Inferno

La Divina Commedia

Minosse

Personaggio della mitologia greca, figlio di Zeus e di Europa, fu re di Creta. Per la sua fama di sovrano giusto e saggio, dopo la morte divenne uno dei giudici dell’Inferno. Già in Omero e in Virgilio Minosse è indicato come giudice delle anime dell’oltremondo.

La sua funzione nella Commedia
Minosse ha per Dante la funzione di giudice instancabile dell’intero regno degli inferi e guardiano del cerchio dei lussuriosi. Nella ripresa di questa figura mitologica, Dante opera una sorta di riduzione al grottesco: mentre il personaggio virgiliano si presenta con le vesti di un vero e proprio giudice, il Minosse dantesco è un demonio con l’aspetto di cane furente, divorato dalla rabbia. Nel grottesco è avvolta tutta la rappresentazione, lungi dalla serietà che l’atto dell’amministrazione della giustizia comporterebbe, compreso il gesto che stabilisce la condanna per i dannati ormai consapevoli del loro destino di perdizione: Minosse si avvolge con la coda e il numero dei giri indica il cerchio in cui l’anima sconterà per sempre la sua pena.


Cerchio II
Peccatori: Lussuriosi


 

Paolo e Francesca

Sono scarse le notizie storiche attorno a questi due personaggi, di cui l’informatore principale resta ancora Dante stesso. 

Francesca, figlia di Guido da Polenta signore di Ravenna, andò sposa a Gianciotto Malatesta, signore di Rimini, uomo deforme e zoppo, per motivi politici e diplomatici: il matrimonio doveva sancire la pace tra i due casati. Francesca si innamorò del cognato Paolo Malatesta ma, sorpresa dal marito, fu uccisa con l’amante. 

Paolo fu capitano del popolo a Firenze tra il 1282 e il 1283: venne dunque conosciuto dal giovane Dante. Il fatto di sangue risale a questi anni o, con più probabilità ancora, al 1285, quando Gianciotto fu eletto podestà a Pesaro. Boccaccio, e poi l’Anonimo, sono gli artefici della tradizione che vuole Francesca vittima di un vergognoso raggiro: a lei sarebbe stato promesso in sposo non Gianciotto, ma lo stesso Paolo Malatesta. Dante comunque, nel racconto per bocca di Francesca, provvede a smentire tale leggenda senza alcun fondamento.


Cerchio II
Peccatori: Lussuriosi
 

Anime trascinate dal forte vento

Li colpisce un vento furioso che non si acquieta, non conosce sosta e li sospinge trascinandoli rovinosamente per tutto il girone.

Per contrappasso queste anime che in vita si sono lasciate portare dalla tempesta delle passioni, ora subiscono le offese di questa eterna tempesta infernale.


Cerchio II
Peccatori: Lussuriosi

Cerbero

Figura della mitologia latina; figlio di Echidna e di Tifeo, era un mostro a tre teste posto a guardia dell’Ade. 

Dante accentua in Cerbero l’aspetto del cane rabbioso (v. 14, caninamente), eliminando un elemento determinante nel modello classico: i serpenti attorcigliati alle tre gole.

La sua funzione nella Commedia
Cerbero, oltre a significare un’esagerata e scontrosa severità, è il simbolo della voracità insaziabile e indica, nello stesso tempo, con i tratti dell’aspetto (occhi rossi, barba sudicia, mani unghiate, ventre obeso), le conseguenze del vizio della gola.


Cerchio III
Peccatori: Golosi

Lussuriosi

Sono peccatori che hanno ricercato le soddisfazioni dei sensi contro ogni regola, abbandonandosi smodatamente alle passioni, tanto da sottomettere la ragione al talento.


Cerchio II


Pena e contrappasso

Li colpisce un vento furioso che non si acquieta, non conosce sosta e li sospinge trascinandoli rovinosamente per tutto il girone.
Per contrappasso queste anime che in vita si sono lasciate portare dalla tempesta delle passioni, ora subiscono le offese di questa eterna tempesta infernale.

Anime giuste non battezzate

Sono coloro che, pur senza peccato, non hanno ricevuto il battesimo o non hanno conosciuto la fede cristiana.


Cerchio I, Limbo


Pena e contrappasso

Sono gli unici dannati a subire una pena solo spirituale: per contrappasso, loro che non hanno conosciuto Cristo, ora desiderano contemplare Dio ma non possono.

Golosi

Sono coloro che hanno ceduto in misura smodata al desiderio e all’uso del cibo, seguendo istinti più bestiali che umani.


Cerchio III


Pena e contrappasso

Riversi a terra e immersi nel fango, sono flagellati dalla pioggia etterna, maladetta, fredda e greve; su di essi infierisce il demonio Cerbero, graffiandoli, scuoiandoli e squartandoli. 
Per contrappasso, loro che in vita hanno ceduto in modo bestiale al peccato della gola ora sono schiacciati a terra e ingozzati di disgustosa e maleodorante fanghiglia.

Cerchio I

Il primo cerchio è suddiviso in due zone: nella prima regna l’oscurità, e s’odono soltanto i sospiri dolorosi delle anime; nella seconda s’apre uno spazio illuminato da un fuoco e, al centro, difeso da sette cerchi di mura e da un fiumicello, si erge un castello, nel cui interno si aggirano gli spiriti magni.


Peccatori: Anime giuste non battezzate

Cerchio II

Una landa priva di luce, battuta da tremende raffiche di vento.


Peccatori: Lussuriosi

Cerchio III

Una pioggia incessante di acqua sporca, neve e grandine cade sulla terra che esala fetore.


Peccatori: Golosi

Ignavi

Vissero senza infamia e senza lode, insensibili a ogni forma di interesse politico o religioso.


Antinferno


Pena e contrappasso

Umiliati nella loro nudità, sono tormentati da mosconi e vespe, e il loro sangue è succhiato da orridi vermi ai loro piedi. Per contrappasso, essi che in vita non ebbero mai il coraggio di sostenere un’idea sono ora costretti a inseguire un’insegna senza significato.

Avari e prodighi 

Sono coloro che nella vita non hanno fatto altro che ammassare o disperdere ricchezza.


Cerchio IV


Pena e contrappasso

Divisi in due opposte schiere, percorrono un semicerchio spingendo con il petto dei pesi e, allorquando si scontrano, si ingiuriano rimproverandosi la colpa commessa. Il contrappasso consiste in questo assurdo faticare e in questa vana dispersione di energia

Iracondi e accidiosi

I primi sono coloro che in vita hanno ceduto in modo eccessivo e violento all’impeto dell’ira; i secondi invece sono stati inerti e indifferenti nella pratica del bene.


Cerchio V


Pena e contrappasso

Immersi nelle acque limacciose della palude Stigia, anche questi peccatori sono separati in due schiere. 

Gli iracondi stanno in superficie, ignudi, insozzati dal fango, e si percuotono crudelmente l’un l’altro. Gli accidiosi sono interamente ricoperti dal fango, la loro presenza e il loro tormento sono dichiarati solo dalle bolle d’aria sulla superficie dell’acqua stagnante: il contrappasso consiste per loro nel non avere né volto né voce.

Eretici ed epicurei

Sono coloro che sostengono opinioni contrarie alla dottrina ufficiale della Chiesa. In particolare, gli epicurei affermano che l’anima muore insieme al corpo; i monofisiti sostengono che in Cristo vi sia una sola natura, quella divina, e non due, umana e divina, come invece afferma la dottrina della Chiesa.


Cerchio VI


Pena e contrappasso

Sono sepolti nelle arche infuocate, da cui escono lamenti, e sono divisi in gruppi a seconda della setta di appartenenza. Gli epicurei, che negano la vita eterna dell’anima, hanno per contrappasso l’ulteriore pena dell’ignoranza del presente, che dopo il Giudizio universale diventerà completa cecità fisica e mentale.

Violenti

Occupano il settimo cerchio e si dividono in violenti contro il prossimo, nella persona o nelle sostanze; violenti contro se stessi, con il suicidio o sperperando le ricchezze; violenti contro Dio, con il rifiuto della divinità e delle sue leggi.


Cerchio VII

Violenti contro il prossimo 

(tiranni, omicidi, guastatori, predoni)
Sono coloro che hanno esercitato violenza fisica contro gli altri.


Cerchio VII, Girone I


Pena e contrappasso

I violenti contro il prossimo, poiché hanno provocato cruente sofferenze agli altri, ora sono immersi nel sangue bollente del Flegetonte, e se tentano di uscirne vengono trafitti dalle frecce dei Centauri appostati sulle sponde.

Violenti contro se stessi 

Sono coloro che hanno esercitato violenza contro la loro stessa persona (i suicidi), o contro le proprie sostanze (gli scialacquatori).


Cerchio VII, Girone II


Pena e contrappasso

I suicidi sono trasformati in alberi secchi e i loro rami vengono straziati dalle Arpie: così si compie la punizione per contrappasso nei confronti di chi ha straziato e soppresso il proprio corpo. Gli scialacquatori sono costretti a correre fra gli arbusti per sfuggire ai morsi famelici di insaziabili cagne e, quando vengono raggiunti, sono lacerati e divorati a brano a brano, come loro hanno fatto con i loro patrimoni.

Violenti contro Dio, natura, arte

Bestemmiatori (violenti contro Dio)
Sono coloro che hanno operato violenza contro Dio, negandolo e insultandolo.

Sodomiti (violenti contro la natura)
Sono coloro che peccarono nel praticare il sesso contro natura. Il loro nome deriva dalla biblica città di Sodoma, celebre per la diffusione di tale vizio.

Usurai (violenti contro l’arte)
Sono coloro che prestano denaro a interesse, azione considerata peccato contro l’arte, cioè contro il «lavoro» umano.


Cerchio VII, Girone III


Pena e contrappasso

I violenti contro Dio, la natura e l’arte sono divisi in tre schiere: bestemmiatori, sodomiti, usurai. Su di loro cade la pioggia di fuoco, ma i bestemmiatori sono a terra supini, mentre i sodomiti sono costretti a camminare incessantemente e gli usurai siedono lungo i bordi del girone e fissano la borsa che pende al loro collo con lo stemma della famiglia di appartenenza. Inutile è la tresca delle misere mani per cercar riparo dalle fiamme. 

Nel caso dei sodomiti la pioggia di fuoco allude per contrappasso alla analoga punizione inflitta da Dio alla città di Sodoma, secondo il racconto biblico.

Nel caso degli usurai, il contrappasso consiste nel restare seduti nella loro posizione consueta, con lo sguardo inutilmente ed eternamente fermo sulla borsa, oggetto della loro professione.

Fraudolenti

Occupano l’ottavo cerchio (le “Malebolge”). La loro colpa consiste nell’aver commesso frode contro chi non si fida.

Dieci sono le categorie dei fraudolenti, perché dieci sono i modi in cui si può frodare il prossimo: seduttori, adulatori, simoniaci, indovini e maghi, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti, seminatori di discordie e scismi, falsari.


Cerchio VIII

Ruffiani e seduttori 

Sono coloro che minacciano con la fraudolenza il vincolo dell’amore, corrompendo la donna per conto di altri (ruffiani) o per conto proprio (seduttori).


Cerchio VIII, Bolgia I


Pena e contrappasso

ruffiani e i seduttori sono distinti in due schiere, che camminano in senso contrario di marcia, e che vengono frustate con violenza dai diavoli. Il contrappasso consiste nella fustigazione, corrispondente alle lusinghe e agli stimoli usati nell’operare il loro peccato.

Adulatori

Sono coloro che usano in modo ingannevole la parola, per ottenere vantaggi personali.


Cerchio VIII, Bolgia II


Pena e contrappasso

Gli adulatori, immersi nello sterco, compiono inutili gesti di disperazione nel tentativo di nettarsi dalla lordura. 
Il contrappasso consiste nella corrispondenza tra la lordura fisica e la volgare degradazione della parola umana.

