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Sicurezza alimentare: garantire la sopravvivenza ai più deboli
Il cibo: radici e cultura
Sicurezza alimentare e globalizzazione
Gli OGM fra mito e realtà
Un cibo equo e sano per tutti

La sicurezza alimentare

Sicurezza alimentare: garantire la sopravvivenza ai più deboli

Il cibo: radici e cultura

Sicurezza alimentare e globalizzazione

Gli OGM fra mito e realtà

Un cibo equo e sano per tutti

Che cos'è la sicurezza alimentare?

Che cos'è la sicurezza alimentare?

La sicurezza alimentare, nel suo significato più ampio, indica la disponibilità costante e generalizzata di acqua e alimenti per garantire la sopravvivenza a un livello dignitoso. La sicurezza alimentare è intesa anche come la sicurezza igienico-sanitaria degli alimenti e dei mangimi animali, in particolare per quanto riguarda le produzioni industriali.

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Il dibattito sulla sicurezza alimentare caratterizza la seconda metà del XX secolo, anche in risposta alle gravi carestie che colpivano i Paesi più poveri.
Oggi, nonostante l'aumento del reddito globale, la situazione resta drammatica in molte aree del mondo e la sicurezza alimentare è tuttora fra le emergenze principali del Pianeta.
Lo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni consente, da un lato, di creare migliori condizioni per l'autosufficienza alimentare (è il caso, per esempio, dei progressi compiuti in materia di irrigazione), ma, d'altro canto, porta a uno sfruttamento sempre più intenso dell'ambiente, per soddisfare le esigenze alimentari della popolazione mondiale in costante aumento. Una delle conseguenze della globalizzazione [vedi Globalizzazione] (oltre all'omologazione alimentare, che spinge tutti a consumare i medesimi prodotti) è quella di impoverire ulteriormente le popolazioni più deboli, che si vedono private in gran parte delle risorse naturali di cui dispongono, come avviene ad esempio per molte genti che sopravvivono grazie alla pesca, sempre più dominata dalle grandi società dei Paesi ricchi.

Oltre agli aspetti legati alla lotta alla fame nel mondo e per lo sviluppo sostenibile [vedi Sviluppo sostenibile], la sicurezza alimentare oggi interessa anche aspetti qualitativi, come testimonia ad esempio l'acceso dibattito che riguarda gli OGM: se, da un lato, molti li considerano la risposta al problema della fame nel mondo, altri, invece, li ritengono potenzialmente dannosi per l'ambiente naturale e per l'uomo.

Il tentativo di rispondere alle sfide della sicurezza con un approccio sostenibile, invece, anima i sostenitori dell'agricoltura organica e i produttori di alimenti “biologici”, un settore in forte sviluppo nonostante la crisi economica globale.

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SICUREZZA ALIMENTARE:

una sfida complessa e globale

AMBITI COINVOLTI

Sicurezza alimentare e diritti umani

La Chiesa a fianco dei più deboli

Ambiente e biodiversità

Gli OGM: le vie della scienza alla sicurezza alimentare

LA POSTA IN GIOCO

Una duplice sfida: contro la fame e per lo sviluppo sostenibile

SICUREZZA ALIMENTARE: una sfida complessa e globale

Sicurezza alimentare e diritti umani

La Chiesa a fianco dei più deboli

Ambiente e biodiversità

Gli OGM: le vie della scienza alla sicurezza alimentare

Una duplice sfida: contro la fame e per lo sviluppo sostenibile

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La sicurezza alimentare

Perché è un problema etico

Data la crescita costante della popolazione mondiale, la sicurezza alimentare è un tema di estrema attualità, anche alla luce degli importanti cambiamenti legati alla globalizzazione [vedi Globalizzazione]: si pensi ad esempio al ruolo svolto dai trasporti  [vedi Trasporti] nel rivoluzionare il mercato agroalimentare, o alla crescente influenza delle grandi compagnie multinazionali sulla vita economica dei paesi più poveri e dei piccoli agricoltori.

Il problema della sicurezza alimentare è legato anche al tema dei diritti umani, come risulta evidente nel caso dei sempre più numerosi conflitti armati locali che spingono molte popolazioni a vivere in condizioni al limite della sopravvivenza alimentare e, in alcune aree più sfortunate, hanno addirittura peggiorato le già drammatiche condizioni croniche di carestia.

Su questo tema la voce della Chiesa, oltre a quella di numerosissime organizzazioni civili e religiose, esprime solidarietà attiva ai più deboli, ma l'impegno sociale a favore dalla sicurezza alimentare oggi riguarda anche i paesi sviluppati, a causa degli effetti della crisi economica che determinano l'aumento della povertà.

La sicurezza alimentare è correlata poi al tema dell'ambiente, che subisce stress rilevanti e danni alla biodiversità.

È significativo inoltre il vivace dibattito intorno agli OGM o sull'agricoltura "biologica", sostenuta da movimenti che legano l'alimentazione ai territori e alle radici culturali dei popoli, nel tentativo di respingere l'omologazione globale dei consumi. 

Oggi la sfida in materia di sicurezza alimentare è centrata su due assi: da un lato sconfiggere la fame nel mondo, sradicandone le cause ma soprattutto offrendo immediato sostegno alle popolazioni interessate, dall'altro riuscire a nutrire tutti con cibi sani secondo pratiche di sviluppo sostenibile [vedi Sviluppo sostenibile].

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Il mito del cibo salutare

Monica Panetto

Gli alimenti biologici hanno crescente successo, ma intorno a essi crescono diversi miti privi di fondamento scientifico. L'autrice fa il punto ricorrendo ad alcuni esempi che dimostrano l'importanza di fornire una chiara informazione ai consumatori in materia di agricoltura biodinamica.

Pochi giorni fa, a Norimberga, l’Italia ha fatto la sua bella figura. Il contesto era la fiera mondiale del biologico, Biofach, e il merito quello di piazzarsi prima in Europa per esportazione di prodotti bio.
Nonostante, infatti, i consumi alimentari convenzionali siano calati del 3,7% nei primi sei mesi del 2013, stando a un’indagine della Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica (firab), il consumo di cibo biologico nel nostro Paese è aumentato dell’8,8%. Con poco meno di 50.000 produttori, impegnati su 1,2 milioni di ettari di terreno (il 9% della superficie totale), il settore muove un giro d’affari di oltre tre miliardi di euro. A livello mondiale l’Italia nel 2010 era al terzo posto, dopo Canada e Stati Uniti, come produttore di cereali biologici.

Nel settore bio l’Italia inizia proprio come Paese esportatore, con un fatturato oltre frontiera che, secondo le ultime stime, è di 1,2 miliardi di euro. In Europa, il principale acquirente è la Germania (42%), dove le nostre aziende esportano principalmente ortofrutta, sia fresca che trasformata, vino, olio d’oliva e pasta; seguono la Francia (14%) e la Gran Bretagna (8%). Anche la domanda interna non è da meno, con una crescita di quasi l’8% negli anni della crisi economica.
Secondo un sondaggio promosso dall’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (aiab), Coldiretti e Legambiente, la scelta dei prodotti biologici è dovuta principalmente a motivi di salute, alla volontà di evitare prodotti chimici e a ragioni etiche e di rispetto dell’ambiente.
Eppure sembra che cibo biologico non significhi necessariamente cibo più sano e sicuro. «L’idea che l’agricoltura biologica non faccia uso di pesticidi non è corretta», sottolinea Dario Bressanini, del Dipartimento di Scienze Chimiche e Ambientali dell’Università dell’Insubria e autore, tra gli altri, di Pane e bugie. Se, infatti, la normativa prevede che non si utilizzino prodotti di sintesi, ciò non toglie che ne vengano usati altri di origine naturale, come la famiglia di molecole piretrine, il rotenone, lo spinosad, una sostanza prodotta dai batteri. Prodotti che possono comunque avere un impatto ambientale da non trascurare. Il rotenone, per esempio, è in via di eliminazione dai protocolli di coltivazione biologica proprio per la sua tossicità.

