché lui stesso è il maggior nemico del popolo». Il proclama si concludeva così: «Ho sentito tutto il dolore e il peso del veder morire così il mio amato popolo. Ed ecco, ho deciso d’annientare lo zar malvagio e di morire io stesso per il mio amato popolo».
Il 4 aprile 1866, mentre Alessandro II stava salendo in carrozza, Karakozov gli sparò, senza però riuscire a colpirlo. Venne bloccato dai gendarmi e gridò alla folla: «Stupidi, l’ho fatto per voi!». Quando lo zar chiese a Karakozov perché avesse sparato, egli rispose: «Che libertà hai dato ai contadini!». Karakozov venne impiccato. Negli anni successivi si scatenò contro i populisti una durissima repressione.


L’arresto del propagandista (1892) di I. E. Repin, un pittore finlandese che lavorò a lungo a San Pietroburgo divenendo celebre per i temi storici trattati nei suoi quadri.

Nel 1878-1879 gli attentati terroristici si fecero sempre più frequenti. Di essi veniva data notizia dal bollettino «Listok», che ne forniva anche la spiega-mai la mano al contadino, perché lui stesso è il maggior nemico del popolo». Il proclama si concludeva così: «Ho sentito tutto il dolore e il peso del veder morire così il mio amato popolo. Ed ecco, ho deciso d’annientare lo zar malvagio e di morire io stesso per il mio amato popolo».
Il 4 aprile 1866, mentre Alessandro II stava salendo in carrozza, Karakozov gli sparò, senza però riuscire a colpirlo. Venne bloccato dai gendarmi e gridò alla folla: «Stupidi, l’ho fatto per voi!». Quando lo zar chiese a Karakozov perché avesse sparato, egli rispose: «Che libertà hai dato ai contadini!». Karakozov venne impiccato. Negli anni successivi si scatenò contro i populisti una durissima repressione.
Nel 1878-1879 gli attentati terroristici si fecero sempre più frequenti. Di essi veniva data notizia dal bollettino «Listok », che ne forniva anche la spiegazione e la giustificazione teorica. In proposito così si esprimeva il periodico: «Una uccisione politica è innanzitutto un atto di vendetta, l’unico mezzo di contro-difesa nella situazione presente e insieme uno dei migliori strumenti d’agitazione». Il 2 aprile 1879 il terrorista Solov’ev affrontò lo zar Alessandro II mentre passeggiava, come d’abitudine, nei pressi del Palazzo d’Inverno, e gli sparò cinque colpi di pistola, senza riuscire a colpirlo. Lo zar fuggì e le guardie inseguirono l’attentatore. Solov’ev bevve il veleno che portava con sé, ma venne prontamente soccorso e salvato. Fu processato e condannato all’impiccagione.
A questo attentato il governo rispose proclamando lo stato d’assedio, che non impedì tuttavia ai terroristi di continuare a organizzare l’uccisione dello zar. Alessandro II scampò ad altri due attentati, prima di quello del 1881, che gli fu fatale. Questa volta vennero impiegate le bombe, preparate da alcuni terroristi nell’appartamento in cui vivevano. L’1 marzo 1881, una domenica, lo zar uscì per presenziare alla rassegna delle truppe; era solo su una slitta, seguito da quelle degli ufficiali di polizia e dei dignitari di corte.
La prima bomba ferì alcuni passanti, ma Alessandro II rimase illeso. Si incamminò a piedi per vedere che cosa fosse successo e a questo punto un altro terrorista gli gettò contro una seconda bomba. Gravemente ferito, lo zar venne trasportato al Palazzo d’Inverno e morì un’ora dopo. L’uccisione dello zar fu seguita da una violenta repressione. Il nuovo zar, Alessandro III, istituì la polizia politica, l’Okhrana, rafforzò la censura e sottopose a un rigido controllo la scuola e l’università. Anche in questo caso, dunque, il terrorismo si rivelò una strategia fallimentare: i terroristi non avevano nessuna possibilità di conquistare il potere, in compenso scatenavano la repressione zarista contro tutti gli oppositori.  

Comprendere
- Chi erano i nichilisti?
- Perché il termine «nichilista» può essere fuorviante?
- Quali motivi spingevano i terroristi a organizzare attentati contro Alessandro II?
- Perché gli attentati terroristici si rivelavano spesso controproducenti?   

Contestualizzare
- In cosa consistette la riforma agraria del 1861?
- Qual era la condizione delle libertà politiche nella Russia zarista?
- Chi erano i populisti?   

Rielaborare, discutere, interpretare
- Quali azioni terroristiche avvenute tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI secolo conosci?
- Secondo te, è legittimo l’uso della violenza per scopi che si ritengono giusti e nobili?
- Spiega l’affermazione del bollettino «Listok»: «Una uccisione politica è innanzitutto un atto di vendetta, l’unico mezzo di contro-difesa nella situazione presente e insieme uno dei migliori strumenti d’agitazione».


                            


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