Simoniaci

Sono coloro che, sfruttando la loro posizione di potere, hanno fatto commercio delle cose sacre (ad esempio le indulgenze) per arricchire se stessi e le proprie famiglie. Si tratta per la maggior parte di ecclesiastici.


Cerchio VIII, Bolgia III


Pena e contrappasso

I simoniaci sono infilati capovolti nelle strette fenditure che si aprono nel fondo e nelle pareti della bolgia, e sulle piante dei loro piedi brucia una fiamma rossastra.

Quando sopraggiunge un nuovo simoniaco, prende posto, facendo sprofondare in basso gli altri, mentre i suoi piedi restano fuori dalla buca e ardono, con grande sofferenza.

La posizione a testa in giù punisce per contrappasso loro che, invece di guardare al cielo, si sono dedicati ai bassi interessi terreni, mentre le fiamme sui piedi sono parodia del fuoco dello Spirito Santo disceso sul capo degli apostoli il giorno di Pentecoste.

 

Maghi e indovini

Sono coloro che pretendono di conoscere il futuro e di poterlo modificare, usurpando così la dote della preveggenza, che è invece prerogativa di Dio.


Cerchio VIII, Bolgia IV


Pena e contrappasso

Si muovono in cerchio nella quarta bolgia, lentamente, con un pianto ininterrotto, senza parole, mentre il corpo è sottoposto a un’impressionante deformazione: il collo è completamente torto, in modo che il viso è girato verso le reni e il loro camminare è un grottesco procedere a ritroso: evidente contrappasso alla loro presunzione di divinare il futuro con le arti magiche.

Barattieri 

Sono quegli astuti truffatori, vissuti di inganni e raggiri, ma sono soprattutto coloro che hanno approfittato della posizione politica, delle cariche pubbliche per trarne illeciti guadagni, privi di ogni morale, dimentichi del bene collettivo, unicamente attenti al proprio tornaconto.


Cerchio VIII, Bolgia V


Pena e contrappasso

Sono immersi nella pece bollente, impediti a uscirne dai diavoli che li sorvegliano dalle rocce, pronti ad afferrarli e colpirli con i loro uncini: in vita si sono invischiati nella corruzione ricorrendo a ogni tipo di inganno, ora sono invischiati nella pece, a rischio continuo di venire arpionati e straziati.

Ipocriti

Campioni di doppiezza e finzione, hanno nascosto agli occhi della gente la verità, i loro pensieri, le loro intenzioni, i loro gesti, i loro peccati.


Cerchio VIII, Bolgia VI


Pena e contrappasso

La pena rappresenta bene il contrasto tra l’apparenza e la realtà: camminano molto lentamente, imprigionati dentro enormi cappe fratesche, d’oro rilucente all’esterno ma in realtà di pesantissimo piombo. Durante il loro procedere, calpestano altri ipocriti stesi a terra, crocifissi con tre pali di legno: sono Caifa, sommo sacerdote, il suocero Anna e gli altri membri del Sinedrio che condannarono a morte Cristo con falsi pretesti.

Ladri 

Sono i peccatori che hanno trasgredito il settimo comandamento divino di non rubare. 


Cerchio VIII, Bolgia VII


Pena e contrappasso

Numerosi serpenti cingono il corpo dei ladri e bloccano le loro mani, ed essi nudi, completamente indifesi, inutilmente tentano di scappare ai morsi e alle strette degli spietati custodi. Questi peccatori, tramite raccapriccianti metamorfosi, sono spogliati della stessa natura umana. In questo modo i ladri, che hanno sottratto agli altri i beni di proprietà e ne hanno quindi stravolto l’esistenza, vengono privati orribilmente della loro identità.

Consiglieri fraudolenti

Sono coloro che posero la loro acuta intelligenza non al servizio della verità ma della frode e dell’inganno. Si tratta soprattutto di consiglieri politici e militari che diedero spregiudicate indicazioni per far prevalere una causa, un partito o un personaggio.


Cerchio VIII, Bolgia VIII


Pena e contrappasso

Coloro che usarono la lingua per pronunciare consigli fraudolenti (cioè ingannevoli), sono ora imprigionati in lingue di fuoco: la fiamma interna dell’astuzia diventa tormento esterno che brucia quella stessa malvagia anima.

Seminatori di discordie e scismi

Sono coloro che nel mondo hanno diviso famiglie, comunità civili e religiose.


Cerchio VIII, Bolgia IX


Pena e contrappasso

Come in vita hanno separato malignamente il prossimo, così in Inferno le loro membra sono mutilate orribilmente dalla spada di un demonio ogni volta che gli passano di fronte nella loro lenta ed eterna processione, durante la quale le ferite hanno modo di rimarginarsi.

Falsari

Sono coloro che hanno agito deliberatamente contro la verità e la natura, con sostituzioni di materia, di persona e di parola. Si dividono in «falsari di metalli», cioè gli alchimisti, «falsari di persona», cioè coloro che si sono sostituiti ad altri, «falsari di moneta» e «falsari di parola», cioè i mentitori.


Cerchio VIII, Bolgia X


Pena e contrappasso

Languono, stesi per terra, indeboliti dalla malattia, corrotti nel fisico, ammassati sul fondo a mucchi o sostenendosi a fatica reciprocamente. Coloro che hanno falsificato i metalli, come durante la vita hanno tentato, tramite l’alchimia, di adulterare e snaturare i metalli, così nell’Inferno sono martoriati dalla scabbia e dalla lebbra, tormentati da un fastidioso prurito. Coloro che hanno falsificato la persona debbono correre, in preda a smania furiosa, e addentano gli altri compagni di sventura; quelli che hanno falsificato la moneta restano sempre immobili, colpiti dall’idropisia che li deforma, con il ventre ingigantito, di enormi proporzioni rispetto al resto del corpo; quelli, infine, che hanno falsificato la parola sono arsi da febbre così alta, che il loro corpo emana vapore e ripugnante puzzo di unto bruciato.

Giganti

Personaggi mitologici (Nembrot, Anteo, Fialte, Briareo, Tizio, Tifo), hanno osato la scalata all’Olimpo sfidando la divinità e pretendendo al suo potere.


Pozzo dei giganti


Pena e contrappasso

Dotati di intelligenza e volontà, e dalla corporatura smisurata, stanno infissi dall’ombelico in giù ed emergono dal fondo del pozzo centrale come torri immani. Sono costretti all’immobilità assoluta; il solo Anteo si muove per depositare Dante e Virgilio nella prima zona del nono cerchio. L’immobilità e il silenzio, a cui sono costretti, colpiscono, per contrappasso, l’immensa forza fisica, ma anche la superbia, che è una sorta di dismisura spirituale.

Traditori

Occupano il nono cerchio, il più vicino a Lucifero e il più lontano da Dio, poiché sono i peggiori dannati, coloro che hanno commesso frode contro chi si fida.

Sono divisi in quattro gruppi, a seconda della tipologia e della gravità del loro tradimento.


Cerchio IX

Traditori dei parenti

Sono coloro che ingannano e provocano danni alle persone, venendo meno all’affetto.


Cerchio IX, Zona I


Pena e contrappasso

Sono peccatori che hanno freddamente premeditato il loro delitto e si sono mostrati completamente avversi al calore della carità. Per questo sono immersi nel ghiaccio e solo ne emergono con la testa. I dannati piangono, ma ai traditori dei parenti è concesso di tenere il viso basso e le loro lacrime possono fluire irrigidendosi soltanto a contatto con il ghiaccio sottostante.

Traditori della patria 

Sono coloro che ingannano e provocano danni alle istituzioni, venendo meno alla lealtà dichiarata.


Cerchio IX, Zona II


Pena e contrappasso

Sono peccatori che hanno freddamente premeditato il loro delitto e si sono mostrati completamente avversi al calore della carità. Per questo sono immersi nel ghiaccio e solo ne emergono con la testa. Nell’Antenòra i traditori della patria e del proprio partito piangono confitti nel ghiaccio verticalmente e ne emergono soltanto con il capo, perciò le lacrime, subito condensate dal vento, impediscono agli occhi di mantenersi aperti.

Traditori degli ospiti

Sono coloro che ingannano gli amici fiduciosi, venendo meno al dovere dell’ospitalità e dell’onestà.


Cerchio IX, Zona III


Pena e contrappasso

Nella Tolomea, i traditori degli ospiti sono confitti in posizione supina; in tal modo, le lacrime ristagnano e formano un indurimento immediato, che impedisce l’uscita delle altre lacrime, le quali, non trovando sbocco, si riversano all’interno e aggravano il dolore.

 

Traditori dei benefattori

Sono coloro che ingannano e provocano danni a persone e istituzioni a cui è affidata la felicità e la salvezza del genere umano.


Cerchio IX, Zona IV


Pena e contrappasso

Nella Giudecca, i traditori sono confitti interamente nel ghiaccio, da cui traspaiono come una pagliuzza imprigionata nel vetro. Stanno in posizioni diverse: o distesi o eretti o a capofitto o rovesciati all’indietro. Poiché ogni pur minima parvenza di umanità è esclusa, essi non possono comunicare in nessun modo. La loro condizione è il silenzio assoluto.

Gerusalemme

In base alle convenzioni cosmologiche medievali, la selva oscura si trova nei pressi di Gerusalemme, luogo della passione e morte di Cristo. Si riteneva infatti che Gerusalemme fosse al centro delle terre emerse, nell’emisfero boreale, e che sopra Gerusalemme passasse, al suo punto più alto, il meridiano terrestre.

Virgilio

Tra i maggiori poeti latini, nacque nel 70 a.C. ad Andes, oggi Pietole, un villaggio presso Mantova, da agiati proprietari terrieri; dopo gli studi a Cremona e a Milano, andò a perfezionarsi a Roma, ma scelse Napoli come sua fissa dimora. Fra le sue opere principali si devono ricordare le Bucoliche e le Georgiche. Accolse l’invito dell’imperatore Augusto e di Mecenate a cantare le gesta di Roma scrivendo il celebre poema epico l’Eneide sull’esempio di Omero e dei poeti latini Nevio ed Ennio. Morì a Brindisi nel 19 a.C. 

La sua funzione nella Commedia
Virgilio è stato scelto da Dante come guida nel viaggio attraverso l’Inferno e il Purgatorio, preferito a tanti «saggi» dell’antichità classica, perché nel Medioevo era considerato l’annunciatore del Cristo venturo, quasi una sorta di profeta pagano o mago; tale singolare interpretazione traeva origine dalla quarta egloga virgiliana, in cui il poeta preconizzava l’alba di un’età felice. A questa motivazione esterna e contingente, si deve ovviamente aggiungere la considerazione altissima in cui Virgilio era tenuto da Dante per il capolavoro dell’Eneide, modello di stile poetico e di perfezione formale, importante auctoritas e fondamentale precedente poiché, seppure in un contesto pagano, racconta il viaggio all’Ade di Enea, la sua visita al regno dei morti, quella stessa visita che Dante si accinge a compiere e raccontare. In ultimo, Virgilio era stato il cantore dell’Impero universale, visto come condizione per il diffondersi della pace e come garanzia di superamento di egoismi e particolarismi. Dante trova rispecchiate le sue concezioni nelle opere di Virgilio e tra i due poeti sussiste un’affinità di concezione politica: entrambi celebratori, in tempi diversi, dell’Impero, entrambi mossi dalle stesse ansie morali e prospettive ideali.  

Al Virgilio dantesco viene però affidato un ruolo allegorico determinante che supera – senza azzerare – le motivazioni appena accennate: è l’allegoria della ragione umana, non corroborata dalla fede cristiana, che ha comunque un ruolo determinante nell’itinerario del cristiano verso la salvezza, concepito da Dante non come esclusivo campo di azione della Grazia, ma come viaggio per tappe e per gradi in cui proprio la ragione ha un compito importante, seppure subordinato.

