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I biocarburanti

I biocarburanti (principalmente biodiesel e bioetanolo) si ottengono dalle biomasse e rappresentano l’alternativa rinnovabile per far muovere i mezzi di trasporto. Il biodiesel viene ricavato dalle piante oleaginose come palma, soia, colza e ha proprietà e prestazioni simili a quelle del gasolio minerale. L’etanolo può essere prodotto per sintesi a partire dalle fonti fossili o per fermentazione a partire dalle biomasse: in questo caso si parla di bioetanolo. In particolare si possono utilizzare residui di coltivazioni agricole e forestali, scarti di lavorazione delle industrie agroalimentari, rifiuti urbani e coltivazioni ad hoc come canna da zucchero, barbabietola e mais.

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Stati Uniti e Brasile sono i leader del mercato del bioetanolo. In Europa il primo produttore di bioetanolo è la Francia; seguono Germania e Spagna.

In tutto il mondo è in fase di studio la cosiddetta “seconda generazione” di biocarburanti, che invece di essere ottenuta da materie prime agricole è prodotta da una gamma più ampia di piante e di rifiuti organici risolvendo il problema della competizione con le colture alimentari (attualmente, per esempio in Brasile, c’è il problema che le piante coltivate per la produzione di bioetanolo “rubano” terreni e risorse alle colture alimentari).

Tra le biomasse di seconda generazione spiccano le alghe marine, la Jatropa curcas (una pianta tropicale che cresce anche in terreni semiaridi e in presenza di scarse precipitazioni) e la camelina, una lontana parente della senape, caratterizzata da un elevato contenuto di oli, bassi costi di piantagione e manutenzione, un buon rapporto spazio/resa e una spiccata capacità di crescere in terreni inadatti alle colture alimentari, anche in condizioni climatiche sfavorevoli.

In questo contesto si inserisce il biodiesel prodotto riciclando l’olio vegetale esausto, proprio quello che rimane dopo aver fritto patatine e frittelle. Ma come avviene questa trasformazione? Prima di tutto l’olio esausto viene filtrato, poi è trattato chimicamente e infine arriva la fase di decantazione in cui il biodiesel ottenuto viene separato dal suo sottoprodotto, la glicerina, quella delle creme cosmetiche.

In Italia si consumano annualmente circa 1 400 000 tonnellate di oli vegetali, il 20% circa (280 000 tonnellate) diventa olio esausto, ma di tutta questa quantità solo 45 000 tonnellate all’anno vengono recuperate. Tranne qualche iniziativa locale di raccolta differenziata particolarmente efficiente, il recupero di olio alimentare esausto avviene, infatti, solo presso grandi utilizzatori (ristoranti, fast food, mense ecc.). Il resto finisce nell’ambiente attraverso le reti fognarie e rappresenta una minaccia: l’olio disperso in mare, per esempio, forma un velo sottilissimo che impedisce la penetrazione in profondità dei raggi solari.

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