La richiesta di energia va continuamente crescendo, soprattutto da parte delle grandi economie emergenti: Cina, India, Brasile. Un intero continente come l’Africa sta ancora dormendo, ma anch’essa si sveglierà, grazie anche a quel potente fattore di globalizzazione che è Internet. Petrolio e metano vanno esaurendosi, il carbone, molto più abbondante, è anche molto inquinante. Bisogna evitare scelte emotive, in conseguenza di disastri come quello di Chernobyl e ora del Giappone.
L’Italia è quasi completamente dipendente dall’estero per il suo approvvigionamento energetico; compriamo petrolio e metano dalla Libia, dall’Ucraina, energia nucleare dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Slovenia; siamo circondati da centrali nucleari dei Paesi confinanti (59 in Francia, 5 in Svizzera, 1 in Slovenia) e se un disastro succedesse a loro, noi ne avremmo gli stessi danni senza averne avuto i vantaggi.
Io credo che dovremmo comunque non interrompere la ricerca sul nucleare. Se tutte le volte che l’uomo ha scoperto una nuova applicazione della scienza, si fosse fermato al primo incidente, saremmo ancora all’età della pietra e non avremmo mai messo piede sulla Luna. Se dopo aver scoperto il fuoco lo avessimo abbandonato dopo il primo incendio nella foresta, saremmo ancora al freddo e al buio nelle caverne, se dopo la caduta del primo aereo avessimo bloccato la ricerca, l’aviazione non sarebbe mai decollata. D’altra parte tutti i fallimenti consentono di imparare e progredire.
Certo che i disastri nucleari possono colpire gran parte del Pianeta. Perciò, poiché si parla tanto del villaggio globale, il problema della sicurezza e in particolare quello delle scorie andrebbe risolto in modo globale, con la collaborazione di tutti, anche se mi rendo conto che è un’utopia. Questo è stato tentato a livello europeo per quanto riguarda il grave problema dello smaltimento delle scorie. Così le centrali nucleari dovrebbero essere situate solo in aree prive di rischio sismico, disposte a vendere energia a basso costo ai Paesi che per ragioni geofisiche non possono installarle sul loro suolo.
Perciò ritengo che la ricerca debba continuare, anche sperimentando l‘impiego di combustibili nucleari che abbiano una vita media più corta dell’uranio, un campo in cui mi sembra sta lavorando uno dei maggiori esperti in campo mondiale, il premio Nobel Carlo Rubbia; che la tecnologia nucleare sarà in futuro necessaria, ma prima è auspicabile che si faccia ricorso in modo molto più massiccio alle energie rinnovabili e si attui in modo molto più efficace il risparmio energetico.
Le fonti rinnovabili sono: 1) la solare, nelle applicazioni termiche (pannelli solari) e fotovoltaiche, già in uso ma ancora troppo poco diffuse, e termodinamica, ancora in fase sperimentale. Tutte andrebbero incentivate e soprattutto la ricerca sulla forma più efficiente, la termodinamica, che si sta sperimentando dal 2007 nella centrale di Priolo Gargallo (Siracusa) col progetto Archimede; 2) l’eolica, con il primo impianto del 1984. Si prevedeva di produrre per il 2000 una potenza eolica di 600 megawatt, mentre nel 2004 si era arrivati a produrre 5 megawatt, per le varie discussioni e tentennamenti di origine sia politica che tecnica. Con la politica degli incentivi si è ora arrivati con 10 anni di ritardo a produrre più di 500 megawatt, mentre l’eolico in Germania produce più di 16000 megawatt, 8000 la Spagna e 3000 la Danimarca; 3) la classica idroelettrica; 4) la geotermica; 5) quella da biomasse, biogas, rifiuti.
Tutte insieme le rinnovabili hanno fornito circa il 17% dell’energia prodotta in Italia nel 2008, ma il contributo del solare (nel Paese del Sole) è stato solo dello 0,06% e quello eolico dell’1,4%, mentre la classica idroelettrica ha dato più del 12%. Da tutti questi dati si può dedurre che è necessario incrementare la ricerca e gli incentivi per il solare. Un dato positivo è rappresentato dal decreto interministeriale del 5 maggio scorso che prevede incentivi per gli impianti fotovoltaici che entrino in funzione dopo il 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016.