La sua presenza
Virgilio compare nel canto i dell’Inferno e sarà presente in tutti i canti di questa cantica. 
Proseguirà il suo ruolo di guida di Dante anche nel Purgatorio, dove sarà presente fino al canto xxix.

Caronte

Figlio dell’Erebo e della Notte, nella mitologia greca, etrusca e latina traghettava le anime dei morti sulle rive dell’Acheronte. Figura sconosciuta a Esiodo e Omero, ebbe grande diffusione popolare nella cultura successiva. 

Dante lo rappresenta, seguendo la tradizione letteraria e iconografica, come un vecchio demonio con gli occhi infuocati, violento e crudele. Il modello letterario cui si rifà Dante è ancora direttamente Virgilio, che così ritrae il nocchiero dell’Antinferno (Aen. vi, 298-304): «Traghettatore orrendo, Caronte irto e pauroso, guarda il fiume e l’acqua; gli scende dal mento una lunga barba bianca, e sbarra gli occhi di fiamma; dalle spalle gli pende, annodato, un mantello. Da solo spinge con il remo la barca e governa le vele, ormai vecchio trasporta nella sua nera barca le ombre, ma cruda e salda è la vecchiaia del dio». Pur discostandosi un poco, per gli accenti di maggior drammaticità, la descrizione dantesca è fedele alla matrice virgiliana. 

La sua funzione nella Commedia
Con Caronte inizia la lunga galleria di mostri infernali che Dante riprende dalla tradizione pagana adattandola alla escatologia cristiana. La sua figura e la sua funzione trovano diretta corrispondenza nel Purgatorio, sdoppiate nei personaggi di Catone (c. i) e dell’Angelo nocchiero (c. ii). Con il primo condivide il ruolo di «guardiano» del regno e l’immagine fisica (Caronte è un vecchio, bianco per antico pelo, dalle lanose gote e con occhi di bragia; Catone lunga la barba e di pel bianco / portava, a’ suoi capelli simigliante, / de’ quai cadeva al petto doppia lista); con l’Angelo ha in comune il ruolo di traghettatore delle anime.

Colui che fece per viltade il gran rifiuto

Le interpretazioni che la critica ha dato a questi versi nel tentativo di dare un nome a un dannato che Dante non rivela per non concedere, a lui ignavo, l’onore dell’imperituro ricordo, sono svariate e contrastanti.

La maggior parte dei commentatori antichi, e con loro molti moderni, sono concordi nel vedere in questo ignavo il monaco Pietro da Morrone che, il 5 luglio 1294, fu eletto papa con il nome di Celestino V e resse la Chiesa per soli cinque mesi, preferendo subito abbandonare la responsabilità del governo per la solitudine dell’eremo; la sua rinuncia favorì l’elezione del cardinale Pietro Benedetto Caetani, il papa Bonifacio VIII, che fece naufragare le speranze di riforma della Chiesa, mentre riaccese le lotte tra le fazioni politiche, specialmente degli Orsini e dei Colonna. 

Ma già tra gli antichi commentatori nascono le prime perplessità, considerando soprattutto l’esemplarità della vita di Pietro da Morrone, consacrato santo nel maggio del 1313.

Secondo il Benvenuto, si tratta di Esaù, che rifiutò la primogenitura a favore del fratello Giacobbe per un piatto di lenticchie (Gn. 25,27 sgg.).

Il Buti propone anche Romolo Augustolo «colla deposizione del quale morì fra noi la maestà del romano imperio».

Altri personaggi indicati successivamente dai critici, con varie motivazioni, sono Pilato, Diocleziano, Giuliano l’Apostata, il giovane del Vangelo che rifiutò di seguire Cristo (Mt. 19,16-23).


Antinferno
Peccatori: Ignavi

Spiriti magni

Sono uomini pagani che, pur non avendo creduto nel Cristo venturo, si distinsero per il coraggio nelle armi o per l’altezza dell’ingegno, e si dedicarono con passione e orgoglio a grandi cause, in opposizione agli ignavi. 


Cerchio I
Peccatori: Anime giuste non battezzate

I grandi poeti dell’antichità

I grandi poeti dell’antichità – Omero, Orazio, Ovidio, Lucano – sono, insieme a Virgilio, i capisaldi della cultura medievale e, più specificatamente, della cultura di Dante. Sono anche stati intesi come il simbolo degli stili più importanti della poesia: epico (Omero), satirico (Orazio), elegiaco (Ovidio), tragico (Lucano). Dante li pone tra le anime del Limbo. 


Cerchio I
Peccatori: Anime giuste non battezzate

Ciacco

Nessuna notizia sicura su questo personaggio, tranne quello che si può desumere proprio dal canto. Fu di certo fiorentino, conosciuto da Dante, di lui quasi contemporaneo. L’identificazione, da molti proposta, con il rimatore Ciacco dell’Anguillaia è semplice congettura. Secondo alcuni commentatori antichi, era di carattere arguto e mordace, frequentatore delle case dei nobili dove, da buon parassita, viveva da scroccone dedito al mangiare e al bere; secondo il Benvenuto, per soddisfare il vizio della gola vendette la libertà e questo lo rese più spregevole agli occhi di Dante. 

Il nome Ciacco per il Boccaccio deriva da ciens, «che chiede» e allude alle sue incessanti richieste di cibo; ma molto più probabile è una deformazione dal nome Giacomo o Jacopo (o del francese Jaques); o si potrebbe ancora pensare a un soprannome di cui è difficile cogliere la motivazione, ma che parrebbe giustificato dal Voi cittadini mi chiamaste Ciacco del v. 52. È invece senza fondamento che derivi da una presunta radice toscana e significhi «porco». Boccaccio ne ha fatto il protagonista di una novella del Decameron (xi, 8). 

La sua funzione nella Commedia
Il fatto che Ciacco, a differenza degli altri dannati del cerchio dei golosi, riesca a sollevarsi dal fango, ci fa supporre che, nonostante il suo peccato e la schiavitù al vizio, fosse un personaggio stimato da Dante che lo associa ai grandi – Brunetto Latini, Marco Lombardo, Cacciaguida – per denunciare la situazione di Firenze, rovinosamente dilaniata dalle lotte senza fine. Le sue parole sono un’analisi amara, quasi senza passione e foga, una constatazione lucida e fredda, proprio per questo ancora più drammatica. Egli parlerà solo su invito e si limiterà a rispondere, ordinatamente, alle domande che gli saranno poste e, come un buon politico e profondo intenditore della realtà interna di Firenze, si dimostrerà capace di prevedere il triste futuro. 


Cerchio III
Peccatori: Golosi

Pluto

Figura mitica, figlio di Iasio e di Demetra, era considerato il dio della ricchezza (il nome Pluto significa sia in greco sia in latino “ricco”). Simbolo dell’attaccamento al denaro, è il custode del cerchio iv, quello degli avari e prodighi. 


Cerchio IV
Peccatori: Avari e prodighi

Flegiàs

Figlio di Marte e di Crise, ebbe un figlio, Issione, e una figlia, Coronide, che fu sedotta da Apollo. Per vendicarsi dell’offesa patita, diede fuoco al tempio di Delfi e per questo fu precipitato nel Tartaro dal dio. Virgilio nell’Eneide (vi, 618-619) lo descrive accanto a Teseo: «siede, e in eterno starà Teseo infelice, e il miserrimo Flegiàs avverte tutti e a gran voce attesta fra le anime: ‘imparate la giustizia e non disprezzate gli dei’». 

Ma il Flegiàs dantesco ha più marcati i tratti diabolici e il Bosco (1966, p. 214) ha sottolineato che è «tutt’insieme un po’ Caronte, un po’ Cerbero, un po’ Gerione», e il Sanguineti (1966, p. 38) ne ha potuto fare «quasi una variante minore del primo nocchiere infernale, un dimidiato Caronte della palude Stigia». 

La sua funzione nella Commedia
Non è molto evidente quale funzione Dante attribuisca a Flegiàs: affondare i dannati nel pantano oppure sorvegliarli per non permettere che quei peccatori escano dal pantano. Secondo Bellomo, è preferibile questa seconda ipotesi e per eseguire tale compito «sarebbe dotato di una barca velocissima».


Cerchio V
Peccatori: Iracondi e accidiosi

Filippo Argenti

Di questo personaggio si hanno solo vaghe notizie. Apparteneva alla consorteria degli Adimari, denunciata da Dante nel canto xvi del Paradiso perché arrivista e di basse e volgari origini. A maggior scorno del dannato, egli viene ricordato con il soprannome, di cui Boccaccio spiega così la ragione: «Fu questo Filippo Argenti cavaliere ricchissimo, tanto che esso alcuna volta fece il cavallo, il quale usava di cavalcare, ferrare d’ariento (argento) e da questo trasmesse il soprannome». Filippo Argenti compare anche nella novella viii della nona giornata del Decameron: «messer Filippo Argenti, uom grande e nerboruto e forte, sdegnoso, iracondo e bizzarro più che altro...». La particolare ostilità di Dante nei suoi confronti sembra dovuta a una personale inimicizia e offesa, spiegata in modo vario dai commentatori antichi: c’è chi parla di uno schiaffo dato da Filippo a Dante, chi di un’ostinata opposizione al richiamo del poeta esule a Firenze. Ma si tratta di ipotesi non confermate né documentate. 

La sua funzione nella Commedia
Filippo Argenti è un exemplum del vizio capitale dell’ira, frutto di «matta bestialità», e delle sue caratteristiche violente e animalesche. È l’immagine di come il vizio dell’ira possa ridurre l’uomo. Immerso nella palude, non è degno di lasciare memoria alcuna sulla terra e deve cadere nell’eterno oblio, ricoperto di fango ripugnante. Verso di lui Dante prova soltanto repulsione e manifesta il suo compiacimento quando quell’iracondo viene ributtato nello stagno e straziato dagli altri iracondi.


Cerchio V
Peccatori: Iracondi e accidiosi

Le tre Furie

Le tre Furie (Megera, Aletto, Tesifone) erano, secondo il mito, figlie di Gea, nate dal sangue di Urano mutilato dal figlio Crono. Abitavano negli Inferi e impersonificavano la vendetta, specialmente per i delitti compiuti da familiari. Per placarle, la gente le invocava con il nome di Eumenidi, le benevole. Sono rappresentate in numero di tre perché da esse è causato ogni male: con il pensiero, con la parola e con l’azione. Poiché rappresentano il fascino della tentazione e del peccato, hanno portamento e aspetto femminile. 

La loro funzione nella Commedia
Poste sulla torre più alta della città di Dite, le Furie si graffiano furiosamente il petto cercando di impedire a Dante e a Virgilio l’ingresso nella città.


Città di Dite

Farinata degli Uberti

Di nobile famiglia, Farinata degli Uberti nacque a Firenze agli inizi del secolo xiii; secondo Filippo Villani era «di statura grande, faccia virile, membra forti, continenza grave, eleganza soldatesca, parlare civile, di consigli sagacissimo, audace, pronto e industrioso in fatti d’arme». Fu il capo dei ghibellini fin dal 1239 e riuscì a sconfiggere i guelfi una prima volta nel 1248; questi, rientrati nel 1251, lo cacciarono in esilio nel 1258 costringendolo a riparare nella vicina Siena ghibellina. Con la vittoria di Montaperti nel 1260 Farinata rientrò a Firenze, cacciando per la seconda volta i guelfi. I ghibellini, riuniti a Empoli, presente il legato del re Manfredi, dietro insistenza dei Pisani decisero che Firenze fosse rasa al suolo, ma il solo Farinata si oppose. Morì nella sua città nel 1264; ma proprio quell’anno la parte ghibellina fu di nuovo cacciata, e dopo la sconfitta di Manfredi a Benevento nel 1266, fu definitivamente bandita. Per ragioni politiche la figlia Bice degli Uberti andò sposa a Guido Cavalcanti, membro dell’opposta fazione. Come ghibellino, fu accusato di eresia e il francescano Salomone da Lucca, inquisitore, nel 1283, a vent’anni dalla morte, pronunciò la condanna contro Farinata e contro sua moglie Adaleta e ordinò che le loro ossa fossero esumate e la loro eredità fosse confiscata agli eredi. 

