James Tissot (1836-1902),
Il ritorno del figliol prodigo, 1862, olio su tela,
collezione privata.
L’artista colloca la parabola del figlio prodigo in un contesto urbano dalle caratteristiche medievaleggianti. Si notino, in alto a sinistra, i tipici archi rampanti di una cattedrale gotica, che insieme ai tetti aguzzi delle case sullo sfondo e il caratteristico rivestimento ligneo del ricco palazzo che domina la scena sulla destra, permettono di datare l’azione in una città nordeuropea verso i primi del XV secolo. Anche gli abiti dei personaggi, del resto, contribuiscono a puntualizzare questa inconsueta datazione, che ha la funzione di ricordare all’osservatore la perenne attualità della parabola di Gesù, la cui “morale” rimane valida, per così dire, in ogni tempo e in ogni luogo. L’opera è concepita come una vera e propria rappresentazione teatrale. Al centro si svolge la “scena madre”, l’incontro tra il figlio pentito e il padre misericordioso, che lo accoglie spalancando le braccia. Sulla scala d’accesso al ricco palazzo si radunano i membri della famiglia, tra i quali spicca, con l’abito rosso, il fratello maggiore. Sono testimoni della scena numerosi domestici, dal gruppo in primo piano sulla destra, tra cui il robusto taglialegna che interrompe il lavoro per osservare con sguardo severo il ragazzo pentito, al gruppo in secondo piano, con l’uomo che alzando le braccia al cielo replica in qualche modo il gesto di accoglienza del padre, fino ai passanti che, oltre il portone, si soffermano incuriositi a spiare quanto accade all’interno. Proprio a destra del portone, sul muro di fondo, si può notare un dettaglio importante: è una pittura murale, protetta dalle intemperie da una tettoia, che raffigura Gesù crocifisso. Il cerchio si chiude: il dipinto che stiamo osservando, raffigurante la parabola raccontata da Gesù nel vangelo di Luca, include in sé l’immagine stessa di Gesù nel destino glorioso della crocifissione, e la verità della Croce diventa in tal modo suggello alla verità della Parola.