Ciò che invece è stato rilevato è una minor quantità di residui di pesticidi sui prodotti biologici (quasi il 99% sono risultati conformi ai limiti di legge, contro il 96% dei convenzionali).
«Il fatto che un alimento sia o non sia “naturale” - scrive Bressanini in Bugie nel  carrello - non ha niente a che vedere con le sue proprietà salutistiche. Smettiamo di brandire questo termine come una clava per chiudere i discorsi invece che approfondirli». Il 99,9% delle sostanze chimiche che ingeriamo sono naturali. E spiega, per esempio, che  il basilico giovane contiene metileugenolo, un sospetto cancerogeno per l’uomo e così pure il caffè possiede molecole che risultano cancerogene per i topi. Questo non significa che non si debba più mangiare pesto, perché è la quantità a incidere sulla tossicità: nel caso del basilico, per un effettivo aumento delle probabilità di contrarre un tumore sarebbe necessario consumarne ogni giorno ad ogni pasto.
In secondo luogo, i prodotti biologici non hanno, come credono alcuni, migliori proprietà nutrizionali rispetto ai prodotti convenzionali. A stabilirlo nel 2010 è stato un rapporto commissionato dalla Food Standard Agency britannica, che dimostrava come non vi fosse alcuna differenza nel contenuto di nutrienti tra gli uni e gli altri, salvo alcune eccezioni come i cereali biologici più poveri di proteine e i pomodori più ricchi di vitamina c. Di conseguenza, nessun maggiore effetto benefico sulla salute. Nel 2012 anche un gruppo di ricercatori dell’università di Stanford giunse alle stesse conclusioni.
Anche quando si parla di maggiore sicurezza dei prodotti biologici andrebbe fatta qualche precisazione. Nel blog La scienza in cucina Bressanini sottolinea che la certificazione biologica di un prodotto garantisce che siano rispettate le normative e i regolamenti (che non vengano utilizzati, per esempio, fertilizzanti di sintesi). Si tratta, tuttavia, di una certificazione del processo di produzione e non dell’alimento finale. Che, peraltro, anche il cibo prodotto in modo convenzionale possiede.
Sicuramente la coltivazione biologica preserva una maggiore biodiversità, garantisce mediamente maggiori vantaggi di tipo ambientale, le sostanze utilizzate sono mediamente meno tossiche. Ma gli aspetti legati alla sostenibilità ambientale non sarebbero sufficienti a spingere il consumatore verso il biologico, se il marketing del prodotto non insistesse su aspetti salutari che, in realtà, non sono scientificamente provati e non giocasse sull’idea (scorretta) che “naturale” sia sinonimo di sano. Questo perché la presentazione del prodotto e l’idea che il consumatore ha di un determinato alimento possono influenzare la sua percezione sull’effettiva qualità del cibo.

A dimostrarlo è anche uno studio condotto in Svezia nel 2005: 480 persone sono state poste di fronte a quattro tipi di pane, ognuno dei quali accompagnato da un foglio che ne illustrava le proprietà. Ebbene, benché la descrizione non corrispondesse al pane assaggiato, gli individui sottoposti al test tendevano a preferire il prodotto in cui si indicava una farina di provenienza biologica, nonostante magari il pane fosse di altro tipo.

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Copertina

La definizione

Il problema

Il fatto

La sicurezza alimentare:

  • riguarda soltanto i Paesi poveri

  • è un problema causato esclusivamente dalla sovrappopolazione

  • riguarda, con caratteristiche specifiche, tutti i Paesi del mondo

  • riguarda gli aspetti igienico-sanitari dell'alimentazione

3

Gli OGM sono:

  • organismi modificati a livello genetico

  • organismi ottenuti incrociando specie diverse

  • cibi prodotti biologicamente

  • organismi che si sviluppano soltanto in laboratorio

1

La Chiesa Cattolica:

  • è contraria all'uso di qualsiasi alimento OGM

  • li ritiene una valida opzione, purché sulla base di principi di prudenza

  • li ritiene la principale soluzione alla fame nel mondo

  • li ammette soltanto per i prodotti vegetali

2

L'agricoltura biologica:

  • fa largo uso di OGM e pesticidi

  • non ammette l'uso di OGM

  • è un settore in rapido declino in tutto il mondo

  • è praticata soltanto nei Paesi occidentali

2

Domande per riflettere

  • Che cosa si può fare per dare anche noi un contributo alla sicurezza alimentare?

  • Per esempio, che cosa si ottiene consumando solo verdura di stagione e prodotta nella zona in cui viviamo?
    Discutete con l'aiuto dell'insegnante.

  • Che effetti ha la globalizzazione sulle abitudini alimentari?

  • Confrontate uno dei vostri menu di tutti i giorni con quello dei vostri genitori e dei vostri nonni. Che differenze notate?

  • Completate la ricerca con una breve intervista sulle differenze del consumo alimentare nel tempo.

  • Che cosa sapete sugli ogm?

  • Raccogliete informazioni con l'aiuto degli insegnanti e preparate una breve scheda “tecnica” riassuntiva.

  • Molto cibo va sprecato: quali iniziative si possono organizzare per evitare gli sprechi?

  • Conoscete, per esempio, iniziative come il Banco Alimentare?

Dilemmi per discutere

La sicurezza alimentare:

“Dipende dagli OGM, che aiutano a produrre maggiori quantità”

“Dipende da consumi più razionali, dall'eliminazione degli sprechi”

Gli ogm:

“Devono essere studiati senza pregiudizi”

“Sono sicuramente pericolosi”

Gli sprechi di cibo:

“Sono inevitabili, perché riciclare il cibo costa troppo”

“Possono essere ridotti adottando comportamenti semplici e razionali”

La fame nel mondo:

“Può essere affrontata soltanto dai politici, a livello mondiale”

“Può essere combattuta da ognuno di noi, anche con piccoli gesti”

Fare il punto

Riflettere

Discutere

La sicurezza alimentare | Per approfondire

Che cosa dice la Legge

Il tema della sicurezza alimentare è di estrema attualità e presenta diversi aspetti complessi, regolati spesso in modo diverso a livello nazionale, come nel caso dell'uso agricolo di OGM e di gran parte delle particolari disposizioni in materia igienico-sanitaria.
A livello globale, è importante l'azione esercitata dalle Nazioni Unite attraverso l'agenzia specializzata FAO, che ha l'obiettivo di promuovere lo sviluppo agroalimentare in risposta alle situazioni critiche che ancora interessano molte aree del Pianeta.

FAO Summit Mondiale 2009, I cinque principi della sicurezza alimentare

1) Sostenere la responsabilità dei governi nazionali e la necessità di investire in piani di sviluppo gestiti direttamente dai Paesi interessati; 

2) Sostenere un maggiore coordinamento tra strategie nazionali, regionali e globali, promuovere una migliore distribuzione delle risorse, evitare una duplicazione degli sforzi; 

3) Approccio “a doppia corsia”, e cioè rispondere all'emergenza alimentare immediata, ma preparare anche misure di sviluppo di medio e lungo termine per affrontare le cause di fondo di povertà e malnutrizione; 

4) Vigilare affinché il sistema multilaterale svolga un ruolo centrale grazie a miglioramenti continui dell'efficienza, della reattività, del coordinamento e dell'efficacia delle istituzioni multilaterali. In questo quarto punto viene affrontata anche la questione della riforma della FAO, un organismo che molti Paesi vorrebbero meno elefantiaco e burocratico, più orientato verso il raggiungimento dello scopo finale di aiutare le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. 

