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Rivoluzione tecnologica dell’informazione e della comunicazione
Società multietnica e multiculturale
Libero scambio di merci e servizi
Crescente interdipendenza economica
Condivisione globale di modelli-e stili di vita

La globalizzazione

Rivoluzione tecnologica dell’informazione e della comunicazione

Società multietnica e multiculturale

Libero scambio di merci e servizi

Crescente interdipendenza economica

Condivisione globale di modelli
e stili di vita

Che cos'è la globalizzazione?

Che cos'è la globalizzazione?

La globalizzazione è un processo di crescente integrazione economico-finanziaria, culturale, politica e tecnologica che interessa l'intero pianeta.

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Il termine "globalizzazione" è usato a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso per indicare il processo di crescente integrazione economico-finanziaria, culturale, politica e tecnologica che interessa l'intero pianeta. Tuttavia da un punto di vista economico e politico la globalizzazione non è un fenomeno nuovo: la prima "ondata" di globalizzazione risale addirittura al secolo XIX e, come avviene oggi, traeva impulso dalle innovazioni tecnologiche.

Attualmente la globalizzazione è agevolata dal notevole sviluppo delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni, che rende sempre più efficienti i mercati finanziari e gli scambi di merci e servizi.
Sotto il profilo economico la globalizzazione (detta anche globalizzazione neo-liberista) è caratterizzata dalla crescente mobilità internazionale dei capitali, dalla sempre maggiore importanza della componente finanziaria dell'economia (si pensi al ruolo delle Borse), dai processi di liberalizzazione del mercato del lavoro [vedi Lavoro], dalle politiche di deregolamentazione, liberalizzazione e privatizzazione, dalla progressiva affermazione delle imprese multinazionali.
Dal punto di vista politico, la globalizzazione comporta la diminuzione dell'importanza degli Stati nazionali ed è accompagnata dalla nascita di aggregazioni spontanee che superano i confini, riunendo cittadini e attivisti di ogni Paese, come nel caso delle campagne per la pace e per l'ambiente.

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LA GLOBALIZZAZIONE

può unire o dividere

AMBITI COINVOLTI

Godimento dei diritti

Lavoro

Migrazioni

Tecnologie dell'informazione

Ambiente

POSTA IN GIOCO

Tutela dei diritti umani

Etica delle responsabilità

La globalizzazione può unire o dividere

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La globalizzazione

Perché è un problema etico

Dentro la parola globalizzazione stanno molti più processi di quanto normalmente si pensi. Come scrive Zygmunt Bauman, «la globalizzazione divide tanto quanto unisce. Divide mentre unisce, e le cause della divisione sono le stesse che, dall’altro lato promuovono l’uniformità del globo». Questa affermazione riassume bene l'importanza a livello etico della globalizzazione: trattandosi di un fenomeno complesso, essa investe numerosi ambiti in cui la riflessione etica trova spazi di dialogo e di confronto.

In uno scenario in forte mutamento spesso si verificano squilibri che ledono i diritti umani e minacciano le comunità più "deboli" ed è quindi necessario stabilire con precisione diritti e doveri dei diversi attori.

Un aspetto della vita umana che ha subito profonde ripercussioni nel quadro della globalizzazione è quello del lavoro [vedi Lavoro]: in questo ambito è necessario contemperare le logiche del profitto con la tutela dei diritti dei lavoratori.

La globalizzazione agevola una maggiore mobilità degli individui, che possono più facilmente cercare nuove opportunità [vedi Migrazioni]. In molti casi però questo fenomeno assume il carattere di una vera e propria migrazione forzata di massa, specie nelle aree del mondo dove più forti sono l'ingiustizia e la povertà. 

La globalizzazione pone inoltre nuovi interrogativi etici legati alla diffusione delle tecnologie dell'informazione e delle reti di comunicazione, Internet per prima: se oggi è possibile disporre in tempo reale di maggiori e migliori informazioni su ciò che avviene nel mondo, ci si domanda però come sia possibile tutelare la privacy degli individui.

Anche le tematiche etiche legate all'ambiente e alla tecnologia (si pensi alle biotecnologie, agli OGM ecc.) [vedi Sicurezza alimentare] assumono crescente importanza.

La globalizzazione deve essere "governata", la tutela dei diritti fondamentali degli individui e delle loro comunità è fondamentale per costruire un mondo davvero "uguale" per tutti, pur nel rispetto delle caratteristiche specifiche di individui e popoli.

Applicare l'etica delle responsabilità oggi significa interrogarsi sugli effetti delle scelte economiche e politiche a livello locale, oltre che a livello globale. In un mondo sempre più globalizzato aumenta la complessità delle relazioni fra gli attori coinvolti e diventa quindi fondamentale valutare bene le conseguenze delle decisioni prese a tutti i livelli di governo della società e dell'economia.

