L'urgenza di cambiare strada

L'enciclica dedicata alla fraternità e all'amicizia sociale, cinque anni dopo la Laudato si' sulla cura della casa comune, ha spronato di nuovo a un cambio di rotta, proponendo «una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita» (n. 1).

Pubblicato in un momento storico drammatico, segnato da una triplice crisi mondiale (sanitaria, socio-economica, ecologica), il documento ha voluto spronare l'umanità prostrata a risollevarsi e adoperarsi per un futuro di «riconciliazione».

La fraternità è la dimensione utile e anzi necessaria «per rinnovare profondamente dall'interno strutture, organizzazioni sociali, ordinamenti giuridici» (n. 174), superando le «ombre di un mondo chiuso» in cui «la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli» (12).

Si fanno oggi strada nuove forme di colonizzazione culturale, di disuguaglianze e povertà, di sfruttamento dei lavoratori e schiavitù, mentre la "cultura dello scarto" porta a emarginare sempre più persone che non sono in grado di sostenere la competitività imposta da una società egoista.

E su tutto, l'insorgere di «conflitti sempre nuovi», che si configurano come una «terza guerra mondiale a pezzi».

Realizzare un mondo più inclusivo

In questo contesto cupo, la Fratelli tutti ha avuto l'intento di offrire una prospettiva di speranza, proponendo come modello la parabola del Buon Samaritano: un testo che «ci invita a far risorgere la nostra vocazione di cittadini del nostro Paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame sociale» (n. 66).

È l'amore per l'altro, che non si esaurisce in una serie di azioni benefiche, ma diventa appunto amicizia sociale, cioè una relazione, anzi «un'unione che inclina sempre più verso l'altro considerandolo prezioso, degno, gradito e bello, al di là delle apparenze fisiche o morali. L'amore all'altro per quello che è ci spinge a cercare il meglio per la sua vita» (n. 94).

Il 1° settembre 2020 in occasione della VI Giornata mondiale per la cura del Creato, Francesco ha affermato: «esistiamo solo attraverso le relazioni: con Dio creatore, con i fratelli e le sorelle in quanto membri di una famiglia comune, e con tutte le creature che abitano la nostra stessa casa».

Se «tutto è in relazione» e se «tutti siamo sulla stessa barca» – come aveva ricordato il 27 marzo in piazza San Pietro, nel mezzo del lockdown – le comunità dei credenti debbono convergere «per dare vita a un mondo più giusto, pacifico e sostenibile», continuando a crescere «nella consapevolezza che tutti noi abitiamo una casa comune in quanto membri della stessa famiglia».

Occorre maturare la consapevolezza che «la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la Natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri».