Uno dei problemi che il Regno d’Italia si trova ad affrontare fin dalla proclamazione dell’Unità è quello dell’analfabetismo, che in alcune zone del Paese riguarda allora più del 90% della popolazione. Il primo provvedimento adottato in tal senso è la Legge Casati, introdotta per la prima volta nel Regno di Sardegna (1859) ed estesa a tutta l’Italia nel 1861.
In base a quella legge, tutti i comuni sono tenuti a provvedere al funzionamento del primo biennio della scuola elementare; i comuni con più di 4000 abitanti hanno inoltre l’obbligo di offrire gratuitamente anche il secondo biennio di scuola. Solo nel 1877, però, con la promulgazione della legge Coppino, la frequenza scolastica diviene obbligatoria.
Da allora, il tasso di alfabetizzazione crescerà significativamente, anche se l’Italia resterà a lungo molto indietro rispetto alle nazioni europee più progredite. Particolarmente grave è la situazione del mezzogiorno, dove, ancora nel 1911, gli analfabeti rappresentano, in molte zone, più del 50% della popolazione.
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Crescita dell’alfabetizzazione in Italia tra il 1871 e il 1911