STORIA E STORIE DIMENTICATE - VOLUME 3
  
                            

STORIOGRAFIA
UN’ESTATE DI LIBERTÀ

Dopo la rivoluzione di febbraio si aprì una breve stagione di libertà: operai, soldati, contadini per la prima volta potevano riunirsi, discutere, formulare richieste. Era una straordinaria ed effimera esperienza politica che vide i lavoratori partecipare alla vita pubblica e lottare per ottenere i propri diritti.  

La rivoluzione di febbraio portò un nuovo clima nelle fabbriche della Russia. Non esisteva più lo Stato autocratico, non c’era più l’incubo delle spie, dei tribunali e delle prigioni zariste. Perciò gli operai potevano riunirsi liberamente e compilare petizioni che sono state paragonate da qualche storico ai cahiers de doléances della rivoluzione francese.
Gli operai chiedevano condizioni di lavoro più umane, un salario adeguato e soprattutto la riduzione della giornata lavorativa a otto ore.
Le resistenze del padronato furono forti: la Russia, si diceva, era in guerra, e occorreva quindi lavorare a ritmo serrato per far fronte alle commesse; le rivendicazioni dei lavoratori sarebbero state esaminate quando la situazione fosse tornata alla normalità. Tuttavia a Pietrogrado e in altre grandi città i proprietari delle fabbriche furono costretti ad accogliere la richiesta relativa alle otto ore di lavoro; qualche grande impresa concesse anche miglioramenti salariali.
Ma intanto gli operai continuavano a organizzarsi: eleggevano propri rappresentanti al soviet, sceglievano delegati da inviare nelle caserme e nei comitati di quartiere. Sin dai primi giorni della rivoluzione, poi, furono costituiti «comitati di fabbrica», i cui membri venivano eletti dall’assemblea dei lavoratori. Il comitato discuteva le scelte dei padroni e ne controllava l’operato, anche a costo di perquisire gli uffici dei dirigenti.


Una seduta del soviet degli operai e dei soldati, marzo 1917.

Nell’officina meccanica Brenner di Pietrogrado, un’impresa di circa duecento operai, si svolse nella primavera-estate del 1917 un esperimento di autogestione. Anche qui i lavoratori avevano avanzato rivendicazioni in merito ai salari, agli orari di lavoro, alle attività del comitato di fabbrica. La direzione fu irremovibile e annunciò la chiusura dell’officina.
Il 28 giugno, il comitato emanò la seguente dichiarazione: «Visto il rifiuto della direzione di gestire gli affari della fabbrica, il comitato decide, in assemblea generale, di far fronte alle commesse e di proseguire il lavoro». Ma per continuare a lavorare occorrevano denaro e materie prime. Intervenne in aiuto degli operai della Brenner il Comitato centrale dei comitati di fabbrica, che inviò del materiale e 15000 rubli per pagare gli operai.
Intanto, però, la famiglia Brenner, proprietaria dell’officina, aveva presentato le sue proteste al ministero del Lavoro e aveva sporto denuncia al comitato delle industrie di guerra.
Per risolvere il conflitto, il ministro prese una decisione che pose fine al tentativo di autogestione: le officine Brenner furono messe sotto sequestro.
L’8 settembre venne annunciato che la fabbrica passava sotto il diretto controllo del ministero.
Anche in altre imprese si realizzarono tentativi di autogestione, tutti falliti perché era impossibile per gli operai gestire la fabbrica finché i proprietari e i banchieri ne mantenevano il controllo economico. I padroni potevano infatti bloccare le ordinazioni o le consegne e impedire alle fabbriche di lavorare, riducendo gli operai alla fame. Dopo la caduta dello zar, anche i soldati indirizzarono al soviet di Pietrogrado e al governo i loro «cahiers de doléances ». Dopo due anni di guerra, essi rivelavano le loro sofferenze e le loro aspirazioni.
Pur augurandosi che si arrivasse presto alla pace, i soldati si dichiaravano pronti a continuare a combattere per difendere la loro patria.
Quello di cui si lamentavano era l’autoritarismo degli ufficiali: chiedevano insomma di essere trattati con maggior dignità e umanità. I soldati provenivano per lo più da ambienti contadini poveri, perciò reclamavano anche un miglioramento della paga e garanzie per le famiglie qualora un’infermità, dovuta alla guerra, li avesse resi inabili al lavoro.
Ma soprattutto i soldati esigevano di poter esercitare i loro diritti civili, come qualsiasi cittadino: il diritto di informarsi, di riunirsi, di avanzare petizioni. Occorre considerare che la condizione dei soldati era anche più difficile di quella degli operai: questi ultimi, infatti, avevano come punti di riferimento sindacati o partiti, mentre i soldati non avevano nessuna rappresentanza politica. Perciò il soviet di Pietrogrado fu il solo loro organo di espressione. Gli ufficiali non accettarono richieste di mitigazione della disciplina che, a loro avviso, avrebbero minato le basi stesse dell’istituzione militare.
Più aperti alle esigenze della truppa, invece, si dimostrarono i sottufficiali che condividevano nelle trincee le difficoltà e i rischi dei soldati.
Nell’estate del 1917 il governo costituì un Comitato centrale terriero che raccogliesse le aspirazioni dei contadini. La richiesta fu quella che veniva ripetuta ormai da generazioni: le terre dovevano appartenere a chi le lavorava e dovevano essere distribuite gratuitamente alle famiglie di ogni villaggio in base alla loro capacità lavorativa, senza nessun indennizzo per chi possedeva più terra del consentito.
I contadini auspicavano in questo modo un ritorno a un lontano passato, quando, prima delle riforme di Alessandro II, già esisteva in Russia una forma di collettivismo agrario. Allora era infatti la comunità di villaggio (obscina) a redistribuire periodicamente le terre fra i contadini. Di fronte a queste richieste, molti grandi proprietari si rifugiarono in città e si organizzarono in «unioni di difesa», ma intanto i contadini si appropriavano delle terre. Si può dire perciò che il decreto sulla terra emanato da Lenin dopo la rivoluzione di ottobre non fece altro che riconoscere un fatto compiuto.  

Comprendere
- Che cosa accadde nelle fabbriche delle grandi città russe dopo la rivoluzione di febbraio?
- Perché fallirono i tentativi di autogestione delle fabbriche?
- Quali richieste avanzarono i soldati al soviet di Pietrogrado e al governo?
- Quali erano le aspirazioni dei contadini?  

Contestualizzare
- Che cosa si intende per «rivoluzione di febbraio»?
- Quale ruolo avevano i soviet?
- Quali difficoltà incontrò l’esercito russo durante la prima guerra mondiale?
- Come proseguì la rivoluzione in Russia?
- Quali differenze riscontri tra la rivoluzione di febbraio e quella di ottobre?  

Rielaborare, discutere, interpretare
Perché le lotte degli operai hanno accompagnato tutte le fasi della storia dell’industrializzazione? I rapporti fra proprietari e operai sono, ai nostri giorni, senza conflitti? Conosci casi di lotte e proteste? Oltre ai salari e all’orario di lavoro, quali sono oggi gli argomenti di contrasto?


                            


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