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Il frutto della globalizzazione

Luca Bernardini

L'açaï (un frutto che cresce in Amazzonia) diventa improvvisamente di moda in tutto il mondo: l'ingresso sul mercato globale trasforma rapidamente la vita di una povera provincia amazzonica, che si trova improvvisamente di fronte a un dilemma.

Vale la pena di rischiare di danneggiare per sempre l'ambiente investendo in una sola attività economica, per quanto redditizia?

L'açaï è il frutto di una varietà di palma che cresce in Amazzonia. Si trova a grappoli sulla sommità dell'albero, violaceo evoca il mirtillo per colore e taglia, il cioccolato per il sapore.

Nello stato brasiliano di Para per secoli l'açaï è stato l'alimento base della popolazione locale: sbucciato e schiacciato, la polpa viene mescolata con la manioca o nei luoghi vicino al mare viene trasformata in salsa da accompagnarsi al pesce. Anni fa veniva venduto solo a Belém, oggi questo frutto si sta lanciando alla conquista del mondo. Considerato una panacea dalle innumerevoli qualità nutrizionali e medicinali (vitamine, antiossidanti...), è diventato bibita, sorbetto, biscotto, pasticcino e distillato. Lo si trova ormai in California, Giappone, Australia, presto in Europa. Tutto comincia quando l'açaï sbarca a Rio de Janeiro come bibita energetica per gli sportivi. Diventa poi il cocktail cool delle spiagge del Copacabana e di Ipanema e il gioco è fatto, subito lo si trova nelle esclusive spiagge californiane e della Florida. Puro o mescolato con altri frutti, il succo viene venduto in bottiglia a prezzi esorbitanti, quasi fosse un gran cru di Bordeaux. 

E così il mercato è esploso. Cassio Pereira, proprietario dell'Amazon Fruit, l'impresa che detiene il controllo del mercato dell'açaï, spiega: «La regione era povera, grazie a questo frutto l'economia è decollata. La priorità adesso è di accrescere la produzione. Dalle 500 000 tonnellate l'anno si può passare alle 700 000, sfruttando le palme nella zona più interna dell'Amazzonia. La quasi totalità della produzione proviene dalla foresta, ma si possono creare piantagioni artificiali e migliorare la resa grazie all'ingegneria genetica». Negli occhi di Pereira si intravede il simbolo del dollaro...

Lo stato di Para (2 volte e mezza la superficie della Francia), sta per lanciare un vasto programma di riforestazione dell'Amazzonia, piantando in 5 anni 1 miliardo di alberi, dove la palma di açaï farà da protagonista. Le associazioni ambientaliste già storcono il naso, poiché sembra che sotto l'ombrello della riforestazione si voglia estendere monocoltura e agricoltura industriale a danno dell'ecosistema vergine.

Intanto il mercato si sta muovendo e dalla Colombia al Suriname, alla Bolivia si studiano progetti di piantagioni dell'albero magico.

La sindrome dell'açaï è cominciata.

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Copertina

La definizione

Il problema

Il fatto

I primi fenomeni di globalizzazione risalgono:

  • all'Impero Romano

  • alla metà del XIX secolo

  • al Medio Evo

  • al 1980

2

La globalizzazione può essere definita come:

  • un fenomeno esclusivamente finanziario

  • la diffusione delle tecnologie informatiche in tutto il mondo

  • un fenomeno complesso, economico, politico, culturale e tecnologico

  • la crescita economica dei paesi emergenti

3

La Chiesa Cattolica sostiene che la globalizzazione:

  • è un fenomeno negativo, perché crea povertà e alimenta il consumismo

  • è sempre positiva, perché aumenta il benessere delle popolazioni più povere

  • deve essere al servizio della persona umana, della solidarietà e del bene comune

  • è un fenomeno culturale legato a mode e stili di vita lontani dal nostro

3

I temi etici legati alla globalizzazione riguardano soprattutto:

  • i diritti individuali (lavoro, dignità, democrazia) e l'ambiente

  • la privacy

  • la diffusione di mode e culture straniere

  • la bioetica

1

Domande per riflettere

  • Che cosa significa vivere in una società globale, multietnica e multiculturale?

  • Che esempi possiamo fare se pensiamo alla nostra vita scolastica o al nostro quartiere?

  • Che cos'è, nella nostra esperienza, la "cultura globale"?

  • Se nel mondo tutti ascoltano la stessa musica, le tradizioni dei Paesi più piccoli possono sopravvivere?

  • Se tutti consumano gli stessi alimenti, che fine fanno le specialità locali?

  • Quando acquistiamo qualche prodotto ci preoccupiamo di conoscere la sua storia?

  • Possiamo rinunciare a un acquisto per protestare, ad esempio, contro chi costringe i bambini a lavorare? 

