Il perseguimento della felicità come diritto

Nella Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d’America (4 luglio 1776) leggiamo che «tutti gli uomini sono creati uguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, tra questi diritti vi sono la Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità».

Si tratta di un'affermazione esplicita che attribuisce a un concetto – la felicità – abitualmente legato alla sfera individuale e difficile da definire in modo univoco, la natura di un diritto inviolabile, costituzionalmente garantito.

Significa che la felicità dei cittadini è qualcosa di cui i Governi devono farsi carico e qualora non siano in grado di garantirla, il popolo (We, the people leggiamo nel Preambolo della Costituzione americana) ha diritto di pretendere un nuovo Governo che organizzi i suoi poteri in una forma che sembri al popolo più adatta ad assicurarla.

Felicità individuale o collettiva?

A che tipo di felicità allude la Costituzione statunitense? Se proviamo a partire dalla definizione da vocabolario, intendendola come stato d'animo positivo che deriva dalla soddisfazione dei propri desideri, dovremmo immaginarci un Governo capace di aprirsi ai problemi dei cittadini, con la volontà di risolverli.

E quali sono i problemi dell'uomo inteso come cittadino e in che modo un Governo potrebbe garantirgli la felicità? Sicuramente uno Stato che garantisca il welfare viene incontro ad alcune esigenze che, se appagate, possono consentire un certo benessere.

Ma in quale relazione sono la felicità individuale e quella collettiva? È sufficiente mettere in pratica il welfare se non riconosciamo il vincolo solidale che ci lega agli altri? In altre parole, la felicità è un diritto che abbiamo o è anche un dovere verso gli altri?

Il Ministero della felicità e il FIL

In un piccolo Paese asiatico localizzato lungo la catena himalayana, il regno del Bhutan, esiste il Ministero della Felicità: esso si preoccupa di garantire ai cittadini il benessere attraverso la gratuità per tutti dell'assistenza sanitaria e dell'istruzione fino alla scuola superiore e di gestire le politiche del lavoro, in modo da aiutare sia chi resta sia chi decide di andare altrove.

La convinzione del sovrano del Regno è che se i cittadini sono istruiti, percepiscono un reddito e hanno il completo accesso alla sanità, allora avranno tutto il necessario per essere pienamente felici.

Come si intuisce, è un modo di intendere la felicità come qualcosa che è esterno al nostro animo, benché l'idea di fondo non sia quella di farla coincidere con la ricchezza: l'economia e il guadagno non possono essere considerati più importanti della felicità. Questa è piuttosto legata all'ambiente, alla cultura, alla vita sociale: tutti elementi ritenuti indispensabili per mantenere un equilibrio non solo politico, ma anche uno stato di benessere che deriva dall'assenza di preoccupazioni per quelli che sono individuati come beni primari.

È interessante notare che il tasso di omicidi e suicidi del Bhutan è il più basso del mondo.
Potremmo dire che il Bhutan non basa la sua ricchezza sul PIL (Prodotto Interno Lordo, un indicatore del grado di sviluppo economico), bensì sul FIL (Felicità Interna Lorda).

Il capo spirituale del buddhismo, il Dalai Lama Tenzin Gyatso è un convinto sostenitore del FIL: «Come buddhista, sono convinto che il fine della nostra vita è quello di superare la sofferenza e di raggiungere la felicità.
Per felicità però non intendo solamente il piacere effimero che deriva esclusivamente dai piaceri materiali.
Penso a una felicità duratura che si raggiunge da una completa trasformazione della mente e che può essere ottenuta coltivando la compassione, la pazienza e la saggezza.
Allo stesso tempo, a livello nazionale e mondiale abbiamo bisogno di un sistema economico che ci aiuti a perseguire la vera felicità.
Il fine dello sviluppo economico dovrebbe essere quello di facilitare e di non ostacolare il raggiungimento della felicità»
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Welfare

Il termine inglese welfare significa letteralmente "benessere" ed è stato per lungo tempo congiunto al termine State (welfare State), per indicare tra i compiti dello Stato quello di garantire un certo benessere in senso ampio (sanità, servizi sociali, istruzione ecc.). Con la crisi del modello centralistico di welfare State, si è dato spazio a una visione più articolata dei cosiddetti sistemi di welfare, che si allargano a tutta la società (welfare society) e/o a comunità di riferimento (welfare community).