Jacopone da Todi
Dall’ambiente spirituale e culturale francescano proviene la seconda figura eminente della poesia religiosa del Duecento: Jacopo de’ Benedetti, detto Jacopone da Todi dalla sua città di origine, la città umbra di Todi, dove nacque intorno al 1236.
Di nobili origini, Jacopone studia legge e diviene procuratore legale in Todi. È uomo molto influente in quella città, e vi conduce vita gaudente, quando la sua vita viene segnata da una drammatica conversione: durante una festa il crollo di un pavimento provoca la morte della moglie, e solo in quell’occasione egli scoprì che la sua donna indossava il cilicio come strumento di penitenza.
Il turbamento fu tale da suscitare in Jacopone una profonda crisi religiosa. Abbandona la professione legale, si avvicina al movimento dei Disciplinati di cui fa proprie le tematiche di penitenza e conversione e prende i voti entrando nell’ordine francescano. Il suo carattere appassionato e impulsivo lo porta a partecipare con passione alle vicende politico-religiose del suo tempo, difendendo con slancio la genuina regola di san Francesco e contestando gli orientamenti della curia romana. Sostenitore di Celestino V (ma senza troppe illusioni, come si evince dalla lauda Que farai, Pier da Morrone?), è altresì tenace oppositore di Bonifacio VIII, da cui venne scomunicato e messo in carcere per aver partecipato alla difesa della città di Palestrina, roccaforte dei più acerrimi nemici del papa, i Colonna.
Morto Bonifacio (1303), Jacopone viene liberato dalla prigionia e riammesso nella Chiesa. Si ritira nel convento di Collazzone, dove muore serenamente pochi anni dopo, nel 1306.
Jacopone è l’autore che conferisce dignità di capolavoro artistico al genere della lauda, imprimendo il segno della sua forte personalità e adattandola alle esigenze di espressione autobiografica. Le sue Laudi (una novantina di sicura attribuzione, più altre dubbie) possono essere considerate come pagine di un diario personale. Esse affrontano le tematiche più varie: dallo slancio mistico alla polemica politica, dall’angoscia per il peccato all’esaltazione della povertà, dalla riflessione sulla morte alla rievocazione della Passione di Cristo. I suoi testi, animati da un’appassionata vena polemica e da immagini potenti, quasi espressionistiche, costituiscono il documento artistico di maggior pregio di questo genere poetico-teatrale.