  • In un mondo globale viaggiare è sempre più facile ed economico, ma chi deve migrare in cerca di lavoro che condizioni affronta, oggi?

  • Se possibile, fai riferimento all'esperienza reale di qualcuno che conosci.

Dilemmi per discutere

Il mercato globale ha consentito
soprattutto di arricchire:

Le comunità locali che ora dispongono di nuovi mercati

I grandi investitori finanziari e le compagnie multinazionali

La diffusione globale delle tecnologie informatiche è:

Un bene, perché consente a tutti di informarsi

Un male, perché toglie privacy e libertà

La diffusione globale di prodotti poco costosi
e uguali per tutti è:

Un bene, perché consente a tutti di avere di più

Un male, perché distrugge le produzioni e le economie locali

Il progresso tecnologico dei paesi emergenti è:

Positivo, perché migliora le condizioni di vita di milioni di persone

Negativo, perché crea disoccupazione nei paesi occidentali

Fare il punto

Riflettere

Discutere

La globalizzazione | Per approfondire

Che cosa dice la Legge

La globalizzazione è un fenomeno che investe numerosi aspetti della vita di individui e società compresi quelli giuridici e legali.
Tuttavia in numerosi ambiti la differenza dei sistemi di regolamentazione adottati (si pensi ad esempio alle leggi che regolano il lavoro) non consente di raggiungere standard adeguati e condivisi.

Nell'ambito del lavoro, assumono crescente importanza le convenzioni internazionali, come ad esempio quella che proibisce il lavoro minorile: queste convenzioni possono essere strumenti importanti, ma prevedono l'adesione volontaria dei singoli Paesi e possono quindi avere efficacia limitata in un contesto in cui il potere degli Stati nazionali è oggi sempre più contrastato, in campo economico e finanziario, dal potere crescente degli investitori finanziari multinazionali.


ILO, Convenzione 182 relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, 1999

Ogni Membro, tenuto conto dell’importanza dell’educazione per l’eliminazione del lavoro minorile, deve adottare provvedimenti efficaci, con scadenze definite al fine di:

  • impedire che i minori siano coinvolti nelle forme peggiori di lavoro;

  • fornire l’assistenza diretta necessaria e appropriata per sottrarli alle forme peggiori di lavoro minorile e garantire la riabilitazione e il reinserimento sociale;

  • garantire l’accesso all’istruzione di base gratuita e, ove sia possibile e opportuno, alla formazione professionale, a tutti i minori che sono stati sottratti alle forme peggiori di lavoro;

  • individuare i minori esposti a rischi particolari ed entrare in contatto diretto con loro;

  • tenere conto della situazione particolare delle bambine e delle adolescenti.

La globalizzazione | Per approfondire

Il parere della Chiesa Cattolica

La Chiesa Cattolica ha dedicato numerose riflessioni sul fenomeno della globalizzazione, sempre a partire da quello che Camillo Ruini ha definito il "nodo antropologico": la complessità del fenomeno "globalizzazione", infatti, non può essere analizzata efficacemente soltanto dal punto di vista economico-finanziario, ma va affrontata mantenendo sempre il punto focale sulla persona umana.

Giovanni Paolo II, Discorso ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali

27/04/2001

La globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Nessun sistema è fine a se stesso ed è necessario insistere sul fatto che la globalizzazione, come ogni altro sistema, deve essere al servizio della persona umana, della solidarietà e del bene comune.


Francesco, Omelia a Lampedusa

08/07/2013

La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto. 

«Adamo dove sei?», «Dov’è tuo fratello?», sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi.

Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza! [...] domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo.

La globalizzazione | Per approfondire

Il parere delle diverse religioni

 


Lucia Levi, Ebrei, cittadini del mondo

Nei secoli scorsi, la forte identità ebraica riconducibile all’alakhà (cultura e religione) e al Bet Din (giustizia) ha permesso agli Ebrei di sentirsi cittadini del mondo, di poter creare sistemi di commercio garantiti da regole comuni, note e basate sulle proprie leggi.
Ben diverso è stato per le altre popolazioni, che fuggite dai loro paesi sono giunte nella maggior parte dei casi in posti completamente sconosciuti, con usi e costumi diversi a cui non è stato facile abituarsi. Si può quindi ipotizzare che fin dai tempi più remoti l’aderenza alle proprie leggi in ogni parte del mondo, leggi applicate volontariamente (senza bisogno di guardiani), abbia permesso il mantenimento della propria identità proprio grazie alla globalizzazione, dimostrando che “globalizzazione” non necessariamente è sinonimo di perdita della propria specificità. Altri popoli sono invece scomparsi proprio per mancanza di globalizzazione, perché incapaci di guardare oltre.
Anche se si pensa alla globalizzazione come veicolo che permette di diffondere a livello locale le informazioni globali e viceversa, non si può non pensare all’identità ebraica: in ogni luogo, anche nel più remoto, con presenza ebraica si trova una scuola, un mikvè, ognuno si è sempre lavato le mani prima di mangiare, e ha osservato leggi e usi “globali” senza dimenticare le leggi del luogo. Contemporaneamente, ogni qualvolta due ebrei si sono incontrati, hanno contribuito al fenomeno del pettegolezzo, dell’informazione locale divulgata a livello globale (la figlia della sorella della zia… ha sposato il ragazzo che viene dalla Comunità di… sai che il tizio che aveva quell’attività… invece ha conosciuto la nipote di…).