5) Garantire un impegno sostenuto e sostenibile da parte di tutti i partner a investire nell'agricoltura e nella sicurezza alimentare in maniera tempestiva e affidabile, con la messa a disposizione delle risorse necessarie nel quadro di piani e programmi biennali.

La sicurezza alimentare | Per approfondire

Il parere della Chiesa Cattolica

La Chiesa Cattolica presta grande attenzione a tutti i temi  legati agli sviluppi scientifici più recenti, oltre a dare da sempre voce ai poveri della Terra e a prestare assistenza diretta alle popolazioni che soffrono la fame. L'attenzione ai temi più attuali è esemplificata dal brano riportato di seguito e dedicato agli OGM.

Pontificia Accademia delle Scienze, La ricerca transgenica per la sicurezza alimentare

Per un credente, il punto di  partenza della visione cristiana è il concetto dell’origine divina dell’uomo, soprattutto per via della sua anima, che spiega il compito che Dio gli dà di governare tutto il mondo delle creature viventi sulla Terra, tramite il lavoro al quale dedica la forza del suo corpo, guidato dalla luce dello Spirito. In questo modo, gli esseri umani diventano gli amministratori di Dio, sviluppando e modificando gli esseri naturali per trarne sostentamento, grazie all’applicazione dei diversi metodi di perfezionamento. Perciò, per quanto limitata sia l’azione degli esseri umani nel cosmo infinito, nonostante tutto, essi partecipano al potere di Dio e sono capaci di costruire il loro mondo, vale a dire un ambiente adatto alla loro doppia vita, corporale e spirituale, alla loro sussistenza e al loro benessere.
Le nuove forme umane d’intervento sul mondo naturale non dovrebbero quindi essere considerate contrarie alla legge naturale che Dio ha partecipato alla Creazione. Infatti, come ha detto Paolo VI alla Pontificia Accademia delle Scienze nel 1975, da un lato, lo scienziato deve lealmente interrogarsi sull’avvenire terrestre dell’umanità e  – da uomo responsabile  – concorrere a prepararlo, a preservarlo per la sussistenza e il benessere ed eliminarne i rischi. Dobbiamo perciò esprimere solidarietà con le generazioni presenti e future come forma di amore e di cristiana carità. Dall’altro, lo scienziato deve anche essere animato dalla fiducia che la natura nasconda delle possibilità segrete, che spetta all’intelligenza umana scoprire e mettere in atto, per raggiungere quel livello di sviluppo che è nel disegno del Creatore. 
L’intervento scientifico, quindi, dovrebbe essere visto come sviluppo della natura fisica o vegetale/animale a beneficio della vita umana, allo stesso modo in cui «molte disposizioni utili alla vita umana sono state aggiunte al di sopra e al di là della legge naturale, sia dalla legge divina che dalle leggi umane».

La sicurezza alimentare | Per approfondire

Il parere delle diverse religioni

 


Gianfranco Di Segni, Perché la patata OGM è kasher

Gli OGM pongono problemi dal punto di vista ebraico? Una possibile questione è di ordine teologico (ammesso che tale termine sia appropriato parlando di patate).
Abbiamo noi il diritto di intervenire nella natura? In effetti, non ogni azione è lecita: la Torah  proibisce una serie di “mescolanze” (kiláyim), come la creazione di specie animali ibride (per esempio, è vietato far accoppiare cavalle e asini per far nascere muli) o l’innesto di una pianta su un’altra di specie diversa.
La Torah non spiega il significato di questi divieti, ma generalmente essi vengono interpretati come un’indicazione che non si debba sovvertire l’opera del Creatore. Sulla base di queste norme, c’è chi ha voluto proibire l’ingegneria genetica quando è rivolta a produrre organismi transgenici, in cui un gene di un particolare organismo biologico viene inserito in un’altra specie.
Tuttavia, secondo la maggior parte dei rabbini, la produzione di OGM non rientra nella proibizione del kiláyim. Dopo tutto, non tutte le mescolanze sono proibite, ma solo quelle esplicitamente indicate dalla Torah o dal Talmud .
Inoltre, negli OGM non si “mescola” un organismo intero con un altro, ma ci si limita a prelevare una minima porzione del DNA di una specie per introdurla in un’altra, senza con ciò trasformarla in una specie diversa.

La sicurezza alimentare | Per approfondire

La parola agli esperti: "perché sì"

Le politiche agroalimentari sono al centro di un vivace dibattito che tiene conto di molte, complesse dimensioni, da quelle legate all'ambiente all'economia, in un quadro di riferimento internazionale, profondamente segnato dalle sfide e dalle questioni etiche poste dalla globalizzazione [vedi Globalizzazione] e dal continuo progresso scientifico.

Riportiamo di seguito alcuni brani che testimoniano le preoccupazioni di fronte alla persistenza del fenomeno della fame nel mondo, all'introduzione in agricoltura degli OGM e alla perdita di specificità dei sapori e dei valori gastronomici locali, aspetti diversi ma in relazione fra loro, che testimoniano la ricchezza e l'importanza di questo tema.

FAO, Le cifre della sicurezza alimentare

Ben 842 milioni di esseri umani (2011-2013), ovvero circa una persona su 8, sono malnutriti e soffrono di una cronica carenza di cibo, che impedisce loro di svolgere una vita attiva. Il miglioramento c’è, rispetto agli 868 milioni del biennio precedentemente considerato (2010-2012), e ancora di più rispetto al 1990-1992 (con un meno 17%, erano 960 milioni circa).

Ma se le cifre sono di segno positivo, non si può in ogni caso dimenticare la tragedia che continua. E la FAO precisa che se il ritmo di marcia rimarrà come l’attuale, entro il 2015 potranno ancora essere raggiunti gli obiettivi del Millenium Development Goal 1 (sradicare la povertà estrema e la fame), che consiste nel dimezzare le persone che soffrono di fame entro il 2015 e a partire dal 1990. Significherebbe quindi arrivare a 470 milioni di persone. Cifra impegnativa e che richiede sforzi aggiuntivi.

Differenze regionali
Il rapporto si focalizza anche sulle differenze   ̶  sensibili   ̶  che esistono tra diverse aree: se l’Africa Sub-sahariana continua a essere la regione con la più alta prevalenza di malnutriti, e solo modesti progressi, anche l’Asia Occidentale non migliora. Mentre il Nord Africa e l’Asia meridionale faticano. I migliori avanzamenti per contro arrivano dall’Est e dal Sud asiatico e dall’America Latina.

A livello di continenti, l’Africa è passata da un 27,3% ad un 21,2% di malnutriti. Nonostante questo, le percentuali aiutano poco: se la popolazione cresce molto (da 634 milioni nel 1990 a un miliardo oggi), crescono anche i malnutriti. E così, in Africa si è passati da 177 a 226 milioni di denutriti dal 1990 al 2013: effetti di prospettiva. Peggiorata anche  l’Asia Occidentale, passata da 8,4 a 20, 6 milioni di denutriti (in percentuale, dall’8,4% al 20,6%).
Per contro l’America Latina migliora sia la condizione relativa che assoluta, passando da 65,7 a 47 milioni di denutriti o se si preferisce, dal 14,7% al 7,9%.

Le diverse dimensioni della sicurezza alimentare
Non a caso il sottotitolo del Rapporto è Le dimensioni multiple della sicurezza alimentare: che segnatamente sembrano essere legate alla disponibilità del cibo (produzione sufficiente), all’accesso (la sua presenza al destinatario), all’utilizzo (congruo rispetto ai fabbisogni) e infine alla stabilità (la dimensione a lungo termine della disponibilità alimentare).