La sua funzione nella Commedia
Sotto l’aspetto più dottrinale, Farinata rappresenta l’eresia che porta a erigersi a giudice della verità contro le posizioni ufficiali della Chiesa, per superbia intellettuale e alterigia. Lo dimostrano il suo comportamento «com’avesse l’inferno a gran dispitto» (v. 36) e l’atteggiamento «sdegnoso» (v. 41). Sotto l’aspetto politico, Farinata è l’emblema della magnanimità civile, della passione politica, dell’amore verso la propria città natale che espone anche a ingiuste vendette e feroci rappresaglie, sopportate e affrontate con animo forte e sicuro. 

Resta comunque il giudizio di condanna da parte di Dante su Farinata, responsabile della divisione politica di Firenze e delle conseguenti lotte fratricide che hanno, in vario modo, colpito gli esponenti di tutti i partiti politici, Farinata e Dante in primo luogo.


Cerchio VI
Peccatori: Eretici

Cavalcante de’ Cavalcanti

Padre del famoso poeta Guido Cavalcanti, maestro e amico di Dante, visse nel xiii secolo ed ebbe fama di epicureo. Guelfo, fu esule a Lucca dopo la sconfitta del suo partito a Montaperti. Rientrò in patria dopo la vittoria guelfa nel 1266 a Benevento. 

La sua funzione nella Commedia
Cavalcante de’ Cavalcanti interviene nel dialogo di Dante con Farinata degli Uberti, perché, avendo riconosciuto Dante, vuole avere notizie del figlio. Con questo espediente, viene introdotta da Dante la questione della preveggenza dei dannati, che verrà trattata da Farinata.

Inoltre, l’interruzione del dialogo tra Dante e Farinata crea una sospensione narrativa, che produce un’enfasi maggiore sul seguito del canto.


Cerchio VI
Peccatori: Eretici

Papa Anastasio II

Fu papa dal 496 al 498, al tempo della dominazione gotica in Italia. Tentò di riavvicinare a Roma la Chiesa d’Oriente, che si era allontanata nel 484 con lo scisma di Acacio, sostenitore dell’eresia monofisita. Dante ritenne questo papa eretico poiché aveva trovato la notizia nel Liber pontificalis e nel Decretum che il monaco camaldolese Graziano aveva composto verso il 1140. L’eresia di Anastasio II consistette nella eccessiva indulgenza e debolezza verso le dottrine di Acacio e nell’avere accolto Fotino, un emissario dell’eretico, al suo cospetto. 


Cerchio VI
Peccatori: Eretici

Centauri

Nati da Issione e dalla nube Nefele, avevano il corpo di cavallo e la testa umana. 

La loro funzione nella Commedia
Dante li pone come custodi del primo girone del settimo cerchio e ricorda il nome di Chirone, il più saggio, di Nesso e di Folo, impulsivi e violenti. 


Cerchio VII - Girone I

Peccatori: Violenti contro il prossimo

Minotauro

Creatura mitologica, è considerata l’infamia di Creta, perché nata da un rapporto contro natura tra Pasife e un toro; per accoppiarsi con questo, la donna, moglie di Minosse re dell’isola, si chiuse in una vacca di legno, costruita da Dedalo, detta perciò da Dante falsa

La sua funzione nella Commedia
Dante pone il Minotauro a guardia dell’entrata del VII cerchio, dove si puniscono i violenti, perché in questa creatura sono racchiuse le diverse specie di violenza, che derivano dalla malizia umana e dalla bestialità animale. 


Cerchio VII
Peccatori: Violenti

Pier della Vigna

Nato a Capua nel 1190 e morto nel 1249. Di umili origini (da cui deriva il suo nome), riuscì a studiare all’università di Bologna; fu giurista e rimatore della Scuola siciliana. Ricoprì le massime cariche amministrative della corte reale di Sicilia (e per questo fu appellato Protonotaro), divenne funzionario con compiti di segretario (logotheta) alla corte di Federico II. Compilò le Costituzioni del 1231 e fu inviato dall’imperatore in Francia e in Inghilterra con incarichi diplomatici. Nel 1249 fu sospettato di tradimento a favore del papa Innocenzo IV, e il re lo fece arrestare, accecare e tradurre in carcere nei pressi di Pisa. Non sopportando il disonore di questa infausta sorte, Pier della Vigna si suicidò. 

Sulla sua innocenza o colpevolezza si è molto discusso da parte degli storici, senza giungere a una posizione certa; Dante si dichiara qui acceso sostenitore della sua innocenza. Di lui ci restano alcune raffinatissime epistole in latino, poesie in latino e due canzoni in lingua italiana. 

La sua funzione nella Commedia
Pier della Vigna è un altro personaggio che si inserisce nella nutrita galleria dantesca delle vittime della passione politica. Restò fedele all’imperatore, fino a scegliere una “morte ingiusta” per non sopportare l’infamia dell’accusa di tradimento ordita da quanti nella corte (ricettacolo di invidiosi) erano gelosi della sua confidenza con l’imperatore e della fiducia che quest’ultimo riponeva in lui. Un altro spirito magnanimo, come Farinata nel canto x, verso cui Dante prova commozione anche per una forma di identificazione in una sorte (quella di uomo fedele alla sua città e da questa tradito) di cui condivide le dure conseguenze. 


Cerchio VII - Girone II
Peccatori: Violenti contro se stessi

Arpie

Le Arpie sono mostri della mitologia classica, figlie del dio marino Taumante e della ninfa oceanina Elettra. Il loro volto e il loro petto erano di donna, ma il corpo era pennuto e avevano artigli rapaci. Di alcune è ricordato il nome: Aello, Celeno, Ocipite. Punirono Fineo, re di Creta, per aver accecato i figli, insozzandogli la mensa ogniqualvolta veniva imbandita. 

La loro funzione nella Commedia
Nell’Inferno di Dante le Arpie sono custodi della selva dei suicidi e si nutrono delle fronde degli alberi che lacerano impietosamente, causando alle anime dei dannati immenso dolore. 

A loro sono attribuite diverse simbologie: il rimorso per la vita bruscamente interrotta, la rapacità, l’avarizia e la prodigalità che sovente spingono alla disperazione. 

Anche le custodi di questo girone sono dei singolari mostri, risultato di un innaturale connubio di natura umana e bestiale, come il Minotauro e i Centauri del canto precedente. 


Cerchio VII - Girone II
Peccatori: Violenti contro se stessi

Capaneo

Figlio di Ipponoo e Laodice, fu uno dei sette re che assediarono Tebe per aiutare Polinice a riconquistare il trono usurpato dal fratello Eteocle. Durante l’assedio, Capaneo salì sui bastioni, deridendo gli abitanti e schernendo gli dèi loro protettori: Bacco, Ercole e lo stesso Giove. Quest’ultimo lo colpì con il fulmine e lo incenerì, senza che il blasfemo si piegasse di fronte al castigo. 

La sua funzione nella Commedia
Il titano Capaneo è il simbolo dell’orgoglio e della superbia: non si cura della pioggia di fuoco, giace corrucciato e sprezzante, parla prima di essere interpellato, ma soprattutto bestemmia Dio. Ma non per questo Capaneo appartiene alla categoria dei «grandi» dannati, è anzi figura minore, personaggio più semplice, facilmente vinto dall’ira potente di Virgilio, che lo schiaccia colpendolo proprio nella sua rabbia irriducibile: il suo atteggiamento è indice solo di violenza cieca e impotente. 


Cerchio VII - Girone III
Peccatori: Violenti contro Dio, la natura, l’arte (bestemmiatori)

Brunetto Latini

Brunetto di ser Bonaccorso Latini nacque a Firenze verso il 1220, dove morì nel 1294. Fu notaio e nel 1260 ambasciatore presso il re di Castiglia, Alfonso X, in rappresentanza della parte guelfa. Al ritorno dalla Spagna lo raggiunse la notizia della sconfitta di Montaperti, per cui scelse la via dell’esilio volontario a Parigi. Tornò in Italia dopo la sconfitta imperiale di Benevento e occupò a Firenze importanti incarichi, fino al priorato del 1287. Fu autore di un trattato enciclopedico, il Tresor, scritto in lingua d’oïl in cui si parla dell’origine del mondo, di astronomia, geografia, etica e retorica, e di due poemetti didascalici in volgare italiano: il Tesoretto e il Favolello. Tradusse i primi 17 capitoli del De inventione di Cicerone. Nel Tesoretto finge di essersi smarrito in una «selva diversa» e di pellegrinare nei regni della Natura, della Virtù e dell'Amore. Brunetto era molto noto al suo tempo, ma la fama presto si oscurò. Di lui si legge nella Cronica del Villani (vii, 10) che «fu cominciatore e maestro in disgrossare i Fiorentini e fargli scorti in bene parlare, e in saper guidare e reggere la nostra repubblica secondo la Politica». 

La sua funzione nella Commedia
In Brunetto Latini Dante intende condannare il peccato contro natura, la sodomia, che, secondo la tradizione medievale e il pensiero di san Tommaso, va contro le leggi della natura creata da Dio ed è particolarmente grave perché, negando la procreazione, costituisce una minaccia per la stessa società. Un altro importante compito di Brunetto Latini è di porsi in continuità con Ciacco (canto vi) e Farinata (canto x) che hanno profetizzato a Dante il suo futuro destino di esule. Ma Brunetto è anche l’esempio di un privilegiato rapporto di stima e di ammirazione che può istaurarsi tra maestro e allievo, nella condivisione dell’obiettivo di raggiungere la fama dopo aver compreso «come l’uom s’etterna» (v. 85). 


Cerchio VII - Girone III
Peccatori: Violenti contro Dio, la natura, l’arte (sodomiti)

Iacopo Rusticucci

Ricco e nobile per alcuni commentatori, di umili origini per altri, fu di parte guelfa e condusse la mediazione per la pace tra Volterra e San Giminiano. Ricoprì importanti cariche politiche in Firenze e fu capitano del popolo ad Arezzo nel 1258.


Cerchio VII - Girone III
Peccatori: Violenti contro Dio, la natura, l’arte (sodomiti)

Reginaldo degli Scrovegni

Capostipite della famiglia, tra le più importanti di Padova. Oculatissimo e abilissimo amministratore, pose le basi della fortuna del casato. Fu esattore per il vescovo di Padova; molte le testimonianze su prestiti a personaggi, anche importanti, concessi da lui. Si presume sia morto tra il 1288 e il 1290. Suo figlio, Enrico, affidò a Giotto il compito di affrescare la cappella degli Scrovegni a Padova.

La sua funzione nella Commedia
In Reginaldo degli Scrovegni Dante intende condannare il peccato dell’usura. Al potente padovano, Dante affida anche il compito di indicare altri usurai puniti insieme a lui, e tutti fiorentini: così il poeta continua la sua condanna dei costumi di Firenze.


Cerchio VII - Girone III
Peccatori: Violenti contro Dio, la natura, l’arte (usurai)

Gerione

Gerione, nella mitologia, è un mostro con tre giganteschi corpi. Figlio di Crisaore e Calliroe, era sovrano delle isole iberiche; fu ucciso da Ercole, in una delle sue dodici fatiche, per rubargli gli armenti che egli nutriva di carne umana, sacrificando gli ospiti, dopo averli ingannati. 

