I confini della Germania
Tacito, Germania, 1
Germania omnis a Gallis Raetisque et Pannoniis Rheno et Danuvio fluminibus, a Sarmatis Dacisque mutuo metu aut montibus separatur: cetera Oceanus ambit, latos sinus et insularum inmensa spatia complectens, nuper [...]
Attraverso la visione dei filmati, che riflettono due famosi episodi narrati da Tacito nelle sue opere, si vuole indagare la relazione che c’è tra storiografia e narrazione letteraria.
I filmati proposti illustrano due eventi che Tacito ha raccontato nei suoi scritti. Rintracciali nella tua antologia e focalizza la tua attenzione sullo stile dell’autore, con particolare attenzione agli strumenti retorici e agli artifici letterari messi in atto. Secondo te lo studio e l’analisi della storia possono realizzarsi anche attraverso il potere e il pathos della narrazione letteraria? Quali sono i limiti tra narrazione e storiografia?
(*) Per i filmati contrassegnati con questo simbolo è necessaria la connessione web.
Ambitio
Il sostantivo ambitio deriva dal verbo ambire, letteralmente «andare intorno» a qualcuno, «girare» da una persona all’altra per ottenere qualcosa. Nel suo senso più generale ambitio traduce quindi tanto l’azione del «darsi da fare», «brigare», quanto la disposizione d’animo che si accompagna a essa, ovvero il desiderio, l’aspirazione a qualcosa. Il campo di applicazione maggiore e peculiare del termine è però quello specifico della politica. Nella maggior parte delle fonti infatti ambitio indica l’azione del candidato che va intorno, gira da una persona all’altra per guadagnarne il favore, in altri termini il «giro elettorale» (scrive in merito Varrone in De lingua latina V, 28: «il candidato che gira - circum it - per il popolo, si dice che ambit»). Ambitio sarebbe dunque allo stesso tempo la «campagna elettorale» e la disposizione (solo riduttivamente traducibile con «ambizione») che il candidato deve possedere per compierla. Disposizione che, a seconda della misura in cui la si possiede e la si esercita, si connota come «buona». Cicerone vi fa spesso riferimento come al giusto «darsi da fare» dei boni cives per migliorare la propria posizione sociale e la propria auctoritas - oppure, molto più spesso, come un vitium - basti per tutti il caso paradigmatico di Catilina, dominato da un’incontenibile furiosa brama di potere.
Scritta di propaganda elettorale sul muro di una casa in via dell’Abbondanza a Pompei. Le iscrizioni venivano fatte durante la notte dopo che il muro era stato preparato con un’imbiancatura a calce. A firmare i manifesti erano amici, parenti, sostenitori vari e a volte intere associazioni professionali. I secolo a.C., Pompei, via dell’Abbondanza, Sopraintendenza archeologica
Auctor, Auctoritas
Il sostantivo auctor può tradursi, a seconda del contesto, come «autore», «fondatore», «promotore», «sostenitore», «garante», oppure ancora come «maestro», «modello». L’etimologia del termine deriva dalla radice del verbo augeo «accresco, faccio aumentare». Maurizio Bettini ha mostrato il nesso fra tale radice e i diversi significati di auctor spiegando che nella cultura romana il «far crescere» di cui l’auctor è responsabile deve intendersi nel senso di «far riuscire», «dar successo», «condurre a un esito felice e prospero». Da ciò la persona che porta a frutto le proprie azioni o le altrui - l’auctor - sarà allo stesso tempo un modello da seguire, dotato di credibilità e in grado di rendere credibile ciò che sostiene, di garantirlo, e dunque uno a cui si dà ascolto. Analogamente auctoritas («autorità», «prestigio», «autorevolezza», «garanzia» e via dicendo) è il requisito che l’auctor deve possedere per essere tale, una posizione che in un certo senso gli viene tributata dall’esterno: «gli altri», l’opinione pubblica» devono riconoscergli la capacità di sostenere con successo, di garantire la riuscita di ciò che dice e/o intraprende.
Augusto di Primaporta, rappresentato come generale vittorioso, con corazza da parata, paludamentum, il braccio alzato nel gesto dell’adlocutio, I secolo a.C., Città del Vaticano, Musei Vaticani
Gens
Il sostantivo gens deriva dalla forma arcaica, geno, del verbo gigno «generare» e, come l’etimologia suggerisce, indica una struttura di parentela, la «stirpe», unità fondamentale della società romana arcaica e base costitutiva dell’aristocrazia (non tutti i cittadini possono far parte di una gens, ma solo i nobili, dunque, almeno nell’età più antica di Roma, solo i patrizi): una gens è un complesso di famiglie che discendono da un comune antenato fondatore da cui traggono e hanno in comune il nome (nomen), i culti familiari (sacra), i costumi (mores), in una parola l’identità. In particolare, i gentiles (lett. «della stessa gens») hanno diritto al funerale gentilizio e a occupare un posto nella memoria collettiva: un corteo funebre - composto da attori che vestono le maschere (imagines) degli antenati facendoli simbolicamente rivivere - precede il feretro, l’esponente della gens che sta per «seguire» gli antenati stessi nei comuni sepulcra; la processione, accompagnata da canti di lutto, giunge poi al Foro, dove di norma il figlio o un altro degli uomini più vicini al defunto, pronuncia la laudatio funebris, commemorazione solenne che celebra non soltanto il defunto ma tutta la gens, i suoi mores e la virtus dei suoi membri, che il defunto stesso ha perpetuato e di cui è stato nuovo exemplum per le generazioni future.