Andrea Yaakov Lattes, Globalizzazione e identità

Il processo storico più innovativo ed interessante che viviamo in questi giorni, senza dubbio un processo di lunga durata, ma che rivoluziona molte concezioni esistenti è quello della globalizzazione. È questo un processo abbastanza nuovo, che non è stato ancora analizzato in maniera approfondita, ma che tuttavia pone diversi quesiti e molte problematiche, e non solo in campo ebraico. Ad esempio, come si concilia il fenomeno della globalizzazione con una peculiarità culturale? Vale la pena di mantenere le lingue nazionali, oppure è meglio studiare esclusivamente l’inglese, come lingua transnazionale, o direi meta-nazionale? Questi quesiti riguardano chiaramente tutto il mondo, ma toccano gli ebrei in maniera particolare, in quanto portatori di una cultura assai specifica. Vale la pena di riflettere su questi fenomeni!


Tariq Ramadan, Una testimonianza serena

Quando tutti si interrogano sull’Islam e sui musulmani – senza ben sapere di che cosa si tratti – spetta a quest’ultimi impegnarsi a spiegare, insegnare, dialogare. Se la loro visibilità mondiale è un problema a causa del loro abbigliamento, i loro nomi, i loro colori (o dei conflitti regionali), non si tratta di diventare meno visibili ma più visibili: il tempo che viviamo invita i musulmani ad un jihad globale della conoscenza, insegnamento, dialogo, comunicazione e resistenza. Un jihad della testimonianza serena, pacificata e pacifica.
Ciò comincia da una conoscenza di sé, una sincera autocritica che evita le falsità apologetiche, ma anche l’auto-flagellazione strumentalizzata. Deve nascere una coscienza musulmana che sappia dire cosa è dell’Islam e ciò che non lo è (nel rispetto della diversità e del pluralismo) e denunciare le ipocrisie proprie come le menzogne delle ideologie interessate al guadagno e/o populiste, una coscienza aperta che sappia accogliere le domande legittime di una maggioranza che cerca di capire, come una coscienza coraggiosa che osa affrontare il razzismo di una minoranza che imbroglia, mente e manipola.
Si tratta di un impegno individuale, locale, nazionale, globale. La dinamica che oggi fa dell’Islam un problema contribuisce a farne una domanda: le musulmane e i musulmani sono responsabili, in primo luogo, di essere testimoni affidabili delle sue risposte.


Pierluigi Consorti, Globalizzazione e Oriente

È facile notare come i valori asiatici così intesi siano contrapposti a quelli proposti dall’Occidente globalizzante; tant’è vero che gli autori della teoria degli asian values criticano le democrazie occidentali, ritenute comunque inefficaci e certamente non in grado di contribuire all’affermazione di tali valori.

Altri più precisamente contestano la democrazia proprio in quanto frutto dell’Occidente. Affermano espressamente che «il nostro mondo sempre più interconnesso ha bisogno di nuovi paradigmi di “libertà”e “democrazia”», capaci di assicurare il benessere alla popolazione favorendo lo sviluppo economico: un obiettivo per cui possono essere sacrificati diritti e interessi individuali. [...]
Più precisamente, la cultura e la religione dell'induismo vivono in un ambiente sociale fortemente pluralistico e considerano l’accettazione della pluralità (e delle diversità) un valore fondante. Ad esempio gli induisti accusano la cultura occidentale di aver prodotto le guerre di religione e l’Occidente di aver esportato la violenza bellica come strumento di gestione politica. Secondo loro gli Imperi coloniali sono stati incapaci di concepire la convivenza fra identità religiose diverse e comprendere il senso della laicità indiana: hanno perciò proposto le diversità in termini antitetici. In parole ancora più chiare: il conflitto religioso e di identità sarebbe un frutto naturale della democrazia occidentale.

Pierluigi Consorti, Globalizzazione della democrazia, laicità e religioni, Pisa, 2006
Testo per l'inaugurazione dell'anno accademico Istituto Superiore di Scienze Religiose "N. Stenone"

La globalizzazione | Per approfondire

La parola agli esperti: "perché sì"

La maggior parte dei contributi a favore della globalizzazione sottolinea, in contrapposizione esplicita con l'approccio no global, i vantaggi che i processi di globalizzazione recano a individui e popoli che vedono improvvisamente migliorare le proprie condizioni di vita e le proprie possibilità di costruirsi un futuro.