La sua funzione nella Commedia
Per Dante, Gerione riveste la funzione simbolica dell’allegoria dell’inganno e della frode; infatti, è custode dell’ottavo cerchio, le Malebolge, dove sono puniti i fraudolenti. In questo senso è da cogliere il contrasto tra il volto da uom giusto del mostro e il suo corpo schifoso e pauroso, maculato in forme e colori intrecciati e con un’enorme coda da scorpione. 

Da un punto di vista narrativo, Gerione ha inoltre il compito di trasportare i due poeti sul fondo della parete rocciosa di Malebolge. 


Cerchio VIII 
Peccatori: Fraudolenti

Venedico Caccianemico

Nato a Bologna nel 1228, da Alberto Caccianemico dell’Orso, partecipò alle lotte interne della città, riuscendo, nel 1274, a cacciare i ghibellini Lambertazzi, fazione opposta. Fu podestà di Imola, Pistoia e Milano, console del popolo a Modena, ma conobbe per due volte l’esilio. Suo figlio Lamberto sposò Costanza, figlia di Azzo III d’Este. Morì nel gennaio del 1303, ma Dante lo crede morto nel 1300. 

La sua funzione nella Commedia
Dante accusa Venedico di una colpa ripugnante: avrebbe spinto la sorella Ghisola «a fare voglia del marchese Obizzo da Este, marchese di Ferrara, per danari ch’egli n’ebbe» (Buti). Non risultano però notizie di questa tresca ordita dal Caccianemico, che Dante invece dà come molto nota, sulla bocca di tutti. Si pensa dunque a una vendetta di Dante per l’atteggiamento di aperto favoritismo verso gli Estensi di Ferrara, tenuto da Caccianemico. 


Cerchio VIII - Bolgia I
Peccatori: Ruffiani e seduttori

Giasone

Personaggio della mitologia, figlio di Esone, re di Iolco, quando il padre fu spodestato da Pelia, fu inviato a recuperare nella lontana Colchide, una regione del Caucaso sul Mar Nero, il vello d’oro. L’impresa si presentava disperata, poiché la Colchide era terra misteriosa e il vello d’oro era custodito dal re Eeta per mezzo di un drago. Giasone, per la prima volta, costruì una nave, che chiamò Argo, donde il nome di Argonauti ai compagni che lo seguivano nel viaggio. Giunto a Lemno, l’eroe greco s’innamorò della giovane regina Isifile, ma, dopo averla amata e averne avuto due figli, l’abbandonò per proseguire la sua missione. Quando Giasone, dopo innumerevoli peripezie, giunse nella Colchide, sedusse Medea, figlia del re Eeta, che l’aiutò a impossessarsi del vello d’oro ma, nel viaggio di ritorno, egli l’abbandonò per sposare Creusa, la regina di Corinto. Medea, accecata dalla gelosia, giunse a stroncare con le sue mani le giovani vite dei due figli, sotto gli occhi del padre Giasone. 

La sua funzione nella Commedia
Dante conobbe questo famoso e tragico mito dalle Metamorfosi di Ovidio e da Stazio che, nella Tebaide, si sofferma specialmente sull’inganno di Giasone ai danni della povera Isifile. Giasone è posto tra i seduttori: l’alone di grandezza e regalità dell’eroe di Argo si capovolge nella caduta e nella viltà della colpa. 


Cerchio VIII - Bolgia I
Peccatori: Ruffiani e seduttori

Alessio Interminelli

Poche sono le notizie su questo personaggio. Nato a Lucca da un Interminello, era ancora vivo nel 1295. Di lui così parla il Benvenuto: «Costui fu un certo Alessio, di rango militare e di origine nobile lucchese; (…) Questo Alessio, dunque, per una depravata consuetudine, tanto si compiaceva nell’adulazione che non sapeva fare un discorso senza condirlo con l’olio della adulazione». 

La sua funzione nella Commedia
Alessio Interminelli è simbolo della degradazione a cui sono soggetti gli adulatori, immersi nello sterco e quasi irriconoscibili. 


Cerchio VIII - Bolgia II
Peccatori: Adulatori

Niccolò III

Giovanni Gaetano Orsini (Roma, 1210-1220) fu eletto cardinale nel 1244 e papa nel 1277, con il nome di Niccolò III; morì nel 1280. Giovanni Villani così parla di lui: fu «il primo papa nella cui corte s’usasse palese simonia per li suoi parenti; per la qual cosa si aggrandì molto di possessioni e di castella e di moneta sopra tutti i romani in poco tempo» (Cron. vii, 54). Obiettivo primo della sua politica fu quello di ridimensionare il potere del re di Napoli, Carlo d'Angiò, e di consolidare il ruolo centrale della Chiesa nella politica italiana. Di qui l’accusa da parte del Villani di smaccato nepotismo. Il risentimento di Dante contro Niccolò III è originato anche dal suo intervento nel 1280 nelle vicende politiche del comune di Firenze, apparentemente per mettervi pace, in realtà intromettendosi negli affari interni e limitando la libertà comunale. 

La sua funzione nella Commedia
Niccolò III (e i papi simoniaci) subiscono una grave condanna.  L’ira “santa” di Dante contro il vizio della simonia, che dilaga nelle alte sfere ecclesiastiche, non è tanto motivata da situazioni personali ma piuttosto da ragioni religiose, dall’amore filiale verso l’istituzione della Chiesa di Cristo (la bella donna di Inferno xix, v. 57), da lui voluta povera. Per questo il poeta supporta il suo sdegno con frequenti citazioni bibliche, quasi a voler confermare i fondamenti scritturali della sua dura polemica contro un vizio che rischia di minare le radici stesse della Chiesa e dell’intera società.


Cerchio VIII - Bolgia III

Manto

Figlia di Tiresia, è ricordata da Virgilio nell’Eneide, da Ovidio nelle Metamorfosi e soprattutto da Stazio nella Tebaide, come indovina essa stessa. Dopo la morte del padre e la caduta di Tebe sotto la tirannia di Creonte, peregrinò per il mondo fino a giungere nel mantovano, dove morì. 

La sua funzione nella Commedia
Virgilio coglie l’opportunità dell’accenno a Manto per raccontare le origini della sua città natale. Ma, mentre nell’Eneide si legge che Mantova fu fondata da Ocno, figlio di Manto e del Tevere, che così la volle chiamare in onore della madre, qui Dante racconta che furono i Mantovani a edificarla, nel luogo in cui giacevano le spoglie della maga. Si è voluto spiegare questa “correzione” di Dante al racconto virgiliano come un tentativo di recidere, anche se indirettamente, ogni legame che, secondo la leggenda medievale, univa Virgilio alla pratica della magia, liberando anche la città di Mantova, patria del poeta, dalla presunta origine magica.


Cerchio VIII - Bolgia IV
Peccatori: Maghi e indovini

Malebranche 

I Malebranche rappresentano l’esempio più chiaro dell’immagine tradizionale e popolare del diavolo. Sono esseri fisicamente ripugnanti, con caratteristiche animalesche (il grugno, le corna, la coda, lo zoccolo, mani uncinate, ali nere da pipistrello).

La bruttezza e il nero sono i loro tratti distintivi, in contrapposizione con la bellezza e il bianco degli angeli. Moralmente ignobili, bugiardi, imbroglioni, sono dominati dall’invidia e dall’ira, dalla rabbia, e non possono volere che il male. Fra di loro vi è una suddivisione gerarchica, che si manifesta in un’organizzazione «militare» da esercito del male: Malacoda è il capo del «manipolo» di questo girone, composto da Scarmiglione, Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Barbariccia, Ciriatto, Graffiacane, Farfarello e Rubicante. Nei loro nomi sono suggerite e contenute le maligne caratteristiche specifiche e individuali di essi. Dotati di scienza naturale, i diavoli sono impotenti verso Dio. Alcuni operano sulla terra, altri sono relegati nell’Inferno. 

La loro funzione nella Commedia
I diavoli sono angeli ribelli puniti nell’Inferno per il gesto di insubordinazione all’autorità divina, ma hanno anche la funzione di tormentare i dannati, ricorrendo a crudeli supplizi, spesso grotteschi. Per la loro rappresentazione, Dante fa riferimento alla tradizione religiosa del tempo, all’iconografia contemporanea, indulgendo, in tal modo, al gusto e alla sensibilità medievale.


Cerchio VIII - Bolgia V
Peccatori: Barattieri

Ciampolo

Gli antichi commentatori hanno dato un nome a questo barattiere, Ciampolo (forse dal francese Jean Paul), ma di lui sappiamo le poche notizie che ci fornisce Dante. «Fue questo avarissimo uomo, del quale fa menzione l’Autore, figliuolo di una gentil donna di Navarra, la quale fue maritata a uno grande ricco di basso essere, il quale gettò via et spese e giuocò ciò ch’egli avea. Ebbe costui, di cui si fa menzione, nome Ciampolo: la madre il pose con uno cavaliere; et questo Ciampolo divenne sperto tanto che ultimamente fu famiglio del re Tibaldo di Navarra, e venne in tanta grazie del Re, che fu il maggiore uomo che fusse presso a lui, et per le cui mani tutte le cose del reame andavono. Egli permutava gli ufficj come a lui parea: non fu contento della grazia del Re; fece molte varie et diverse baratterie, onde, per questa cagione, l’Autore il mette in questo luogo» (Anonimo). 

La sua funzione nella Commedia
L’astuto barattiere navarrese è figura rappresentativa di tutta la sua “categoria”: un’intelligenza degradata in astuzia, una mediocre immoralità al servizio di interessi privati.


Cerchio VIII - Bolgia V
Peccatori: Barattieri

Catalano de’ Malvolti

Nato a Bologna verso il 1210, fu tra i fondatori dell’ordine dei frati gaudenti ed ebbe cariche di notevole responsabilità. Di parte guelfa, venne eletto podestà in ben nove città italiane diverse, tra cui Milano, Bologna e Firenze. Partecipò alla battaglia di Fossalta (1249) con i Bolognesi contro re Enzo. Ritiratosi nel convento di Ronzano, presso Bologna, morì nel 1285.


Cerchio VIII - Bolgia VI
Peccatori: Ipocriti

Loderingo degli Andalò

Nato a Bologna verso il 1210, di famiglia aristocratica, era di parte ghibellina. Fu anch’egli tra i fondatori dell’ordine dei frati gaudenti e ricoprì la carica di podestà in molte città dell’Emilia e della Toscana. Con Catalano de’ Malvolti, resse il comune di Firenze, dopo la battaglia di Benevento nel 1266. Morì nel 1293, nel convento di Ronzano, presso Bologna.


Cerchio VIII - Bolgia VI
Peccatori: Ipocriti

Caifa

Caifa è il sommo sacerdote che consigliò i Farisei di crocifiggere Gesù. 

La sua funzione nella Commedia
Caifa è simbolo dell’ipocrisia che la tradizione evangelica attribuisce ai Farisei: la crocifissione di Cristo, di cui è responsabile, è infatti mascherata come necessaria per il bene pubblico. Crocifisso a terra, è calpestato dagli altri dannati, insieme al suocero Anna e agli altri componenti del Sinedrio.


