La felicità come progetto

La felicità intesa come progetto non è evidentemente la felicità di un momento passeggero, un'esperienza emotiva euforizzante, una sensazione impalpabile che è difficile da tradurre nella lingua comune.

Per realizzare un progetto duraturo di felicità occorre non solo conoscersi, ma attuare anche tutte le altre azioni virtuose di cui abbiamo parlato fin qui: saper pensare in modo critico, soppesare le proprie scelte in modo che siano oculate, valutare - con l'aiuto della ragione - le conseguenze di queste scelte, consci di doverne rispondere, affrontare con coraggio le difficoltà e la paura, avendo fiducia in sé e negli altri e così via.

La felicità in questo senso è un progetto: in quanto deriva da un esame lucido della realtà che ci si pone davanti, avendo il cuore per prendere decisioni fondate su precise motivazioni che devono essere ponderate.

La felicità come esperienza occasionale

Se non facciamo della felicità un progetto e la identifichiamo come un benessere provvisorio o con un piacere temporaneo, essa coincide con una serie di episodi sporadici, in cui coincide con l'assenza di problemi, di malesseri o malattie, in cui tutto va per il verso giusto.

Per dirla in termini maggiormente positivi, la felicità potrebbe essere qualcosa di occasionale, straordinario e inconsueto, che raramente si presenta nell'esistenza e che in genere è provvisorio ed effimero.

In effetti, se si considera la felicità come uno stato d'animo, questo è destinato a durare per un breve lasso di tempo: la felicità è un momento o, al più, una serie di momenti vissuti come positivi.

Una complementarietà necessaria

Parlare, a proposito della felicità, di "progetto" e della necessità di un esame lucido (quindi razionale) della realtà, cui è conseguente la capacità di saper motivare (quindi esporre in modo argomentato, a parole) le scelte che si compiono, non deve farci pensare che la felicità sia un qualcosa che non ha niente a che fare con la sfera emotiva.

Quest'ultima, infatti, ci appartiene profondamente e non è in concorrenza con la razionalità, ma le è complementare.

La componente emozionale delle nostre azioni (tra cui, per esempio, l’apprendimento) è oggi molto più valorizzata dagli studiosi rispetto a un tempo.