La disponibilità è condizione necessaria ma non sufficiente. Sebbene l’offerta alimentare di calorie sia cresciuta nel mondo, con disponibilità energetica maggiore, il rischio è avere un’offerta calorica senza poi nutrizione vera. O semplicemente, produzione che non sfama perché non arriva alle persone.
Serve quindi introdurre la dimensione dell’accesso. Che è sia fisico che economico. Il primo è legato alla qualità delle infrastrutture, della logistica e dei trasporti [vedi Trasporti] (porti, strade, strutture di conservazione, magazzinaggio e distribuzione adeguate). Il secondo, ai prezzi e al reddito effettivo. La povertà diventa, quindi, un indicatore sensibile dell’accesso alimentare e come tale va ridotta.
L’utilizzo, infine, riguarda la presenza di una qualità alimentare sufficiente rispetto ai fabbisogni, in primis dei gruppi più sensibili (bambini). Infine, la stabilità, misurata da superficie irrigabile (e quindi, si presume, meno soggetta a shock climatici) e dalla quota di importazioni alimentari sul totale.
Tutti e quattro questi aspetti sembrano di fondamentale rilevanza al momento di sconfiggere la mancanza di cibo. Intanto, è stato sviluppato un Indicatore della Insicurezza Alimentare nel Mondo, intesa come un rapporto delle esportazioni alimentari sulle importazioni e tenuto conto della produzione interna alimentare. L'Italia, purtroppo, sta peggiorando la propria condizione.
Le strategie per raggiungerla, allora, devono necessariamente   ̶  continua la FAO   ̶  riguardare politiche tese a favorire la produttività e garantire al disponibilità di cibo, soprattutto a partire dai piccoli produttori. L’idea - e da un po’ di tempo comincia ad affermarsi - allora non è quella di puntare su “mega-tecnologie” come OGM o su massicci piani di aiuti dell’alimentazione, bensì di favorire lo sviluppo di capacità dei piccoli produttori. Il buon funzionamento delle istituzioni è quindi centrale per governare sia i processi produttivi che distributivi e di accesso-distribuzione.

Lo spreco
Lo spreco alimentare rimane, comunque, una delle cause di denutrizione, in quanto va a colpire direttamente l'accesso al cibo, limitandolo. Nel  mondo, il valore dello spreco è pari a 750 miliardi di dollari annui, per circa 1/3 di tutte le forniture alimentari, pari a 1,3 miliardi di tonnellate. Uno scandalo enorme, visto che nemmeno si tratta di aumentare la produzione, ma più semplicemente di non perderla.  In Italia, ogni concittadino “butta” 76 kg di cibo ogni anno, pari a 5 milioni di tonnellate, per 18,5 miliardi di euro.


Vandana Shiva, Gli OGM non salveranno il mondo dalla fame

I prodotti OGM sono stati inizialmente presentati all'opinione pubblica mondiale come una valida soluzione per risolvere i problemi di malnutrizione e sottonutrizione che affliggono cronicamente alcune aree del Pianeta. Ritiene che questa posizione possa ancora essere sostenuta dall'industria mondiale degli OGM? 
L'ingegneria genetica non può risolvere il problema della fame. L'unico motivo per il quale si stanno diffondendo sementi geneticamente modificate è perché l'industria delle biotecnologie ha il monopolio sulla fornitura di sementi e non permette di vendere liberamente sul mercato semi Ogmfree in alcune aree del Pianeta. Tuttavia, la falsa propaganda che i prodotti ogm possano essere una soluzione per la fame oggi è sempre più sbugiardata in tutto il mondo.

L'Europa ha mantenuto un atteggiamento cauto verso i prodotti OGM in questo periodo, ma ora ci sono alcune aperture verso i prodotti OGM (la patata Amflora di Basf, le carni di animali geneticamente modificati sono considerate sicure per l'alimentazione umana). Qual è la sua opinione circa la posizione del Vecchio Continente? 
La maggior parte dei cittadini europei e 50 regioni d'Europa hanno fatto capire chiaramente che vogliono far diventare l'Europa come una grande zona Ogmfree. Naturalmente la lobby dell'industria biotecnologia ha cercato di influenzare alcuni funzionari e i politici, stringendo un rapporto stretto anche con le agenzie preposte alla sicurezza alimentare che stanno avendo un atteggiamento più morbido verso gli OGM. Credo che le decisioni di un'agenzia non dovrebbero essere intese come le decisioni del popolo europeo, che dovrà continuare a far sentire la propria voce. 

Qual è il ruolo delle catene distributive internazionali rispetto alla diffusione di prodotti geneticamente modificati? Pensa che una politica distributiva basata sull'Ogmfree possa essere un vantaggio competitivo per un retailer in Europa? Molte ricerche mostrano che gli europei non vogliono gli OGM nei loro pasti quotidiani e le persone che vivono in Europa oggi sono più preoccupate per i prodotti biologici e la biodiversità di alcuni anni fa: è possibile che un nuovo approccio verde al mercato da parte dei distributori possa far passare in secondo piano i prodotti geneticamente modificati? 
Il potenziale dei cittadini si traduce nel potere di influenzare il commercio indirizzando le proprie scelte su determinati prodotti. A loro volta, le catene distributive possono modificare le loro politiche commerciali nei confronti del settore primario, scegliendo prodotti OGM o Ogmfree proprio in virtù della battaglia portata avanti dai cittadini. Quello del cittadino/consumatore è un potenziale molto concreto e il fatto che molte regioni si sono già dichiarate Ogmfree è il risultato di tale pressione. Poiché l'alimentazione determina la nostra salute e il benessere, le persone stanno cercando sempre più cibo buono e sano e stanno diventando sempre più consapevoli dei rischi connessi agli OGM, soprattutto dei pericoli derivanti dall'annientamento della biodiversità

Lei afferma sempre che globalizzazione [vedi Globalizzazione] e prodotti OGM sono due facce della stessa medaglia, usando l'immagine di un pomodoro immarcescibile che può rimanere per settimane o mesi su una nave e sugli scaffali in un supermercato senza alcun problema di conservazione. Pensa che agricoltura italiana e il mercato italiano abbiano realmente bisogno di prodotti geneticamente modificati? 
L'Italia ha ripetutamente dimostrato che non vuole coltivare e consumare prodotti geneticamente modificati. L'agricoltura del vostro Paese ha una lunghissima tradizione di qualità e ha ottimi pomodori freschi e saporiti, la base della cucina conosciuta in tutto il mondo. Perché mai andarsi a imbarcare in un'avventura basata sulla finzione, che fa sembrare fresco il pomodoro all'esterno e marcio e privo di vita all'interno?


Carlo Petrini, Alle radici del gusto

Che cosa non va nel nostro modo di alimentarci?
L’industrializzazione ha fatto precipitare la qualità dei prodotti e non rispetta né la biodiversità né gli ecosistemi. L’agricoltura consuma troppa acqua e noi mangiamo troppa carne. Ma il problema più grande è la perdita del valore simbolico dei cibi. Sono diventati commodities, cioè beni di consumo senza anima.

Come agisce Slow Food sul territorio?
I tre princípi di Slow Food e Terra Madre, la nostra rete presente in 163 Paesi, sono “buono, pulito e giusto”. Il “buono”... va da sé. Il “pulito”: rispettare gli equilibri della Terra. Il “giusto”: giustizia sociale per gli agricoltori che stanno per scomparire ovunque. Se l’ottimo riso che stiamo mangiando è stato raccolto da lavoratori in nero sfruttati come schiavi, questo mi disgusta.

In origine Slow Food non era un club di gastronomi?
Slow Food è nato nel 1989 nel foyer dell’Opéra-Comique di Parigi, non lontano da dove è vissuto Brillat-Savarin. Allora si chiamava il Movimento Internazionale per la Tutela del Diritto al Piacere. È vero che noi eravamo sulla gastronomia pura. Ma oggi il solo ritorno ostentato alla tradizione culinaria non è altro che il lato opulento e autoreferenziale della mercificazione del cibo. Una pornografia alimentare. Questo mi rappresenta solo una mortificazione dei sensi!