Cerchio VIII - Bolgia VI
Peccatori: Ipocriti

Vanni Fucci

«Vanni Fucci fu de’ Lazzari di Pistoia, secondo che scrive l’Autore, bastardo e figliuolo di bastardo; et perché egli era bestiale, fu chiamato Vanni bestia: et essendo giovane, et facendo delle forze e violenze ad altrui, ebbe bando da Pistoia faccendo quello male che sapea» (Anonimo). Si distinse per la violenza nella lotta contro i Bianchi; di lui presto e ripetutamente si occuparono le cronache giudiziarie pisane del tempo: nel novembre 1286, per esempio, per avere gravemente ferito un giovane, di nome Marcovaldino di Jacopo, e nel giugno del 1287, per avere percosso a sangue un prete, di nome Gandino, priore di San Lorenzo a Montalbiolo. Bandito dalla sua città, passò al servizio dei Fiorentini contro i Pistoiesi, ma, rientrato, continuò la condotta violenta. Nel gennaio 1293, o come indicano altri il 13 marzo 1295, compì un furto sacrilego di arredi nella sacrestia di San Jacopo, nel duomo di Pisa. Insicura la data della sua morte, avvenuta poco prima dell’inizio del viaggio dantesco, forse in modo violento. 

La sua funzione nella Commedia
La figura di Vanni Fucci è tra le più violente e disumane dell’Inferno: la sua bestialità domina l’atmosfera del canto xxiv. La sua presenza è anche pretesto per una nuova profezia politico-autobiografica, che fa riferimento alla guerra mossa dal marchese Malaspina da Lucca, alleato dei Neri fiorentini, contro Pistoia. La sconfitta dei Bianchi pistoiesi avrebbe inevitabilmente segnato la rovina dei Bianchi di Firenze. La profezia si colora di intenzione malvagia: è la vendetta del ladro che si vede scoperto e nella sua astiosa umiliazione non può far altro che predire un triste destino a Dante.


Cerchio VIII - Bolgia VII
Peccatori: Ladri

Agnolo Brunelleschi

Di lui non si hanno notizie storiche. «Questo Agnello fu de’ Brunelleschi di Firenze; e infino picciolo votava la borsa al padre e a la madre, poi votava la cassetta e la bottega, e imbolava (rubava). Poi da grande entrava per le case altrui, e vestiasi a modo di povero, e faceasi la barba da vecchio, e però il fa Dante così trasformare per lo morsi di quello serpente come fece per furare» (Chiose Selmi). 

La sua funzione nella Commedia
La descrizione della mostruosa metamorfosi di questo dannato e del suo compagno di pena Cianfa Donati sottolinea la bestialità della condizione umana ridotta a pura materia continuamente stravolta.


Cerchio VIII - Bolgia VII
Peccatori: Ladri

Cianfa Donati

Fiorentino, gli antichi commentatori non dicono molto di lui, ma lo descrivono come un ladro, soprattutto di bottega e di bestiame. Nel 1282 fu consigliere del capitano del popolo e, dal testamento di Corso Donati, possiamo dedurre che la sua morte è antecedente al 1289. Secondo Pietro di Dante, questo personaggio era invece della famiglia Degli Abati. 

La sua funzione nella Commedia
La descrizione della mostruosa metamorfosi di questo dannato e del suo compagno di pena Agnolo Brunelleschi sottolinea la bestialità della condizione umana ridotta a pura materia continuamente stravolta.


Cerchio VIII - Bolgia VII
Peccatori: Ladri

Ulisse

Ulisse (Odisseo per i Greci) è l’eroe omerico cui è dedicato il poema epico dell’Odissea ed è protagonista di molte imprese dell’Iliade e dell’Eneide, celebrato per la sottigliezza del suo ingegno. Figlio di Laerte, sposo di Penelope e padre di Telemaco, era re di Itaca, un’isola del mar Ionio. Dopo la presa di Troia vagò per molti anni lontano dalla patria, poiché gli dèi erano irati con lui, e dovette sopportare innumerevoli traversie, tutte superate con l’astuzia, davvero grande e imprevedibile. Secondo la narrazione omerica, tornò finalmente a Itaca dove poté riabbracciare i familiari che, fedeli, lo avevano atteso senza perdere la speranza nel suo ritorno. 

La sua funzione nella Commedia
Duplice l’interpretazione della figura dell’Ulisse dantesco: da una parte eroe “magnanimo”, dotato di facondia, coraggio, sapienza; dall’altra personaggio fraudolento, menzognero e falso. Da queste posizioni si muovono le interpretazioni dell’eroe omerico da parte della critica sul suo operato e sull’ultima impresa che lo ha portato alla rovina. Va inoltre ricordato che «Quell’uomo che parte, pieno di ardore, verso il mare ignoto della conoscenza, conscio della dignità suprema che distingue l’uomo dai bruti, non solo somiglia a Dante, ma è Dante stesso» (Chiavacci Leonardi, 1991).


Cerchio VIII - Bolgia VIII
Peccatori: Consiglieri fraudolenti

Diomede

Figlio di Tideo, re di Argo, partecipò con i Greci alla guerra di Troia; eccelse nell’uso delle armi e si distinse nel combattimento con il cocchio. Amico e compagno di Ulisse, collaborò con lui a ordire inganni. Dopo la guerra di Troia, fu respinto dalla moglie e per questo venne in Italia dove combatté contro i Messapi. 

La sua funzione nella Commedia
Anche se sono insieme, la figura di Diomede rimane in secondo piano, oscurata da quella di Ulisse. I due eroi greci sono «un’altra di quelle coppie di anime, come Paolo e Francesca, Farinata e Cavalcanti, che sembrano destinate a dare a Dante le sue ispirazioni più grandi» (Pietrobono).


Cerchio VIII - Bolgia VIII
Peccatori: Consiglieri fraudolenti

Guido da Montefeltro

Fu uno dei condottieri più valorosi della seconda metà del xiii secolo. Nacque verso il 1220 e lottò per la causa del ghibellinismo.

Vicario a Roma di Corradino di Svevia nel 1268, si mise nel 1274 a capo dei fuoriusciti di Bologna. Nel maggio del 1275 sconfisse una coalizione di guelfi bolognesi (i Geremei) in lite con i ghibellini Lambertazzi, come ci informa il Serventese dei Lambertazzi e dei Geremei. Nel settembre dello stesso anno riuscì a vincere Malatesta da Verrucchio, capo dei guelfi. Capitano del popolo di Forlì, fu l’animatore in Romagna della politica antipapale, distinguendosi per abilità e astuzia. Scomunicato dalla Chiesa, fu confinato a Chioggia e ad Asti, ma nel 1289 si allontanò per riprendere la guerra a fianco dei Pisani ghibellini. Occupò Urbino e nel 1292 riuscì a imporre la sua signoria. Si riconciliò nel 1294 con la Chiesa, dapprima con Celestino V poi con Bonifacio VIII; nel 1296, ormai vecchio, entrò nell’ordine di s. Francesco. Morì nel 1298, probabilmente ad Assisi o ad Ancona, in odore di santità. Ebbe cinque figli tra cui Bonconte che sarà protagonista del canto v del Purgatorio (vv. 64-129).

Guido era molto noto già al suo tempo per l’astuzia, come leggiamo in una cronaca pisana: «quando il conte usciva fuore di Pisa con la gente… li fiorentini fuggiano e diceano ‘ecco la volpe’». 

La sua funzione nella Commedia
Guido da Montefeltro ha applicato alla vita morale e religiosa le medesime regole che gli hanno garantito il successo nell’ambito politico; le sue opere di “golpe”, la sua astuzia senza scrupoli finiscono per meritargli l’eterno castigo nell’Inferno. Una conversione è autentica e merita il perdono solo se è sincera, senza infingimenti, sotterfugi, inutili furbizie e l’ingegno umano non basta a raggiungere la salvezza: questo è quanto afferma Dante attraverso la figura di Guido da Montefeltro.


Cerchio VIII - Bolgia VIII
Peccatori: Consiglieri fraudolenti

Maometto

Il fondatore dell’Islam nacque alla Mecca nel 570; dopo una difficile giovinezza, a venticinque anni sposò un’agiata vedova. Venuto a contatto, per la sua attività di carovaniere, con diverse religioni, ebbe modo di elaborare un pensiero religioso, originale ma sincretico. La sua predicazione incontrò grandi opposizioni. Fu costretto ad abbandonare la Mecca per rifugiarsi a Medina, nel 622. Da quel momento iniziò la “guerra santa”, che culminò con l’ingresso trionfale alla Mecca nel 630. L’insegnamento di Maometto, solo orale, ebbe una sistemazione e una redazione scritta nel Corano. Morì nel 632. 

La sua funzione nella Commedia
Dante pone Maometto tra gli scismatici perché non lo considera il fondatore di una nuova religione, ma il responsabile di una grave lacerazione in seno alla Chiesa cattolica; nel Medioevo, secondo la leggenda riportata dagli antichi commentatori, Maometto era ritenuto un cardinale che, non riuscendo a farsi eleggere papa, provocò uno scisma.


Cerchio VIII - Bolgia IX
Peccatori: Seminatori di discordie e scismi

Mosca de’ Lamberti

Nato alla fine del secolo xii, fu podestà di Viterbo nel 1220 e di Todi nel 1227. Guidò i ghibellini contro Siena; morì nel 1243 a Reggio, dov’era stato eletto podestà. 

La sua funzione nella Commedia
Dante condanna Mosca de’ Lamberti nella nona bolgia per un noto episodio di violenza da lui ispirato: poiché Buondelmonte dei Buondelmonti, venendo meno alle intese, aveva rifiutato le nozze con una fanciulla del casato degli Amidei, preferendo una giovane della famiglia dei Donati, Mosca, in una riunione di notabili, suggerì la massima delle punizioni. Così leggiamo nella Cronica del Villani: «E stando tra loro in consiglio in che modo dovessero offendere, o di batterlo o di ferirlo, il Mosca de’ Lamberti disse in mala parola ‘cosa fatta capo ha’, cioè che fosse morto: e così fu fatto».


Cerchio VIII - Bolgia IX
Peccatori: Seminatori di discordie e scismi

Pier da Medicina

Originario di Medicina, paese vicino a Bologna; di lui non abbiamo notizie sicure. 

La sua funzione nella Commedia
Non è chiaro il motivo per cui Dante lo colloca tra i seminatori di scandali e scismi. Il Benvenuto sostiene che istigò alla lotta Guido da Polenta, signore di Ravenna, e Malatesta da Verrucchio, signore di Rimini; il Buti e le Chiose Selmi sostengono che abbia male operato in Romagna, spingendo quei signori a ribellarsi contro Bologna.


Cerchio VIII - Bolgia IX
Peccatori: Seminatori di discordie e scismi

Bertrand de Born

Famoso trovatore, signore di Hautefort, in Guascogna, nacque verso il 1140 e morì, monaco cistercense, a Dolon, nel 1215. Dante nel Convivio e soprattutto nel De vulgari eloquentia, lo esalta come cantore della armorum probitas, della prodezza nell’uso delle armi, uno dei tre oggetti della lirica d’arte in volgare, oltre l’amore e la rettitudine. Bertran de Born nella canzone molto nota Bem platz esalta la guerra come occasione e per eccellere nel valore e nel coraggio. 

La sua funzione nella Commedia
Dante condanna il trovatore provenzale perché fu consigliere di Enrico III d’Inghilterra, detto il giovane perché eletto re quando il padre era ancora in vita, e lo spinse alla ribellione contro il padre Enrico II d’Inghilterra.


Cerchio VIII - Bolgia IX
Peccatori: Seminatori di discordie e scismi

Griffolino d’Arezzo

Falsario di metalli, su questo personaggio si possiedono scarse notizie storiche. Fu iscritto alla società dei Toschi a Bologna nel 1258. «Questo Aretino (…) sapea e adoperava quella parte d’alchimia che è appellata sofistica, ma facealo sì secretamente, che non era saputo per alcuna persona» (Lana). Secondo gli antichi commentatori, Griffolino fu condannato al rogo come eretico prima del 1272 dal vescovo di Siena, per aver tratto in inganno un suo figlio illegittimo, tale Alberto, descritto da Dante come sciocco e credulone. Griffolino gli fece infatti credere di potergli insegnare a volare. 