Per i sostenitori della globalizzazione, un approccio regolato, che preveda tutele per i più deboli, a un fenomeno inevitabile e inarrestabile è la migliore ricetta per il successo.

Ulli Kulke, La globalizzazione e i paesi in via di sviluppo

Alcuni economisti asiatici come Jagdisch Bhagwati o Surjit Bhalla hanno evidenziato quanto positivo sia il commercio con l’estero per lo sviluppo dei paesi, anche quelli più poveri. Oggi questo si riscontra non solo nel diverso sviluppo del “fu” Terzo Mondo, con l’Asia in forte crescita e l’Africa invece che ancora soffre per le sue ataviche difficoltà.

 Anche all’interno dei paesi emergenti dove maggiore è l’incremento del reddito e del benessere si osserva che lo sviluppo è favorito dalla presenza dei porti e delle infrastrutture per il commercio.

La Cina è in questo senso paradigmatica: forte miglioramento sulla costa dove fiorisce l’interscambio economico con il resto del mondo, povertà ancora molto diffusa nelle campagne. L’Onu aveva indicato nel 2015 l’anno per il raggiungimento dei suoi “obiettivi del millennio” stabilendo diversi indicatori di benessere: il dimezzamento della povertà, della fame nel mondo, del mancato accesso all’acqua potabile... La chance di raggiungere questi obiettivi è forte là dove i paesi si sono specializzati nell’export. Dove invece i governi negano i benefici dell’apertura del commercio e della globalizzazione, crescono i rischi legati alle fabbriche pericolose per l’ambiente e per la salute di chi ci lavora. La globalizzazione offre anche agli importatori dell’Occidente la possibilità di procedere contro chi non rispetta standard minimi di dignità del lavoro. È un obbligo sfruttare questa possibilità.

Ulli Kulke, "Warum die Globalisierung den armen Ländern nutzt", Die Welt, 8/12/2012


Paolo Del Debbio, Global: perché la globalizzazione ci fa bene

In Asia nel 1980 solo 5 persone su 10 guadagnavano più di 2 dollari al giorno; la quota è aumentata a 8 persone dieci anni più tardi. Nel frattempo, tra il 1978 e il 1997, l'espansione delle libertà politiche e civili è stata del 10% nelle società più esposte alla globalizzazione, mentre la libertà si è ristretta dell'11-17% negli stati meno esposti all'integrazione economica internazionale.
Sui temi della globalizzazione la comunicazione è stata sostanzialmente monopolizzata dai no global, la cui ricetta si basa su un ethos mondiale costruito per combattere il mercato. Le risposte, invece, vanno cercate in un ethos di cui il mercato sia parte integrante e dove la partecipazione di un crescente numero di uomini e donne sia indicata come un obiettivo da perseguire.
L'etica è un po' come un aquilone: riesce a volare, a disegnare figure in cielo che possono servire da indicazioni di percorso sulla terra, perché il filo cui è unito sta saldamente legato alla terra stessa. Altrimenti non vola più e cade. Coerentemente con questa impostazione è necessario ridisegnare i contorni del welfare dei Paesi ricchi. La rete delle tutele sociali deve essere la più elastica possibile, deve servire a rilanciare le persone, fuori dalla rete stessa, nel mercato del lavoro.

Paolo Del Debbio, Global: perché la globalizzazione ci fa bene, Mondadori, 2002


Martin Wolf, Perché la globalizzazione funziona

Il primo argomento usato contro la globalizzazione è che essa ha aumentato la povertà e la disuguaglianza nel mondo. Ebbene, dagli anni Ottanta il numero di persone povere è diminuito in modo sensibile. La Banca mondiale ritiene che la povertà sia diminuita del 9,5% negli anni Novanta; per Sala i Martì e per Bhalla, invece, le cifre sono maggiori, dal 13,1% fino al 23,1% durante l’ultimo decennio del millennio scorso.
E la disuguaglianza? Un indicatore impressionante è la crescita della classe media. Bhalla include nella classe media gli individui che hanno redditi che vanno da 3650 a 14600 dollari all’anno, misurati secondo la parità di potere d’acquisto relativamente ai prezzi del 1993. Secondo i calcoli, nel 1960 il 60% della classe media abitava in Occidente. Nel 2000, il 51% abita in Asia, Medio Oriente e Nord Africa.
In merito al benessere umano che dire? Nei paesi in via di sviluppo la speranza di vita è aumentata da 55 anni nel 1970 a 64 anni nel 2000, un indicatore che è migliorato persino nell’Africa subsahariana. L’alfabetizzazione e il consumo di cibo, tra l’altro, sono aumentati ugualmente in maniera considerevole. L’interazione tra stato e mercato dà luogo alla democrazia liberale moderna, senza dubbio il sistema migliore per gestire una società, i cui benefici devono essere estesi al maggior numero possibile di persone. Il problema, attualmente, è il difetto di globalizzazione e non l’eccesso. Una giusta combinazione di mercati liberali e di cooperazione a livello internazionale potrebbe dare grandi risultati.

