1. SPARTA DALLA LEGGENDA ALLA STORIA
Una leggenda riporta l’origine di Sparta ai discendenti di Ercole: circondata dalle montagne e potente militarmente, la città non aveva mura difensive. Secondo la leggenda, Sparta venne fondata da una popolazione di stirpe dorica che si vantava di essere stata guidata in questa impresa dagli Eraclidi, i discendenti del mitico eroe Eracle (Ercole, nella forma latina). Da uno degli Eraclidi, Aristodemo, sarebbero poi nati due gemelli, i primi due re di Sparta. Inizialmente i Dori avrebbero occupato quattro “villaggi sparsi”, e da questa caratteristica deriverebbe il nome Sparta. Circa le origini di Sparta, ciò che sappiamo con certezza è che venne fondata dai Dori attorno al X secolo a.C.; la città era situata in quella parte del Peloponneso chiamata Laconia, lungo la valle del fiume Eurota. Circondata dalle montagne, fra cui il massiccio del Taigeto, distava circa 40 chilometri dal mare. Caso unico fra le poleis greche, Sparta non ebbe mai bisogno di costruire delle mura. Le mura – secondo una celebre immagine – erano costituite dagli scudi e dalle lance spiegate in battaglia. I Dori che fondarono Sparta riuscirono a conquistare attorno al 750 a.C. l’intera Laconia. Poi attaccarono la Messenia, attratti dalla sua vasta e fertile pianura. Per sottometterla scatenarono le guerre messeniche, due lunghi conflitti che li occuparono per circa un secolo: la prima venne combattuta tra il 743 e il 724 a.C., la seconda tra il 684 e il 668 a.C. Al culmine della sua potenza, Sparta giunse a dominare un’area che si estendeva per circa 8400 km² (quanto l’Umbria), il che faceva di Sparta la più grande polis greca per estensione territoriale. Da qui probabilmente scaturì l’originalità di Sparta: la sua grande estensione, infatti, le consentiva l’autosufficienza alimentare. Di conseguenza, a differenza delle altre poleis greche, non ebbe bisogno di sviluppare i commerci; si chiuse invece in se stessa dando vita a un sistema assai particolare che gli Spartani chiamavano con orgoglio kòsmos, ordine.
La piramide della società spartana era costituita da spartiati, perieci e iloti, ma solo i primi esercitavano i diritti politici. La società spartana era strutturata in maniera piramidale. Al vertice vi erano gli spartiati, circa 15000 guerrieri discendenti dei conquistatori dori, che amavano definirsi gli “uguali” (homòioi): solo loro godevano pienamente di tutti i diritti politici; avevano come unica occupazione l’addestramento militare e la partecipazione alla vita politica e religiosa di Sparta. Al di sotto degli spartiati vi erano i perieci, cioè gli “abitanti dei dintorni”: secondo alcuni storici discendevano da Dori che non avevano partecipato alla fondazione di Sparta; secondo altri invece appartenevano alle comunità indigene che vivevano sul territorio spartano. Erano circa 50000. I perieci erano liberi, potevano possedere beni e terreni e amministrare i loro villaggi, ma non avevano diritti politici: non potevano cioè né votare, partecipando all’assemblea cittadina, né essere eletti alle diverse cariche. In caso di necessità erano però obbligati a combattere a fianco degli spartiati. Abitavano in campagna, dove praticavano l’agricoltura, il commercio e l’artigianato. L’ultimo posto della società spartana era occupato dagli iloti, i discendenti delle popolazioni della Laconia e della Messenia conquistate. Formavano il gruppo sociale di gran lunga più numeroso: tra i 140 000 e i 200 000 individui. Gli iloti erano privi di qualsiasi diritto. Non erano liberi, erano schiavi, ma con una differenza fondamentale rispetto agli altri schiavi greci: non appartenevano a singoli padroni ma alla polis. Dalla polis venivano assegnati ai singoli spartiati affinché lavorassero i loro campi. Infine soltanto la polis aveva il potere di liberarli. Conducevano una vita di duro lavoro, completamente indifesi dalle violenze dei loro padroni.
Secondo la Costituzione di Licurgo tutte le magistrature erano affidate agli spartiati, cioè l’aristocrazia di Sparta. L’organizzazione politica di Sparta era attribuita a un personaggio leggendario, Licurgo, che avrebbe introdotto a metà del VII secolo a.C. una costituzione. In realtà questa costituzione fu frutto di un lungo processo storico, ma gli antichi erano soliti personalizzare i processi attribuendoli a personaggi mitici. In origine Sparta venne governata da una diarchia, cioè da due re che si tramandavano il potere per via ereditaria. Lentamente i due re vennero affiancati da altre istituzioni fino a che si affermò quella che venne chiamata la costituzione di Licurgo. Essa stabiliva che solo gli spartiati avessero il pieno godimento dei diritti politici e ciò significava innanzitutto poter partecipare all’apélla: l’assemblea popolare formata da tutti gli “uguali”, cioè i cittadini maschi di più di trent’anni. L’apélla si riuniva una volta al mese: approvava le leggi, eleggeva i magistrati (éfori), sceglieva quale dei due re avrebbe guidato l’esercito in battaglia, decideva se dichiarare la guerra o fare la pace e come rispondere alle proposte degli ambasciatori stranieri. Ma il luogo in cui si concentrava il potere dell’aristocrazia spartana era la gerusìa (o gherusìa), il “Consiglio degli anziani” (dal greco ghèron, “anziano”, l’equivalente del latino senex, da cui “senato”): per farne parte, infatti, occorreva avere più di sessant’anni. La gerusìa era innanzitutto formata dai due re. Si succedevano in questa carica i primogeniti delle due più importanti famiglie di Sparta: erano i capi militari, ma svolgevano anche funzioni sacerdotali. Inoltre appartenevano alla gerusìa 28 aristocratici chiamati geronti. A loro spettava giudicare coloro che venivano accusati di tradimento o dei più gravi delitti di sangue. Ogni anno poi, l’apélla eleggeva cinque magistrati chiamati éfori, i “sorveglianti”: l’éforo epònimo, cioè il presidente degli éfori, presiedeva anche la gerusìa. Gli éfori avevano compiti legislativi (proporre le leggi), esecutivi (attuare le decisioni dell’apélla, come per esempio la mobilitazione dell’esercito) e giudiziari (si occupavano dei processi civili ed erano i custodi dei costumi della città e dell’educazione dei giovani). Erano in sintesi il più importante organismo di governo di Sparta.
Le donne a Sparta erano più libere che nelle altre poleis, il loro compito era generare figli sani.
A Sparta le donne godevano di grande libertà. Non erano infatti tenute a occuparsi né della crescita dei figli, di cui dopo la nascita si occupavano soprattutto le nutrici e a partire dai sette anni la polis, né delle attività domestiche che erano prerogativa delle schiave e degli schiavi. A loro si chiedeva solo di essere madri di futuri guerrieri, e quindi di generare figli sani. Per questo al momento della nascita anche alle femmine si applicava lo stesso trattamento riservato ai maschi: se apparivano deboli e malformate venivano abbandonate sul monte Taigeto. Esse praticavano la corsa, la lotta, il lancio del disco e del giavellotto perché si riteneva che un fisico ben allenato con la ginnastica potesse generare figli più sani. Inoltre si esercitavano nel canto e nella danza.
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