La sua funzione nella Commedia
È lo stesso Griffolino a raccontare nel canto xxix dell’Inferno la sua vicenda e a dichiarare il motivo della sua condanna nella nona bolgia: la pratica dell’alchimia.


Cerchio VIII - Bolgia X
Peccatori: Falsari

Capocchio

Secondo alcuni antichi commentatori, Capocchio fu un fiorentino e compagno di studi di Dante, secondo altri fu senese. Secondo l’Anonimo «fu uno che, a modo d’uno uomo di corte, seppe contraffare ogni uomo che volea, et ogni cosa, tanto ch’egli contraffacea in ciascuno atto; diessi nell’ultimo a contraffare i metalli, come egli facea gli uomini». Fu arso a Siena il 15 agosto 1293, con l’accusa di alchimia. 

La sua funzione nella Commedia
A Capocchio, Dante affida l’invettiva contro la vanità dei Senesi, con cui si chiude il canto xxix dell’Inferno.


Cerchio VIII - Bolgia X
Peccatori: Falsari

Gianni Schicchi

Appartenente alla famiglia dei Cavalcanti, fu un cavaliere fiorentino, morto prima del 1280. 

La sua funzione nella Commedia
Gianni Schicchi è posto da Dante tra i falsificatori di persona, poiché si sostituì sul letto di morte a Buoso Donati per attribuirsene l’eredità.


Cerchio VIII - Bolgia X
Peccatori: Falsari

Mastro Adamo

Incerte le sue origini, poiché esistono contrastanti notizie nei primi commentatori. L’ipotesi più attendibile è quella che lo identifica in Adam de Anglia, originario dell’Inghilterra, ricordato in documenti bolognesi nel 1273 e nel 1277. Agli ordini dei conti Guidi di Romena, fu condannato al rogo dai Fiorentini come falsario di monete nel 1281. 

La sua funzione nella Commedia
In Mastro Adamo è ben visibile il contrappasso: come in vita non fu mai sazio di denaro e come le sue borse non furono mai abbastanza piene di monete, così appare ora con il ventre ingrossato come un liuto e afflitto da una sete insaziabile.


Cerchio VIII - Bolgia X
Peccatori: Falsari

Anteo

È uno dei giganti, i personaggi mitologici figli di Gea, generati dal sangue di Urano per vendicare i Titani rinchiusi da Zeus nel Tartaro. Hanno forma umana ma statura immane. Furono spinti dalla loro forza enorme a far guerra agli dèi e diedero la scalata all’Olimpo, sfidando la divinità e pretendendo al suo potere. Ma Giove, aiutato da altri dei, li sterminò a Flegra, in Tessaglia, e li fulminò con le sue folgori.

Anteo non partecipò alla gigantomachia di Flegra. Abitava nel deserto di Libia e, come racconta Lucano, si nutriva di leoni. Costringeva coloro che passavano dalle sue parti a lottare con lui e poi ne appendeva le teste mozzate davanti alle porte della sua abitazione. Fu ucciso da Ercole il quale, per riuscirvi, dovette tenerlo sollevato da terra: solo a contatto con la terra-madre Anteo traeva infatti le energie per lottare così formidabilmente. 

La sua funzione nella Commedia
Nell’Inferno di Dante i giganti sono dannati. La loro grandezza è soltanto fisica: stanno confitti per questo, dall’ombelico in giù, immobili e impotenti.

Anteo deposita Dante e Virgilio sul fondo dell’Inferno.


Cerchio VIII - Bolgia X
Peccatori: Falsari

Fialte

È uno dei giganti, i personaggi mitologici figli di Gea, generati dal sangue di Urano per vendicare i Titani rinchiusi da Zeus nel Tartaro. Hanno forma umana ma statura immane. Furono spinti dalla loro forza enorme a far guerra agli dèi e diedero la scalata all’Olimpo, sfidando la divinità e pretendendo al suo potere. Ma Giove, aiutato da altri dei, li sterminò a Flegra, in Tessaglia, e li fulminò con le sue folgori.

Fialte è uno dei giganti più temerari. 

La sua funzione nella Commedia
Nell’Inferno di Dante i giganti sono dannati. La loro grandezza è soltanto fisica: stanno confitti per questo, dall’ombelico in giù, immobili e impotenti.

Fialte, che mosse contro gli dei le sue smisurate braccia, è ora avvinto da catene.


Pozzo dei giganti

Nembrot

È uno dei giganti, i personaggi mitologici figli di Gea, generati dal sangue di Urano per vendicare i Titani rinchiusi da Zeus nel Tartaro. Hanno forma umana ma statura immane. Furono spinti dalla loro forza enorme a far guerra agli dèi e diedero la scalata all’Olimpo, sfidando la divinità e pretendendo al suo potere. Ma Giove, aiutato da altri dei, li sterminò a Flegra, in Tessaglia, e li fulminò con le sue folgori.

La Bibbia pone Nembrot tra i discendenti di Noè. È considerato il diretto responsabile della torre di Babele, forse perché la costruzione della torre avviene nella terra di Babilonia, e specificatamente nella pianura della Sennaar, di cui Nembrot, tra i discendenti di Cam, è ricordato come re. 

La sua funzione nella Commedia
Nell’Inferno di Dante i giganti sono dannati. La loro grandezza è soltanto fisica: stanno confitti per questo, dall’ombelico in giù, immobili e impotenti.

Nembrot incarna per Dante il concetto babelico della confusione delle lingue. 


Pozzo dei giganti

Ugolino della Gherardesca

Di nobile e antica famiglia ghibellina, possedeva vaste tenute in Maremma e in Sardegna, dove fu anche vicario di re Enzo. Dal 1272 ricoprì ruoli importanti nella politica di Pisa, con atti che suscitarono però sospetti di connivenza con la parte guelfa capeggiata dalla famiglia Visconti, con cui aveva rapporti di parentela.

Nel 1284 gli venne affidato il comando di ben 12 galere nella guerra contro Genova, ma Pisa dovette subire la sconfitta della Meloria (6 agosto 1284). Fu eletto podestà e capitano del popolo e, per dividere la coalizione costituita contro Pisa dai comuni di Genova, Firenze e Lucca, cedette alcuni castelli (Pontedera, Viareggio, Ripafratta) ai Fiorentini e ai Lucchesi: atto che verrà poi imputato come tradimento. Nel 1286 si associò al potere il nipote Ugolino Visconti. Nel 1288, durante una sua assenza dalla città, l’opposizione ghibellina organizzò una congiura, sotto la guida dell’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini e delle famiglie dei Sismondi, dei Gualandi, dei Lanfranchi e con il concorso del popolo pisano, sobillato durante un periodo di congiuntura economica. 

Quando Ugolino rientrò in città venne imprigionato (1° luglio) con i due figli Gaddo e Uguccione e i due nipoti Anselmo e Nino, detto Brigata. Morirà con loro di fame dopo circa nove mesi di prigionia e i loro cadaveri verranno tolti dal carcere, orribilmente deturpati, il 18 marzo 1289. 

La sua funzione nella Commedia
La vicenda del conte Ugolino «è una esemplare illustrazione della crudeltà umana e la sua personalità iraconda e violenta […] incarna la matta bestialità, categoria morale che caratterizza le forme più gravi di peccato» (Bellomo, 2013). Ugolino deve sopportare il più grande dei dolori per un padre: vedere morire i figli, impietrito, senza poter far nulla; da questo nasce l’odio disumano verso chi è stato la causa di tale orrore.


Cerchio IX - Zona II
Peccatori: Traditori della patria

Ruggieri degli Ubaldini

Ruggieri degli Ubaldini, nipote del cardinale Ottaviano, fu dal 1278 arcivescovo di Pisa. Favorì i ghibellini pisani e cercò di intromettersi nei contrasti scoppiati tra Ugolino della Gherardesca e il nipote Nino Visconti, associato dallo zio al governo della città, specialmente nel periodo delle trattative intercorse tra Pisa e Genova, dopo la battaglia della Meloria (1284), per il ritorno dei prigionieri pisani. Con l’aiuto di alcuni esponenti delle famiglie più in vista (specialmente i Sismondi), riuscì a estromettere Nino Visconti, mentre il conte Ugolino era nel suo castello di Settimo, e poi a imprigionare il conte stesso in un suo tentativo di rientro in città. Dopo la morte dell’avversario, ricevette una condanna da papa Niccolò IV per la condotta spietata messa in atto nella circostanza. Salvato dall’improvviso decesso del pontefice, riuscì a tenere la diocesi fino alla morte, avvenuta nel 1295. 

La sua funzione nella Commedia
Dante lo pone nella Caina tra i traditori, probabilmente sulla base di una cronaca coeva: Ugolino sarebbe stato attirato in città dall’arcivescovo con il pretesto di possibili trattative d’accordo, e invece catturato e rinchiuso nella torre dei Gualandi, da cui non sarebbe più uscito vivo.


Cerchio IX - Zona II
Peccatori: Traditori della patria

Frate Alberigo

Alberigo di Ugolino dei Manfredi di Faenza (1200 ca. - dopo il 1300), frate gaudente, era ancora vivo alla data del viaggio immaginato da Dante. Fu uno dei maggiorenti guelfi di Faenza. Entrato in conflitto, a causa di un’offesa, con i congiunti Manfredo e Alberghetto dei Manfredi, finse di voler riappacificarsi con loro e li invitò a un banchetto con l’intenzione di sopprimerli. Alla fine del pranzo Alberigo disse ai servitori di portare la frutta, ma era in realtà il segnale convenuto e i due parenti vennero uccisi dai sicari. Il fatto avvenne il 2 maggio 1285. Il Landino attesta: «Onde ancora nei nostri giorni proverbialmente quando vogliamo dimostrare alcuno essere percosso diciamo che ha avuto delle frutte di frate Alberigo». 

La sua funzione nella Commedia
A frate Alberigo, Dante affida l’enunciazione del fenomeno per il quale è possibile, nella finzione dantesca, che un peccatore possa trovarsi nell’Inferno pur se il suo corpo è ancora in vita.


Cerchio IX - Zona III
Peccatori: Traditori degli ospiti

Branca Doria

Membro dell’importante famiglia ghibellina di Genova, era genero di Michele Zanche, a sua volta condannato da Dante come barattiere. Mirando a impadronirsi delle terre del suocero, lo invitò a un banchetto e lo uccise con l’aiuto di un nipote o di un cugino. Secondo alcuni il fatto avvenne nel 1275, secondo altri nel 1290. 

La sua funzione nella Commedia
Branca Doria è posto fra i traditori degli ospiti, anche se al tempo del viaggio di Dante nell’oltremondo non era ancora morto. Ciò in base al fenomeno descritto da frate Alberigo, per il quale l’anima di chi si macchia di un tradimento particolarmente grave precipita all’Inferno anche se il suo corpo è ancora vivo sulla terra.


Cerchio IX - Zona III
Peccatori: Traditori degli ospiti

Bruto

Marco Giunio Bruto, politico e oratore romano, fu uno degli assassini di Giulio Cesare. 

La sua funzione nella Commedia
Bruto è punito insieme a Cassio con la punizione massima – è infatti maciullato da Lucifero – perché ha tradito la suprema maestà imperiale.


Cerchio IX - Zona IV
Peccatori: Traditori dei benefattori

Giuda

Giuda Iscariota è l’apostolo che tradì Gesù, vendendolo al Sinedrio per trenta denari. 

La sua funzione nella Commedia
Giuda ha tradito la suprema maestà divina. Per questo viene stritolato nella bocca centrale di Lucifero e viene graffiato a sangue.


Cerchio IX - Zona IV
Peccatori: Traditori dei benefattori

Cassio

Caio Cassio Longino, politico romano, fu fra i promotori della congiura che portò all’uccisione di Giulio Cesare.

La sua funzione nella Commedia
Caio è punito insieme a Bruto con la punizione massima – è infatti maciullato da Lucifero – perché ha tradito la suprema maestà imperiale.