La globalizzazione [vedi Globalizzazioneè l’origine di tutti i mali?
Dipende da come viene utilizzata. Fa paura quando si mette al servizio dei forti per strangolare i deboli. Ma Slow Food è frutto della globalizzazione. Noi non siamo contro l’industria alimentare, se essa è virtuosa. Lavazza, che ha una linea di caffè facente parte del commercio equo, è presente al Salone del Gusto. Detto questo, l’industria alimentare non ha bisogno di difensori. Io sono dalla parte dei deboli, dei piccoli.

Pro o contro gli OGM?
Contro. Ci sono le incognite scientifiche. Ricordiamoci la vicenda della mucca pazza. Le culture OGM necessitano di enormi quantità d’acqua e pongono il problema della proprietà delle sementi. E perché sacrificare l’aglio d’Albi, le lenticchie di Saint-Flour o il bue charolais a vantaggio di produzioni standardizzate e insipide?

Mangiare bene non è un lusso osceno quando quasi 2 miliardi di persone sono sottoalimentate o muoiono di fame?
Bisogna uscire da questa schizofrenia. Il buono non genera carestia. Produciamo sulla Terra abbastanza per nutrire 12 miliardi di persone, ma ne sprechiamo la metà. A causa di una distribuzione pessima. A causa della sovrapproduzione, spesso dopata dai sussidi che fanno precipitare i prezzi portando alla distruzione degli stock o, peggio, alla distribuzione gratuita per il Terzo Mondo. Questo meccanismo perverso uccide gli agricoltori locali. Basta aprire i nostri frigo: sono diventati delle tombe alimentari, delle anticamere di discariche pubbliche.

Quale abitudine alimentare individuale propone?
Mangiare è un atto “agricolo”. Il consumatore non deve essere più passivo. Deve sapere da dove vengono i prodotti, evitare quelli che provengono da lontano, rispettare le stagioni e saper pagare il giusto prezzo. Diventare una sorta di coproduttore.

La sicurezza alimentare | Per approfondire

La parola agli esperti: "perché no"

Il dibattito sulla sicurezza alimentare è caratterizzato anche da voci che, senza negare l'urgenza e l'importanza del problema, sottolineano i limiti degli approcci più “catastrofisti”, tendenti, per esempio, a diffidare delle applicazioni più innovative di metodi e procedimenti scientifici, come nel campo agroalimentare. Nei brani scelti, Pierdomenico Perata sostiene le ragioni della scienza contro i nemici dell'impiego agricolo di OGM; altri studiosi hanno invece sottolineato i miti, gli aspetti ideologici legati alla dimensione culturale dell'alimentazione, come nel caso di Parente, che indaga e dimostra le origini antichissime del concetto di fast food, o di Luca Simonetti, che ha rieletto con garbata ironia la storia di Slow Food.

Pierdomenico Perata, L'unico nemico è il terrorismo pseudo-scientifico

C’è fastidio e rassegnazione nelle parole di Pierdomenico Perata, che sorride al ricordo di quel soprannome con cui la scienza motteggia l’atteggiamento con cui i media guardano agli OGM: organismi giornalisticamente modificati. Nel clima di sospetto che verte attorno ai cibi transgenici la stampa ha giocato un ruolo chiave: «Ai giornalisti piace inventare titoli a effetto. E così nascono anche leggende che non esistono, come la “fragola-pesce”, o la storia che i semi OGM sarebbero sterili».

Eppure, tra ricercatori, scienziati e biotecnologi il fronte sembra compatto nel guardare con favore agli OGM.
Tutte le accademie scientifiche nazionali hanno preso posizione: non esiste un problema OGM a livello scientifico. Ormai non sono considerati una minaccia per la salute delle persone o dell’ambiente, su questo proprio non c’è più dibattito. Può starci invece la considerazione che a ciò debba fare seguito una liberalizzazione del commercio di questi prodotti, ma non si capisce perché la politica deve offrire pseudo-ragioni scientifiche per supportare la propria obiezione agli OGM, e non possa usare invece argomentazioni politiche. È scorretto trasmettere un’immagine di pericolo all’opinione pubblica per giustificare queste scelte politiche. Forse, a livello economico, non conviene aprire agli OGM, o forse sì, però sta qui il punto del dibattito.

A fine novembre sul “Corriere della Sera” gli Accademici dei Lincei lanciavano l’allarme: il no italiano agli OGM mette in pericolo l’economia italiana.
Sì, e il primo danno è per gli agricoltori: molti, specie nel Nord Italia, dicono che coltivare OGM sarebbe un grande vantaggio per loro. D’altronde, c’è un motivo per cui alcuni Organismi Geneticamente Modificati, penso al mais bt o alla soia, hanno avuto un enorme successo a livello planetario. Non vengono attaccati dagli insetti, consentono pratiche agricole più agevoli. Impedire ai nostri agricoltori di sfruttare queste tecnologie significa metterli in una posizione di inferiorità competitiva rispetto a quelli degli altri Paesi. Il fatto che la soia è comunque necessaria per l’alimentazione del bestiame, innesta un corto circuito: in Italia non coltiviamo quella transgenica, ma alla fine la importiamo per darla ai nostri maiali. È abbastanza stupido. Preoccupanti sono poi le previsioni sul lungo periodo.

In che senso?
La ricerca sulle biotecnologie in Italia è ormai inesistente, non è più finanziata. Il nostro Paese ha ancora delle competenze residuali rimaste dall’ultimo decennio, ma nell’arco di 10-20 anni perderemo tutto e saremo totalmente inermi di fronte alle nuove tecnologie transgeniche portate avanti da altre nazioni. Non solo non saremo più in grado di proporle noi italiani, ma non saremo neanche in grado di valutare quelle che ci verranno proposte. Non si vuole comprendere che il progresso di questo settore è talmente veloce che nell’arco di uno o due decenni avremo tecnologie di modifica delle piante totalmente diverse da quelle odierne: il nostro Paese non avrà altra scelta se non adottarle. Da acquirente però, non da venditore.

Ma siamo sicuri che lo sviluppo degli OGM possa davvero ridurre i problemi di nutrizione nel mondo? In fondo, la fame è dovuta alla povertà, non alla carenza di risorse alimentari.
Nei Paesi poveri la fame dipende dal fatto che la produzione agricola non è in grado di soddisfare la richiesta interna, figuriamoci se sono in grado di acquistarne altrove. Ma se la produttività agricola degli Stati sviluppati è già al massimo, in quelli poveri c’è una potenzialità enorme, ed è qui che serve l’utilizzo di tutte le tecnologie. Gli OGM sono incidentalmente la meno costosa: è più facile ed economico sviluppare una pianta resistente agli insetti piuttosto che comprare e distribuire l’antiparassitario. Per quest’ultimo servono trattori, macchinari e competenza, per gli OGM basta sapere piantare. Il loro alto costo è legato alle procedure di registrazione: è la burocrazia a renderli onerosi. E bisogna aggiungere che la questione delle sementi è un falso problema: i semi sterili non esistono. Al massimo possiamo dire che qualunque mais coltivato in Italia è ibrido: dai suoi semi si ottiene la segregazione dei diversi caratteri presenti nella pianta, e in questo modo ciò che nascerà sarà diverso da ciò che abbiamo seminato in origine. Ma questo accade con tutti i moderni ibridi, non solo con gli OGM.