Martin Wolf, Perché la globalizzazione funziona, Il Mulino, 2006

La globalizzazione | Per approfondire

La parola agli esperti: "perché no"

La polemica contro la globalizzazione è ricca di contributi che rispecchiano le posizioni più varie: dall'impostazione classica marxista a quella ambientalista, senza considerare le posizioni più influenzate da aspetti nazionalisti o quelle legate a interessi protezionistici (lobby di produttori agricoli ecc.).

L'argomento principale è quello degli squilibri economici che la globalizzazione accentuerebbe. Se, infatti, chi regola i processi di globalizzazione può decidere del destino di migliaia e perfino milioni di persone, gli individui spesso si trovano a dover accettare condizioni di vita e di lavoro che li rendono ancora più svantaggiati.

Ernesto Capobianco, Globalizzazione, rapporti civili e diritti della persona

Tuttavia, se da un lato l'espansione dei mercati vuol dire maggiori occasioni per attirare capitali, beni, servizi nell'ambito nazionale, dall'altro lato non si possono trascurare i pericoli a cui potrebbe indurre la globalizzazione economica: il rischio della emarginazione e della esclusione di molti paesi e realtà, nonché la sperequazione nella distribuzione e nell'utilizzazione delle risorse che determina l'arricchimento dei paesi già ricchi e il correlativo impoverimento dei paesi meno fortunati.

Ernesto Capobianco, "Globalizzazione, rapporti civili e diritti della persona", in A. Tarantino, R. Corsano, Diritti umani, biopolitica e globalizzazione, Giuffrè, 2006


Diego Fusaro, Che lingua parla il "pensiero unico"?

L’uso della lingua inglese è uno dei tanti imperativi a cui ci ha abituato la cosiddetta globalizzazione, ossia il nome pudico e “morbido” con cui ormai la manipolazione organizzata e l’industria della coscienza ci ha abituati a qualificare il monopolio della violenza organizzata capitalistica su scala planetaria. Anche in ciò, si vede nitidamente la contraddizione pienamente dispiegata dell’odierna società globale. Essa coarta i popoli e le culture ad adattarsi all’unico profilo omologato del consumatore e ad assumere la dimensione della produzione e dello scambio come orizzonte unico, assumendo come unica lingua consentita l’inglese operazionale dei mercati, dello spread e del nasdaq. E nell’atto stesso con cui compie quest’esiziale omologazione planetaria, costringendo i popoli e le culture a conformarsi a un unico modello, tesse senza tregua le lodi del pluralismo e del relativismo, del molteplice e del frammentario.

Diego Fusaro, "La dittatura dell'inglese", Lo Spiffero, 10/06/2013


Massimo L. Salvadori, Democrazie senza democrazia

Il processo di globalizzazione ha ridotto drasticamente la capacità degli Stati di mantenere sotto il proprio controllo l'organizzazione, la dislocazione e la distribuzione delle forze produttive; ha concentrato contemporaneamente enormi poteri nelle mani di ristrette oligarchie industriali e finanziarie internazionali, le quali hanno preso ad agire senza sottostare al potere sovrano di alcun parlamento e corpo elettorale e senza disporre di alcuna legittimazione democratica, e a dotarsi di possenti mezzi di informazione al fine di orientare l'opinione pubblica a favore dei loro interessi.

Massimo L. Salvadori, Democrazie senza democrazia, Laterza, 2009


Serge Latouche, Globalizzazione e decrescita

Il pensatore francese Serge Latouche, teorico della "decrescita" spiega perché, proprio nella difficile situazione attuale, sia ogni giorno più necessario effettuare scelte drastiche e affrontare, di conseguenza, percorsi di decrescita. Fra difficoltà e segnali incoraggianti, fra inerzia e cambiamento, Latouche illustra i cambiamenti occorsi negli ultimi anni, le vie da percorrere, gli scenari che si prospettano all'orizzonte. I momenti di crisi sono quelli in cui è più facile effettuare scelte radicali. Dalle scelte che riusciremo o non riusciremo a fare adesso, dipenderà gran parte del futuro del mondo.

GlossarioBiografie

Diritti umani

I diritti umani (riassunti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, del 1948) sono i diritti che i trattati internazionali garantiscono in linea di principio a ogni persona, indipendentemente dalla cittadinanza, dal sesso, dalla religione, dalla condizione sociale e da altri fattori di discriminazione.
Essi vanno al di là dei diritti del cittadino in quanto sono universali, inoltre non coincidono con quelli dei popoli, poiché appartengono in primo luogo all'individuo, anche quando, per loro natura, sono diritti che devono essere esercitati in forma collettiva (si pensi, ad esempio, al diritto di sciopero).