Tenuto conto dei prevedibili crescenti sviluppi delle centrali di energia rinnovabile, si può affermare che non è necessario né economico puntare sulla costruzione di centrali nucleari, e pur raccomandando di non abbandonare la ricerca in questo campo, sbaglio che fu fatto dopo il referendum e l’emotività dovuta all’incidente di Chernobyl, è preferibile sviluppare al massimo la ricerca sulle rinnovabili, seguendo l’esempio della Germania, o addirittura della Svezia, che pur avendo tanto meno Sole di noi, utilizzano molto di più l’energia solare ed eolica.
In conclusione: no alla costruzione di centrali nucleari oggi in Italia, ma sì alla ricerca sull’energia nucleare, senza demonizzarla, in previsione di un futuro, forse ancora lontano, in cui anche questa sarà necessaria, e dovremo imparare a dominarne i rischi; incentivare la ricerca e la costruzione di impianti eolici e fotovoltaici, migliorare l’attenzione al risparmio energetico, sia con costruzioni ecologiche che riducano al minimo la necessità di riscaldamento d’inverno e condizionatori d’estate, sia con l’attuazione al 100% della raccolta differenziata dei rifiuti, un obiettivo facilmente raggiungibile ma da cui siamo ancora molto lontani.
Oggi la popolazione mondiale è di 7 miliardi, di cui 1,1 nei miliardi Paesi civilizzati. Nel 2012 più del 50% della popolazione vivrà nei centri urbani e ci si aspetta che la cifra salga al 61% nel 2030, tenendo presente che era al 3% nel 1800. Questo significa che i villaggi si stanno svuotando o scadendo a dormitorio, mentre cresceranno le periferie degradate delle città, quelle che noi comunemente chiamiamo favelas o bidonville.
In ogni caso, la domanda di energia elettrica sarà sempre più elevata. Non c'è da farsi illusioni: anche di fronte a stili di vita con risparmio energetico e strategie di contenimento, di fatto la richiesta di energia crescerà, poiché la popolazione cresce e crescono le tecnologie anche nei Paesi arretrati. Vediamo allora da dove si ricava ora. A livello mondiale il 66% circa dell’elettricità è prodotto da combustibili fossili, il 16% da impianti idroelettrici e il 15% dal nucleare, il 3% da fonti rinnovabili. Una delle fonti più pulite sembrerebbe l’energia solare. Chiaramente è necessario decidere dove installare i pannelli. Ebbene, si potrebbe immaginare di situarli nel deserto. Il deserto però non è una distesa sabbiosa come tanti immaginano, è piuttosto un microcosmo di organismi viventi, con flora e fauna uniche, in grado di resistere a climi estremi. Ebbene, è necessario usare quasi 130 km quadrati di suolo per produrre 1 Gigawatt. Parlando di superfici, i dati dell’eolico sono ancora più pesanti: quasi 650 km quadrati per 1 Gigawatt. Cifre che fanno riflettere, soprattutto pensando ai dati sull’aumento di popolazione appena visti. Difficile pensare come sia possibile usare solare ed eolico per supplire ai bisogni mondiali, tra l’altro senza aver toccato l’aspetto del dove situare gli impianti: inoltre l'energia prodotta da fotovoltaico ed eolico è variabile, discontinua, difficile da immagazzinare. Richiede forti investimenti per elettrodotti dedicati e strutture di immagazzinamento che prevedono enormi impianti come bacini idrici, sistemi di pompaggio e condotte con modificazione del paesaggio, consumo di suolo e forte impatto ambientale.
Una delle fonti fossili per la produzione di energia è il carbone: ma quanto ne serve? Per avere un’idea un giorno di funzionamento di una centrale da 1Gigawatt richiede 80 vagoni di carbone, e un vagone può trasportare 100 tonnellate. In questo caso la centrale ogni giorno genererà 19.000 tonnellate di CO2, senza contare scarti vari e polveri. Arriviamo quindi al paradosso che il più grande disastro nucleare mai avvenuto, Chernobyl, non sia stato così distruttivo come l’inquinamento che produciamo giornalmente.
