Il profeta Ezechiele

Il rotolo

Il putto e il volto del profeta
Il personaggio
Ezechiele (in ebraico
Yehezqel, "Dio è la mia forza"), nato a Gerusalemme nella seconda metà del VII secolo a.C., era di stirpe sacerdotale. La sua appartenenza a questa classe sociale è evidente dalla sua profonda conoscenza del cerimoniale e della topografia del Tempio, nel quale, forse, officiò personalmente. All’inizio dell’esilio, mentre si trovava a pregare presso il canale Chebàr, nelle vicinanze di Babilonia, ebbe la chiamata divina. Questo evento è rievocato nel primo capitolo del suo libro con un
incipit folgorante: «Il cinque del quarto mese dell’anno trentesimo, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del canale Chebàr, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine» (1, 1). Successivamente, Ezechiele si recò in un villaggio chiamato Tel-Aviv e iniziò la sua predicazione. Secondo la tradizione fu ucciso in Babilonia da un capo dello stesso popolo d’Israele, che il Profeta aveva biasimato a causa della sua idolatria.
Il Profeta, dopo la caduta di Gerusalemme, rincuora gli esuli e li prepara all’attesa della salvezza promessa da Dio. Ammonisce che l’esilio è la conseguenza del peccato e annuncia che Dio ricostituirà il suo popolo a patto che ciascuno riconosca la propria responsabilità personale con un totale rinnovamento interiore e di vita.
Malgrado l’importanza attribuita da Ezechiele alla dimensione sacerdotale, il profeta afferma l’assoluta trascendenza di Yahweh: in tutte le sue visioni evita accuratamente qualsiasi descrizione della divinità in sé.
Sul piano letterario, con Ezechiele la visione comincia ad affermarsi come il modo più diretto ed efficace per esporre il pensiero dell’autore. Nel suo libro le visioni sono quattro, assai ampie, uniformemente distribuite e caratterizzate da una fervida fantasia.
Si ritiene che il Libro di Ezechiele apra la strada al genere letterario apocalittico [la letteratura apocalittica offre una visione pessimista del presente, travolto da sofferenze e rovine, mentre è ottimista per l'avvenire, segnato dall'avvento del Regno di Dio]: usa come mezzi espressivi sogni e visioni che trovano corrispondenza nel Nuovo Testamento, in particolare nell’Apocalisse di san Giovanni.
Rimangono famose, per esempio, la visione del carro di Yahweh (cap. 1): i quattro «esseri animati» tetramorfi (uomo, leone, bue e aquila) che circondano il trono dell’Eterno (da questi la Chiesa ha tratto i simboli degli Evangelisti) sono ricordati con qualche variante anche nell’Apocalisse di san Giovanni.
Seguono la manducazione del rotolo divino (cap. 3): «“[…] nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo”. Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele». Il rotolo inghiottito lascia sì la bocca dolce, ma poi si rivela estremamente amaro, perché contiene il messaggio della fine del regno di Giuda e la distruzione di Gerusalemme e del Tempio.
Va ricordata anche l’intensa e drammatica visione del campo di ossa umane, che si riuniscono e riacquistano vita (cap. 37). Se per gli ebrei tale visione è simbolo della restaurazione nazionale, per i cristiani è chiaramente il simbolo della resurrezione della carne.
Di particolare interesse, infine, il celebre poema su Gog e Magòg (capp. 38-39): leggendarie popolazioni selvagge e sanguinarie ricordate con accenti terribili anche nell’Apocalisse di san Giovanni: «satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magòg, per adunarli per la guerra» (20, 7-8).
La parola del profeta
La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa;
mi fece passare tutt’intorno accanto ad esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai».
Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annunzia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore.
Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete.
Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete: Saprete che io sono il Signore».
Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre io profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’una all’altra, ciascuno al suo corrispondente.
Guardai ed ecco sopra di esse i nervi, la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro.
Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell’uomo e annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano».
Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi: erano un esercito grande, sterminato.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la gente d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti.
Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio e vi riconduco nel paese d’Israele.
Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio.
Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò».
Ezechiele 37, 1-14