Etica

L'etica è il ramo della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che consentono di distinguere i comportamenti umani buoni, giusti e moralmente leciti da quelli ritenuti cattivi, dannosi e moralmente inaccettabili.


Etica delle responsabilità

Il concetto di responsabilità in filosofia fu definito già da Aristotele, che si interrogò sulla volontarietà delle azioni dannose.

L'etica delle responsabilità è stata poi definita, all'inizio del XIX secolo, da Max Weber, secondo il quale l'"etica della responsabilità" si esprime nella vita sociale: le conseguenze possibili delle proprie azioni vanno perciò accuratamente valutate in base al principio dell'«agire razionale rispetto allo scopo». 

Il concetto di etica delle responsabilità è stato infine esteso da Hans Jonas, in base al principio per il quale le nostre azioni vanno valutate per le conseguenze non solo nei confronti dei contemporanei ma anche di coloro che «non sono ancora nati» e verso l'intera biosfera. Il principio di responsabilità perciò si estende a ogni gesto dell'uomo, il quale deve tenere conto delle conseguenze future delle sue scelte e delle sue azioni.


Bauman

Bauman, Zygmunt

Zygmunt Bauman è nato in Polonia nel 1925.
Dal 1971 risiede in Inghilterra ed è professore emerito di sociologia all'Università di Leeds.
È uno dei più importanti studiosi della società contemporanea e si è occupato di aspetti come la modernità, l'Olocausto, la globalizzazione, il consumismo postmoderno.

Bernardini, Luca

Luca Bernardini collabora con l'ufficio stampa di Slow Food e si occupa di progetti di cooperazione internazionale.

Capobianco, Ernesto

Ernesto Capobianco è docente di diritto privato all'Università di Lecce, si è occupato di bioetica e più in generale delle tematiche legate ai diritti individuali.

Consorti, Pierluigi

Pierluigi Consorti è docente di diritto canonico e diritto ecclesiastico all'Università di Pisa ed è autore di numerosi testi in tema di migrazioni, pace e cooperazione.

Del Debbio

Del Debbio, Paolo

Paolo Del Debbio, giornalista e conduttore televisivo, è docente di Etica ed Economia all'Università IULM di Milano.

Francesco

Francesco

Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, è nato a Buenos Aires, in Argentina, nel 1936. Dal 13 marzo 2013 è il 266° papa della Chiesa cattolica: è il primo pontefice proveniente dal continente americano, nonché il primo ad appartenere alla Compagnia di Gesù.

Fusaro

Fusaro, Diego

Diego Fusaro è ricercatore di filosofia della storia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ed è autore di saggi dedicati a temi contemporanei della politica e dell'economia.

Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla (1920-2005) è stato il 264° papa della Chiesa cattolica. Eletto pontefice nel 1978, fu il primo pontefice polacco. È stato proclamato santo da papa Francesco il 27 aprile 2014.

Kulke

Kulke, Ulli

Ulli Kulke è nato in Germania ed è un giornalista esperto in materia scientifiche: collabora da da molti anni con Die Welt e si occupa principalmente di tematiche legate all'ambiente.

Latouche

Latouche, Serge

Serge Latouche, filosofo ed economista francese, ha pubblicato diversi lavori dedicati all'antropologia economica ed è noto per la sua campagna a favore della "decrescita felice".

Lattes, Andrea Yaakov

Andrea Yaakov Lattes è nato a Roma e insegna presso il dipartimento di storia ebraica dell'Università Bar Ilan di Tel Aviv.

Levi, Lucia

Lucia Levi fa parte del Gruppo di Studi Ebraici e collabora con il blog Ha Keillah (www.hakeilla.com).

Ramadan

Ramadan, Tariq

Tariq Ramadan è docente universitario a Oxford, scrittore e giornalista svizzero. Ramadan sostiene la necessità di interpretare correttamente i testi e la natura eterogenea dell'Islam.

Salvadori

Salvadori, Massimo Luigi

Massimo L. Salvadori è uno storico e politico, professore emerito di storia delle dottrine politiche all'Università di Torino, è autore di numerosi volumi storici dedicati in prevalenza all'Italia del XX secolo.

Wolf

Wolf, Martin

Martin Wolf è nato nel 1946 in Inghilterra, figlio di profughi ebrei, ed è considerato fra i più influenti economisti. Caporedattore di Financial Times, è autore di numerosi saggi e collabora con diverse istituzioni accademiche.