In questo modo, però, se vuole ottenere piante commerciabili, l’agricoltore è obbligato a rivolgersi all’azienda da cui ha acquistato le sementi: è la tanto contestata brevettatura dei semi.
Ma l’agricoltore è già vincolato alle aziende. I coltivatori della Pianura Padana comprano i semi dalle multinazionali americane e, se vogliono una determinata produttività, devono rimanere legati a quell’azienda. Se volessero utilizzare i semi prodotti dalla pianta non ci sarebbero problemi per le multinazionali. E per gli agricoltori? Semplicemente raccoglierebbero prodotti diversi, proprio per la segregazione dei caratteri.

Un altro punto contestato è che queste colture porterebbero alla perdita progressiva delle tipicità di casa nostra.
Sfido chiunque a dire che soia e mais sono prodotti tipici italiani. Sono specie che vengono da altri continenti (America e Asia), non vedo in che modo il mais OGM può colpire la tipicità italiana. Se andiamo invece su altre colture bisogna fare un discorso a sé. Il pomodoro San Marzano, ad esempio, non lo coltiva più nessuno perché è terribilmente suscettibile ai virus. È stato soppiantato da altre varietà non transgeniche, prodotte da multinazionali non italiane. Attualmente il pomodoro da industria non è più San Marzano. Non c’è bisogno di evocare gli OGM per ipotizzare una perdita di agrobiodiversità, che invece è insita nel concetto di agricoltura: da sempre varietà meno produttive sono sostituite con varietà più produttive.

Perché la scienza fa così fatica a comunicare con l’opinione pubblica italiana?
Perché il ricercatore, purtroppo, tende ad adottare nella comunicazione lo stesso rigore metodologico che segue nel fare ricerca. E quindi di fronte alla domanda: «Gli OGM fanno bene o fanno male?», l’attivista risponde: «Fanno male», lo scienziato inizia a fare dei distinguo, e a quel punto la comunicazione è già persa. E così il timore arriva alla gente, dove c’è un’innegabile paura di quel che si mangia: probabilmente l’uomo è arrivato fino a oggi perché ha sempre avuto paura di cibarsi di ciò che non conosceva. E mentre siamo pronti a comprare un nuovo modello di cellulare perché su queste tecnologie non abbiamo alcuna diffidenza, nei confronti del cibo abbiamo invece migliaia di anni di evoluzione che ci hanno educato a diffidare dei prodotti che non conosciamo.


Giuseppe Parente, In difesa del fast food

L’offerta relativa a prodotti alimentari concepiti per un consumo rapido è molto più articolata di quanto la maggioranza delle persone sia, almeno ad un livello consapevole, comunemente portata a credere. Questa “ignoranza” si alimenta in parte di un allentamento dello stretto contatto che vigeva in passato tra gli individui e le realtà territoriali di appartenenza (incluso il proprio mangiare), in parte dell’onnipresenza dei grandi marchi internazionali della ristorazione veloce e della loro potenza di impressionare l’immaginario collettivo, mettendo in ombra le forme tipiche di fast food.
Nel nutrito insieme costituito da tali tradizioni possiamo certamente includere i cosiddetti cibi di strada. Con questa e con altre espressioni, come street  food, mangiare o cucina di strada, ci si riferisce a quei cibi preparati e offerti quasi sul momento da piccole botteghe e bancarelle che si affacciano o sono direttamente collocate appunto nelle strade. Solitamente vengono consumati in piedi, o al massimo su sedie e sgabelli fronteggiati da una piccola superficie d’appoggio (una mensola, un bancone o, nella migliore delle ipotesi, un tavolino).
Jean-Robert Pitte descrive l’offerta delle cucine di strada in termini di singoli piatti o come un piccolo assortimento di cibi precucinati. Questi, generalmente acquistabili per somme modeste, si ritrovano praticamente in tutto il mondo e in ogni tempo, naturalmente con le relative peculiarità. L’autore definisce le cucine di strada come il principale commercio di ristorazione fin dall’antichità. Un fattore propulsivo per la loro crescita sembra essere storicamente stato lo sviluppo di mercati e fiere, eventi che obbligavano contadini e artigiani ad allontanarsi dalle loro case e di conseguenza dalle loro cucine. In situazioni del genere, uno dei bisogni fondamentali era quello di procurarsi da mangiare senza che ciò comportasse un’eccessiva perdita di tempo ai danni dei propri affari. Le caratteristiche paradigmatiche di questo mangiare indicano come ci si trovi di fronte alla prima forma di fast food.

Per un momento viene spontaneo porsi una domanda “ontologica” riguardo agli elementi che rendono assimilabile la fruizione del cibo di strada alla categoria “veloce”. Senza dubbio, la fase del consumo è generalmente rapida, pur non dimenticando l’eventualità di comportamenti divergenti rispetto alla presunta norma, come, per esempio, fruizioni lente, dettate più dal piacere di assaporare una specialità che da necessità pratiche. Al contrario, dobbiamo riflettere brevemente sul momento della produzione. Il fenomeno è così sfaccettato che risulta difficile stabilire se questa fase sia lenta piuttosto che veloce. Alcune preparazioni sono così semplici da poter essere portate quasi interamente a termine sul momento o comunque in un tempo molto contenuto. La frittura di alcune panelle (le caratteristiche frittelle palermitane di farina di ceci e prezzemolo), per esempio, non ne richiede molto. Altre preparazioni, invece, possono richiedere una maggiore cura nel confezionamento ed essere consumate velocemente in un secondo momento, riscaldate o no, a seconda della loro natura. In questo caso, l’esempio potrebbe essere fornito da una torta di verdure (intramontabile prodotto della gastronomia ligure) venduta al taglio. Qui la categoria fast non è intrinseca al mangiato, ma al mangiare, emergendo al momento della fruizione veloce. Simili differenze portano a riflettere sulla realtà sfaccettata delle cucine di strada. In relazione ai tempi e ai luoghi presi in esame, mutano le tecniche, gli strumenti e gli ingredienti alla base delle preparazioni.
Contrariamente a quanto emerge dai luoghi comuni, il modello alimentare veloce non ha avuto origine negli States, per poi diffondersi nel mondo; il fast food di stampo americano non è altro che un’articolazione (commercialmente vincente) di un modo di mangiare che nasce nelle strade ed è riscontrabile nei più disparati contesti storici e geografici. Ovviamente si tratta di una serie di fenomeni (il plurale è doveroso) che presentano un tratto differenziale di notevole importanza rispetto alla ristorazione rapida di tipo moderno: il mangiare di strada si caratterizza per la sua essenza artigianale, mentre l’offerta dei ristoranti in franchising delle grandi catene internazionali è costituita da prodotti decisamente industriali. Nonostante il crescente peso dei fast food moderni, lo street food presenta una generalizzata persistenza. La sua presenza è ancora fortemente affermata in America Latina, Medio Oriente e Africa (soprattutto nella fascia del Maghreb), luoghi nei quali l’atto del mangiare equivale spesso al ricorso a preparazioni gastronomiche di strada; rispetto a queste aree la persistenza in Europa sembra essere meno forte, ma comunque non trascurabile, soprattutto se prendiamo in considerazione i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. In quanto ad esempi di cibi tipici votati ad un consumo veloce, l’Italia offre l’imbarazzo della scelta, tanto nella sua storia quanto nel presente.
Le prime testimonianze certe della presenza di street food nella nostra penisola risalgono ai tempi di Roma Antica. Le strade dell’Urbe e della miriade di città sparse nell’Impero erano animate da folle di cittadini che ad una certa ora dovevano ovviare al problema della fame e della sete.
Come già affermato però le realtà del cibo di strada italiano non sono affatto circoscritte ad epoche passate. 