Che cosa fare delle scorie nucleari? Negli Stati Uniti ci sono 121 discariche nucleari, ricavate anche da ex installazioni militari. E gli altri? Ci sono diversi esempi di nuove centrali: una in particolare brucia essa stessa le scorie, un’altra non produce CO2. Con la prospettiva che la fusione nucleare si avvicini sempre più.
La questione è chiara: il nucleare è il minore dei mali. Se il problema numero uno è il clima, non si può che pensare all’energia nucleare. Forse non sarà la soluzione definitiva ma potrebbe essere l’unica per garantire energia a tutti, con un impatto ambientale minore rispetto alle altre tecnologie.
Si dice che gli ambientalisti nel 1970 amavano gli alberi, quelli di oggi amano gli alberi, ma anche il genoma. Questo significa che bisogna essere meno romantici e più scientifici, e pensare che la scienza è in costante evoluzione. Bisogna guardare 15 anni avanti, e pensare come sarà il nostro mondo allora.
Valter Cirillo, Si può fare a meno dell’energia nucleare?
Per rispondere alla domanda “si può fare a meno dell’energia nucleare?” a nostro avviso ci sono almeno due considerazioni importanti su cui ragionare.
La prima riguarda l’Europa (UE e altri, Russia compresa), ove vi sono grandi centrali per circa 500.000 MW che nei prossimi 20-25 anni dovranno essere messe fuori servizio per anzianità. E quindi sostituite da nuove centrali per una potenza equivalente (senza qui considerare l’ulteriore potenza necessaria a soddisfare la nuova domanda).
Si tratta in gran parte di centrali “di base” (soprattutto nucleari e a carbone) il cui servizio è cioè indispensabile tutto l’anno, di notte e di giorno, in giornate ventose e senza vento, per cui è impensabile che possano essere sostituite da fonti rinnovabili, se non in minima parte.
Chi è convinto che si possa rinunciare al nucleare in Italia dovrebbe anche dire quale alternativa ci sia alla sostituzione di queste centrali. Anche in considerazione dei vincoli di competitività, di sicurezza degli approvvigionamenti, di inquinamento [vedi Inquinamento] locale e di emissioni di gas serra che sono già forti oggi e che saranno di anno in anno crescenti.
Non sarebbe né logico né razionale ipotizzare che tutta questa potenza sia sostituita da nuove centrali nucleari. Ma certo avrà un ruolo importante l’unica fonte che offre grandi potenze unitarie a prezzi competitivi, senza accrescere la dipendenza da altri Paesi, senza emettere alcun tipo di inquinante (ossidi di zolfo e di azoto, polveri, diossine e altri inquinanti chimici eccetera) e senza impatto sul clima globale.
La seconda considerazione è di carattere più generale. Sulla Terra vivono 6,7 miliardi di persone, di cui “i ricchi” (1,2 miliardi, pari al 18% circa) consumano quasi il 50% di tutta l’energia primaria prodotta e il 60% di quella elettrica. Dei rimanenti 5,5 miliardi che si dividono il restante, più di un miliardo di persone non ha nemmeno accesso all’elettricità.
Inoltre continuiamo ad aumentare di numero: tra poco più di 30 anni saremo 9 miliardi, con un incremento di popolazione tutto a carico dei Paesi oggi in via di sviluppo, che quindi raggiungeranno la cifra di 7,5-8 miliardi, mentre noi “occidentali” resteremo più o meno 1,2 miliardi.
Ebbene, sarebbe giusto sperare che quei 7-8 miliardi di “altri” possano avere un consumo di energia elettrica adeguato a soddisfare dignitosi livelli di vita. Diciamo: un consumo, tra 30-40 anni, pari alla metà di quello medio oggi in Europa (e quindi a un quarto del consumo medio americano). Nell’auspicabile modesta ipotesi appena fatta, i consumi di energia elettrica nel mondo dovranno molto più che raddoppiare rispetto a oggi.
In questo caso un ruolo di primo piano, forse determinante, potrà sicuramente essere svolto dalle fonti rinnovabili. Ma per la copertura della grande domanda di base proveniente da Paesi sempre più urbanizzati e sempre più industrializzati sarà comunque indispensabile una larga quota di energia prodotta da grandi centrali di potenza. E dunque, di nuovo, si pone la domanda: si può fare a meno dell’energia nucleare?