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Glossario Biografie

Diritti umani

I diritti umani (riassunti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, del 1948) sono i diritti che i trattati internazionali garantiscono in linea di principio a ogni persona, indipendentemente dalla cittadinanza, dal sesso, dalla religione, dalla condizione sociale e da altri fattori di discriminazione.
Essi vanno al di là dei diritti del cittadino in quanto sono universali, inoltre non coincidono con quelli dei popoli, poiché appartengono in primo luogo all'individuo, anche quando, per loro natura, sono diritti che devono essere esercitati in forma collettiva (si pensi, ad esempio, al diritto di sciopero).

Etica

L'etica è il ramo della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che consentono di distinguere i comportamenti umani buoni, giusti e moralmente leciti da quelli ritenuti cattivi, dannosi e moralmente inaccettabili.

Etica delle responsabilità

Il concetto di responsabilità in filosofia fu definito già da Aristotele, che si interrogò sulla volontarietà delle azioni dannose.

L'etica delle responsabilità è stata poi definita, all'inizio del XIX secolo, da Max Weber, secondo il quale l'"etica della responsabilità" si esprime nella vita sociale: le conseguenze possibili delle proprie azioni vanno perciò accuratamente valutate in base al principio dell'«agire razionale rispetto allo scopo». 

Il concetto di etica delle responsabilità è stato infine esteso da Hans Jonas, in base al principio per il quale le nostre azioni vanno valutate per le conseguenze non solo nei confronti dei contemporanei ma anche di coloro che «non sono ancora nati» e verso l'intera biosfera. Il principio di responsabilità perciò si estende a ogni gesto dell'uomo, il quale deve tenere conto delle conseguenze future delle sue scelte e delle sue azioni.

Bauman

Zygmunt Bauman

Zygmunt Bauman è nato in Polonia nel 1925.
Dal 1971 risiede in Inghilterra ed è professore emerito di sociologia all'Università di Leeds.
È uno dei più importanti studiosi della società contemporanea e si è occupato di aspetti come la modernità, l'Olocausto, la globalizzazione, il consumismo postmoderno.

Luca Bernardini

Luca Bernardini collabora con l'ufficio stampa di Slow Food e si occupa di progetti di cooperazione internazionale.

Ernesto Capobianco

Ernesto Capobianco è docente di diritto privato all'Università di Lecce, si è occupato di bioetica e più in generale delle tematiche legate ai diritti individuali.

Pierluigi Consorti

Pierluigi Consorti è docente di diritto canonico e diritto ecclesiastico all'Università di Pisa ed è autore di numerosi testi in tema di migrazioni, pace e cooperazione.

Del Debbio

Paolo Del Debbio

Paolo Del Debbio, giornalista e conduttore televisivo, è docente di Etica ed Economia all'Università IULM di Milano.

Francesco

Francesco

Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, è nato a Buenos Aires, in Argentina, nel 1936. Dal 13 marzo 2013 è il 266° papa della Chiesa cattolica: è il primo pontefice proveniente dal continente americano, nonché il primo ad appartenere alla Compagnia di Gesù.

Fusaro

Diego Fusaro

Diego Fusaro è ricercatore di filosofia della storia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ed è autore di saggi dedicati a temi contemporanei della politica e dell'economia.

Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla (1920-2005) è stato il 264° papa della Chiesa cattolica. Eletto pontefice nel 1978, fu il primo pontefice polacco. È stato proclamato santo da papa Francesco il 27 aprile 2014.

Kulke

Ulli Kulke

Ulli Kulke è nato in Germania ed è un giornalista esperto in materia scientifiche: collabora da da molti anni con Die Welt e si occupa principalmente di tematiche legate all'ambiente.

Latouche

Serge Latouche

Serge Latouche, filosofo ed economista francese, ha pubblicato diversi lavori dedicati all'antropologia economica ed è noto per la sua campagna a favore della "decrescita felice".

Andrea Yaakov Lattes

Andrea Yaakov Lattes è nato a Roma e insegna presso il dipartimento di storia ebraica dell'Università Bar Ilan di Tel Aviv.

Lucia Levi

Lucia Levi fa parte del Gruppo di Studi Ebraici e collabora con il blog Ha Keillah (www.hakeilla.com).

Ramadan

Tariq Ramadan

Tariq Ramadan è docente universitario a Oxford, scrittore e giornalista svizzero. Ramadan sostiene la necessità di interpretare correttamente i testi e la natura eterogenea dell'Islam.

Salvadori

Massimo Luigi Salvadori

Massimo L. Salvadori è uno storico e politico, professore emerito di storia delle dottrine politiche all'Università di Torino, è autore di numerosi volumi storici dedicati in prevalenza all'Italia del XX secolo.

Wolf

Martin Wolf

Martin Wolf è nato nel 1946 in Inghilterra, figlio di profughi ebrei, ed è considerato fra i più influenti economisti. Caporedattore di Financial Times, è autore di numerosi saggi e collabora con diverse istituzioni accademiche.

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