Patrizio romano (noto come togato Barberini) con i ritratti dei suoi antenati, I secolo a.C., Roma, Musei Capitolini
Senatus
Il senatus nasce, con ogni probabilità in età regia, come il consiglio che affianca il re e poi i consoli nel governo della civitas, ed è, per tutta l’età repubblicana, l’autorità più influente nella politica e nel governo dello Stato (l’età imperiale vedrà una riduzione drastica dei poteri effettivi del senato a favore di quello sempre crescente dell’imperatore). Il termine deriva il nome da senex «anziano», per via dei membri che ne fanno parte: i senatori «dal corpo debole per gli anni ma dall’ingegno vigoroso per la saggezza, si prendevano cura dello Stato: costoro o per l’età o per analogia di funzione erano chiamati padri (patres)» (Sallustio, De coniuratione Catilinae 6). I patres sono in origine i capi – nonché i membri più anziani - delle gentes, l’insieme dei pater familias, dunque patrizi. In età repubblicana tuttavia possono diventare senatori tutti i cittadini che abbiano rivestito carica di console o pretore (il che continua a comportare una certa anzianità di servizio) con l’allargamento del senato ai plebei (i quali, non essendo patrizi non vengono chiamati patres ma conscripti (da conscribo «recluto»). A scegliere i senatori sono in origine i consoli, molto presto sostituiti dai censori, con la cosiddetta lectio senatus: ogni cinque anni, sulla base dell’esame del patrimonio (che deve essere sostanzioso) e della condotta morale (che deve essere integerrima), i censori stabiliscono chi è degno di far parte del più prestigioso organo dello Stato e chi, al contrario, deve decadere da tale dignitas a un livello più basso di auctoritas e honos.
SPQR, acronimo di Senatus PopulusQue Romanus, usato in particolare nelle epigrafi, II secolo d.C., Roma, Sopraintendenza Archeologica
Honos
Honos rientra nella famiglia di termini - fra i quali, solo per citarne alcuni: fides, fama, gloria, laus, dignitas, existimatio – che definiscono per così dire il “valore riconosciuto” di un individuo (il cittadino maschio adulto, il civis) il posto che egli occupa all’interno della comunità (la civitas), quello che gli viene ufficialmente assegnato come “ricompensa” dei suoi meriti, contropartita di una condotta conforme a ciò che l’opinione pubblica, la collettività si aspetta dai suoi membri. Molto più che semplici spie del valore morale honos e la suddetta famiglia di termini sono gli elementi costitutivi dello status del cittadino e quelli attorno ai quali funziona quell’operazione di “valutazione” dei cittadini e “distribuzione” di oneri e onori che è il census, il censimento. In una parola, essi rappresentano una sorta di “certificato” di moralità e onorabilità a disposizione del civis e che gli dà accesso alla vita politica e giuridica della città. Non è in tal senso secondario che, oltre a tutte le espressioni concrete che può assumere come «onore conferito» (statue, premi, donazioni di terreni o altri beni, riconoscimenti pubblici), honos è usato, per lo più al plurale (honores), come termine tecnico del lessico politico, a indicare le cariche politiche: cursus honorum è la «carriera politica», nel senso del percorso, l’iter a tappe obbligate e sequenziali, che il civis deve seguire da una carica (honos, appunto) all’altra, dalla più bassa, la questura, alla più alta, il consolato.
Processione per l’entrata in carica di un console, III secolo d. C., Roma, Museo Nazionale Romano
La storia è un campo di battaglia
Immagina di essere il curatore di una mostra e di utilizzare le cinque sale che hai a disposizione per presentare a un pubblico non esperto l’originale opera di Tacito. Lo schema digitale che hai a disposizione ha lo stesso funzionamento tecnico di PowerPoint; può quindi contenere testi, immagini, file audio, link a video (se presente il collegamento in rete). Utilizza tutto il materiale che hai a disposizione: le conoscenze acquisite, le letture, gli appro- fondimenti (Filo rosso, Cultura Letteratura Storia), i filmati, gli spaccati di antropologia Uomo Sacro Società, le schede sui generi letterari. Porta i tuoi visitatori attraverso un percorso che va dai confini dell’impero al cuore di Roma, tra battaglie in campo e nei palazzi della politica.
Sala 1
Oltre il confine del Reno: Roma e i Germani
Sala 2
Un popolo “irriducibile”: gli Ebrei
Sala 3
Gli imperatori di Tacito: una galleria di ritratti (o di caricature)?
Sala 4
La storia come una tragedia: il matricidio
Sala 5
Tacito e il cristianesimo: un senatore romano di fronte alla exitiabilis superstitio
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