Luca Simonetti, Mangi chi può

Slow Food, per citare una dichiarazione del suo fondatore Carlo Petrini, è una vera e propria multinazionale, capace di raccogliere finanziamenti su larga scala, di concludere accordi e collaborazioni con governi e imprese di grandi dimensioni e mobilitare a proprio sostegno uomini politici e personalità del più vario orientamento. Ci troviamo, dunque, di fronte a uno strano fenomeno: da una parte, un movimento che dibatte sulla lentezza, e sul volto nobile dei contadini di una volta, che si oppone agli strumenti del miglioramento genetico (Petrini pensa ancora che i contadini si scambino i semi, e ignora l’esistenza dell’ente nazionale delle sementi elette, oppure lo dice così, tanto per scandalizzare gli agronomi e i genetisti?) e contrasta con forza l’agricoltura industriale. 
D’altra parte, lo stesso movimento, si articola e si muove in ambito industriale, insomma è, in quel senso, molto fast e poco slow. Ancora, secondo Petrini «i fast food sono immorali, se ci riferiamo all’etimo latino da cui la parola morale deriva, da mores, i costumi, l’insieme delle abitudini e dei comportamenti di un popolo».
Questo però è un argomento contraddittorio: infatti se è immorale ciò che sovverte le consuetudini sociali consolidate, l’immoralità stessa viene ovviamente a cessare nel momento in cui le nuove consuetudini sono a loro volta consolidate (e a quale punto “immorali”sarebbero semmai le vecchie). Ma al di là della incoerenza, è più importante osservare che storicamente è del tutto errato attribuire alla tradizione popolare italiana abitudini che fino a tempi recentissimi sono state proprie solo di una ristretta cerchia di gente agiata: perché certo parlare di pasti abbondanti, di alimentazione sana e gustosa e di desinare in lieta compagnia, per i contadini dell’Italia non diremo preindustriale, ma anche solo anteriore alla Seconda Guerra Mondiale, è nient’altro che una fantasia assai disinvolta. 
Aggiungerei solo una chiosa: il mondo muta, per fortuna. E non esistono prodotti e tradizioni immutabili. A noi piace credere nei prodotti tipici, come risultati di antichissime tradizioni. Ma sono mitologie che inventano una tradizione alimentare – e le abitudini conseguenti  ̶  inesistente. Andando sul pratico, il pomodoro Pachino è un prodotto tipico, da tempo immemorabile coltivato sulla costa siciliana da bravi contadini arcaici e incorrotti, oppure è un’ottima varietà ottenuta da un incrocio ottenuto in Israele e arrivato in Sicilia negli anni Ottanta? La seconda che ho detto. E il pomodoro Pachino ha sconvolto le tradizioni locali, le usanze ecc, o ha creato nuove opportunità e dunque dobbiamo ringraziare anche i genetisti che in laboratorio hanno realizzato quella varietà? Non è che questo discorso sulle tradizioni alle fine riguarda pure i nostri migranti? Loro, arrivando in Italia, sconvolgono o non sconvolgono le usanze? Tra l’altro sono i principali consumatori di fast food o di kebab. E ci credo, costano poco. Che si fa in questi casi? Si mettono barriere? Si grida al barbaro consumista e omologato? Insomma, l’ideologia di slow food non sembra diversa dalle tante che ci circondano e che si basano tutte su un trucco: contestare la modernità e i prodotti da questa ottenuti e nello stesso tempo sfruttarne i vantaggi.
Un piccolo imbroglio concettuale che fa moda e tendenza, perché dichiarare costa poco. Cioè, per esempio, promuovere il consumo dei prodotti tipici italiani e contemporaneamente pretendere che questi vengano consumati solo localmente. La cipolla di Tropea solo a Tropea? E io che abito a Roma? Mi faccio in macchina centinaia di chilometri per mangiarla in loco? Se la montagna non va da Maometto…

GlossarioBiografie

Agricoltura biodinamica

Detta anche “biologica”, è l’agricoltura che considera l'intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo, promuove la biodiversità e limita o esclude l'utilizzo di prodotti di sintesi (antiparassitari, fertilizzanti ecc.) e degli OGM.


Biodiversità

L’insieme di tutti gli organismi viventi nelle loro diverse forme e degli ecosistemi a esse correlati.


Biotecnologie

L'applicazione tecnologica che si serve dei sistemi biologici, degli organismi viventi o di derivati di questi per produrre o modificare prodotti o processi per un fine specifico, per esempio usando microrganismi per la distruzione dei rifiuti.


Brevetto

Titolo giuridico che attribuisce al titolare un diritto esclusivo di sfruttamento di un’invenzione.


Diritti umani

I diritti umani (riassunti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, del 1948) sono i diritti che i trattati internazionali garantiscono in linea di principio a ogni persona, indipendentemente dalla cittadinanza, dal sesso, dalla religione, dalla condizione sociale e da altri fattori di discriminazione.
Essi vanno al di là dei diritti del cittadino in quanto sono universali, inoltre non coincidono con quelli dei popoli, poiché appartengono in primo luogo all'individuo, anche quando, per loro natura, sono diritti che devono essere esercitati in forma collettiva (si pensi, ad esempio, al diritto di sciopero).


DNA

L’acido desossiribonucleico (DNA) contiene le informazioni genetiche specifiche di ogni singolo organismo vivente.


Ecosistema

Parte di biosfera delimitata naturalmente, cioè l’insieme di organismi animali e vegetali che interagiscono fra loro e con l’ambiente circostante.


Giustizia sociale

L'esigenza di sopprimere la miseria, la disuguaglianza, lo sfruttamento, tramite un programma politico di attuazione di riforme dell'economia e in generale della società.


Ingegneria genetica

Il termine comprende un insieme molto eterogeneo di tecniche che permettono di isolare geni, clonarli, introdurli in ospiti diversi da quelli di origine. Queste tecniche permettono di conferire nuove caratteristiche alle cellule riceventi.


Mucca pazza

Denominazione comune dell'encefalopatia spongiforme bovina, una malattia neurologica cronica, degenerativa e irreversibile che colpisce i bovini. Fa parte di un gruppo di malattie denominate encefalopatie spongiformi trasmissibili che colpiscono diverse specie animali, compreso l'uomo.


OGM

Gli organismi geneticamente modificati (OGM) sono organismi viventi con patrimonio genetico modificato tramite tecniche di ingegneria genetica che consentono l'aggiunta, l'eliminazione o la modifica di elementi genetici.


Salone internazionale del Gusto

Salone dedicato alla gastronomia e alle tematiche relative all’alimentazione: è organizzato da Slow Food e della Regione Piemonte e si svolge ogni due anni a Torino, dal 1996.


Talmud

Uno dei testi sacri dell’ebraismo: è una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti e i maestri sul significato e l’attuazione dei passi della Torah scritta.


Torah

Per gli Ebrei, è la Legge rivelata data da Dio a Mosè per il popolo d'Israele e contenuta nel Pentateuco.


Brillat-Savarin

Brillat-Savarin, Jean Anthelme

Jean Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826) è stato un uomo politico ed esperto gastronomo francese, autore di Fisiologia del gusto, un trattato destinato a esercitare notevole influenza sulla nascente scienza della gastronomia.

Di Segni

Di Segni, Gianfranco

Gianfranco Di Segni è nato a Roma nel 1954. Ha conseguito il titolo rabbinico, si è poi laureato in Biologia molecolare e ha ottenuto il Dottorato di ricerca in Genetica medica presso l’Università “La Sapienza” di Roma.
È primo ricercatore presso l’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del CNR.

FAO

FAO

La FAO è stata fondata nel 1945: è l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura.
Ha l'obiettivo di aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita economica mondiale.
La FAO lavora al servizio dei suoi paesi membri per ridurre la fame cronica e sviluppare in tutto il mondo il settore agroalimentare.

Panetto, Monica

Monica Panetto è un'esperta di Comunicazione delle scienze. Attualmente lavora nella redazione de “Il Bo. Il giornale dell’Università degli Studi di Padova” dove si occupa principalmente di comunicazione scientifica.

Paolo VI

Paolo VI

Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini, nacque nel 1897 e fu Papa dal 1963 alla morte, avvenuta nel 1978. Il 19 ottobre 2014 è stato proclamato Beato.

Parente, Giuseppe

Giuseppe Parente è ricercatore e collabora con il Laboratorio di Storia StoricaMENTE dell'Università di Bologna.

Perata

Perata, Pierdomenico

Pierdomenico Perata docente ordinario di Fisiologia vegetale e ricercatore nel settore delle biotecnologie, e dalla scorsa primavera rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Petrini

Petrini, Carlo

Carlo Petrini è nato nel 1949. Gastronomo, giornalista e scrittore, nel 1989 ha fondato Slow Food ed è attivamente impegnato nella promozione del movimento per il cibo sano ed equo a livello internazionale.

Pitte

Pitte, Jean-Robert

Jean-Robert Pitte è nato a Parigi nel 1949 ed è un geografo che studia gli aspetti legati ai paesaggi e all'alimentazione.

Pontificia Accademia delle Scienze

Pontificia Accademia delle Scienze

La Pontificia Accademia delle Scienze, rifondata da Pio XI nel 1936 (in precedenza era denominata Accademia dei Lincei) ha lo scopo di promuovere le scienze e lo studio dei relativi problemi epistemologici.

Shiva

Shiva, Vandana

Vandana Shiva è nata in India nel 1952. Esperta di politiche ambientali, è un'attivista che si oppone all'uso delle biotecnologie applicate all'agricoltura.

Simonetti, Luca

Luca Simonetti è un saggista che dedica la sua attenzione ai temi della cultura moderna. Ha pubblicato tra l'altro Mangi chi può, un testo dedicato al "fenomeno" Slow Food.

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Glossario Biografie

Agricoltura biodinamica

Detta anche “biologica”, è l’agricoltura che considera l'intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo, promuove la biodiversità e limita o esclude l'utilizzo di prodotti di sintesi (antiparassitari, fertilizzanti ecc.) e degli OGM.

Biodiversità

L’insieme di tutti gli organismi viventi nelle loro diverse forme e degli ecosistemi a esse correlati.

Biotecnologie

L'applicazione tecnologica che si serve dei sistemi biologici, degli organismi viventi o di derivati di questi per produrre o modificare prodotti o processi per un fine specifico, per esempio usando microrganismi per la distruzione dei rifiuti.

Brevetto

Titolo giuridico che attribuisce al titolare un diritto esclusivo di sfruttamento di un’invenzione.

Diritti umani

I diritti umani (riassunti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, del 1948) sono i diritti che i trattati internazionali garantiscono in linea di principio a ogni persona, indipendentemente dalla cittadinanza, dal sesso, dalla religione, dalla condizione sociale e da altri fattori di discriminazione.
Essi vanno al di là dei diritti del cittadino in quanto sono universali, inoltre non coincidono con quelli dei popoli, poiché appartengono in primo luogo all'individuo, anche quando, per loro natura, sono diritti che devono essere esercitati in forma collettiva (si pensi, ad esempio, al diritto di sciopero).

DNA

L’acido desossiribonucleico (DNA) contiene le informazioni genetiche specifiche di ogni singolo organismo vivente.

Ecosistema

Parte di biosfera delimitata naturalmente, cioè l’insieme di organismi animali e vegetali che interagiscono fra loro e con l’ambiente circostante.

Giustizia sociale

L'esigenza di sopprimere la miseria, la disuguaglianza, lo sfruttamento, tramite un programma politico di attuazione di riforme dell'economia e in generale della società.

Ingegneria genetica

Il termine comprende un insieme molto eterogeneo di tecniche che permettono di isolare geni, clonarli, introdurli in ospiti diversi da quelli di origine. Queste tecniche permettono di conferire nuove caratteristiche alle cellule riceventi.

Mucca pazza

Denominazione comune dell'encefalopatia spongiforme bovina, una malattia neurologica cronica, degenerativa e irreversibile che colpisce i bovini. Fa parte di un gruppo di malattie denominate encefalopatie spongiformi trasmissibili che colpiscono diverse specie animali, compreso l'uomo.

OGM

Gli organismi geneticamente modificati (OGM) sono organismi viventi con patrimonio genetico modificato tramite tecniche di ingegneria genetica che consentono l'aggiunta, l'eliminazione o la modifica di elementi genetici.

Salone internazionale del Gusto

Salone dedicato alla gastronomia e alle tematiche relative all’alimentazione: è organizzato da Slow Food e della Regione Piemonte e si svolge ogni due anni a Torino, dal 1996.

Talmud

Uno dei testi sacri dell’ebraismo: è una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti e i maestri sul significato e l’attuazione dei passi della Torah scritta.

Torah

Per gli Ebrei, è la Legge rivelata data da Dio a Mosè per il popolo d'Israele e contenuta nel Pentateuco.

Brillat-Savarin

Jean Anthelme Brillat-Savarin

Jean Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826) è stato un uomo politico ed esperto gastronomo francese, autore di Fisiologia del gusto, un trattato destinato a esercitare notevole influenza sulla nascente scienza della gastronomia.

Di Segni

Gianfranco Di Segni

Gianfranco Di Segni è nato a Roma nel 1954. Ha conseguito il titolo rabbinico, si è poi laureato in Biologia molecolare e ha ottenuto il Dottorato di ricerca in Genetica medica presso l’Università “La Sapienza” di Roma.
È primo ricercatore presso l’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del CNR.

FAO

FAO

La FAO è stata fondata nel 1945: è l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura.
Ha l'obiettivo di aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita economica mondiale.
La FAO lavora al servizio dei suoi paesi membri per ridurre la fame cronica e sviluppare in tutto il mondo il settore agroalimentare.

Monica Panetto

Monica Panetto è un'esperta di Comunicazione delle scienze. Attualmente lavora nella redazione de “Il Bo. Il giornale dell’Università degli Studi di Padova” dove si occupa principalmente di comunicazione scientifica.

Paolo VI

Paolo VI

Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini, nacque nel 1897 e fu Papa dal 1963 alla morte, avvenuta nel 1978. Il 19 ottobre 2014 è stato proclamato Beato.

Giuseppe Parente

Giuseppe Parente è ricercatore e collabora con il Laboratorio di Storia StoricaMENTE dell'Università di Bologna.

Perata

Pierdomenico Perata

Pierdomenico Perata docente ordinario di Fisiologia vegetale e ricercatore nel settore delle biotecnologie, e dalla scorsa primavera rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Petrini

Carlo Petrini

Carlo Petrini è nato nel 1949. Gastronomo, giornalista e scrittore, nel 1989 ha fondato Slow Food ed è attivamente impegnato nella promozione del movimento per il cibo sano ed equo a livello internazionale.

Pitte

Jean-Robert Pitte

Jean-Robert Pitte è nato a Parigi nel 1949 ed è un geografo che studia gli aspetti legati ai paesaggi e all'alimentazione.

Pontificia Accademia delle Scienze

Pontificia Accademia delle Scienze

La Pontificia Accademia delle Scienze, rifondata da Pio XI nel 1936 (in precedenza era denominata Accademia dei Lincei) ha lo scopo di promuovere le scienze e lo studio dei relativi problemi epistemologici.

Shiva

Vandana Shiva

Vandana Shiva è nata in India nel 1952. Esperta di politiche ambientali, è un'attivista che si oppone all'uso delle biotecnologie applicate all'agricoltura.

Luca Simonetti

Luca Simonetti è un saggista che dedica la sua attenzione ai temi della cultura moderna. Ha pubblicato tra l'altro Mangi chi può, un testo dedicato al "fenomeno" Slow Food.

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