Cerchio IX - Zona IV
Peccatori: Traditori dei benefattori

Lucifero

Nella tradizione cristiana è il Signore del male, re dei diavoli e antagonista diretto di Dio. Il suo nome significa “portatore di luce”: era infatti il più bello e luminoso dei Serafini, il più vicino a Dio, ma la sua ribellione a Lui per superbia lo ha precipitato al centro della Terra, nel punto più lontano da Dio. 

La sua funzione nella Commedia
Conficcato nel ghiaccio, Lucifero si presenta con una testa enorme composta da tre facce di diverso colore, le cui tre bocche maciullano i peggiori peccatori dell’umanità: Giuda, traditore di Cristo, e Bruto e Cassio, traditori di Cesare, simbolo del potere imperiale. Le sue gigantesche ali da pipistrello, muovendosi, provocano il vento capace di ghiacciare Cocito.


Cerchio IX - Zona IV
Peccatori: Traditori dei benefattori

Colle della Grazia

È un colle illuminato dai raggi del sole, simbolo della vita virtuosa.

La selva oscura

È un bosco intricato e selvaggio. Ai suoi margini, separato da un dolce pendio, si erge un monte illuminato dai raggi del sole, il «colle della Grazia».

La diserta piaggia

È il leggero pendio iniziale del «colle della Grazia», al limite della selva oscura.

Antinferno

È una buia campagna, perché non c’è l’alternarsi del giorno e della notte.

Qui scorre l’Acheronte, fiume infernale, che le anime si accingono ad attraversare: è un fiume stagnante, dunque privo di vita, come è privo di vita, materiale o spirituale, tutto quanto si trova in questa desolata landa.


Peccatori: Ignavi

Porta dell'inferno

Accesso all’Inferno vero e proprio, questa porta è sempre aperta, poiché la via al peccato è larga e comoda. Sulla sua sommità un’iscrizione ammonisce i peccatori che il luogo di pena in cui stanno per entrare è eterno e creato dalla giustizia divina.

Acheronte

Fiume infernale, è il passaggio obbligato per entrare nell’Inferno; è un fiume stagnante, dunque privo di vita, come è privo di vita, materiale o spirituale, tutto quanto si trova nell’Antinferno.


Antinferno

Cerchio I

Il primo cerchio è suddiviso in due zone: nella prima regna l’oscurità, e s’odono soltanto i sospiri dolorosi delle anime; nella seconda s’apre uno spazio illuminato da un fuoco e, al centro, difeso da sette cerchi di mura e da un fiumicello, si erge un castello, nel cui interno si aggirano gli spiriti magni.


Limbo
Peccatori: Anime giuste non battezzate

Cerchio II 

Una landa priva di luce, battuta da tremende raffiche di vento.


Peccatori: Lussuriosi

Cerchio III

Una pioggia incessante di acqua sporca, neve e grandine cade sulla terra che esala fetore.


Peccatori: Golosi

Cerchio IV

È una fossa vasta e pianeggiante, vigilata da Pluto.


Peccatori: Avari e prodighi

Cerchio V 

È costituito dalla palude Stigia, una lorda pozza di acque nere e fangose, vigilata dal diavolo Flegiàs.


Peccatori: Iracondi e accidiosi

Palude Stigia

È una lorda pozza di acque nere e fangose, vigilata dal diavolo Flegiàs.


Cerchio V

Stige

È il fiume dell’alto Inferno, passaggio obbligato per approdare alla città di Dite.


Cerchio V

Città di Dite

È una città infuocata, circondata da torri e mura, le cui porte sono vigilate da migliaia di diavoli.


Cerchio VI

Cerchio VI

Dentro le mura della città di Dite si estende una vasta pianura, disseminata di tombe fra le quali sono accesi fuochi che le fanno arroventare.


Peccatori: Eretici

Cerchio VII 

Il cerchio VII è formato da un’ampia pianura attraversata dal Flegetonte, fiume di sangue bollente; ai suoi margini si trovano la selva dei suicidi e una landa costituita da un sabbione su cui cadono falde di fuoco. 
È suddiviso in tre gironi: 

  • I Girone: violenti contro il prossimo
  • II Girone: violenti contro se stessi
  • III Girone: violenti contro Dio, natura e arte

Girone I

È formato da un’ampia fossa che circonda tutto il piano ed è costituita dal Flegetonte, fiume di sangue bollente in cui sono immersi i dannati, vigilati dai Centauri. 


Cerchio VII
Peccatori: Violenti contro il prossimo

Girone II

Un bosco senza alcun sentiero, formato di alberi privi di foglie, fiori, frutti e contorti in modo orribile; tra i rami fanno il nido le brutte Arpie che emettono cupi lamenti.


Cerchio VII
Peccatori: Violenti contro se stessi (suicidi e scialacquatori)

Girone III

Una landa circondata dalla selva dei suicidi; essa è costituita da un sabbione infuocato su cui cadono falde di fuoco, come di neve in alpe sanza vento.


Cerchio VII
Pecatori: Violenti contro Dio, la natura, l’arte (bestemmiatori, sodomiti, usurai)

Cerchio VIII (Malebolge)

L’ottavo cerchio dell’Inferno è costituito da un cerchio profondo, in cui si aprono le Malebolge, dieci fosse disposte in modo concentrico attorno a un pozzo (il cerchio IX). ed è sormontato da un’alta parete di roccia che lo separa dal precedente. Le bolge comunicano tra loro per mezzo di ponti in pietra, sospesi nel vuoto e protesi sugli argini divisori, convergenti dall’alto verso il pozzo dei giganti che ospita i traditori. Nelle Malebolge viene punita la fraudolenza contro chi non si fida, contro chi non ha un rapporto di fiducia o di parentela o di amicizia. 


Peccatori: Fraudolenti

Bolgia I

La I bolgia è delimitata da argini in pietra ed è separata dall’alto Inferno per mezzo di una parete di roccia.


Peccatori: Ruffiani e seduttori

Bolgia II

La II bolgia si presenta come un fondo cupo, pieno di sterco, con le pareti incrostate di sozza muffa provocata dal lezzo che emana dal fondo.


Peccatori: Adulatori

Bolgia III

Le pareti e il fondo della bolgia sono rocciosi, di difficile accesso; nella pietra si aprono fori regolari, di uguali dimensioni e molto profondi poiché ognuno ospita i peccatori che hanno ricoperto nella Chiesa una medesima carica.


Peccatori: Simoniaci

Bolgia IV

La bolgia è descritta in modo essenziale come un vallon tondo.


Pecatori: Maghi e indovini

Bolgia V

La bolgia appare particolarmente buia, poiché sul fondo bolle una nera pece.


Peccatori: Barattieri

Bolgia VI

La bolgia è abbastanza angusta; ai piedi della parete di roccia più interna sono ammassate le pietre del ponte crollato.


Peccatori Ipocriti

Bolgia VII

La bolgia è avvolta da una fittissima nebbia in cui si distinguono a fatica i dannati.


Peccatori: Ladri

Bolgia VIII

La bolgia è immersa in un profondo silenzio ed è avvolta da una fittissima tenebra in cui lampeggiano le fiamme che nascondono le anime dei dannati.


Peccatori: Consiglieri fraudolenti

Bolgia IX

La bolgia è caratterizzata dai cruenti e orribili atti di violenza che lì avvengono.


Peccatori: Seminatori di discordie e scismi

Bolgia X

La bolgia ha una circonferenza di ventidue miglia; dal fondo si levano alti lamenti e un orrendo fetore di membra putrefatte.


Peccatori: Falsari

Pozzo dei Giganti

Si trova fra l’ottavo cerchio dei fraudolenti e il nono dei traditori.


Tra l’VIII e il IX Cerchio

Cerchio IX

Il fondo dell’Inferno è un lago ghiacciato alimentato dal fiume Cocito e suddiviso in quattro zone: Caina, Antenora, Tolomea e Giudecca.


Peccatori: Traditori

I Zona - Caina

È un lago ghiacciato alimentato dal fiume Cocito. I peccatori vi sono immersi ed emergono dal ghiaccio solo con la testa.


Peccatori: Traditori dei parenti

II Zona - Antenora

È un lago ghiacciato alimentato dal fiume Cocito I peccatori vi sono immersi verticalmente ed emergono dal ghiaccio solo con la testa, perciò le loro lacrime, congelate dal vento, impediscono agli occhi di mantenersi aperti. 


Peccatori: Traditori della patria

III Zona - Tolomea

È un lago ghiacciato alimentato dal fiume Cocito. I peccatori sono confitti nel ghiaccio in posizione supina.


Peccatori: Traditori degli ospiti

IV zona - giudecca

È un lago ghiacciato alimentato dal fiume Cocito I peccatori sono confitti interamente nel ghiaccio.


Peccatori: Traditori dei benefattori

Cocito

È il fiume che si trova nella parte più profonda dell’inferno, che dà origine a un lago ghiacciato, dove scontano la loro pena i traditori. Nel Cocito confluiscono tutti i fiumi infernali.


Cerchio IX

Natural Burella

È una galleria scavata nella roccia dal fiume Lete e che, dal centro della Terra, conduce nell’emisfero boreale, agli antipodi di Gerusalemme, ai piedi della montagna del Purgatorio.


Dopo il Cerchio IX

Flegetonte

Fiume di sangue bollente in cui sono immersi i dannati. Si trova nel Cerchio VII.


Cerchio VII

ANTINFERNO ANTINFERNO Porta dell’inferno Porta dell’inferno Selva oscura Selva oscura Diserta piaggia Diserta piaggia Colle della Grazia Colle della Grazia Gerusalemme Gerusalemme Acheronte Acheronte Dite Dite CERCHIO IV CERCHIO IV Avari e prodighi Avari e prodighi CERCHIO V CERCHIO V Iracondi e accidiosi Iracondi e accidiosi CERCHIO VI CERCHIO VI Eretici ed epicurei Eretici ed epicurei Violenti Violenti NATURAL BURELLA NATURAL BURELLA LUCIFERO LUCIFERO POZZO DEI GIGANTI POZZO DEI GIGANTI CERCHIO VII CERCHIO VII Fraudolenti Fraudolenti CERCHIO VIII CERCHIO VIII CERCHIO IX CERCHIO IX I girone I girone Palude Stigia Palude Stigia Stige Stige Violenti contro il prossimo Violenti contro il prossimo Ruffiani e seduttori Ruffiani e seduttori Indovini Indovini Ladri Ladri I bolgia I bolgia I zona - caina I zona - caina Traditori dei parenti Traditori dei parenti II bolgia II bolgia II zona - antenora II zona - antenora Traditori della patria Traditori della patria III bolgia III bolgia III zona - tolomea III zona - tolomea Traditori degli ospiti Traditori degli ospiti IV bolgia IV bolgia IV zona - giudecca IV zona - giudecca Traditori dei benefattori Traditori dei benefattori V bolgia V bolgia VI bolgia VI bolgia VII bolgia VII bolgia VIII bolgia VIII bolgia IX bolgia IX bolgia X bolgia X bolgia Cocito Cocito II girone II girone Violenti contro se stessi Violenti contro se stessi Adulatori Adulatori Barattieri Barattieri Consiglieri fraudolenti Consiglieri fraudolenti III girone III girone Flegetonte Flegetonte Simoniaci Simoniaci Ipocriti Ipocriti natura, arte Violenti contro Dio, natura, arte Violenti contro Dio, Seminatori di discordie e scismi Seminatori di discordie e scismi Falsari Falsari Golosi Golosi Non battezzati Non battezzati Lussuriosi Lussuriosi Ignavi Ignavi CERCHIO I CERCHIO I CERCHIO II CERCHIO II CERCHIO III CERCHIO III Giganti Giganti Traditori Traditori
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